Trasfigurazione di Gesù
Trasfigurazione di Gesù | |
Raffaello Sanzio, Trasfigurazione di Gesù Cristo (1518-1520), tempera su tavola; Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana (Musei Vaticani) | |
Passi biblici | |
Insegnamento - Messaggio teologico | |
Manifestazione particolare della vera identità divina e gloriosa di Cristo e della sua missione in questo mondo. Teofania grande e solenne di Dio. |
La trasfigurazione di Gesù è un episodio della vita di Gesù Cristo descritto dai tre vangeli sinottici: Matteo 17,1-8 ; Marco 9,2-8 ; Luca 9,28-36 .
Gesù, dopo essersi appartato con i discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, su un monte, stando in preghiera cambia d'aspetto, mostrandosi ai tre discepoli con uno straordinario splendore della persona e con una stupefacente bianchezza delle vesti. In questo contesto appaiono Mosè ed Elia che conversano con Gesù, e una voce da una nube dichiara la figliolanza divina di Gesù.
Esegesi
La collocazione del racconto dopo la Confessione di Pietro e il primo annuncio della passione fa di essa una riaffermazione della messianicità di Gesù e della gloria messianica nella quale egli sarà rivelato[1]. Egli non è meno Messia quando la sua gloria messianica è nascosta nell'incarnazione e nella passione. Per un istante i discepoli percepirono la verità della rivelazione fatta a Cesarea di Filippo: benché la messianicità di Gesù comportasse sofferenza, egli era veramente il glorioso Figlio dell'Uomo.
Questo racconto è quindi una delle pericopi messianiche centrali, e ha delle somiglianze con il Battesimo di Gesù (la voce dal cielo), ma anche con il racconto del Getsemani: i tre discepoli, la montagna, il grido Abbà (Padre), che corrisponde alla voce dal cielo, Questi è il mio Figlio diletto, nonché la preminenza di Pietro.
Il tema della trasfigurazione, o cambiamento d'aspetto, o metamorfosi, era un tema apocalittico, esprimente l'attesa del profondo cambiamento nell'aspetto dei giusti nel mondo futuro, ed è testimoniato in Ger 51,3-10 e in Dn 12,3 . San Paolo lo riprende in 1Cor 15,40-44 e in 2Cor 3,18 .
L'accenno ai sei giorni dopo con cui Matteo e Marco aprono la pericope (Luca ha otto giorni dopo) è visto come un richiamo a Es 24,16 : la nube che viene a dimorare sul monte Sinai e lo copre per sei giorni; ma il richiamo non è stretto. Nel racconto serve a connettere la pericope con gli eventi di Cesarea di Filippo (Mc 8,27-9,1 ; Mt 16,13-28 ; Lc 9,18-27 ), e a confermare in modo drammatico la rivelazione messianica e l'istruzione ivi impartita.
I tre discepoli che accompagnano Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, sono gli stessi tre che sono i suoi compagni esclusivi di altri eventi: la resurrezione della figlia di Giairo (Mc 5,37 ) e l'Agonia nel Getsemani (Mt 26,37 ).
Lo splendore di Cristo richiama la gloria che avrebbe ricevuto nella sua resurrezione. Il vestito bianco è un'immagine apocalittica comunemente usata per riferirsi alla gloria della vita ultramondana (En 46,1; 7,10; Dn 7,9 ; Mt 28,3 ; Mc 16,5 ; Gv 20,12 ; At 1,10 ) e della gloria escatologica dei santi (Ap 3,4.5.18;4,4;6,11;7,9.12 ).
La presenza di Mosè ed Elia simboleggia la legge e i profeti, che avevano annunciato sia la venuta del Messia che la sua passione e glorificazione. Mosè ed Elia insieme indicano l'intera raccolta dei libri dell'Antico Testamento. Entrambi sono connessi con il Sinai/Oreb (Es 19,33-34 ; 1Re 10,9-13 ): con la loro presenza sul nuovo Sinai testimoniano l'adempimento dell'Antico Testamento in Gesù.
Le tre tende alludono alla Festa delle Capanne, che commemorava il soggiorno degli israeliti sul monte Sinai mentre ricevevano la rivelazione della legge per mezzo di Mosè. In realtà quando Gesù si trasfigura non si ha la rivelazione di un'altra legge, ma è il Figlio stesso che è donato dal Padre come suprema legge per l'uomo.
La concomitanza degli elementi (Mosè, monte, tende) configura anche un richiamo di Levitico 23,42-43 , dove il popolo d'Israele riceve il comandamento di celebrare tale festa dimorando nelle tende. Pietro sente che è venuto il momento in cui diventa realtà la parola di Osea, Ti farò ancora abitare sotto le tende come ai giorni del convegno (12,10), e desidera che diventi permanente l'esperienza della presenza escatologica di Dio.
L'accenno degli evangelisti al fatto che Pietro non sapeva cosa dire rivela che l'apostolo si trova di fronte al Mistero di Cristo. L'affermazione di Pietro è ingenua, Gesù non ha alcun bisogno di tende terrene, perché egli è la celeste Sapienza incarnata (Sir 24,28 ; Sap 9,7-8 ), e la sua gloria è quella che riempì la Tenda del Convegno nel deserto (Es 40,35 ).
La nube è la Shekinah, la presenza di JHWH, e a livello letterario è un richiamo alle teofanie dell'Antico Testamento:
- Nel cammino dell'Esodo fu in una nube che JHWH si rivelò a Mosè (Es 16,6;19,9;24,15-16;32,9 );
- Una nube accompagnava i movimenti del popolo (Es 13,21;40,34-45 );
- Una nube riempì il Tempio di Salomone nel momento in cui fu consacrato (1Re 8,10-12 );
- Il misterioso Figlio dell'Uomo, figura divina che simboleggiava il "popolo dei Santi dell'Altissimo", apparve "sulle nubi del cielo" (Dn 7,8.10.13 ).
- Una nube avrebbe rivelato l'apparizione escatologica di Dio (2Mac 2,7-8 ).
L'ombra della nube è ancora un'immagine dell'Antico Testamento che descrive la dimora di Dio in mezzo al suo popolo (Es 40,35 ). Il fatto che la nube copre anche i discepoli significa che essi non sono solo spettatori, ma vengono coinvolti profondamente nel mistero della glorificazione di Cristo in quanto rappresentanti del nuovo popolo di Dio.
La voce che si ode dal cielo, che parla de il mio figlio diletto, esprime una rivelazione della figliolanza divina di Gesù. Come nel racconto del Battesimo di Gesù, la voce allude a Is 42,1 e designa Gesù come il profeta-servo del Signore. Tuttavia in questo contesto le parole, rivolte ai discepoli ai quali era stato fatto da Gesù il primo annuncio della passione, costituiscono l'approvazione divina del ruolo di Gesù come Messia-Servo. Con l'aggiunta Ascoltatelo, non presente nella rivelazione al Giordano, Gesù viene designato come il profeta uguale a Mosè, il cui insegnamento va ascoltato sotto pena di esclusione dal popolo di Dio (cfr. Dt 18,15 ). E difatti subito dopo la voce Mosè ed Elia scompaiono, cedendo il loro posto a Gesù, che rimane solo. Ascoltare Gesù significa comprendere che il cammino della sofferenza è l'unico che porta alla gloria.
La discesa dal monte che segue e l'obbligo del segreto[2] sono elementi appartenenti al modello delle teofanie dell'Antico Testamento (Es 32,15;34,29 ; Dn 12,4.9 ).
Particolarità di Matteo
La visione della liturgia | |||
Il cuore del Prefazio della seconda Domenica di Quaresima situa la trasfigurazione di Gesù nel cammino verso la sua risurrezione:
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Matteo ha condensato Marco[3] in alcune parti di questa narrazione e l'ha ampliato in altre.
- In 17,2 ha aggiunto uno splendore come quello del sole sul volto di Gesù dove Marco parla dello splendore delle vesti. Lo splendore di cui la persona di Gesù è circondata richiama lo splendore sul volto di Mosè dopo la rivelazione del Sinai (Es 34,29-35 ), a motivo della quale Mosè dovette coprirsi la faccia con un velo. In compenso ha omesso l'allusione di Marco al lavandaio.
- In 17,4 ha omesso il riferimento di Marco all'ignoranza di Pietro e alla paura dei discepoli; ma in 17,6-7 ha aggiunto un concetto più profondo di paura e di adorazione, e presenta un Gesù che invita personalmente i discepoli ad alzarsi.
L'effetto di queste modificazioni è quello di accentuare la maestosità e la dimensione misteriosa dell'esperienza, e di eliminare qualsiasi dubbio che i discepoli non abbiano compreso ciò che stava succedendo.
Particolarità di Luca
Gli otto giorni dopo Lc 9,28 , diversi dai sei di Marco e Matteo, potrebbero riferirsi alla celebrazione cristiana dell'ottava della festa delle Capanne.
Luca è l'unico evangelista che nota che Gesù era salito sul monto per pregare[4]. In Luca Gesù prega prima delle decisioni importanti: prima dell'elezione dei dodici (6,12), prima della confessione di Pietro (9,18), prima dell'istruzione sulla preghiera (11,1), nell'agonia prima della sua morte (22,41), sulla croce (23,46).
La frase ed ecco due uomini (9,30) appare nel racconto della risurrezione (24,4) e in quello dell'Ascensione (At 1,10 ).
L'argomento della conversazione è l'esodo (greco 'exodos') di Gesù a Gerusalemme. Mosè ed Elia vedono l'Esodo reale e perfetto nella passione e risurrezione. Come l'esodo del deserto durò quaranta anni, così Gesù rimarrà quaranta giorni a Gerusalemme prima della sua dipartita definitiva con l'Ascensione.
Infine Luca non parla del divieto di Gesù di far parola con alcuno di quanto successo, ma si limita a presentare il silenzio dei discepoli.
Il dibattito sul valore storico
La trasfigurazione non ha nessun parallelo nei sinottici, se si eccettua il racconto del Battesimo di Gesù. Per questo motivo alcuni studiosi hanno ipotizzato che si tratti di una narrazione post-pasquale inserita in questo punto. Tuttavia la maggioranza dei commentatori rigetta questa ipotesi, perché le caratteristiche letterarie del racconto sono derivate dai racconti dell'Esodo più che dai racconti della risurrezione.
Il racconto ha un carattere fortemente simbolico, il che gli da un valore fortemente teologico[5].
In ogni caso è certo che la pienezza della percezione della realtà di Gesù così come viene indicata nell'episodio non fu raggiunta dai discepoli se non dopo la resurrezione.
L'interpretazione della pericope come "una narrazione pasquale inserita dall'evangelista nel ministero pubblico" è esclusa dalle parole imbarazzanti di Pietro presenti in Mc 9,5-6 . Al limite è possibile che siano presenti delle reinterpretazioni liturgiche più tardive[6].
Il monte della Trasfigurazione: monte fisico o altura simbolica?
Per approfondire, vedi la voce Tabor |
Una tradizione attestata già nel IV secolo da San Cirillo di Gerusalemme e da San Girolamo, identifica il luogo dove sarebbe avvenuta la Trasfigurazione con il monte Tabor, in arabo Gebel et-Tur ("la montagna"). Si tratta di un colle rotondeggiante ed isolato, alto circa 600 metri sul livello delle valli circostanti. È situato nella pianura di Esdrelon.
Dal momento però che il Tabor non è particolarmente alto, si è pensato anche alla possibilità che si trattasse del monte Ermon, alto circa 3.000 metri, a nord di Cesarea di Filippo.
La cosa più probabile è che questo monte, come quello del Discorso della Montagna (Mt 5,1 ) non abbia alcuna ubicazione geografica. Sarebbe il monte simbolico sul quale gli eventi del Sinai vengono rivissuti nella vita del nuovo Mosè.
Nell'arte
L'episodio evangelico della Trasfigurazione di Gesù Cristo, di forte contenuto mistico, ha una diffusione iconografica non frequentissima, ma comunque ben distribuita nei secoli e di notevole impatto emotivo.
Tra le opere più significative, si ricordano:
- Trasfigurazione di Gesù Cristo (1440-1446) olio su tavola, di Beato Angelico, esposta presso il Museo Nazionale di San Marco a Firenze;
- Trasfigurazione di Gesù Cristo (1478-1479 ca.), olio su tavola, di Giovanni Bellini, custodito presso il Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli;
- Trasfigurazione di Gesù Cristo (1498-1500), affresco, di Pietro Perugino, ubicato nel Collegio del Cambio di Perugia;
- Trasfigurazione di Gesù Cristo (1518-1520) olio su tavola, di Raffaello Sanzio, esposta presso la Pinacoteca Vaticana (Musei Vaticani).
Nella liturgia
Per approfondire, vedi la voce Trasfigurazione del Signore |
La festa della Trasfigurazione ricorda, secondo alcuni storici della liturgia, la dedicazione delle basiliche del Monte Tabor.
Papa Callisto III nel 1457 la inserì nel Calendario Romano come ringraziamento per la vittoria ottenuta sui Turchi a Belgrado il 6 agosto 1456 da Janos Hunyadi e San Giovanni da Capestrano.
Le pericopi sinottiche si inseriscono nelle liturgie del Rito Romano e Ambrosiano nel giorno proprio della Festa del 6 agosto.
Note | |||||||
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Bibliografia | |||||||
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Voci correlate | |||||||
Collegamenti esterni | |||||||