Maledizione (Bibbia)

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Karel Dujardin (attr.), Maledizione di Caino (terzo quarto del XVII secolo), olio su rame
1leftarrow.png Voce principale: Maledizione.

Nella Bibbia la maledizione è un usare la potenza della parola pronunziata per sviluppare effetti funesti. La maledizione evoca la potenza terribile del male e del peccato, l'inesorabile logica che conduce dal male alla sventura.

Se l'Antico Testamento conosce varie varianti della formula "Maledetto chi ti maledice!", il Nuovo Testamento ci presenta Gesù che, venuto a portare la luce della rivelazione dell'amore, con la sua parola crea un discrimine tra chi l'accetta e chi la rifiuta (cfr. Lc 12,51 ; Gv 9,39 ), e ciò fà sì che chi si chiude al dono di Cristo si autoescluda dalla benedizione (cfr. Gv 12,47-48 ).

Nell'Antico Testamento

Non si può maledire alla leggera, senza correre il rischio di scatenare sulla propria persona la maledizione che s'invoca (cfr. Sal 109,17 ). Per maledire qualcuno bisogna avere un diritto sul suo essere profondo, quello dell'autorità legale o paterna, quello della miseria o dell'ingiusta oppressione (Sal 137,8-9 ; cfr. Gb 31,20.38-39 ; anche Gc 5,4 ), quello di Dio.

Nei primi capitoli del Genesi

La maledizione è come l'eco invertita della benedizione per eccellenza che è la parola creatrice di Dio.

La maledizione è presente sin dalle origini, e ha come primo oggetto il serpente (Gen 3,14 ), il demonio (Sap 2,24 ), che è maledetto "per sempre" (Gen 3,14-15 ). Egli, il tentatore che calunnia Dio (Gen 3,4-5 ), trascina l'uomo nel peccato; l'uomo che disobbedisce a Dio è a sua volta trascinato nella sua maledizione: invece della presenza divina, ecco l'esilio lontano da Dio (Gen 3,23-24 ); invece della vita, ecco la morte (Gen 3,19 ). La maledizione si riverbera anche sul suolo (Gen 3,17 ).

È da notare che in questa pagina non è l'uomo ad essere maledetto: piuttosto, egli viene benedetto (Gen 1,22.28 ). Anche dopo il peccato la donna continuerà a partorire, la terra a produrre; la benedizione originale su ogni fecondità (Gen 3,16-20 ) non viene annullata, ma la maledizione stende su di lei, come un'ombra, sofferenza, fatica e pena, agonia. Non lontano dalla parola di maledizione, la vita rimane la più forte, a presagio della sconfitta finale del maledetto (Gen 3,15 ).

Da Adamo ad Abramo, la maledizione si estende: morte di cui l'uomo stesso diventa l'autore (Gen 4,11 [1]); corruzione che sfocia nella distruzione (Gen 6,5-12 ) del diluvio, dove l'acqua, vita primordiale, diventa abisso di morte. Tuttavia, nel bel mezzo della maledizione, Dio manda la sua consolazione, Noè, primizia di una nuova umanità, cui la benedizione è promessa per sempre (Gen 8,17-22; 9,1-17 ; cfr. 1Pt 3,20 ).

La maledizione distrugge poi Babele e disperde gli uomini che si sono organizzati per farsi un nome contro Dio (Gen 11,7 ).

Nei patriarchi

Govert Flinck, Isacco benedice Giacobbe (1638), olio su tela; Amsterdam, Rijksmuseum.
Giacobbe, istigato dalla madre Rebecca, carpisce con l'inganno dal padre la benedizione che sarebbe spettata a suo fratello maggiore Esaù; il racconto parla di un timore che la benedizione potesse convertirsi in maledizione a causa dell'inganno (Gen 27,12.13 )

Nei testi riguardanti l'epoca dei patriarchi la maledizione ha per oggetto principale i nemici di Israele.

Dio suscita Abramo per radunare tutti i popoli attorno a lui ed alla sua discendenza, a loro benedizione: la benedizione strappa la stirpe eletta alla duplice maledizione del seno sterile (Gen 15,5-6; 30,1-2 ) e della terra ostile (Gen 27,27-28; 49,11-12.22-26 ). Ma chi maledirà Abramo sarà maledetto da YHWH (Gen 12,1-3 ). La maledizione, che gli avversari della razza eletta chiamano su di sé, li rigetta "lontano dalle pingui regioni... e dalla rugiada che cade dal cielo" (Gen 27,39 ); la maledizione diventa riprovazione, esclusione dall'unica benedizione.

L'espressione "Maledetto chi ti maledice!" vede le sue traduzioni storiche, e ne fanno esperienza il faraone (Es 12,29-32 ) che, per colmo di ironia è ridotto a supplicare i figli d'Israele ad invocare su di lui la benedizione del loro Dio (Es 12,32 ); più tardi, anche su Balak cadrà la maledizione riservata a chi maledice Israele (Nm 24,9 ).

Nella vita del popolo d'Israele

Più progredisce la benedizione, più si rivela la maledizione. La promulgazione della legge di Mosè svela a poco a poco il peccato[2], proclamando, accanto alle esigenze ed ai divieti, le conseguenze fatali della loro violazione.

Dal Codice dell'Alleanza alle liturgie grandiose del Deuteronomio, le minacce di maledizione acquistano sempre maggior precisione ed ampiezza tragica (Es 23,21 ; Gs 24,20 ; Dt 28 ; cfr. Lev 26,14-39 ).

La benedizione è un mistero di elezione, la maledizione è un mistero di rigetto: gli eletti indegni sembrano respinti da una scelta (1Sam 15,23 ; 2Re 17,17-23; 21,10-15 ) che tuttavia li concerne sempre (Am 3,2 ).

Nei profeti

I profeti, testimoni dell'indurimento di Israele (Is 6,9-10 ; Ab 2,6-20 ), del suo accecamento dinanzi alla sventura imminente (Am 9,10 ; Is 28,15 ; Mi 3,11 ; cfr. Mt 3,8-10 ), sono costretti ad annunziare "la violenza e la rovina" (Ger 20,8 ), a ritornare continuamente al linguaggio della maledizione (Am 2,1-16 ; Os 4,6 ; Is 9,7-10,4 ; Ger 23,13-15 ; Ez 11,1-12.13-21 ), a vederla colpire tutto Israele senza risparmiare nulla né nessuno: i sacerdoti (Is 28,7-13 ), i falsi profeti (Ez 13 ), i cattivi pastori (Ez 34,110 ), il paese (Mi 1,8-16 ), la città (Is 29,1-10 ), il tempio (Ger 7,1-15 ), il palazzo (Ger 22,5 ), i re (Ger 25,18 ).

Tuttavia la maledizione non è mai totale. Talvolta, senza motivo apparente e senza transizione, in un sussulto di tenerezza, la promessa di salvezza succede alla minaccia (Os 2,8.11.16 ; Is 6,13 ), ma più spesso, nel bel mezzo della maledizione, come suo centro logico, prorompe la benedizione (Is 1,25-26; 28,16-17 ; Ez 34,1-16; 36,2-12.13-38 ).

Gli appelli dei giusti alla maledizione

Dagli israeliti salgono a volte grida di maledizione, soprattutto in Geremia (11, 20; 12, 3; 20, 12) e nei Salmi (5,11; 35,4-6; 83,10-19; 109,6-20; 137,7-9).

Tali appelli alla vendetta, stridenti alla luce del Nuovo Testamento, implicano una parte di risentimento personale o nazionalistico. Ma, una volta purificati, potranno essere ripresi, nello stesso Nuovo Testamento: essi non esprimono soltanto la miseria dell'umanità soggetta alla maledizione del peccato, ma costituiscono l'appello dell'uomo alla giustizia di Dio, che esige necessariamente la distruzione del peccato.

Dio non può respingere l'imprecazione che sgorga da un oppresso che confessi il proprio peccato (Bar 3,8 ; Dn 9,11.15 ). Ma il servo rinuncia anche al diritto alla vendetta, pur riconosciuto all'innocente perseguitato: "senza aprir bocca" (Is 53,7 ), si è offerto per i nostri peccati alla maledizione (Is 53,3-4 ); la sua intercessione rappresenterà per i peccatori un pegno di salvezza, nell'attesa che venga la fine del peccato: allora "non ci sarà più maledizione" (Zc 14,11 ).

Nel Nuovo Testamento

In Gesù

La parola "maledizione" non è più, sulla bocca di Gesù, maledizione propriamente detta[3], ma constatazione di una condizione disgraziata[4] che viene a contrapporsi alla beatitudine (Lc 6,20-26 ). Gesù non è venuto a maledire ed a condannare (Gv 3,17; 2,47 ); egli apporta, al contrario, la benedizione. L'imprecazione "maledetto chi ti maledice!", che appare nell'Antico Testamento, diventa, sull'esempio e sulla parola del Signore, il comandamento di "benedire coloro che lo maledicono" (Lc 6,28 ).

Durante la sua vita Gesù non ha mai maledetto nessuno[5]; indubbiamente non ha risparmiato le minacce più forti per molte categorie di persone e comunità:

Si tratta però sempre di ammonizioni e di profezie dolorose, mai dell'ira che si scatena. La parola propria di maledizione non compare sulle labbra del figlio dell'uomo se non nel suo ultimo avvento: "Lungi da me, maledetti!" (Mt 25,41 ).

In ogni caso l'evangelista Giovanni ricorda la parola di Gesù che non fa chiarezza sul soggetto della maledizione e della condanna: "Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, non sono io che lo condanno... La parola che ho annunziato, quella lo condannerà nell'ultimo giorno" (Gv 12,47-48 ).

Nelle lettere

Il Cristo crocifisso è divenuto per noi "peccato" (2Cor 5,21 ) e "maledizione", "ci ha riscattati dalla maledizione della legge" (Gal 3,13 ) e ci ha posti in possesso della benedizione e dello Spirito di Dio. Egli non rigetta, ma attira e unifica (Ef 2,16 ; cfr. Gv 12,32 ); libera l'uomo dalla catena maledetta, da Satana, dal peccato, dall'ira di Dio, dall morte], e gli permette di amare.

Il Padre, che ha perdonato tutto nel suo Figlio, può insegnare ai suoi figli come vincere la maledizione col perdono (Rm 12,14 ; 1Cor 13,5 ) e con l'amore (Col 3,13 ; cfr. Mt 5,44 ); il cristiano non può più quindi maledire (1Pt 3,9 ).

Nell'Apocalisse

La maledizione, vinta da Cristo, rimane una realtà, un destino che, diversamente da come sarebbe stato senza di lui, non è più fatale, ma è ancora possibile.

La manifestazione suprema della benedizione porta anche al massimo l'accanimento della maledizione, che progredisce sulle sue orme sin dalle origini. La maledizione, approfittando degli ultimi giorni che le sono contati (Ap 12,12 ), scatena tutta la sua virulenza nel momento in cui la salvezza giunge a consumazione (8,13). Di conseguenza l'Apocalisse può ad un tempo proclamare: "Non ci sarà più maledizione" (22,3), e lanciare la maledizione definitiva: "Fuori... tutti coloro che si compiacciono di fare il male!" (22,15):

Questa maledizione totale, il "fuori!" senza ricorso, è proferita da Gesù Cristo. Ciò che la rende tremenda è il fatto che non è in lui né frutto di un desiderio passionale di vendetta passionale, né esigenza razionale della legge del taglione; è più pura e più terribile, perché consiste nell'abbandonare alla loro scelta coloro che si sono esclusi dall'amore.

Vocabolario

In ebraico, il vocabolario della maledizione è ricco; esso esprime le reazioni violente di temperamenti passionali, ed usa varie radici[7]:

  • z'm: la maledizione invocata nell'ira;
  • 'rr: la maledizione che umilia;
  • qll: la maledizione che disprezza;
  • qbb: la maledizione che esecra;
  • 'lh: la maledizione invocata giurando.

I LXX utilizzano soprattutto la radice ἀρά[8], ará, che designa la preghiera, il voto, l'imprecazione, ed evoca il ricorso ad una forza superiore contro ciò che si maledice.

Note
  1. Sul nesso tra maledizione e sangue cfr. Gen 4,23-24; 9,4-6 ; Mt 27,25 .
  2. Cfr. Rm 7,7-13 .
  3. Cfr. il greco katara.
  4. Cfr. il greco onai.
  5. Mc 11,21 ci riporta la maledizione di Gesù per il fico che non produceva frutti.
  6. In altri luogo lo stesso tipo di maledizione è rivolta alle potenze di questo mondo (1Cor 2,6 ).
  7. Jean Corbon, Jacques Guillet (1971) p. 635.
  8. Il termine è in uso fin da Omero. Wilhelm Mundle, καταράομαι, in Lothar Coenen, Erich Beyreuther, Hans Bietenhard (a cura di), Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento, EDB, Bologna 1976, ISBN 8810205197, p. 969.
Bibliografia
Voci correlate