Chiesa di San Giovanni a Porta Latina (Roma)
Chiesa di San Giovanni a Porta Latina | |
Roma, Basilica di San Giovanni a Porta Latina | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via di Porta Latina, 17 00179 Roma (RM) |
Telefono |
+39 06 77400032; +39 06 70475938 |
Posta elettronica | portalatina17@gmail.com |
Sito web | Sito ufficiale |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | rettoria |
Dedicazione | San Giovanni evangelista |
Sigla Ordine qualificante | I.C. |
Sigla Ordine reggente | I.C. |
Fondatore | papa Gelasio I |
Data fondazione | V secolo, fine |
Stile architettonico | Paleocristiano, romanico |
Inizio della costruzione | V secolo, fine |
Completamento | XII secolo |
Pianta | basilicale |
Materiali | laterizi |
Larghezza Massima | 14,45 m |
Lunghezza Massima | 39 m |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Chiesa di San Giovanni a Porta Latina è un edificio di culto di Roma, limitrofo all'omonima porta delle Mura Aureliane, situato nel centro storico della città, nel rione Celio.
Storia
Dalle origini al Medioevo
La chiesa, secondo la tradizione, fu fondata da papa Gelasio I (492-496) alla fine del V secolo, per ricordare il luogo in cui si cercò di martirizzare san Giovanni apostolo immergendolo in una caldaia di olio bollente ma, uscitone illeso, venne relegato a Patmos: il miracolo è celebrato nell'adiacente Oratorio di San Giovanni in Oleo.
Per approfondire, vedi la voce Oratorio di San Giovanni in Oleo (Roma) |
La chiesa gelasiana, di cui sono stati ritrovati resti nell'abside, aveva un impianto di tipo orientale, con abside poligonale preceduta da un avancorpo con i due pastoforia[1] che concludevano le navatelle; la tradizione trova conferma nel tipo di muratura (in opera listata a filari irregolari) e nelle tegole del tetto antico, di cui una è conservata come leggio, che portano i bolli dell'epoca di Teodorico (495-526); tuttavia, l'intitolazione all'Evangelista non è documentata prima del VII secolo.
Il Liber Pontificalis attesta che Adriano I tra il 772 e il 795 restaurò l'edificio.
Nel 1144-1445 la chiesa divenne proprietà della Basilica Lateranense. A questa epoca dovrebbe risalire la ricostruzione dell'edificio, per i danni riportati nel 1084 durante il saccheggio normanno di Roberto il Guiscardo (1015 ca. – 1085). I lavori di ristrutturazione si dovettero concludere entro il 1191, anno in cui Celestino III (1191-1198) traslò qui le reliquie dei santi Gordiano ed Epimaco e riconsacrò la chiesa, come testimoniato da un'iscrizione dedicatoria, un tempo murata in controfacciata e ora collocata sul fronte di un moderno leggio:
« | Anno Dominicae Incarnationis MCLXXXX[I] Ecclesia Sancti Johannis ante Portam Latinam dedicata est ad honorem Dei et betai Johannis Evangeliste manu domini Celestini III pp., presentibus fere omnibus cardinalibus tam episcopis quam et aliis cardinalibus, de mense madiam die X festivitatis ss. Gordiani et Epimachi, est enim ibi remissio vere penitentibus AXI, dierum de injunctis sibi penitentiis singulis annis. » |
Dal Cinquecento a oggi
A partire dalla metà del XVI e fino all'inizio del XVIII secolo, la chiesa fu sottoposta a una serie di interventi - che hanno provocato, tra l'altro, il danneggiamento dei dipinti murali medioevali - commissionati da alcuni cardinali titolari: nel 1566 da Alessandro Crivelli (1514-1574); nel 1570 da Giovanni Gerolamo Albani (1504-1591); nel 1656 da Francesco Paolucci (1581-1661); nel 1702 da Sperello Sperelli (1639-1710).
Nei secoli successivi la chiesa subì vari periodi di decadenza e altri interventi di ristrutturazione, fino a quando nel 1905, quando fu affidata alle monache dell'Ordine della Santissima Annunziata, vennero scoperti nel sottotetto sopra al presbiterio alcuni dipinti murali medioevali che diedero l'impulso, tra il 1913 e il 1915, per una complessiva opera di restauro sotto la direzione del sacerdote e archeologo tedesco, Joseph Wilpert (1856-1944).
Nel 1937 la chiesa fu affidata ai Padri Rosminiani,[2] che nel 1940-1941, procedettero a un ulteriore restauro teso al ripristino delle strutture medioevali e alla demolizione di tutte le aggiunte apportate tra il XVII e il XVIII secolo: fu allora recuperato il portico, riaperte le tre finestre della facciata e dell'abside e restaurato il campanile con lo svuotamento delle trifore; anche l'interno fu completamente liberato dalle superfetazioni.
La chiesa è oggi luogo sussidiario di culto della Parrocchia di San Giovanni in Laterano.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di San Giovanni a Porta Latina, istituito da papa Leone X, il 6 luglio 1517: il titolo attualmente (2020) è vacante.
Descrizione
Esterno
Sagrato
Nel sagrato, antistante la chiesa, ombreggiato da un alto cedro centenario, è posto un pozzo del IX secolo, fiancheggiato da due colonne con capitelli a foglie del IV secolo, decorato da due serie sovrapposte di girali che reca incisa intorno all'imboccatura l'iscrizione:
(LA) | (IT) | ||||
« | IN NOMINE PAT[ris] ET FILII ET SPI[ritus Sant]I. OMNES SITIE[ntes venit]E AD A[quas]. EGO STEFANUS » | « | Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Venite alle acque tutti voi che avete sete. Io Stefano.[3] » |
Facciata e campanile
La facciata, aperta in alto da tre finestre centinate, è preceduta da un portico (nartece), a cinque arcate, costituite da quattro colonne di marmo e granito, tre con capitelli ionici e uno dorico, che ospita interessanti resti romani e paleocristiani, oltre a frammenti di dipinti murali medievali.
Sulla sinistra si eleva il campanile romanico del XII secolo, di forma quadrata a cinque ordini: il primo piano presenta una sola monofora tamponata, il secondo una bifora con archi poggianti su pilastro, mentre gli ultimi tre trifore su colonnine e capitelli. La cella campanaria conserva una campana del 1723.
Interno
La chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), a pianta basilicale, è divisa in tre navate da due file di cinque colonne di spoglio in marmi diversi, sulle quali poggiano archi a tutto sesto. Le due colonne prossime al presbiterio sono di pavonazzetto con profonde scanalature; la terza coppia di cipollino e le altre di granito grigio e rosso, tutte sormontate da capitelli ionici.
Le pareti della navata centrale sono aperte da una fila di monofore, riaperte dopo il ritrovamento dei dipinti murali e la demolizione delle strutture e delle decorazioni barocche. La navata centrale, come le laterali, sono coperte da un tetto a capriate lignee moderno; anche il pavimento è moderno, mentre quello della chiesa del XII secolo si trova a 48 cm sotto l'attuale piano di calpestio. Le navate laterali terminano con due ambienti rettangolari, in cui sono state ricavate le absidi che comunicano con il presbiterio mediante arcate. La navata centrale termina con un'abside, semicircolare all'interno e semiesagonale all'esterno, aperto da tre grandi finestre chiuse da lastre di onice giallo-miele che diffondono nella chiesa una particolare luce dorata.
Presbiterio e abside
Nel presbiterio, rialzato da un gradino, decorato da un rilievo con girali e testine, è un pavimento in opus sectile a marmi policromi. L'altare moderno utilizza come paliotto un frammento di pluteo preromanico con un arbusto centrale da cui si dipartono tralci che formano una serie di volute (IX secolo); esso è analogo a un altro frammento usato sul fronte del leggio di pietra, dove è stata sistemata anche la lastra con l'iscrizione del 1191. Nella predella dell'altare è inserita un'altra epigrafe che reca l'antico "titolo" della chiesa:
« | TIT. S. IOANNIS ANTE PORIAM LA[tinam]. » |
Il presbiterio è decorato da dipinti murali raffiguranti:
- alle pareti laterali, Ventiquattro vegliardi dell'Apocalisse (1191-1198), affresco di ambito romano;[4]
- nell'arco trionfale, Simboli dei quattro evangelisti (1191-1198), affresco di ambito romano;[5]
- nel catino absidale, San Giovanni apostolo trascinato in giudizio dinanzi all'imperatore Domiziano (1715), affresco di Antonio Rapreti: l'opera, realizzata sulla base di cartoni preparatori lasciati da Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d'Arpino (1568-1640), di cui si era persa la memoria, è stata riportata alla luce nel 2007.
La navata centrale e la controfacciata sono decorati da un notevole ciclo di dipinti murali ad affresco, che ha inizio sulla parete destra e si svolge anularmente, databile al 1191, opera di alcuni pittori di ambito romano, raffigurante Episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento,[6][7] alcuni andati perduti, tra i quali si notano:
- nella parete destra, articolata su tre registri:
- registro superiore,
- registro mediano,
- Annunciazione;[15]
- Visitazione;[16]
- Viaggio a Betlemme;
- Natività di Gesù;[17]
- Annuncio ai pastori;[18]
- Adorazione dei Magi;
- registro inferiore,
- Entrata di Gesù Cristo a Gerusalemme (andato perduto);
- Lavanda dei piedi e Ultima Cena (andato perduto);
- Salita di Gesù Cristo al monte Calvario (andato perduto);
- Crocifissione di Gesù Cristo;[19]
- Deposizione di Gesù Cristo nel sepolcro;[20]
- nella controfacciata, articolata su due registri:
- registro superiore,
- registro inferiore, Giudizio Universale;[24]
- nella parete sinistra, articolata su tre registri:
- registro superiore,
- registro mediano,
- Sogno di san Giuseppe (andato perduto);
- Fuga in Egitto (andato perduto);
- Strage degli innocenti (andato perduto);
- Disputa di Gesù con i dottori del Tempio;
- Battesimo di Gesù Cristo (andato perduto);
- Trasfigurazione di Gesù Cristo (andato perduto);
- Risurrezione di Lazzaro (andato perduto);
- registro inferiore,
- Pie donne al sepolcro;
- Apparizione di Gesù Cristo risorto alle pie donne;[30]
- Incontro di Gesù Cristo e i discepoli sulla via di Emmaus;[31]
- Cena in Emmaus;
- Incredulità di san Tommaso;[32]
- Apparizione di Gesù Cristo risorto agli apostoli sul lago di Tiberiade e pesca miracolosa.[33]
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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