Frédéric-François-Xavier Ghislain de Mérode
Frédéric-François-Xavier Ghislain de Mérode Arcivescovo Cardinale proprosto | |
---|---|
Età alla morte | 54 anni |
Nascita | Bruxelles 26 marzo 1820 |
Morte | Roma 12 luglio 1874 |
Ordinazione presbiterale | Roma, 22 settembre 1849 |
Nominato vescovo | 22 giugno 1866 da Pio IX |
Consacrazione vescovile | Roma, 1º luglio 1866 dal card. Costantino Patrizi Naro |
Incarichi ricoperti | |
Collegamenti esterni | |
(EN) Scheda su gcatholic.org (EN) Scheda su catholic-hierarchy.org (EN) Scheda su Salvador Miranda |
Frédéric-François-Xavier Ghislain de Mérode (Bruxelles, 26 marzo 1820; † Roma, 12 luglio 1874) è stato un arcivescovo belga.
Biografia
Nacque a Bruxelles dal conte Philippe Félix, ministro dal 1831 di Leopoldo I re del Belgio, e dalla prima moglie Rosalie nata de Grammont. Ebbe sei fra sorelle e fratelli (alcuni nati dalla seconda moglie del padre, sorella della prima, morta quando Xavier aveva appena quattro anni), tra i quali si ricordano Marie-Anne, moglie del conte Charles de Montalembert, e il conte Werner, uomo politico francese.
Formazione e carriera ecclesiastica
Fu inviato per gli studi classici al collegio Notre-Dame de la Paix dei gesuiti di Namur e quindi al collegio Juilly di Parigi. A diciannove anni intraprese a Bruxelles gli studi militari, per i quali si sentiva portato, terminandoli nel 1841. Nel 1844 si arruolò nella Legione straniera francese come ufficiale presso lo stato maggiore particolare del generale Thomas Robert Bugeaud in Algeria e si distinse nei combattimenti della Cabilia e nell'Aurès ottenendo la decorazione della Legione d'Onore. Durante il servizio divenne amico di Christophe Louis Léon Juchault de Lamoricière. Verso la fine del 1845 rientrò in Belgio con il grado di tenente.
In una lettera del 14 dicembre 1846 al cognato Montalembert, manifestò per la prima volta la sua vocazione al sacerdozio. Alla metà di ottobre del 1847, su consiglio del cognato, partì per Roma, dove si consultò sulla sua vocazione religiosa con il teologo Philippe Gerbet e il teatino Gioacchino Ventura di Raulica,[1] decidendo di entrare nel clero secolare.
Entrò al Collegio romano ricevendo la tonsura nel settembre del 1848, ma dovette lasciare il collegio nello stesso 1848, quando i gesuiti si videro costretti, con l'aggravarsi della situazione interna, ad abbandonare lo Stato pontificio. Seguì la fuga del papa a Gaeta, che segnò certamente l'animo del Mérode, che nell'aprile 1849 ricevette il diaconato e in settembre l'ordinazione sacerdotale.
Dopo l'ordinazione fu cappellano militare presso la guarnigione francese di Viterbo e venne nominato cameriere segreto soprannumerario. Al ritorno di Pio IX a Roma nell'aprile del 1850, chiese udienza al pontefice per congedarsi e far ritorno in patria, ma il papa lo trattenne a Roma e il 17 aprile lo nominò cameriere segreto partecipante.
Iniziava così una vicinanza del Mérode a Pio IX. Il Papa apprezzava il suo carattere franco e sincero, anche se con il tempo ne intuì pure la durezza. Il giovane sacerdote cercò di convincere il pontefice a maggiori aperture riformiste in seno al governo, ma queste idee si scontrarono con la politica attendista del segretario di Stato Giacomo Antonelli.
Il 17 aprile 1859 fu nominato canonico di san Pietro e nel febbraio dell'anno seguente fu scelto come proministro delle Armi. Accompagnato dal fratello Werner, partì segretamente per la Francia dove si presentò al generale Lamoricière per offrirgli a nome di Pio IX il comando delle milizie pontificie, incarico che il generale accettò. Rientrati a Roma fecero aumentare la consistenza dell'esercito papale da 14.700 a 21.677 uomini, che nei progetti dovevano salire a 28.242 unità per rendere lo Stato pontificio autosufficiente in materia di difesa; ma presto vennero gli smacchi militari di Castelfidardo e Ancona e i due ne furono ritenuti responsabili. I contrasti con il segretario di Stato e con il generale delle truppe di Napoleone III, portarono alla richiesta del re francese di allontanare il Mérode dall'incarico.
Si deve senza dubbio a lui una certa pressione su Pio IX, al contrario di quanto faceva Antonelli, per la pubblicazione il 10 dicembre 1964 dell'enciclica Quanta cura contro gli errori moderni.
Pio IX fece chiamare il suo proministro il 6 ottobre 1865 e, prendendo lo spunto dal nuovo accesso di febbre che aveva colpito il Mérode, non senza imbarazzo, gli annunciò di volerlo sostituire al ministero della Guerra, soprattutto per salvaguardare la sua salute.
La discreta serenità con cui, dopo le prime violente e furibonde reazioni, accettò le decisioni papali gli valse la promozione all'episcopato.
Episcopato
Nel concistoro del 18 giugno 1866 fu eletto arcivescovo titolare di Melitene e consacrato il 1° luglio dal cardinale Costantino Patrizi Naro, assistito da mons. Giuseppe Berardi allora arcivescovo titolare di Nicea e mons. Louis-Edouard-François-Desiré Pie allora vescovo di Poitiers.
Il 22 giugno era stato eletto elemosiniere segreto e il 3 agosto dell'anno seguente fu eletto fra i vescovi assistenti al soglio pontificio. Sensibile ai bisogni dei poveri fece aprire in via delle Zoccolette un consultorio medico e una farmacia gratuita.
Prese parte al concilio Vaticano I ma vi ebbe una parte assai marginale: data la sua scarsa preparazione teologica l'arcivescovo Vincenzo Tizzani (Ch), C.R.L. lo definiva "più soldato che prete". Fu fra i presuli antinfallibilisti, affermando che "Mastai ha rovinato il governo temporale coll'amnistia, rovinerà il governo spirituale col decreto della infallibilità".[2] Il 17 marzo 1870 rassegnò le dimissioni da elemosiniere segreto, dimissioni respinte dal papa.
Le delusioni politiche non impedirono comunque al Merode di perseguire il proprio progetto di hausmaniser Rome, progetto al quale si dedicò anzi totalmente, una volta libero dagli incarichi politici.
Dopo la presa di Roma e dopo l'interruzione del concilio, cominciò a declinare nella salute; pur non riducendosi del tutto a vita privata, mantenne come uniche occupazioni le molte opere di carità cui si dedicava come elemosiniere segreto, gli uffici che gli competevano come canonico di san Pietro e la collaborazione con l'archeologo Giovanni Battista de Rossi per gli scavi nelle catacombe di Domitilla, che egli aiutò a portare in luce.
Papa Pio IX intendeva crearlo cardinale nel Concistoro del 15 marzo 1875, ma morì di polmonite acuta tra le braccia del papa prima che ciò avvenisse. I funerali furono celebrati, per espresso desiderio di Pio IX, nella basilica di San Pietro due giorni dopo. Le sue spoglie furono sepolte nel cimitero dei Tedeschi (oggi Campo santo teutonico) in Vaticano.
Genealogia episcopale
Per approfondire, vedi la voce Genealogia episcopale |
- Cardinale Scipione Rebiba
- Cardinale Giulio Antonio Santori
- Cardinale Girolamo Bernerio, O.P.
- Arcivescovo Galeazzo Sanvitale
- Cardinale Ludovico Ludovisi
- Cardinale Luigi Caetani
- Cardinale Ulderico Carpegna
- Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni
- Papa Benedetto XIII
- Papa Benedetto XIV
- Papa Clemente XIII
- Cardinale Marcantonio Colonna juniore
- Cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, B.
- Cardinale Giulio Maria della Somaglia
- Cardinale Carlo Odescalchi, S.J.
- Cardinale Costantino Patrizi Naro
- Arcivescovo Francesco Saverio de Mérode
Successione degli incarichi
Predecessore: | Pro-Ministro delle Armi dello Stato Pontificio | Successore: | |
---|---|---|---|
Filippo Farina | 18 aprile 1860 - 20 ottobre 1865 | Hermann Kanzler |
Predecessore: | Arcivescovo titolare di Melitene | Successore: | |
---|---|---|---|
Girolamo d'Andrea | 22 giugno 1866 - 11 luglio 1874 | Felice Maria de Neckere |
Predecessore: | Elemosiniere di Sua Santità | Successore: | |
---|---|---|---|
Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst | 10 luglio 1866 - 11 luglio 1874 | Alessandro Sanminiatelli Zabarella |
Note | |
| |
Bibliografia | |