Chiesa Cattolica in Uruguay
Chiesa cattolica in Uruguay | ||
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Anno | 2009 | |
Cattolici | 2,5 milioni | |
Popolazione | 3 milioni | |
Categoria:Chiesa cattolica in Uruguay |
La Chiesa Cattolica in Uruguay conta circa 2,5 milioni di fedeli pari all'83% della popolazione del paese.
L'evangelizzazione del territorio dell'attuale Uruguay[1] cominciò agli inizi del XVII secolo contemporaneamente al processo di conquista coloniale da parte della Spagna e del Portogallo anche se la gerarchia ecclesiastica è stata costituita solo nel XIX secolo.
Attualmente (2011) la Chiesa Cattolica è presente in Uruguay con 1 sede metropolitana e 9 diocesi suffraganee.
Storia
Dal XVI al XVIII secolo
La Iglesia chica | |||
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Gli spagnoli arrivarono nei territori dell'odierno Uruguay nel 1516, ma la fiera resistenza alla conquista opposta da parte della popolazione locale, insieme all'apparente assenza di oro e argento, limitò molto gli insediamenti nei secoli XVI e XVII; questi territori, tuttavia, divennero una zona di contesa tra l'Impero spagnolo e quello portoghese dopo che nel 1603 gli spagnoli vi introdussero redditizi allevamenti di bovini.
La presenza della Chiesa sul territorio in questo periodo fu occasionale e legata all'attività missionaria soprattutto di Francescani, Gesuiti e Domenicani. Le riduzioni guaraní create dai gesuiti nel nord e le fondazioni dei padri francescani alla foce dei fiumi Negro e Uruguay, soprattutto, precedettero gli insediamenti urbani. Il primo insediamento permanente fu quello di Villa Soriano, sul Río Negro, fondato dagli spagnoli nel 1624[2], mentre tra il 1669 e il 1671 i portoghesi costruirono un forte a Colonia del Sacramento.
La colonizzazione ad opera della Spagna divenne progressivamente sempre più decisa, soprattutto con l'intento di limitare l'espansione delle frontiere portoghesi del Brasile. Questi territori dal punto di vista ecclesiastico dipesero dalla Diocesi di Asunción fino al 1620, quando passarono sotto la giurisdizione della Diocesi di Buenos Aires.
Sempre gli spagnoli fondarono San Felipe y Santiago de Montevideo il 24 dicembre 1726. Montevideo fu per tutto il secolo XVIII l'unica città nella quale la Chiesa si era insediata, dipendendo da Buenos Aires, con una certa organizzazione. Il primo vescovo che visitò la zona, nel 1772, cominciando da Soriano, fu Manuel Antonio de la Torre (1705-1776); il suo successore, Sebastián Malbar y Pinto (1730-1795), nel 1779 visitò Colonia del Sacramento, Soriano e Montevideo. Il vescovo, però, che più contribuì allo sviluppo della Chiesa in questi territori in quel periodo fu Benito de Lué y Riega (1753-1812), che creò le parrocchie di Santísima Trinidad de los Porongos, San José, Florida, Minas, Paysandú e Melo. Primo governatore ecclesiastico fu Pedro Antonio de Portegueda al quale successe Dámaso Antonio Larrañaga (1771-1848).
Montevideo in due occasioni, nel 1808 e nel 1809, fece richiesta alla Corona di Spagna di essere eretta in sede della diocesi della Banda Oriental. Le vicende storiche dell'epoca, soprattutto i movimenti indipendentisti, lasciarono senza risultato queste richieste.
Dall'indipendenza alla Costituzione del 1918
In conseguenza delle rivolte antispagnole guidate da José Gervasio Artigas (1764–1850) il clero dei territori dell'odierno Uruguay si schierò con i movimenti indipendentisti; molti sacerdoti furono protagonisti attivi nelle assemblee e nei governi locali usando anche il pulpito per la propaganda politica. La loro dedizione alla causa rivoluzionaria si manifestò anche partecipando come cappellani alle milizie patriottiche, assistendo i feriti sui campi di battaglia e, alcune volte, impugnando essi stessi le armi.
« | Gli uomini e le donne che parteciparono al processo di emancipazione erano per la maggior parte cattolici. La visione che avevano dell'uomo e della sua esistenza, dei popoli e dei loro diritti, della vita e della morte, era profondamente illuminata dalla fede cattolica e dalla sua cultura, anche se con diversi approcci (...). La Chiesa, sia i laici che i sacerdoti, fu parte attiva nel processo di formazione del nostro popolo fin dal principio della sua costituzione nel periodo coloniale, come anche durante gli avvenimenti che portarono alla emancipazione e poi per tutti i due secoli che seguirono all'indipendenza » | |
(Conferencia Episcopal del Uruguay, Mensaje con motivo del Bicentenario del Proceso de Emancipación Oriental, 14 novembre 2010[4])
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Il legato pontificio Giovanni Muzi regolò la situazione ecclesiastica di questi territori nominando il 25 gennaio 1825 vicario apostolico Dámaso Antonio Larrañaga che fu vicario fino alla sua morte, nel 1848[5]. A Larrañaga successe Lorenzo Antonio Fernández (1792-1852) fino al 1852, quindi José Benito Lamas (1787-1857) dal 1854 al 1857 e infine Jacinto Vera y Durán (1813-1881) che fu anche il primo vescovo della diocesi di Montevideo.
Durante il periodo nel quale la Chiesa fu guidata da vicari apostolici la preoccupazione pastorale si orientò fondamentalmente in tre direzioni: la provvista di sacerdoti in molte parrocchie del Paese che erano vacanti nelle quali furono nominati solitamente vicari invece che parroci per poter ovviare alle pretese del Governo sul diritto di Patronato; furono poi incrementate le vocazioni autoctone e infine fu avviata un'intensa opera di rinnovamento della vita cristiana grazie all'attenzione alla predicazione. Oltre a queste preoccupazioni pastorali la Chiesa dovette far fronte anche ai problemi di relazione con il potere civile: se la rivendicazione del diritto di Patronato fu gestito tutto sommato pacificamente al tempo di Larrañaga, successivamente divenne più problematica a causa del fatto che i vari governi fecero di questo punto una questione d'onore e soprattutto il criterio della reale sovranità dello Stato su ogni altro potere. Nonostante questi problemi le autorità ecclesiastiche riuscirono a mantenere sempre un ragionevole equilibrio tra le difesa della libertà della Chiesa e buoni rapporti con le autorità civili. Notevole fu anche il problema, per la Chiesa, della diffusione del razionalismo deista negli ambienti dell'università, della politica e della stampa. Questa diffusione fu favorita anche dalla presenza sempre più influente in politica di logge massoniche e di intellettuali immigrati europei impregnati di anticlericalismo. La Chiesa, da parte sua, rispose a questo processo culturale intervenendo inefficacemente con proibizioni e condanne.
Il 13 giugno 1878 Leone XIII, in seguito alle trattative sostenute dal Vicario Apostolico Jacinto Vera e dal Governatore provvisorio Lorenzo Latorre (1844-1916), eresse la diocesi di Montevideo con giurisdizione su tutto il territorio della Repubblica e designando lo stesso Jacinto Vera come primo vescovo.
La figura di Jacinto Vera fu fondamentale per lo sviluppo della Chiesa uruguayana. Cominciò la sua opera di organizzazione ecclesiastica soprattutto formando i nuovi sacerdoti affidandoli ai Gesuiti e inviandone molti a Roma presso il Collegio Pio Latinoamericano; accolse poi in diocesi numerose Congregazioni religiose che si occupassero delle opere di carità e dell'educazione con lo scopo anche di fondare una scuola cattolica in ogni parrocchia. La vitalità che dimostrò la comunità cristiana con il vescovo Vera riuscendo in pochi anni ad organizzarsi e a dare risposta a gravi problemi quali l'insegnamento, la questione sociale, la partecipazione politica organizzata del laicato, preoccupò soprattutto gli anticlericali che definirono questo rinnovamento ecclesiale avalancha católica ("valanga cattolica").
Nonostante l'opera tenace della comunità cristiana, però, la Chiesa dovette affrontare i problemi legati alla storia del Paese: i territori dell'Uruguay furono gli ultimi ad essere colonizzati ed anche gli ultimi ad essere evangelizzati; per questo motivo la popolazione non aveva acquisito, a parte il battesimo, una robusta pratica di vita cristiana. Dopo che la già fragile struttura ecclesiastica coloniale fu smantellata durante le guerre d'indipendenza e civili, poi, la penuria di clero autoctono impedì il costituirsi di una Chiesa stabile che potesse fronteggiare con forza le nuove situazioni politiche. Rilevante fu inoltre l'ondata migratoria che interessò prima Montevideo e poi tutto il Paese: gli immigrati, di origine europea e soprattutto italiani, portarono con sè risentimenti e pregiudizi anticlericali[6]. Dal punto di vista culturale, infine, il razionalismo e il positivismo, comuni a tutti i paesi latinoamericani alla fine del XIX secolo, ebbero una struttura di sostegno e di diffusione anzitutto nella Università e poi nella riforma scolastica propugnata da José Pedro Varela (1845-1879)[7]; la Chiesa, invece, per la mancanza di strutture stabili proprie, non potè affrontare con necessario vigore gli influssi culturali laicisti:
« | L'"originalità" uruguaiana ha la sua radice in questo: mentre negli altri paesi latinoamericani le élite intellettuali, che si identificano con le classi dirigenti locali, hanno finito per dare le spalle al popolo, che rimase religioso, nel nostro paese il "popolo nuovo", tale per la fusione di immigranti e orientali, si sentì rappresentato dai liberali, e questi trovarono in quello la base sociale per le loro idee e il loro programma. E la Chiesa, che rivendicava il diritto di essere presente come protagonista nelle risposte a quelle domande sull'identità dell'Uruguay, ebbe unicamente da difendere il suo diritto ad esistere. » | |
Il 14 aprile 1897 fu eretta la Provincia ecclesiastica dell'Uruguay elevando Montevideo ad Arcidiocesi metropolitana ed erigendo le diocesi di Salto e di Melo smembrandone il territorio da Montevideo.
Nonostante il fatto che nella prima Costituzione dell'Uruguay del 1830 la Chiesa Cattolica fosse stata definita come religione dello Stato[9], l'atteggiamento sostanzialmente avverso dello Stato uruguayano nei confronti della Chiesa è testimoniato dalla progressiva laicizzazione del Paese che si può far risalire addirittura al 1860 quando furono secolarizzati i cimiteri; da quella data gli altri avvenimenti più significativi che registrano la laicizzazione dell'Uruguay furono la legge di Riforma dell'istruzione nel 1878, la creazione del Registro di Stato Civile nel 1879, la legge sul Matrimonio civile obbligatorio e quella sui conventi nel 1885, la proibizione di entrata in Uruguay dei religiosi espulsi dalla Francia nel 1901, la revoca dei contributi economici destinati al Seminario e la soppressione dei crocifissi dagli ospedali nel 1906, la soppressione del riferimento a Dio e ai Vangeli nel giuramento dei parlamentari e la legge sul divorzio nel 1907, la soppressione dell'insegnamento religioso nelle scuole pubbliche nel 1909, la soppressione del riferimento a Dio e ai Vangeli nel giuramento degli amministratori locali nel 1911; finalmente, nel 1918, con la nuova Costituzione, si arrivò alla definitiva separazione dello Stato dalla Chiesa[10].
Parallelamente alla progressiva laicizzazione della società uruguayana, la Chiesa reagì con la formazione di un laicato cattolico che fosse capace di affrontare con responsabilità anche la dimensione politica della vita sociale; i Congresos Católicos, soprattutto, servirono a questo scopo dopo che il Club Católico, fondato nel 1875, e la rivista El Bien Público, fondata nel 1878, furono luogo di incontro, dibattito e formazione della generazione dei laici che si sarebbero impegnati per i Congresos[11]. Il primo Congreso, del 1889, portò alla creazione della Unión Católica del Uruguay, una sorta di commissione permanente dei laici cattolici, e al progetto di una pastorale che oggi si chiamerebbe "d'insieme". Il secondo Congreso, nel 1893, diede impulso alla stampa cattolica; il terzo, nel 1900, approfondì i temi della pastorale giovanile, organizzò la Federación de la Juventud Católica del Uruguay e iniziò le prime riflessione sulla possibilità della creazione di un partito politico cattolico; il quarto Congreso, nel 1911, portò alla creazione della Union Social, della Union Económica e, finalmente, alla realizzazione del partito politico di cattolici che fu chiamato Union Cívica all'inizio del quale furono fondamentali le figure di Joaquín Secco Illa, Miguel Perea e Juan Zorrilla de San Martín[12].
Tra il 1917 e il 1919 si consumò la definitiva separazione tra lo Stato e la Chiesa. In questo biennio, infatti, si discusse, approvò ed entrò in vigore la seconda Costituzione dell'Uruguay che dichiarava la completa laicità dello Stato. Una delle prime conseguenze di questa Costituzione fu la legge sulle festività (Ley de feriados) del 1919 che secolarizzò le feste religiose[13]. Un altra conseguenza, positiva per la Chiesa, questa volta, fu la possibilità di poter finalmente nominare i vescovi delle diocesi di Salto e Melo che erano rimaste senza vescovo fin dal 1897, anno della loro erezione e anche di poter nominare l'arcivescovo di Montevideo, sede che era rimasta vacante dalla morte di Mariano Soler nel 1908.
Dalla Costituzione del 1918 ad oggi
La riforma costituzionale del 1918 segnò simbolicamente ma anche praticamente l'inizio di una nuova tappa della Chiesa uruguayana la quale, in una società profondamente secolarizzata, avrebbe dovuto ora ricercare un altro stile e altri strumenti di presenza e di apostolato rispetto a quelli dei Congresos Católicos. Pietra miliare di questo tentativo di rinnovamento fu il documento "Estatutos de la Arquidiócesis de Montevideo y Diócesis Sufragáneas de Salto y Melo", promulgato nel 1918 e redatto dal redentorista tedesco José Johannemann che era stato designato Visitatore apostolico dell'Uruguay. Le "Settimane Sociali" ("Semanas Sociales"), inoltre, le processioni del Corpus Domini vissute come eventi capaci di radunare le folle, e lo sviluppo dell'educazione cattolica attraverso la fondazione di collegi di ogni ordine e grado, aiutarono la Chiesa ad essere presente nella vita sociale del Paese nonostante il generale clima di indifferenza nei suoi confronti.
Nel 1934 i tre vescovi della provincia ecclesiastica dell'Uruguay fondarono l'Azione Cattolica come nuovo strumento di organizzazione e formazione dei cattolici del Paese. Rapidamente l'Azione Cattolica dimostrò una notevole capacità di coinvolgere il laicato: l'imponente raduno in occasione del terzo Congresso Eucaristico Nazionale celebrato a Montevideo tra il 1° e il 6 novembre 1938 mostrò chiaramente le possibilità di evangelizzazione riservate a quel movimento. In pochi anni l'Azione Cattolica si organizzò anche nei diversi settori: nacquero la Juventud Obrera Católica (JOC), i gruppi di studenti, quelli dei lavoratori, quelli che raccoglievano i diversi mezzi di comunicazione e, soprattutto all'interno del Paese, nacque anche la Juventud Agraria Católica. Oltre al rinnovamento favorito dall'Azione Cattolica, la Chiesa uruguayana si impegnò anche nella catechesi e nella liturgia: grazie a vescovi saggi le comunità cristiane vissero una notevole ricchezza spirituale dovuta alla ricerca di strumenti nuovi per comunicare al popolo di Dio la ricchezza della fede cattolica: furono inviati molti laici a Bruxelles, in Belgio, presso l'Istituto Lumen Vitae, per specializzarsi in catechetica, si iniziò ad usare lo spagnolo nelle celebrazioni, si pose attenzione ai movimenti operai e all'apostolato sociale.
L'impegno e la fecondità dell'apostolato della Chiesa uruguayana furono infine come confermati nel 1958 con la creazione dell'Arcivescovo di Montevideo Antonio María Barbieri a cardinale e con la creazione nell'arco di circa dieci anni di sette diocesi: San José de Mayo nel 1955, Tacuarembó, Minas e Mercedes nel 1960, Canelones nel 1961 e Maldonado-Punta del Este nel 1966.
Il Concilio Vaticano II fu seguito con molto interesse dalla Chiesa uruguayana: i Vescovi elaborarono grazie alle suggestioni avute dal confronto con gli altri Padri conciliari e con molti teologi un progetto di "Pastorale d'insieme" (Pastoral de Conjunto)[14] che animerà la Chiesa uruguayana fino ai nostri giorni.
Nel 1965 fu approvato il primo statuto della Conferenza Episcopale Uruguayana; nel 1966 fu fondato l'Instituto Teológico del Uruguay (ITU); per la Quaresima del 1967 fu pubblicata uno storico documento dell'episcopato con il titolo "Sobre algunos problemas sociales actuales"; nel 1968 furono offerti i primi orientamenti pastorali nei quali si indicava come prioritarie la Pastorale popolare e le Comunità Ecclesiali di base iniziando ad applicare anche le indicazione della Conferenza generale di Medellín; nel 1971 si celebrò il primo incontro tra i Vescovi e i presbiteri, nel 1973 fu organizzata la Pastorale Giovanile Nazionale e nel 1975 fu creata la figura dei Coordinatori nazionali della Pastorale. Nel 1978 fu celebrato il centenario della creazione della prima diocesi uruguayana. Negli anni a seguire, poi, la Chiesa fu impegnata nell'applicazione delle proposte della Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano di Puebla (1979).
La Chiesa visse questi fermenti di rinnovamento all'interno di una società civile segnata per tutti gli anni '60 da forti tensioni e poi, dal 1973 al 1985, dalla dittatura[15]. Durante gli anni della dittatura la Chiesa fu l'unica istituzione non governativa che continuò a funzionare più o meno normalmente anche se fu sottoposta ad un notevole controllo da parte dei militari. Fu comunque notevole il servizio che la Chiesa offrì alla società soprattutto educando al dialogo e al libero dibattito e formando i giovani alla partecipazione civile.
Dopo la fine della dittatura, nel 1987 fu fondata la Universidad Católica del Uruguay intitolata a Dámaso Antonio Larrañaga. Quello stesso anno, il 31 marzo e il 1° aprile Giovanni Paolo II fu a Montevideo per la commemorazione degli Accordi fra Argentina e Cile firmati proprio a Montevideo nel 1979 e ottenuti grazie alla diplomazia vaticana. In quei due giorni il Papa incontrò i sacerdoti e i religiosi e concelebrò una messa nel barrio de Tres Cruces davanti a 200 mila fedeli[16].
Giovanni Paolo II ritornò in Uruguay dal 7 al 9 maggio 1988 fermandosi a Montevideo, Melo, Florida e Salto[17]. Nella cerimonia di accoglienza all'aeroporto di Montevideo il Papa così si espresse:
« | A te, caro Uruguay, il Papa viene carico di speranza per annunciarti Cristo. Amatissimi orientali, (...) siamo alle soglie del quinto centenario dell'arrivo del Vangelo in questo continente, e alla conclusione del secondo millennio della venuta del Figlio di Dio nel mondo per salvare tutti gli uomini. (...) La vostra patria è nata cristiana, i vostri eroi hanno ispirato la loro vita al Vangelo, la vostra cultura è ricca di contributi della fede cattolica. (...) Nel corso della sua storia, la vostra patria è stata terra di incontro di gruppi di diversa provenienza etnica, diverse credenze religiose, diverse concezioni sociali e politiche. Non senza difficoltà avete saputo creare e difendere una società tollerante e rispettosa, che ha promosso il progresso sociale, la partecipazione, alcune istituzioni che hanno favorito l'educazione e la cultura. La Chiesa cattolica, attraverso questi quasi cinque secoli di storia, ha dato il suo grande apporto alla costruzione del vostro Paese. Infatti, i cristiani sono stati presenti in tutti i settori della vita nazionale. Anche oggi la Chiesa in Uruguay vuole servire alla costruzione della civiltà dell'amore, che porti alla promozione integrale di ciascun uomo, che crei una società più fraterna e più giusta. » | |
In quest'ultimo ventennio ha avuto una importanza notevole l'attenzione che la Chiesa ha posto ai problemi della catechesi e della nuova evangelizzazione: il primo Congresso catechistico nazionale del 1989, il IV Congresso Eucaristico nazionale in occasione del Giubileo del 2000, il secondo Congresso catechistico nazionale del 2002 condussero nel 2006 all'importante documento dell'episcopato uruguayano titolato "Criterios Orientadores de la Catequesis en el Uruguay". La celebrazione della V Conferenza dell'Episcopato latinoamericano ad Aparecida nel 2007, infine,
contribuì alla progettazione e realizzazione della Misión Continental che sta occupando la vita della Chiesa uruguayana in questi ultimi anni.
In occasione della visita ad limina compiuta dall'episcopato uruguayano nel 2008, Benedetto XVI, quasi riassumendo le opportunità pastorali della Chiesa uruguayana, così si espresse:
« | La Parola di Dio costituisce (...) la fonte e il contenuto imprescindibile del vostro ministero come "araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli" (Lumen gentium, n. 25), tanto più necessario in un tempo in cui molte altre voci cercano di far tacere Dio nella vita personale e sociale, portando gli uomini lungo cammini che minano l'autentica speranza e si disinteressano della salda verità su cui può riposare il cuore dell'essere umano. Insegnate, quindi, la fede della Chiesa nella sua integrità, con il coraggio e la persuasione proprie di chi vive di essa e per essa, senza rinunciare a proclamare esplicitamente i valori morali della dottrina cattolica, che a volte sono oggetto di dibattito nell'ambito politico, culturale o nei mezzi di comunicazione sociale, valori che si riferiscono alla famiglia, alla sessualità e alla vita. Conosco i vostri sforzi per difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e chiedo a Dio che rechino come frutto una chiara consapevolezza in ogni uruguayano della dignità inviolabile di ogni persona e un impegno fermo a rispettarla e salvaguardarla senza riserve. » | |
Nunziatura apostolica
Per approfondire, vedi la voce Nunziatura apostolica in Uruguay |
La Nunziatura apostolica in Uruguay fu istituita il 10 novembre 1939 con il breve Ob animorum curam di papa Pio XII.
Circoscrizioni ecclesiastiche
La chiesa cattolica è presente in Uruguay con 1 sede metropolitana e 9 diocesi suffraganee:
Protagonisti e testimoni della Chiesa uruguayana
Giovanni Muzi (1772-1849) nel 1823 fu incaricato della importante missione diplomatica della Santa Sede in America Latina. Grazie a lui fu eretto il Vicariato apostolico dell'Uruguay
Dámaso Antonio Larrañaga (1771–1848), sacerdote, fu uno dei protagonisti della indipendenza dell'Uruguay e primo Vicario apostolico dell'Uruguay
José Benito Lamas (1787-1857), anch'egli sacerdote e protagonista delle vicende culturali e politiche dell'indipendenza, fu il secondo Vicario apostolico dell'Uruguay
Francisco Bauzá (1849-1899) fece parte del gruppo di intellettuali e politici che sostenne con decisione la partecipazione del laicato cattolico alla vita civile del Paese
Mariano Soler (1846–1908), primo Vescovo di Montevideo, fu protagonista della vita culturale dell'Uruguay opponendosi con decisione alle correnti liberali e al pensiero positivista e scientista del suo tempo
L'italiana Anna Maria Rubatto (1844–1904), in religione Maria Francesca di Gesù, fondatrice delle Suore Cappuccine di Madre Rubatto, fu beatificata il 10 ottobre 1993 da Papa Giovanni Paolo II che la definì "prima Beata dell'Uruguay"[18]
Juana de Ibarbourou (1892-1979) è una delle figure più rappresentative della letterarura uruguayana e ispanoamericana. La sua poesia passò dall'erotismo dei suoi primi libri al surrealismo per poi approdare ad un sereno intimismo frutto della sua riscoperta della vita cristiana
Le due sorelle Dolores (1897-1936) e Consuelo (1898-1936) Agular Mella (nell'immagine in abiti civili), ex-alunne delle Suore Scolopie, furono tra i martiri della guerra civile spagnola. Giovanni Paolo II le beatificò l'11 marzo 2001
Marcelo Mendiharat (1914-2007), Vescovo di Salto, partecipò al Concilio Vaticano II. Per la sua avversione alla dittatura militare visse fuori dall'Uruguay dal 1973 al 1984
Carlos Parteli (1910-1999), fu vescovo di Tacuarembó e arcivescovo di Montevideo. Fu punto di riferimento della Chiesa uruguayana negli anni successivi al Concilio Vaticano II al quale partecipò come Padre conciliare
Roberto Reinaldo Cáceres González (1921) fu Vescovo di Melo e uno dei più giovani Padri conciliari
Mauricio Silva (1925-1977, Piccolo Fratello del Vangelo, viveva in Argentina quando fu reso desaparecido dalla dittatura di quel Paese
Ruben Isidro Alonso (1929-1992), conosciuto come Padre Cacho, fu un sacerdote molto conosciuto e amato dal popolo di Montevideo dove visse in una zona periferica di baracche e dove lavorò molto per promuovere la dignità del lavoro dei più poveri
María Teresa Porcile Santiso (1943-2001), una delle teologhe più conosciute sia nel continente americano che in Europa; i suoi scritti e le sue conferenze avevano ampie prospettive ecumeniche
Patricio Rodé (1936-2005), avvocato e intellettuale, fu un attivo promotore della partecipazione del laicato nella vita della Chiesa e si impegnò con passione nella promozione dei diritti umani e del dialogo interreligioso e nella diffusione delle teorie sullo sviluppo sostenibile per la lotta contro la povertà. Fu presidente del The International Catholic Movement for Intellectual and Cultural Affairs
Juan Luis Segundo (1925-1996), gesuita, fu uno dei più importanti esponenti della Teologia della liberazione
Luoghi dello spirito
La Cattedrale Metropolitana di Montevideo fu dedicata nel 1804 dopo che la prima pietra dell'edificio, in stile neoclassico, fu posta nel 1790
La Cattedrale di Florida, inaugurata nel 1894 è anche Santuario Nazionale dedicato alla Virgen de los Treinta y Tres, Patrona dell'Uruguay
Santuario di San Cono, nella diocesi di Florida. La devozione a San Cono fu iniziata verso il 1870 da immigrati italiani provenienti da Teggiano. Nella seconda metà del XIX secolo si mescolarono nella religiosità popolare le devozioni tradizionali coloniali (Immacolata Concezione, Vergine del Carmelo, Signora della Pazienza ecc.) con nuove devozioni importate dagli immigrati europei (Medaglia miracolosa, Ausiliatrice, Madonna di Lourdes, San Cono, Madonna di Pompei, Santa Rita ecc.)
Santuario Nazionale della Gruta de Lourdes, del 1946, nell'arcidiocesi di Montevideo. La maggior parte dei numerosi Santuari uruguayani furono eretti nel secondo quarto del XX secolo e furono tutti molto semplici nascendo soprattutto nelle periferie delle città come espressione della religiosità popolare
Note | ||||||||||
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Bibliografia | ||||||||||
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Voci correlate | ||||||||||
Collegamenti esterni | ||||||||||