Mysterium Fidei
Mysterium Fidei Lettera enciclica di Paolo VI III di VII di questo papa | |
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Data | 3 settembre 1965 (III di pontificato) |
Traduzione del titolo | Mistero della fede |
Argomenti trattati | sulla dottrina e sul culto dell'eucarestia |
Enciclica precedente | Mense Maio |
Enciclica successiva | Christi Matri |
(IT) Testo integrale sul sito della Santa Sede. | |
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Mysterium Fidei ("Mistero della fede") è il titolo latino di un'enciclica di papa Paolo VI, pubblicata il 3 settembre 1965. Tratta della dottrina dell'Eucarestia e del culto ad essa tributato.
Il documento presenta la fede della Chiesa nell'Eucarestia, mistero pasquale di Cristo e segno sacramentale della Nuova Alleanza per la salvezza del mondo[1].
Contesto storico
L'enciclica è un documento importante anche per il periodo in cui nacque[1]:
- all'immediata conclusione del Concilio Vaticano II;
- all'indomani della Lettera apostolica Sacram Liturgiam (25 gennaio 1964), nella quale il papa concretizzò le indicazioni per la riforma liturgica voluta dal Concilio.
La pubblicazione del documento avviene nel contesto di tesi teologiche che, nella ricerca di nuovi linguaggi, sembravano mettere in ombra o sminuire l'ortodossia di ciò che la Chiesa crede della e nell'Eucarestia (cfr. n. 40).
Schema
A una introduzione fanno seguito sette sezioni:
- Motivi di sollecitudine pastorale e di ansietà
- La Santissima Eucarestia è un mistero di fede
- Il Mistero eucaristico si realizza nel sacrificio della Messa
- Nel sacrificio della Messa Cristo si fa presente sacramentalmente
- Cristo Signore è presente nel Sacramento dell'Eucarestia per la transustanziazione
- Del culto latreutico dovuto al sacramento eucaristico
- Esortazione a promuovere il culto eucaristico
Insegnamenti specifici
Nel documento il papa riafferma l'insegnamento tradizionale della Chiesa, soffermandosi soprattutto sui seguenti punti[2]:
La Messa è il Sacrificio della Croce
In seguito al Concilio Vaticano II si era fatta strada la presentazione del Mistero Pasquale quale centro sia dell'anno liturgico, sia della vita spirituale delle comunità cristiane, con un forte accento sulla "Cena del Signore". Alcuni interpretavano ciò come un voler porre in secondo piano il sacrificio della Croce, con tutte le varie letture che ne conseguono.
Nell'introduzione dell'enciclica (n. 4) invece il papa parte proprio dalla fede espressa dai Padri conciliari:
« | Il nostro Salvatore nell'ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, a perpetuare così il sacrificio della Croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in tal modo alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione. » | |
(Sacrosanctum Concilium, n. 47)
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Il sacrificio Eucaristico, proprio perché memoriale della Pasqua del Signore, non può essere disgiunto dal "sacrificio della Croce, una volta per sempre consumato sul Calvario e che è rappresentato in modo mirabile nel Mistero Eucaristico" (n. 27); Paolo VI richiama poi le parole dell'Apostolo delle genti:
« | Paolo, che ci ha tramandato fedelissimamente quello che aveva ricevuto dal Signore (1Cor 11,23-25 ), parla apertamente del Sacrificio Eucaristico quando dimostra che i cristiani non possono partecipare ai sacrifici dei pagani, proprio perché sono stati fatti partecipi della mensa del Signore: "Il calice di benedizione che benediciamo, egli dice, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? E il pane che spezziamo non è forse partecipazione del corpo di Cristo" (1Cor 10,16 ). » | |
(n. 29)
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L'Eucaristia è dunque memoriale del sacrifico della Croce e di quella Pasqua di salvezza e redenzione per l'intera umanità, unica nella sua espletazione storica, i cui effetti però sono perpetuati nel tempo e dispensati per l'intera umanità[3] in virtù dei meriti di Cristo e il ministero della Chiesa.
La presenza sacramentale di Cristo nell'Eucarestia celebrata
Paolo VI inizia la quarta parte dell'enciclica affermando:
« | Quello che abbiamo detto brevemente intorno al sacrificio della Messa ci porta a dire qualche cosa anche del sacramento dell'Eucarestia, facendo parte Sacrificio e Sacramento dello stesso mistero, sicché non è possibile separare l'uno dall'altro. Il Signore s'immola in modo incruento nel sacrificio della Messa, che rappresenta il sacrificio della Croce, applicandone la virtù salutifera, nel momento in cui per le parole della consacrazione comincia ad essere sacramentalmente presente come spirituale alimento dei fedeli, sotto le specie del pane e del vino. » | |
(n. 35)
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Il Papa ricorda i vari modi in cui Cristo è presente alla sua Chiesa, e richiama alcuni passi del Nuovo Testamento (Mt 18,20; 25,40 ; Ef 3,17 ; Rm 5,5 ) e dalla Costituzione sulla sacra liturgia del Concilio Vaticano II dove è sottolineata questa "bellissima verità" (n. 36) che è lo stare di Cristo con gli uomini di tutti i tempi. Cristo è presente:
- dove vi è la Comunità che prega;
- dove si esercitano le opere di misericordia;
- nella Chiesa pellegrina che anela al porto della vita eterna (n. 36).
Il papa sottolinea poi in particolare altre due presenze di Cristo:
- nella Chiesa che predica, "essendo l'Evangelo che Essa annuncia parola di Dio, che viene proclamato in nome e per autorità di Cristo, Verbo di Dio incarnato" (n. 37);
- nel ministero ordinato che governa il popolo di Dio, "perché la sacra potestà deriva da Cristo e Cristo, pastore dei pastori, assiste i pastori che la esercitano" (n. 38).
Queste ultime due presenze di Cristo sono propedeutiche per comprendere ciò che viene quindi ribadito della presenza di Cristo nell'Eucarestia celebrata e conservata:
« | In modo ancora più sublime Cristo è presente alla sua Chiesa che in suo nome celebra il Sacrificio della Messa e amministra i Sacramenti. » | |
(n. 39)
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Paolo VI fa sua con profonda convinzione la teologia della Chiesa Cattolica, e quale gesto di comunione con le Chiese Orientali apre la sua riflessione con un'omelia di San Giovanni Crisostomo[4], dove è sottolineato che nell'Eucarestia è offerto lo stesso Cristo che si è donato al Padre sulla Croce. Si tratta - dice San Giovanni Crisostomo - della stessa offerta.
L'enciclica vuole dissipare ogni dubbio che certe sottolineature teologiche avevano suscitano, e ribadisce che la fede della Chiesa nella presenza reale di Cristo nel sacramento dell'Eucarestia e nella Messa:
« | Tale presenza si dice "reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano "reali", ma per antonomasia perché è sostanziale, e in forza di essa, infatti, Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente. » | |
(n. 40)
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La trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo
Paolo VI parte dalle affermazioni dei Padri Orientali per dare la testimonianza della Chiesa cattolica sulla realtà del pane e del vino consacrati quale vero corpo di Cristo:
« | [..] "l'Eucaristia è la carne del nostro Salvatore Gesù Cristo, che ha patito per i nostri peccati e che il Padre per sua benignità ha risuscitato"[5]. » | |
(n. 45)
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Alle parole di Ignazio Paolo VI aggiunge quelle di Teodoro di Mopsuestia:
« | "Il Signore, egli scrive, non disse: questo è il simbolo del mio corpo e questo è il simbolo del mio sangue, ma: Questo è il mio corpo e il mio sangue, insegnandoci a non considerare la natura della cosa presentata, ma [a credere] che essa con l'azione di grazia si è tramutata in carne e sangue"[6] » | |
(ibid.)
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Nel clima di dibattito teologico ed ecclesiale degli anni del Concilio e del post Concilio, alla ricerca di terminologie e intuizioni avanzate, Paolo VI, pur rispettando lo sforzo onesto dei teologi, sente il dovere di affermare la fede della Chiesa anche circa la transustanziazione, nulla negando dell'antico e cercando di comprendere il bisogno di un linguaggio più consono ai concetti culturali dell'uomo moderno, senza tradire la verità. Così si esprime nell'enciclica:
« | [..] perché nessuno fraintenda questo modo di presenza [..] è necessario ascoltare docilmente la voce della Chiesa docente e orante. Ora questa voce, che riecheggia continuamente la voce di Cristo, ci assicura che Cristo non si fa presente in questo Sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la Chiesa Cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione[7]. Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino senza dubbio acquistano un nuovo fine, non essendo più l'usuale pane e l'usuale bevanda, ma il segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale; ma intanto acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova "realtà", che giustamente denominiamo ontologica. » | |
(n. 47)
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Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |