Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio (Roma)
Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio | |
Roma, Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Piazza San Marco, 48 00186 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 6795205 |
Posta elettronica | Diocesi di Roma |
Sito web | Sito ufficiale |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | San Marco evangelista |
Fondatore | papa Marco |
Data fondazione | 336 |
Architetti |
Leon Battista Alberti (facciata) Orazio Torriani (restauro del XVII secolo) Filippo Barigioni (restauro del XVIII secolo) |
Stile architettonico |
Paleocristiano, romanico, rinascimentale, barocco |
Inizio della costruzione | 336 |
Completamento | XIX secolo |
Pianta | basilicale |
Materiali | travertino, laterizi |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio è una chiesa di Roma, situata nel centro storico della città, nel rione Pigna; è la chiesa regionale dei veneziani.
Storia
Dalle origini al Medioevo
La basilica, dedicata a san Marco, fu fondata nel 336 da papa Marco nel sito dove, secondo la tradizione, l'Evangelista avrebbe vissuto nel suo soggiorno romano intorno al 41 d.C. e poi trasformato in oratorio. L'edificio si presentava a tre navate divise da colonnati con un orientamento uguale a quello della chiesa attuale, il pavimento rivestito in opus sectile di marmi colorati e l'altare collocato a metà della navata centrale; sui muri delle navate laterali sono state rinvenute tracce di affreschi a imitazione marmorea. Questo primitivo edificio fu distrutto da un incendio, di cui sono state individuate tracce negli scavi archeologici condotti nel sottosuolo della basilica; nel V secolo ad esso se ne sovrappose un secondo che ne invertì l'orientamento e l'altare prese il posto dell'ingresso originario. La chiesa era caratterizzata da un grande recinto presbiteriale con muri intonacati e decorati di pitture a imitazione marmorei.
Negli atti del sinodo di papa Simmaco del 499, la chiesa è ricordata come Titulus Marci.
La chiesa fu restaurata varie volte, sia per le ripetute e devastanti inondazioni del Tevere, sia dopo le scorrerie e i saccheggi messi in atto dai Goti, dai Longobardi e dai Bizantini tra il VI e VII secolo: papa Adriano I (772-795) nel 792 rialzò il piano di calpestio di circa un metro e ristrutturò il tetto e le navate laterali; Gregorio IV (827-844) demolì nell'833 le parti pericolanti dell'edificio, ricostruendole e decorando l'abside con gli splendidi mosaici che ancora oggi possiamo ammirare.
Nel 1145, furono traslate nella basilica le spoglie di san Marco papa e poste sotto l'altare maggiore, dove tuttora si trovano.
Nel 1154, al tempo di Adriano IV (1154 - 1159), fu innalzato il campanile e realizzato un ciborio, del quale rimangono le colonne di porfido poste agli ingressi laterali del presbiterio, nonché le dieci colonnine attualmente conservate nell'atrio del portico: questo venne eseguito da quattro marmorari romani, Giovanni, Pietro, Angelo e Sassone, figli di Paolo Romano (gli stessi che firmarono anche quello di San Lorenzo fuori le Mura), come documentato da un'iscrizione nella quale si legge:
« | IN N[ostro] D[omino], MAG[iste]R CIL. PRR. CARD[inalis] S[ancti] MARCI IUSSIT HOC FIERI, PRO REDEMPTIONE ANIMAE SUAE, ANN[O] D[omi]NI MCLIIII, IND[ictione] II FACTUM, EST PER MANUS IOHIS PETRI ANGELI ET SASSONIS, FILIORUM PAULI » |
Dal 1415, la chiesa è sede parrocchiale affidata al clero diocesano di Roma.
Un radicale intervento di restauro fu condotto tra il 1464 e il 1471, per volontà di papa Paolo II, che già da cardinale titolare accanto alla chiesa aveva fatto costruire nel 1455 il proprio palazzo, detto appunto di San Marco (e successivamente Venezia), destinando l'intero complesso alla comunità veneziana di Roma. In questa occasione fu rifatta la copertura del tetto con lastre di piombo incise con le insegne papali (andate perdute nel restauro del ottocentesco), fu realizzato il soffitto ligneo a cassettoni della navata centrale, vennero create le grandi nicchie a conchiglia della navate laterali ed eretto l'imponente portico esterno con la loggia sovrastante.
Dal Cinquecento a oggi
Tra il 1503 e il 1523, il cardinale Domenico Grimani (1461-1523) fece rifare il pavimento cosmatesco che ancora oggi possiamo ammirare, mentre nella seconda metà del XVI secolo, la basilica fu oggetto di ulteriori restauri e rifacimenti, e venne arricchita di uno straordinario coro.
Nel 1654-1657 la chiesa fu ristrutturata per volontà dell'ambasciatore veneziano Nicolò Sagredo su progetto di Orazio Torriani (1601 ca. - 1657): in questa occasione vennero messe in opera nuove vetrate alle finestre e fu sostanzialmente risistemato l'apparato decorativo della navata centrale.
Nel 1735 un nuovo e più impegnativo restauro fu promosso dal cardinale Angelo Maria Quirini (1680-1755) su progetto di Filippo Barigioni (1672-1753), con il quale la chiesa assunse l'aspetto odierno, che si sviluppò in tre fasi: nel 1735-1737, la sistemazione del presbiterio con la costruzione dell'altare maggiore e il rinnovo degli stalli del coro; nel 1741-1745, la sostituzione delle colonne di granito con le attuali di laterizi rivestite di diaspro di Sicilia, la foderatura dei pilastri e la realizzazione dei bassorilievi in stucco; nel 1746-1750, la definizione del prospetto interno.
Tra il 1840 e il 1843, il cardinale Giacomo Giustiniani (1769-1843) fece sostituire le tegole in piombo del tetto e restaurare il mosaico absidale; nel corso dei lavori fu scoperta la cripta. La chiesa, inoltre, anche se non direttamente, subì il rifacimento della zona all'epoca della costruzione del Vittoriano: nel 1911, infatti, il Palazzetto Venezia, oggi sul lato occidentale, un tempo era su quello orientale, appoggiato alla torre di Palazzo Venezia.
Per eliminare o almeno ridurre l'umidità della chiesa, tra il 1947 e il 1949 vennero eseguiti importanti lavori di restauro: in tale circostanza la cripta fu riaperta e restaurata e furono effettuate indagini archeologiche per comprendere le fasi antiche dell'edificio e dell'area.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di San Marco, istituito da papa Marco nel 336: l'attuale titolare è il cardinale Angelo De Donatis.
Descrizione
Esterno
Facciata
La facciata (1), eretta nel 1466-1469 con il travertino prelevato dal Colosseo e dal Teatro di Marcello, si articola in due ordini di archi sorretti da pilastri che inquadrano una loggia e un portico (nartece), chiuso da una cancellata donata nel 1690 da papa Alessandro VIII (1689-1691). Le arcate del portico sono divise da semicolonne con capitelli compositi a volute diagonali e foglie, mentre la loggia è scandita da paraste con capitelli corinzi,[1] sulle quali si notano quattro scudi scolpiti a bassorilievo e tenuti da teste leonine: le due lesene centrali presentano, a destra, lo stemma di Paolo II (un leone rampante sormontato dalla tiara e due chiavi decussate), e, a sinistra, un Busto di san Marco; le lesene laterali presentano invece gli stemmi del cardinale Marco Barbo (un leone rampante sormontato dal galero cardinalizio). Da questa loggia il papa, finché visse a Palazzo Venezia, benediceva la folla radunatasi nella piazza per le occasioni solenni e per questo motivo conosciuta come la "Loggia delle Benedizioni". Il prospetto esterno dell'edificio, rigorosamente classico richiama da vicino la perduta Loggia delle Benedizioni dell'antica Basilica Vaticana, in costruzione nello stesso periodo; respinta dalla maggioranza degli studiosi l'attribuzione vasariana a Giuliano da Maiano, la struttura è da riferirsi all'opera di Leon Battista Alberti (1404-1472), che partecipò anche alla costruzione di Palazzo Venezia.
Campanile
Sopra la parte iniziale della navata destra, si erge lo splendido campanile romanico quadrangolare, costruito alla metà del XII secolo, che si articola in tre ordini aperti da eleganti trifore e presenta una campana realizzata dal magister Gilbertus cardinalis.
Atrio
Nell'atrio del portico (2) sono raccolti numerosi frammenti architettonici e lapidi sepolcrali paleocristiani, fra questi si notano:
- Vera di pozzo (XI secolo) con un'iscrizione in cui il sacerdote Giovanni, donando il pozzo in onore di Dio e di san Marco, invitava gli assetati a bere e minacciava maledizioni a chi osava trarre profitto pecuniario dalla sua acqua:
« | DE DONIS DEI ET SANCTI MARCI, IOHANNES PRESBYTER FIERI ROGABIT. OMNES SITIENTES, VENITE AD AQUAS ET SI QUIS DE ISTA AQUA PRETIO TULERIT ANATHEMA SIT. » |
- Lapide funeraria di Vannozza Cattanei (1518), amante di papa Alessandro VI e madre dei suoi figli Cesare, Giovanni, Lucrezia e Goffredo Borgia. In realtà Vannozza non fu mai sepolta in questa chiesa: l'epigrafe, ritrovata nel 1948, proviene, infatti, da Santa Maria del Popolo dove la donna aveva la tomba, poi scomparsa. L'iscrizione così recita:
(LA) | (IT) | ||||
« | D(eo) O(ptimo) M(aximo) - VANNOTIAE CATHANEAE CAESARE VALENTIAE / IOANNE GANDIA(e) IAFREDO SCYLLATII ET LUCRETIA FERRARIAE DUCIBUS FILIIS NOBILI / PROBITATE INSIGNI RELLIGIONE EXIMIA / PARI ET AETATE ET PRUDENTIA OPTIME / DE XENODOCHI(o) LATERANEN(si) MERITAE / HYERONIMUS PICUS FIDEICOM(m)ISS(i) PROCUR(ator) / EX T(estamen)TO POS(UIT) VIX(it) ANN(os) LXXVI MEN((ses) IIII DIES XIII / OBIIT ANNO M D XVIII XXVI NO(vembris) » | « | A Dio Ottimo Massimo - A Vannozza Cattanei, celebre guida per i figli Cesare, duca di Valentines, Giovanni, duca di Gandia, Goffredo, duca di Squillace, Lucrezia, duchessa di Ferrara, insigne per onestà, esimia per religione, di pari età e saggezza, di ottimi meriti per l'ospedale Lateranense. Geronimo Pico, procuratore del fedecommesso, pose secondo disposizione del testamento. Visse anni 76, mesi 4, giorni 13, morì nell'anno 1518, 26 novembre » |
Si accede all'aula liturgica, attraverso uno splendido portale con architrave decorato con ghirlande di fiori e frutta, stemma di Paolo II e nella lunetta un bassorilievo raffigurante:
- San Marco evangelista in trono e il leone (1464 ca.), in marmo, di ambito romano: opera per lungo tempo attribuita dagli studiosi a Isaia da Pisa, ma più di recente a Mino da Fiesole.[2]
Interno
L'interno, a pianta basilicale, è diviso in tre navate da due file di dodici pilastri addossati per motivi statici alle antiche colonne, sulle quali poggiano archi a tutto sesto, sormontati da una doppia serie di bifore quattrocentesche goticizzanti che consentono l'illuminazione dell'aula liturgica. Le navate laterali sono coperte da volte a crociera, mentre quella centrale presenta un pregevole soffitto ligneo a cassettoni intagliati e dorati su fondo azzurro realizzato nel 1465-1468 da Giovannino e Marco de' Dolci. Il piano di calpestio è rivestito da un pavimento seicentesco che include riquadri comateschi, databili al XV secolo. Nelle navate laterali si aprono quattro cappelle per lato alternate ad absidiole quattrocentesche, in gran parte occupate da monumenti funebri.
La navata centrale (3) è decorata da rilievi alternati a due cicli di dipinti murali raffiguranti:
- alla parete sinistra, Storie della vita di san Marco papa (1654-1657), affreschi di Fabrizio Chiari, Francesco Allegrini, Giovanni Angelo Canini e Guillaume Courtois detto il Borgognone.
- alla parete destra, Storie della vita dei santi Abdon e Sennen (1654-1657), affreschi di Pier Francesco Mola, Francesco Allegrini, Giovanni Angelo Canini e Guillaume Courtois detto il Borgognone.[3]
- alle pareti, Dodici apostoli (1745 ca.), in stucco, realizzati da vari artisti su disegno di Clemente Orlandi.
Lungo la navata sinistra si aprono quattro pregevoli cappelle, alternate ad altrettante absidiole:
- nella prima cappella, dedicata all'Agnello di Dio (25), che un tempo fungeva da battistero, si conservano:
- alle pareti, Allegorie della Prudenza e dell'Innocenza (seconda metà del XVII secolo), affreschi, attribuiti a Carlo Maratta.
- nella prima absidiola (24), Monumento funebre del cardinale Marcantonio Bragadin (1658),in marmo di Alessandro Vitale e Lazzaro Morelli.
- nella seconda cappella, dedicata a san Gregorio Barbarigo (23) e costruita nel 1764 su disegno di Emidio Sintes, è collocato:
- all'altare, bassorilievo con San Gregorio Barbarigo distribuisce l'elemosina (1803), in marmo di Antonio D'Este, allievo di Antonio Canova.
- nella terza cappella, dedicata a san Domenico di Guzman (21), sono custoditi:
- all'altare, pala con San Domenico di Guzman resuscita il giovane Napoleone Orsini (prima metà del XVII secolo), olio su tela, attribuita a Baccio Ciarpi.[4]
- alle pareti laterali,
- San Francesco d'Assisi (1653-1656), affresco di Lazzaro Baldi.
- San Nicola di Bari (seconda metà del XVII secolo), affresco di Ciro Ferri.
- nella terza absidiola (20), Monumento funebre del cardinale Luigi Prioli (1720), in marmo di ambito romano.[5]
- nella quarta cappella, dedicata a san Michele Arcangelo (19), è esposta:
- all'altare, pala con San Michele Arcangelo combatte contro Satana (1653-1659), olio su tela di Pier Francesco Mola.[6]
Cappella dell'Immacolata Concezione
In fondo alla navata sinistra, accanto al presbiterio, è ubicata la cappella, dedicata all'Immacolata Concezione (16), detta anche Cappella Capranica, dove sono visibili tre pregevoli dipinti, eseguiti alla metà del XVII secolo da Pier Francesco Mola, raffiguranti:
- all'altare, pala con Immacolata Concezione, olio su tela;
- ai lati, San Luca evangelista e San Giovanni evangelista, affreschi.
Presbiterio e abside
Nel presbiterio (15), sopraelevato sulla confessione, sistemato nel 1735-1737 da Filippo Barigioni, sono collocati:
- alle pareti dell'abside,
- in alto,
- al centro, Gloria di san Marco evangelista (secondo quarto del XVII secolo), affresco di Giovanni Francesco Romanelli;
- ai lati, Martirio e sepoltura di san Marco evangelista (metà del XVII secolo), olio su tela di Guillaume Courtois detto il Borgognone.
- in basso, Coro ligneo (1735), realizzato da Filippo Barigioni su commissione del cardinale Angelo Maria Quirini.
- in alto,
- sotto l'altare, Reliquiario a urna di san Marco papa e dei santi Abdon e Sennen (metà del XVIII secolo), in granito, attribuito a Filippo Barigioni.
- sul piano di calpestio, Pavimento cosmatesco (1478)
L'abside e l'arco trionfale presentano una splendida decorazione musiva raffigurante:
- nel catino absidale, Gesù Cristo redentore benedicente tra santi e papa Gregorio IV e Agnello di Dio tra dodici pecore convergenti (833-835), mosaico di maestranze romane.[7] L'opera divisa in tre registri presenta:
- nel registro superiore, al centro Gesù Cristo; a sinistra, Gregorio IV con il nimbo quadrato dei personaggi viventi e il modello della chiesa, presentato da san Marco evangelista e san Felicissimo; a destra, san Marco papa, sant'Agapito e sant'Agnese;
- nel registro centrale, due teorie di sei pecore che escono dalle città gemmate di Betlemme (a sinistra) e di Gerusalemme (a destra) per dirigersi verso l'Agnello di Dio al centro e che vanno probabilmente identificati con gli Apostoli;
- nel registro inferiore, iscrizione commemorativa, nella quale si legge:
« | VASTA THOLI PRIMO SISTUNT FUNDAMINE FULCRA, QUAE SALOMONICO FULGENT SUB SIDERE SITU, HAEC TIBI PROQUE QUESTO PERFECIT PRAESUL HONORE, GREGORII MARCE, EXIMIO CUM NOMINE, QUARTUS. TU QUOQUE POSCE DEUM VIVENDI TEMPORA LONGA, DONET ET AD CAELI POST FUNUS SYDERA DUCAT. » |
- sulla fronte dell'arco trionfale, Gesù Cristo benedicente e simboli degli Evangelisti in clipeo, San Paolo e san Pietro.[8]
Cappella del SS. Sacramento
In fondo alla navata destra, accanto al presbiterio, è ubicata la cappella, dedicata al Santissimo Sacramento (14), progettata nel 1656 da Pietro da Cortona e modificata da Filippo Barigioni per il cardinale Angelo Maria Querini nel 1740-1741, al di sopra del quale s'innalza la cupola decorata con stucchi di Ercole Ferrata e Luca Fancelli. All'interno, si conserva:
- all'altare, pala con San Marco papa (1470 ca.), olio su tela di Melozzo da Forlì.[9]
Lungo la navata destra si aprono quattro pregevoli cappelle, alternate ad altrettante absidiole:
- nella prima cappella, dedicata alla Risurrezione (4), è collocata:
- all'altare, pala con Risurrezione di Gesù Cristo (1600 ca.), olio su tela di Palma il Giovane.[10]
- nella seconda cappella, dedicata a sant'Antonio da Padova (6), detta anche Cappella Tomacelli, si conserva:
- all'altare, pala con Madonna con Gesù Bambino tra san Giovanni Battista e sant'Antonio da Padova (1655), olio su tela di Louis Cousin, detto Luigi Primo.[11]
- nella terza cappella, dedicata all'Epifania (8), è custodita:
- all'altare, pala con Adorazione dei Magi (seconda metà del XVII secolo), olio su tela di Carlo Maratta.[12]
- nella terza absidiola (9), Monumento funebre del cardinale Cristoforo Vidman (1660-1665), in marmo di Cosimo Fancelli.[13]
- nella quarta cappella, dedicata alla Madonna Addolorata (10), detta anche Cappella Vitelleschi, si conserva:
- all'altare, pala con Pietà (XVII secolo), olio su tela di ambito romano.[14]
- nella quarta absidiola (11), Monumento funebre del cardinale Francesco Erizzo (1700), in marmo di Francesco Maratti.
Accanto alla quarta absidiola, entro una piccola nicchia, a lato dei gradini che salgono al presbiterio, si nota:
- Stele funeraria di Leonardo Pesaro (1796-1797), in marmo di Antonio Canova.[15] (12)
Sacrestia
Dalla navata sinistra si entra nella sacrestia, dove si conservano di particolare interesse storico-artistico:
- Altare, ricomposto con pezzi del ciborio e dell'altare maggiore eretto da Marco Balbo nel 1474 e rimosso nel 1737, decorato con rilievi di Mino da Fiesole e di Giovanni Dalmata raffiguranti:
- in alto, Dio Padre tra angeli;
- al centro, Due angeli;
- in basso, Giacobbe riceve la primogenitura da Abramo (a sinistra) e Sacrificio di Melchisedec (a destra).
- all'altare, San Marco evangelista (1470-1480), olio su tela di Melozzo da Forlì.[16]
- Gesù Cristo crocifisso (fine del XIII secolo), affresco frammentario della scuola di Pietro Cavallini.
Curiosità
Sul lato sinistro della chiesa è addossato un colossale busto marmoreo, popolarmente noto come Madama Lucrezia (facente parte del cosiddetto "congresso degli arguti", ossia una delle sei sculture parlanti di Roma[17]), ma in realtà raffigurante la dea egiziana Iside, che fu rinvenuto nell'Iseo Campense e qui collocato dal cardinale Lorenzo Cybo intorno al 1500.
Note | |
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Bibliografia | |
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