Beato Isidoro di San Giuseppe
Beato Isidoro di San Giuseppe, C.P. Religioso | |
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al secolo Isidoro De Loor | |
Beato | |
Beato Isidoro De Loor | |
Incarichi attuali | |
religioso fratello | |
Età alla morte | 35 anni |
Nascita | Vrasene Belgio, Fiandre Orientali 18 aprile 1881 |
Morte | Courtrai 6 ottobre 1916 |
Appartenenza | Congregazione della Passione di Gesù Cristo |
Professione religiosa | Ere, 13 settembre 1908 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Venerabile il | 12 luglio 1982, da Giovanni Paolo II |
Beatificazione | 30 settembre 1984, da Giovanni Paolo II |
Ricorrenza | 6 ottobre |
Santuario principale | Cortryck (Courtrai) |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 6 ottobre, n. 16:
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Beato Isidoro di San Giuseppe, al secolo Isidoro De Loor (Vrasene Belgio, Fiandre Orientali, 18 aprile 1881; † Courtrai, 6 ottobre 1916) è stato un religioso belga, fratello della Congregazione della Passione di Gesù Cristo. Beatificato il 30 settembre 1984.
Biografia
Nacque da una famiglia di contadini. È stato fortunato due volte; primo perché i suoi genitori si distinguevano per la pietà, la dirittura morale e una condotta irreprensibile. Secondo perché "l'agricoltura è stata creata dall'Altissimo" (Sir 7,15 ) e il lavoro dei campi è a Lui gradito. Anche in convento si dedicherà con passione al lavoro dei campi e scriverà: "lavorare e piantare nell'orto mi va meravigliosamente bene".
Era un giovane robusto, attivo e socievole; aiutava la famiglia lavorando in campagna e d'inverno con lo zio come operaio nell'impresa di pavimentazione delle strade; cantava nel coro della parrocchia ed era anche catechista. Partecipava assiduamente alla vita della parrocchia, era iscritto alla "Pia unione per la via Crucis settimanale" e amava meditare la Passione di Gesù. Maturò l'idea di essere religioso. Un sacerdote redentorista lo indirizzò verso i passionisti, per il suo amore a Gesù Crocifisso. Nell'aprile 1907, a 26 anni, entrò nel noviziato passionista di Ere, fondato dal beato Domenico Barberi, come religioso fratello.
Soffrì molto per il distacco dalla famiglia e patì il disagio, lui che parlava fiammingo, di dover parlare il francese, la lingua ufficiale in convento. Il 9 settembre 1908 emise la professione religiosa.
Era felice della sua vocazione. Scriveva ai genitori: "Qui siamo tutti uguali, dal superiore al più piccolo; tutti a una medesima tavola, a una medesima preghiera, a un medesimo riposo, a una medesima ricreazione. Tutti insieme al lavoro, secondo la condizione di ciascuno. Ci si rende qui vicendevole servizio".
La sua vita non cambiò di molto; abituato in famiglia a essere apostolo continuava a esserlo anche in convento. "Compiendo tutto per la gloria di Dio, scrive, io collaboro alla conversione dei peccatori e a diffondere la devozione alla passione di Gesù e ai dolori di Maria. Mentre i sacerdoti vanno a predicare, noi fratelli lavoriamo per la comunità; anche il lavoro più insignificante diviene meritorio per Dio e la nostra salvezza. Non anelo, né desidero altro che sacrificarmi interamente per la salvezza delle anime".
Umiltà e pazienza erano le sue virtù. "Il lavoro, diceva scherzosamente, mi fa bene. Così quando viene il diavolo e mi trova occupato, si convince che non ha niente da sperare con me... e non gli resta che andarsene".
La sua vita era una continua ricerca della volontà di Dio; su di essa tessè la sua giornata e in essa trovò pace e serenità, in un continuo rendimento di grazie. Alla vigilia dei voti scriveva:
« | Io sto per fare la mia professione, unicamente per fare la volontà di Dio » |
Lo chiamavano il fratello buono, il fratello della volontà di Dio, l'incarnazione della regola passionista.
Viveva una rigida povertà e scriveva: "Non possiedo molte cose; ho solo un crocifisso, un rasoio, un temperino, un lapis; però non so come farvi comprendere la grande contentezza che mi riempie vedendomi libero da tutto, perché il mio cuore non ami che Gesù".
Nel giugno 1911, per una cancrena, gli venne asportato l'occhio destro. Sopportò tutto con grande forza, tanto che il medico che lo operava esclamò: "Quest'uomo deve essere un santo". Egli scriveva:
« | Mi sono confessato e nella Comunione ho offerto a Dio il mio occhio per l'espiazione dei miei peccati, per il vostro bene spirituale e materiale e secondo molte altre intenzioni. Mi sono abbandonato agevolmente alla volontà di Dio, senza rattristarmi » |
Il male continuò il suo corso. Comparve un cancro all'intestino e il medico avvertì il superiore delle conseguenze fatali della malattia. Il superiore avvisò Isidoro, il quale accolse questa notizia con la serenità abituale. Subì dolorose operazioni. Esclamava:
« | Dobbiamo accettare le nostre sofferenze in unione con Gesù, che è per noi modello di abbandono alla volontà del Padre » |
I familiari non potranno stare sempre con lui ad assisterlo, perché venne loro impedito dai tedeschi che avevano occupato il Belgio. Si era in piena Prima guerra mondiale.
Si spense il 6 ottobre 1916, a 35 anni. Poiché Courtrai era in piena zona di guerra non poté essere neppure celebrato il funerale accompagnato dai confratelli al Camposanto.
L'umile e silenzioso fratello passionista diventerà una delle figure più amate e popolari del Belgio.
Dichiarato venerabile il 12 luglio 1982, Giovanni Paolo II lo ha inserito nell'elenco dei beati il 30 settembre 1984.
Spiritualità
La spiritualità del beato Isidoro è ben delineata da Giovanni Paolo II nell'omelia per la beatificazione (30 settembre 1984):
« | Nel beato Isidoro De Loor ci è dato di contemplare soprattutto il volto di Cristo sofferente, nel quale si rivela l'amore infinito di Dio. Il nuovo beato seppe cogliere il valore supremo e assoluto della volontà di Dio e si impegnò a compierla nella propria esistenza con amore e fiducia, sull'esempio di Gesù Cristo, il quale si mosse sempre, anche quando si trattò di prendere la croce, per fare quello che era gradito al Padre. Fu tale la docilità e la prontezza con cui il beato De Loor si abbandonò in tutto alla volontà del Signore, per seguire Gesù crocifisso e risorto, da essere chiamato "fratello della volontà di Dio". Colpito da una delle malattie più diffuse del nostro secolo, il cancro, fratel Isidoro si preparò alla morte con la stessa docilità, con cui era vissuto, prendendo questa drammatica prova come occasione per conformarsi pienamente al Redentore, oggetto delle sue continue e prolungate meditazioni.
Il novello beato invita ognuno di noi ai piedi di Cristo morto per amore, esortandoci a unire le nostre fatiche e le nostre sofferenze a quelle di Cristo, per trovare così il senso salvifico e costruttivo del lavoro, del dolore e delle fatiche e ricevere risposte valide agli interrogativi dell'esistenza[1] Il nuovo beato Isidoro De Loor è certamente, per la nostra epoca desiderosa di un'indipendenza talvolta equivoca, un esempio provvidenziale e affascinante di crescente conformità alla volontà del Padre celeste alla sequela di Cristo Gesù. Alcuni suoi contemporanei, testimoni della vita di fratel Isidoro di san Giuseppe lo chiamavano "il fratello della volontà di Dio". Che il beato ci aiuti tutti ad avanzare nella comprensione e nel compimento quotidiano del piano del Signore sulla nostra esistenza. Non c'è altra via verso la vera felicità! » | |
Note | |
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Bibliografia | |
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