Chiesa Cattolica in Ecuador
Chiesa cattolica in Ecuador | ||
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Anno | 2005 | |
Cattolici | 12 milioni | |
Popolazione | 13 milioni | |
Categoria:Chiesa cattolica in Ecuador |
La Chiesa Cattolica in Ecuador conta circa 12 milioni di fedeli pari al 92% della popolazione del paese.
L'evangelizzazione del territorio dell'attuale Ecuador cominciò intorno al 1534 contemporaneamente al processo di conquista da parte della Spagna.
Attualmente (2015) la Chiesa cattolica è presente in Ecuador con 4 Arcidiocesi metropolitane, 12 diocesi suffraganee, 8 vicariati apostolici e 1 ordinariato militare.
Storia
Il periodo coloniale (XVI-XVIII secolo)
La Chiesa Cattolica cominciò ufficialmente la sua storia nel territorio ecuadoriano con l'erezione della parrocchia San Francisco de Quito poco tempo dopo la fondazione da parte degli spagnoli della città di San Francisco de Quito avvenuta il 6 dicembre 1534[1]
Il Consiglio della città nella sessione del 20 dicembre 1534 stabilì la costruzione di una chiesa sul lato meridionale della piazza maggiore e nominò Juan de Rodríguez primo parroco.
La parrocchia di San Francisco de Quito dipendeva all'inizio dall'Arcidiocesi di Panamá, dal 5 settembre 1536 dall'Arcidiocesi di Cuzco e finalmente, dal 14 maggio 1541, dall'Arcidiocesi di Lima.
Quando Quito fu eretta diocesi l'8 gennaio 1545 divenne suffraganea di Lima restandovi fino al 13 gennaio 1848, anno della sua elevazione ad Arcidiocesi.
La storia del periodo coloniale della Chiesa in Ecuador si identifica con la storia della diocesi di Quito. Fino al 1789, infatti, anno in cui venne eretta la diocesi di Cuenca, la giurisdizione della diocesi di Quito si estendeva su tutti i territori della Real Audiencia de Quito[2].
Il secondo parroco di Quito fu Francisco Jiménez. I francescani Jodoco Rique e Marcos de Niza[3], il mercedario Hernando de Granada[4] e il domenicano Alonso de Montenegro[5] furono i primi di un gran numero di religiosi che iniziarono ad evangelizzare la zona.
Dopo che fu eretta la diocesi il più grande impegno dei vescovi e dei missionari fu l'evangelizzazione degli indigeni.
Particolamente importante fu l'opera del Vescovo agostiniano Luis López de Solis (1534-1606): il suo fecondo lavoro pastorale abbracciò tutti i campi. Celebrò due sinodi diocesani, fondò due seminari, uno dei quali per il clero indigeno, visitò varie volte la diocesi, arrivando fin negli angoli più remoti. Tra le sue preoccupazioni pastorali spiccò la ferma posizione in difesa della giustizia, in particolare in favore dei diritti, spesso calpestati, degli indigeni[6].
Notevole fu anche l'opera del vescovo Alonso de la Peña y Montenegro (1596-1687) il quale, durante la sua prima visita pastorale alla diocesi, rendendosi conto della complessità del ministero fra gli indigeni scrisse Itinerario para Párrocos de Indios (1668), un'opera che divenne un classico della pastorale missionaria nelle colonie spagnole[7].
La Chiesa, nel periodo coloniale della storia dell'Ecuador, fu particolamente attenta ai bisogni del popolo e alla promozione della dignità soprattutto degli indigeni. Per il ruolo che svolse nel consolidamento della società e nella nascita di una unità culturale la Chiesa fu considerata "modellatrice del sentimento nazionale"[8].
Negli ultimi anni del periodo coloniale, però, a causa di diversi motivi (centralismo di tendenza regalista imposto dai Borboni, espulsione dei gesuiti (1767) e smantellamento delle loro missioni), la Chiesa visse un periodo di stanchezza e di decadenza[9].
XIX secolo
I primi tentativi d'indipendenza nei territori dell'attuale Ecuador cominciarono nel 1809 e la Chiesa fu vicina al popolo nel suo percorso politico di liberazione.
I territori della Audiencia de Quito nel 1822 furono acquisiti dalla República de Colombia[10] diventandone il Distrito del Sur secondo la legge di divisione territoriale del 1824.
Nel 1830, finalmente, il paese si separò dalla confederazione proclamandosi autonomo, con il nome di República del Ecuador.
La Chiesa pur avendo partecipato in prima linea al processo di indipendenza, dovette scontrarsi con le pretese delle autorità repubblicane di aver ereditato i diritti del patronato regio della monarchia spagnola; l'alternanza poi di governi liberali e conservatori fece vivere alla Chiesa momenti di grande tensione ed insicurezza.
Con la Presidenza di Gabriel García Moreno (1859-1865 e 1869-1875), invece, la Chiesa si ritrovò in una condizione di particolare privilegio dovuta alla personale convinzione di Moreno che il primo dovere dello Stato fosse quello di promuovere e sostenere il Cattolicesimo. In questo periodo furono erette nuove circoscrizioni ecclesiastiche (Loja, Portoviejo, Ibarra, Riobamba, Napo) che si aggiunsero alla metropolitana Quito e a Guayaquil (eretta nel 1838); nel 1862 fu firmato un Concordato con il quale lo Stato rivendicava il diritto di proporre alla Santa Sede i candidati ai benefici ecclesiastici[11] e la Chiesa, però, divenne l'unico punto di riferimento anche a livello giuridico di tutta la vita spirituale della nazione[12]; la Costituzione del 1869, poi, dichiarò il Cattolicesimo religione dello Stato subordinando il diritto di cittadinanza all'appartenenza confessionale alla Chiesa Cattolica[13]. Il 25 marzo 1874, infine, Gabriel García Moreno consacrò la República del Ecuador ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria e il Governo nazionale decise in ricordo di quell'evento l'edificazione della Basílica del Voto Nacional a Quito.
Dopo l'assassinio di Moreno, nel 1875, i conservatori e liberali tentarono intese politiche che però non diedero i frutti sperati. L'ultimo ventennio del XIX secolo fu dominato dalla presenza prima poco rilevante e poi sempre più determinante per la politica del Paese del massone Eloy Alfaro (1842-1912), il quale dopo aver conbattuto già dagli anni '60 contro le politiche conservatrici in particolare di Moreno, divenne leader della Revolución liberal ecuatoriana scoppiata nel 1895 che portò alla repentina laicizzazione dello Stato con forti venature anticlericali che arrivarono alla persecuzione.
XX secolo
Eloy Alfaro fu una prima volta Presidente dell'Ecuador dal 1897 al 1901 ed una seconda volta dal 1906 al 1911.
In questi anni egli lavorò soprattutto alla Separazione della Chiesa dallo Stato applicando il suo liberalismo laicista a tutti gli aspetti della vita sociale e politica dell'Ecuador: espropriò i beni della Chiesa, legalizzò il divorzio e introdusse il matrimonio civile (obbligatorio anche per poter celebrare il matrimonio religioso), favorì la nascita di numerose scuole pubbliche impostate su una educazione laicista ed anche la creazione di collegi per la formazione del personale docente, obbligò gli studenti delle scuole cattoliche a sostenere gli esami con i docenti laici nominato dallo Stato, creò un Registro Civil attraverso il quale fu possibile la concessione dei diritti di cittadinanza anche ai non cattolici (l'iscrizione al Registro divenne obbligatoria per poter ricevere il Battesimo), favorì la libertà di culto permettendo l'ingresso nel paese dei Protestanti provenienti soprattutto dagli Stati Uniti, proibì tutte le manifestazioni di culto pubblico al di fuori degli edifici religiosi, non riconobbe la personalità giuridica della Chiesa.
La Revolución liberal ecuatoriana trovò la più piena espressione dei suoi intenti laicisti nella Costituzione del 1906, la cosiddetta "Constitución atea"[14].
L'impostazione laicista della politica ecuadoriana continuò anche dopo l'assassinio di Alfaro, avvenuto nel 1912; nel 1927 si arrivò addirittura a proibire l'ingresso nel Paese ai sacerdoti stranieri.
Le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e l'Ecuador che si erano interrotte con l'inizio della Revolución liberal, ripresero con la firma del Modus vivendi del 24 luglio 1937 con il quale il Governo ecuadoriano assicurò alla Chiesa il libero esercizio delle sue attività specifiche, garantì il diritto alla libertà d'insegnamento, manifestò il proprio impegno e promise la propria collaborazione con la Chiesa nella promozione delle missioni in vista della promozione umana degli indios, riconobbe la personalità giuridica delle diocesi e delle altre istituzioni cattoliche, riconobbe il diritto della Santa Sede nella elezione dei Vescovi, stabilì commissioni miste in ogni diocesi per la tutela dei beni artistici e storici della Chiesa.
La Santa Sede, dal canto suo, si impegnava a rinnovare precisi ordini al clero affinchè si tenessero fuori dai partiti e dalle competizioni politiche e rinunziava ad ogni reclamo per le proprietà agricole nazionalizzate appartenenti a comunità religiose concedendo piena condonazione a tutti coloro che avessero posseduto beni espropriati alla Chiesa[15].
Con il Modus vivendi si ristabilì anche formalmente la presenza del Nunzio apostolico a Quito e dell'Ambasciatore ecuadoriano a Roma[16].
Tra le figure più importanti della Chiesa ecuadoriana del XX secolo ci fu l'Arcivescovo di Quito Carlos María Javier de la Torre (1873–1968, cardinale dal 1953), che si impegnò in modo particolare nel contrastare gli effetti dell'insegnamento laicista moltiplicando le scuole cattoliche e fondando, nel 1946, l'Universidad Católica del Ecuador.
Nel 1959 il Cardinal de la Torre assunse la presidenza della appena creata Segreteria Permanente della Conferenza Episcopale dell'Ecuador guidandola fino al 1965. De la Torre aveva comunque guidato i Vescovi ecuadoriani già dalla prima riunione della Conferenza Episcopale che per disposizione di Pio XII si era tenuta dal 6 al 9 novembre 1939.
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Il ruolo della Conferenza Episcopale fu fondamentale soprattutto nel coordinamento dell'azione pastorale nel Paese e nell'applicazione delle direttive del Concilio Vaticano II e delle Conferenze Generali dell'Episcopato latinoamericano.
Anche il secondo cardinale ecuadoriano Pablo Muñoz Vega (1903–1994, cardinale dal 1969), fu una figura importante per i cattolici ecuadoriani proprio negli anni del Concilio Vaticano II e in quelli successivi, per l'impegno che mise nel guidare la Chiesa nella recezione dei documenti conciliari.
Il viaggio pastorale che Giovanni Paolo II compì in Ecuador dal 29 gennaio al 1° febbraio 1985 in occasione del 450° anniversario degli inizi dell'evangelizzazione del territorio ecuadoriano e durante il quale visitò Quito, Latacunga, Cuenca e Guayaquil fu un evento storico per la Chiesa e anche per la società civile[17]. Nel messaggio di congedo il Papa così si espresse sintetizzando lo spirito della Chiesa ecuadoriana:
« | Negli incontri con i vescovi, gli animatori pastorali, i giovani, gli intellettuali, il mondo del lavoro, le famiglie, gli indigeni e le altre componenti del popolo cristiano, avete evidenziato i valori più genuini dell'anima ecuadoriana, che pur nelle circostanze difficili dimostra fiducia in Dio, e il proposito di perseverare nell'eredità degli antenati: nella fede cristiana, nella lealtà alla Chiesa, alla propria cultura, alle proprie tradizioni, alla peculiare vocazione di giustizia e di libertà. » | |
La Chiesa in Ecuador ha avuto negli ultimi anni del XX secolo ed anche in occasione delle riforme costituzionali del 1997 e del 2007 un ruolo fondamentale nella formazione della società civile, soprattutto ponendosi come coscienza critica di fronte ai sempre ricorrenti tentativi di minare l'istituzione familiare e la sacralità della vita ma anche accompagnando soprattutto le fasce deboli della popolazione nelle lotte contro la povertà.
Nella visita ad limina del 2008 così Benedetto XVI si rivolse ai Vescovi ecuadoriani:
« | Desidero ringraziarvi per lo sforzo che state compiendo, non senza grandi sacrifici, per attirare l'attenzione della società su quei valori che rendono la vita umana più giusta e solidale. Sebbene l'attività della Chiesa non si possa confondere con l'operato politico essa deve offrire all'insieme della comunità umana il proprio contributo attraverso la riflessione e i giudizi morali, anche su quelle questioni politiche che toccano in modo particolare la dignità della persona. Fra di esse bisogna menzionare, anche per la loro importanza per il futuro del vostro paese, la promozione e la stabilità della famiglia, fondata sul vincolo dell'amore fra un uomo e una donna, la difesa della vita umana dal primo momento del suo concepimento alla sua fine naturale, e anche la responsabilità dei genitori nell'educazione morale dei figli, nella quale si trasmettono alle nuove generazioni i grandi valori umani e cristiani che hanno forgiato l'identità dei vostri popoli. » | |
Conferenza episcopale
Cronotassi dei Presidenti della Conferenza episcopale ecuadoriana:
- Carlos María Javier de la Torre (1958 - 1967)
- Cesar Antonio Mosquera Corral (1968 - 1969)
- Pablo Muñoz Vega, S.J. (1969 - 1973)
- Bernardino Echeverría Ruiz, O.F.M. (1973 - 1975)
- Pablo Muñoz Vega, S.J. (1975 - 1984)
- Bernardino Echeverría Ruiz, O.F.M. (1984 - 1987)
- Antonio José González Zumárraga (1987 - 1993)
- José Mario Ruiz Navas (1993 - 2002)
- Vicente Rodrigo Cisneros Durán (2002 - 2005)
- Néstor Rafael Herrera Heredia (2005 - 2008)
- Antonio Arregui Yarza (2008 - 2014)
- Fausto Gabriel Trávez Trávez, dall'8 maggio 2014
Organizzazione ecclesiastica
La Chiesa cattolica è presente sul territorio con 4 sedi metropolitane, 12 diocesi suffraganee, 8 vicariati apostolici e 1 ordinariato militare
- Provincia ecclesiastica di Cuenca
- Provincia ecclesiastica di Guayaquil
- Provincia ecclesiatica di Portoviejo
- Provincia ecclesiastica di Quito
- Vicariati apostolici
I Vicariati apostolici della Chiesa ecuadoriana sono tutti immediatamente soggetti alla Santa Sede:
- Vicariato apostolico di Aguarico
- Vicariato apostolico di Esmeraldas
- Vicariato apostolico delle Galápagos
- Vicariato apostolico di Méndez
- Vicariato apostolico del Napo
- Vicariato apostolico di Puyo
- Vicariato apostolico di San Miguel de Sucumbíos
- Vicariato apostolico di Zamora
- Altro
Santi e beati ecuadoriani
Mariana de Paredes y Flores (1618–1645), formata alla vita spirituale dai gesuiti, divenne terziaria francescana. Beatificata nel 1853 fu canonizzata nel 1950. È conosciuta come "Azucena de Quito" ("giglio di Quito"). Incisione di Francisco Sylverio de Sotomayor (1732).
Mercedes de Jesús Molina y Ayala (1828-1893), fondò l'Instituto Santa Mariana de Jesús dette "Marianite". Fu beatificata da papa Giovanni Paolo II il 1º febbraio 1985, a Guayaquil.
Narcisa de Jesús Martillo y Morán (1832–1869), con la sua vita pura e pia, lavoratrice e apostolica, fu un esempio per il popolo semplice della chiesa ecuadoriana. Fu beatificata nel 1992 e canonizzata nel 2008.
Miguel Febres Cordero (1854-1910), dei Fratelli delle Scuole Cristiane, operò per 38 anni a Quito dedicandosi alla formazione scolastica dei ragazzi e degli stessi maestri. Fu beatificato nel 1977 e canonizzato nel 1984.
Cardinali ecuadoriani
Bernardino Echeverría Ruiz (1912-2000, dei Frati Minori, Arcivescovo di Guayaquil dal 1969 al 1989, fu creato cardinale nel 1994.
Luoghi dello spirito
Basílica del Voto Nacional a Quito; iniziata nel 1892, fu promossa da padre Julio Maria Matovelle in ricordo della Consacrazione dell'Ecuador al Sacro Cuore avvenuta nel 1874.
Santuario di El Quinche a Quito; iniziato nel 1905, conserva l'immagine della Virgen de El Quinche, una statua lignea del XVI secolo.
Santuario di Nostra Signora del Cisne, nella diocesi di Loja; iniziato nel 1934, conserva l'immagine della Virgen de El Cisne, una statua lignea del XVI secolo.
Il Santuario di Nuestra Señora de la Gruta de La Paz, in diocesi di Tulcán, è una grotta scavata nella roccia dal fiume Apaquí, all'interno della quale si venera la Virgen de La Paz. È Santuario nazionale dal 1975.
Arte cristiana
"Sábana santa" ("Santo sudario"), scultura di Manuel Chili, detto Caspicara (1723 circa-1796 circa), esponente della cosiddetta Escuela quiteña, esposta nella Cattedrale di Quito.
La "Inmaculada Concepción", conosciuta anche come "Virgen de Quito", scolpita da Bernardo de Legarda, altro esponente della Escuela quiteña, nel 1734 e conservata nella Chiesa di San Francisco a Quito. Questa statua può essere considerata come il prototipo di innumerevoli versioni dello stesso soggetto diffuse in tutta l'America latina nel periodo coloniale.
"El Bautismo" ("Il Battesimo"), dipinto nel 1660 circa da Miguel de Santiago (tra il 1620 e il 1630 - 1706), anche lui esponente della Escuela quiteña; il dipinto fa parte della serie pittorica "La doctrina cristiana", conservata nel Museo della Chiesa di San Francisco a Quito.
"Descendimiento" ("Deposizione"), pastello di Gilberto Almeide (1995).
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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