Basilica di Santa Sabina all'Aventino (Roma)
Basilica di Santa Sabina all'Aventino | |
Roma, Basilica di Santa Sabina all'Aventino (interno) | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Piazza Pietro d'Illiria, 1 00153 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 579401 |
Fax | +39 06 5750675 |
Posta elettronica |
secretarius@curia.op.org rettore.basilica@curia.op.org |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Santa Sabina |
Sigla Ordine qualificante | O.P. |
Sigla Ordine reggente | O.P. |
Fondatore | Pietro d'Illiria |
Data fondazione | 425 |
Architetti |
Domenico Fontana (restauro del XVI secolo) Francesco Borromini (restauro del XVII secolo) Antonio Muñoz (restauro del XX secolo) |
Stile architettonico | paleocristiano, barocco, neopaleocristiano |
Inizio della costruzione | 425 |
Strutture preesistenti | tratti delle Mura Serviane, due santuari arcaici, abitazioni romane, impianto termale |
Pianta | basilicale |
Materiali | laterizi |
Larghezza Massima | 25 m |
Lunghezza Massima | 56 m |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di Santa Sabina è un chiesa di Roma, situata nel centro storico della città, nel rione Ripa.
Storia
Preesistenze
La basilica secondo la tradizione sorge sull'abitazione di santa Sabina, matrona romana, martirizzata nel 114, durante le persecuzioni volute dall'imperatore Traiano.
Ricerche archeologiche compiute tra XIX e XX secolo (e in particolare negli anni 1855-1857 e 1936-1937) sotto la chiesa e nelle adiacenze hanno permesso di individuare resti di costruzioni romane, databili dall'età arcaica all'epoca imperiale: sotto la prima metà della basilica è una domus del III-IV secolo; sotto la seconda metà e l'abside si trovavano invece due santuari arcaici. Altri scavi nei pressi della chiesa hanno poi rimesso in luce quattro brevi tratti delle Mura Serviane, a cui si addossarono abitazioni di età repubblicana (II secolo a.C.) e di età augustea; nel II secolo parte degli edifici repubblicani furono adattati per il culto isiaco. Scavi sotto il quadriportico della chiesa hanno, infine, rivelato che questo fu innalzato su un'impianto termale del II secolo, restaurato nel IV.
Dalla fondazione al Medioevo
La basilica fu fondata da Pietro d'Illiria, presbitero ed erudito, nel 425 durante il pontificato di Celestino I (422-432) e ultimata nel 432 sotto Sisto III (432-440).
Nel 537, durante l'eresia monofisita, nella chiesa fu imprigionato e deposto papa Silverio (536-537).
Il Liber Pontificalis ricorda che Leone III (795-816) restaurò la chiesa e le donò preziosi arredi sacri.
Il più importante intervento altomedioevali fu condotto nell'824 per volontà di papa Eugenio II (824-827) che vi aggiunse la schola cantorum, un'iconostasi e gli amboni; la fece, inoltre, decorare di dipinti ed eresse un ciborio d'argento, che fu però trafugato durante il sacco dei Lanzichenecchi nel 1527. Lo stesso pontefice traslò qui le reliquie dei santi martiri Evenzio, Alessandro e Teodulo, traendole dalla Catacomba di Sant'Alessandro sulla via Nomentana e ponendole nella cripta della chiesa.
A causa della posizione privilegiata che le permetteva di dominare la zona sottostante e controllare il traffico fluviale su una parte del corso del Tevere, nel X secolo per volontà di Alberico II (912 ca.-954), principe e senatore romano, signore della città dal 930 al 954, la basilica, con i suoi annessi, venne trasformata in un fortilizio, alterandone così gravemente la struttura originaria: il portico fu chiuso, si aprirono feritoie e furono erette torri e ballatoi.[1]
Successivamente il complesso fortificato divenne la residenza baronale dei Crescenzi prima e dei Savelli dopo che nel XIII secolo ricostruirono la Rocca: proprio un membro di quest'ultima famiglia, Cencio, divenuto papa con il nome di Onorio III (1216-1227), nel 1219 concesse la chiesa e parte del palazzo a san Domenico di Guzman (1170-1221), fondatore dell'Ordine dei Frati Predicatori (conosciuti come "Domenicani"), che qui visse e operò.
L'anno successivo i Domenicani, che tuttora la officiano, si trasferirono qui da San Sisto Vecchio e stabilirono il loro convento nell'antico quadriportico della chiesa. I religiosi, con paziente lavoro, fecero restaurare la basilica riaprendola al culto, dotandola di un chiostro ad arcatelle e di un alto campanile, poi mutilato nel XVII secolo. Lungo il corso del XIII secolo la chiesa subì numerose modifiche e fu anche messo in opera il pavimento cosmatesco.
Nel 1460, durante il pontificato di Pio II (1458-1464), la basilica fu ulteriormente restaurata e dotata di un portico antistante l'ingresso.
Dal Cinquecento a oggi
Nel 1586, per volontà di Sisto V, la chiesa subì una radicale ristrutturazione a opera dell'architetto Domenico Fontana (1543-1607) con l'eliminazione di suggestivi elementi medioevali come la schola cantorum, l'antico ciborio e l'iconostasi; in questa occasione furono anche tamponate le finestre sulle pareti delle navate laterali, realizzate alcune cappelle funerarie di forme manieriste, in contrasto con l'austerità dell'insieme, costruita una nuova confessione per le reliquie e fu, inoltre, asportata la cornice cosmatesca della porta laterale.
Nel 1643 fu ulteriormente ristrutturata da Francesco Borromini (1599-1667).
Nel XVIII secolo, in occasione di nuovi restauri, l'interno fu ancora rimaneggiato con l'aggiunta di elementi baroccheggianti.
Nel 1873 la chiesa fu espropriata e incamerata dal demanio[2]del Regno d'Italia, successivamente passò in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).
Nel 1938 da Antonio Muñoz (1884-1960), su commissione dell'Ordine Domenicano, in occasione del quale la chiesa fu riportata all'antico aspetto medioevale, eliminando le sovrastrutture barocche. Altri restauri ebbero luogo nel 1959.
La chiesa attualmente è luogo sussidiario di culto della parrocchia di Santa Prisca. Inoltre, è sede della Casa Generalizia dell'Ordine dei Frati Predicatori.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Sabina, istituito da papa Celestino I nel 423: l'attuale titolare è il cardinale Jozef Tomko.
Descrizione
Esterno
Facciata e atrio
La basilica, in laterizi a vista, prospetta sulla piazza Pietro d'Illiria il lungo fianco orientale, corrispondente al muro d'ambito della navata laterale destra, dove in ritmata sequenza, aprono, realizzate nel XX secolo, finestre ad arco a tutto sesto con transenne in selenite che diffondono all'interno una suggestiva luce.
Nella facciata, rivolta a sud, che prospetta verso il cortile del moderno edificio conventuale, si aprono sei finestre ad arco a tutto sesto, realizzate a durante i restauri del XIX secolo e dal quale si accede alla chiesa tramite un atrio (1) ad arcate sorretto da quattro colonne di marmo e altrettante di granito, collocate durante le modifiche del 1208 - 1222 e forse provenienti dall'antica iconostasi. Qui è raccolto vario materiale di spoglio e sono collocate alcune pregevoli opere, tra i quali si notano:
- Avanzi delle transenne originali delle finestre;
- Varie lapidi e frammenti provenienti dalle numerose sepolture del quadriportico;
- Madonna con Gesù Bambino tra san Pietro, san Paolo, santa Sabina e santa Serapia con due committenti e un papa (VII-VIII secolo), affresco di ambito romano.
- Lastra tombale di Ildebrando da Chiusi (1309), in marmo di ambito romano: l'opera fu realizzata riutilizzando la fronte di un sarcofago del III secolo.[3]
- Statua di santa Rosa da Lima (1668), in marmo di ambito romano.
Ingressi e portale maggiore
Gli ingressi all'aula liturgica erano originariamente tre, uno fu poi chiuso per la costruzione del campanile (XIII secolo). Le due porte superstiti sono una diversa dall'altra e hanno gli stipiti marmorei databili al V secolo. Il portale maggiore (2) è dotato di:
- Battenti con Storie dell'Antico e Nuovo Testamento (seconda metà del V secolo), in legno di cipresso intagliato e scolpito a rilievo di ambito romano: l'opera ha un buono stato di conservazione poiché il portico venne chiuso nelle fortificazioni medioevali, proteggendola dagli agenti atmosferici, facendone così l'unico oggetto di questo genere rimasto a Roma. Essa presenta una splendida cornice traforata a racemi e animali che la spartisce in 28 riquadri (10 sono andati perduti) che illustrano il parallelismo fra Mosè (la Legge) e Gesù Cristo (il Vangelo). Le scene, procedendo dall'alto in basso e da sinistra, raffigurano:
- prima fila:
- Crocifissione di Gesù Cristo, con occhi aperti e senza nimbo: è una delle più antiche rappresentazioni di questo soggetto;
- Moltiplicazione dei pani e dei pesci;
- Gesù Cristo ridona la vista al cieco nato;
- Nozze di Cana;
- Incredulità di san Tommaso;
- Mosè sul monte Sinai (tre episodi);
- Gesù Cristo davanti a Ponzio Pilato;
- seconda fila:
- Angelo annuncia la risurrezione alle pie donne;
- Mosè e gli ebrei nel deserto;
- Apparizione di Gesù Cristo risorto alle pie donne;
- Scena d'acclamazione: questo riquadro è di difficile interpretazione;
- terza fila:
- Epifania;
- Ascensione di Gesù Cristo;
- Gesù Cristo predice la negazione di san Pietro;
- Mosè e l'esodo dall'Egitto: questo pannello è stato molto rimaneggiato nel restauro del 1836;[4]
- quarta fila:
- Incontro di Gesù Cristo e i discepoli sulla via di Emmaus;
- Trionfo di Gesù Cristo e della Chiesa;
- Abacuc trasportato dall'angelo reca il cibo a Daniele nella fossa dei leoni;
- Elia sale al cielo sul carro di fuoco;
- Gesù Cristo davanti a Caifa.
- prima fila:
Il muro di fronte all'ingresso è aperto da un oculo attraverso il quale si possono vedere i resti dell'originario quadriportico di accesso alla basilica e una pianta di arancio che, secondo la tradizione, fu portato a Roma da san Domenico dalla Spagna e sembra che sia il primo albero di questo agrume introdotto nell'Urbe. È considerato simbolo della fecondità dell'Ordine domenicano e, forse, da questo albero furono tratti i frutti delle arance candite che santa Caterina da Siena offrì ad Urbano VI nel 1379. L'albero, naturalmente non può essere quello originario, ma la tradizione vuole che questo sia nato miracolosamente da quello antico, per questo tuttora è molto venerato ed è messo in risalto da un muretto circolare con l'iscrizione:
(LA) | (IT) | ||||
« | LIGNUM HABET SPEM » | « | Il legno mantiene la speranza. » |
Campanile
Il campanile, a pianta quadrangolare e alto 25 metri, innalzato direttamente all'interno della navata sinistra, sacrificando un ingresso alla chiesa: costruito in materiale laterizio di recupero e lavorato a finta cortina, risale al XIII secolo. Originariamente era articolato in quattro piani, sormontato dalla cella campanaria a doppio ordine di trifore; nel XVII secolo furono amputati tre lati della cella campanaria, lasciando solo un lato a sorreggere il peso delle tre campane, risalenti al 1596, al 1843 e al 1946.
Interno
L'interno presenta una pianta basilicale a tre navate suddivise da da ventiquattro colonne corinzie scanalate di marmo ancirano,[5] provenienti dai resti del vicino Tempio di Giunone Regina, su quali con un originale soluzione architettonica, sono impostati, direttamente e senza travatura di collegamento, gli archi che sostengono la parte superiore delle mura d'ambito della navata centrale, dove poggiano le capriate della copertura a tetto, controsoffitatta con lacunari del 1938.
L'aula liturgica è illuminata da una sequenza di 29 finestre ad arco (5 sono quelle della facciata) aperte sopra l'arcate della navata centrale.
Nella navata centrale si conservano:
- Lastra tombale di Muñoz da Zamora (1300), in mosaico di ambito laziale (3):[6] nell'opera il defunto, settimo maestro generale dei domenicani, è rappresentato sotto un baldacchino con gli occhi chiusi e con le mani disposte una sopra l'altra.
- Schola cantorum (4), eliminata da Domenico Fontana nel XVI secolo, venne ricomposta nel 1914-1919 e risistemata nel 1936 da Antonio Munoz, ispirandosi a quella originale e riutilizzando alcune parti, databili dal V al IX secolo, come i frammenti dei plutei decorati a motivi fitomorfi con croci.
Lungo la navata sinistra si apre una pregevole cappella, dedicata a santa Caterina da Siena (6), detta anche Cappella d'Elci, progettata nel 1671 da Giovanni Battista Contini, nella quale si conservano:
- all'altare, Madonna del Rosario con san Domenico di Guzman e santa Caterina da Siena (1643), olio su tela di Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato.[7]
- sulla cupola, Madonna presenta santa Caterina da Siena a Gesù Cristo detta anche Gloria di santa Caterina da Siena (1709-1714), affresco di Giovanni Odazzi;[8]
- nei pennacchi, Santa Caterina da Siena riceve la comunione da Gesù Cristo, Santa Caterina da Siena scambia il suo cuore con quello di Gesù Cristo, Santa Caterina da Siena riceve le stimmate, Santa Caterina da Siena sceglie la corona di spine (1709-1714), affreschi di Giovanni Odazzi.[9][10]
Presbiterio
Nel presbiterio (5), rialzato di alcuni gradini, e nell'abside semicircolare si possono ammirare:
- nel catino, Gesù Cristo assiso sul monte tra gli apostoli, un papa, santi e vescovi (1560), affresco di Taddeo Zuccari:[11] il dipinto, restaurato da Vincenzo Camuccini nel 1836, ripete il soggetto del mosaico originario.
- nell'arco trionfale, Gesù Cristo, apostoli, profeti, papi e santi entro clipei (1919-1920), affresco monocromo di Eugenio Cisterna: l'opera riproduce pittoricamente l'originaria decorazione musiva, che era andata semidistrutta nel 1586 per gli interventi operati nella chiesa da Domenico Fontana.
Lungo la parete della navata destra, dove si conservano tracce di dipinti murali, databili tra il V e IX secolo, è posta, incassata nel muro e appoggiata su un piano più basso della pavimentazione, una colonna romana (7) del IV secolo pertinente alle sostruzioni del preesistente edificio.
Inoltre, lungo la navata destra si apre una pregevole cappella, dedicata a san Giacinto Odrovaz (8), detta anche Cappella Bernerio, costruita poco dopo il 1594, anno di canonizzazione del santo, nella quale si notano:
- all'altare, entro mostra, Visione di san Giacinto Odrovaz (1599), olio su tela di Lavinia Fontana.[12]
- nella volta, Trionfo della Madonna (1599-1600), affresco di Federico Zuccari.[13]
- alla parete sinistra, Vestizione di san Giacinto Odrovaz (1599-1600), affresco di Federico Zuccari.[14]
- alla parete destra, Canonizzazione di san Giacinto Odrovaz (1599-1600), affresco di Federico Zuccari.
In fondo alla navata destra è collocato:
- Monumento funebre del cardinale Ausias Despuig (1483), in marmo di ambito romano (9):[15] sulla tomba è posta un'iscrizione nella quale si legge:
(LA) | (IT) | ||||
« | UT MORIENS VIVERET / VIXIT UT MORITURUS » | « | Per vivere dopo la morte, visse come uno che stava per morire. » |
Controfacciata
Della ricca decorazione musiva che ricopriva la chiesa rimane, sulla controfacciata, solo un ampio frammento musivo raffigurante:
- Iscrizione metrica e due figure femminili (422-432), mosaico di maestranze romane:[16] le due figure allegoriche ai lati, in tunica e mantello con in mano un libro, sono identificate da due iscrizioni ai loro piedi come, a sinistra l'Ecclesia ex circumcisione (la Chiesa di Gerusalemme con l'Antico Testamento) e, a destra, l'Ecclesia ex gentibus (la Chiesa Romana con il Nuovo Testamento). Al centro si trova la lunga iscrizione, in esametri latini, a lettere d'oro su fondo azzurro, in capitale monumentale filocaliano. Il testo, attribuito a san Paolino da Nola (355-431), ricorda sia Pietro d'Illiria, fondatore della chiesa, sia Celestino I, sotto il cui pontificato fu edificata:
(LA) | (IT) | ||||
« | CULMEN APOSTOLICUM CUM CAELESTINUS HABERET / PRIMUS ET IN TOTO FULGERET EPISCOPUS ORBE / HAEC QUAE MIRARIS FUNDAVIT PRESBYTER URBIS / ILLIRICA DE GENTE PETRUS VIR NOMINE TANTO / DIGNUS AB EXORTU CHRISTI NUTRITUS IN AULA / PAUPERIBUS LOCUPLES SIBI PAUPER QUI BONA VITAE / PRAESENTIS FUGIENS MERUIT SPERARE FUTURAM. » | « | Quando Celestino aveva il sommo grado della dignità apostolica e rifulgeva nel mondo intero come il primo dei vescovi, questa meraviglia è stata edificata da un presbitero di Roma, oriundo di Illiria, Pietro, uomo ben degno di portare tale nome perché dalla nascita nutrito nell'aula di Cristo, ricco per i poveri, povero per sé stesso, fuggendo i beni della vita presente ha ben meritato sperare di ricevere la vita futura. » |
Accanto alla porta centrale sono collocate due fra le più antiche sepolture della chiesa:
- Lastra tombale di Odilena Manganelli (XIII secolo), in marmo di ambito romano.[17]
- Lastra tombale di Perna Savelli (1315), in marmo di ambito romano.[18]
Note | |
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Bibliografia | |
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