Chiesa Cattolica in Uruguay

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Anno 2009
Cristiani
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Cattolici 2,5 milioni
Popolazione 3 milioni
Collegamenti esterni
Dati su Catholic hierarchy
Chiesa cattolica in Uruguay

La Chiesa Cattolica in Uruguay conta circa 2,5 milioni di fedeli pari all'83% della popolazione del paese.

L'evangelizzazione del territorio dell'attuale Uruguay[1] cominciò agli inizi del XVII secolo contemporaneamente al processo di conquista coloniale da parte della Spagna e del Portogallo anche se la gerarchia ecclesiastica è stata costituita solo nel XIX secolo.

Attualmente (2011) la Chiesa Cattolica è presente in Uruguay con 1 sede metropolitana e 9 diocesi suffraganee.

Storia

Dal XVI al XVIII secolo

La Basílica del Santísimo Sacramento (conosciuta anche come Iglesia Matriz) a Colonia del Sacramento in diocesi di Mercedes, costruita alla fine del XVII secolo, è considerata la chiesa più antica del Paese
La Iglesia chica

«
Croce a Punta Carretas, nell'arcidiocesi di Montevideo
La Chiesa uruguayana, "la Iglesia chica" come viene definita, è stata sempre una Chiesa povera ma dignitosa, con un suo originale pensiero teologico e una ancora più originale prassi pastorale, dovuti al fatto di confrontarsi con una realtà politica e sociale tanto diversa rispetto al resto dei paesi sudamericani. Pur connotandosi sin dal suo inizio come uno stato molto secolarizzato, l'influenza di una visione religiosa nella vita sociale e comunitaria, si colse già durante il processo di indipendenza. (...) Creata la gerarchia cattolica nel paese il 15 luglio 1878 (...) ben presto si formò una generazione di pastori che si qualificarono come le menti più acute e brillanti in campo ecclesiale, capaci di opporsi e contrastare l'anticlericalismo e il laicismo che contagiava la classe dominante, sia a livello culturale che politico. (...) La pagina più bella della storia della Chiesa uruguayana fu quella scritta durante la dittatura militare quando questa Chiesa, piccola, povera di mezzi ma ricca di dignità, divenne, grazie soprattutto a Monsignor Parteli e a Monsignor Mendhiarat, la voce di chi non aveva voce trasformandosi nella coscienza critica di un'intera nazione vilipesa e calpestata. A tutt'oggi la realtà uruguayana pur essendo segnata da una profonda (e, per quanto incredibile possa sembrare, sana) laicità, guarda con ammirazione e simpatia a questa "Iglesia Chica", più che mai sale e lievito della sua storia. »

Gli spagnoli arrivarono nei territori dell'odierno Uruguay nel 1516, ma la fiera resistenza alla conquista opposta da parte della popolazione locale, insieme all'apparente assenza di oro e argento, limitò molto gli insediamenti nei secoli XVI e XVII; questi territori, tuttavia, divennero una zona di contesa tra l'Impero spagnolo e quello portoghese dopo che nel 1603 gli spagnoli vi introdussero redditizi allevamenti di bovini.

La presenza della Chiesa sul territorio in questo periodo fu occasionale e legata all'attività missionaria soprattutto di Francescani, Gesuiti e Domenicani. Le riduzioni guaraní create dai gesuiti nel nord e le fondazioni dei padri francescani alla foce dei fiumi Negro e Uruguay, soprattutto, precedettero gli insediamenti urbani. Il primo insediamento permanente fu quello di Villa Soriano, sul Río Negro, fondato dagli spagnoli nel 1624[2], mentre tra il 1669 e il 1671 i portoghesi costruirono un forte a Colonia del Sacramento.

La colonizzazione ad opera della Spagna divenne progressivamente sempre più decisa, soprattutto con l'intento di limitare l'espansione delle frontiere portoghesi del Brasile. Questi territori dal punto di vista ecclesiastico dipesero dalla Diocesi di Asunción fino al 1620, quando passarono sotto la giurisdizione della Diocesi di Buenos Aires.

Sempre gli spagnoli fondarono San Felipe y Santiago de Montevideo il 24 dicembre 1726. Montevideo fu per tutto il secolo XVIII l'unica città nella quale la Chiesa si era insediata, dipendendo da Buenos Aires, con una certa organizzazione. Il primo vescovo che visitò la zona, nel 1772, cominciando da Soriano, fu Manuel Antonio de la Torre (1705-1776); il suo successore, Sebastián Malbar y Pinto (1730-1795), nel 1779 visitò Colonia del Sacramento, Soriano e Montevideo. Il vescovo, però, che più contribuì allo sviluppo della Chiesa in questi territori in quel periodo fu Benito de Lué y Riega (1753-1812), che creò le parrocchie di Santísima Trinidad de los Porongos, San José, Florida, Minas, Paysandú e Melo. Primo governatore ecclesiastico fu Pedro Antonio de Portegueda al quale successe Dámaso Antonio Larrañaga (1771-1848).

Montevideo in due occasioni, nel 1808 e nel 1809, fece richiesta alla Corona di Spagna di essere eretta in sede della diocesi della Banda Oriental. Le vicende storiche dell'epoca, soprattutto i movimenti indipendentisti, lasciarono senza risultato queste richieste.

Dall'indipendenza alla Costituzione del 1918

José Gervasio Artigas (17641850) fu militare, politico ed eroe nazionale dell'Uruguay. Il suo ideale sociale di liberazione era ispirato dalla formazione e dalla pratica di vita cristiana che si manifestava nei suoi discorsi e nelle sue gesta[3]
Il Servo di Dio Jacinto Vera y Durán (1813-1881), Vicario apostolico e primo Vescovo di Montevideo, fu una delle figure più significative della Chiesa uruguayana del XIX secolo
Juan Zorrilla de San Martín (1855-1931), uno dei più conosciuti poeti uruguaiani, militò nelle file dell'opposizione cattolica alla politica liberale e fu uno dei pensatori più influenti nel progetto dei Congresos Catolicos e anche dell'Unión Cívica del Uruguay, il partito politico dei cattolici

In conseguenza delle rivolte antispagnole guidate da José Gervasio Artigas (17641850) il clero dei territori dell'odierno Uruguay si schierò con i movimenti indipendentisti; molti sacerdoti furono protagonisti attivi nelle assemblee e nei governi locali usando anche il pulpito per la propaganda politica. La loro dedizione alla causa rivoluzionaria si manifestò anche partecipando come cappellani alle milizie patriottiche, assistendo i feriti sui campi di battaglia e, alcune volte, impugnando essi stessi le armi.

« Gli uomini e le donne che parteciparono al processo di emancipazione erano per la maggior parte cattolici. La visione che avevano dell'uomo e della sua esistenza, dei popoli e dei loro diritti, della vita e della morte, era profondamente illuminata dalla fede cattolica e dalla sua cultura, anche se con diversi approcci (...). La Chiesa, sia i laici che i sacerdoti, fu parte attiva nel processo di formazione del nostro popolo fin dal principio della sua costituzione nel periodo coloniale, come anche durante gli avvenimenti che portarono alla emancipazione e poi per tutti i due secoli che seguirono all'indipendenza »
(Conferencia Episcopal del Uruguay, Mensaje con motivo del Bicentenario del Proceso de Emancipación Oriental, 14 novembre 2010[4])

Il legato pontificio Giovanni Muzi regolò la situazione ecclesiastica di questi territori nominando il 25 gennaio 1825 vicario apostolico Dámaso Antonio Larrañaga che fu vicario fino alla sua morte, nel 1848[5]. A Larrañaga successe Lorenzo Antonio Fernández (1792-1852) fino al 1852, quindi José Benito Lamas (1787-1857) dal 1854 al 1857 e infine Jacinto Vera y Durán (1813-1881) che fu anche il primo vescovo della diocesi di Montevideo.

Durante il periodo nel quale la Chiesa fu guidata da vicari apostolici la preoccupazione pastorale si orientò fondamentalmente in tre direzioni: la provvista di sacerdoti in molte parrocchie del Paese che erano vacanti nelle quali furono nominati solitamente vicari invece che parroci per poter ovviare alle pretese del Governo sul diritto di Patronato; furono poi incrementate le vocazioni autoctone e infine fu avviata un'intensa opera di rinnovamento della vita cristiana grazie all'attenzione alla predicazione. Oltre a queste preoccupazioni pastorali la Chiesa dovette far fronte anche ai problemi di relazione con il potere civile: se la rivendicazione del diritto di Patronato fu gestito tutto sommato pacificamente al tempo di Larrañaga, successivamente divenne più problematica a causa del fatto che i vari governi fecero di questo punto una questione d'onore e soprattutto il criterio della reale sovranità dello Stato su ogni altro potere. Nonostante questi problemi le autorità ecclesiastiche riuscirono a mantenere sempre un ragionevole equilibrio tra le difesa della libertà della Chiesa e buoni rapporti con le autorità civili. Notevole fu anche il problema, per la Chiesa, della diffusione del razionalismo deista negli ambienti dell'università, della politica e della stampa. Questa diffusione fu favorita anche dalla presenza sempre più influente in politica di logge massoniche e di intellettuali immigrati europei impregnati di anticlericalismo. La Chiesa, da parte sua, rispose a questo processo culturale intervenendo inefficacemente con proibizioni e condanne.

Il 13 giugno 1878 Leone XIII, in seguito alle trattative sostenute dal Vicario Apostolico Jacinto Vera e dal Governatore provvisorio Lorenzo Latorre (1844-1916), eresse la diocesi di Montevideo con giurisdizione su tutto il territorio della Repubblica e designando lo stesso Jacinto Vera come primo vescovo.

La figura di Jacinto Vera fu fondamentale per lo sviluppo della Chiesa uruguayana. Cominciò la sua opera di organizzazione ecclesiastica soprattutto formando i nuovi sacerdoti affidandoli ai Gesuiti e inviandone molti a Roma presso il Collegio Pio Latinoamericano; accolse poi in diocesi numerose Congregazioni religiose che si occupassero delle opere di carità e dell'educazione con lo scopo anche di fondare una scuola cattolica in ogni parrocchia. La vitalità che dimostrò la comunità cristiana con il vescovo Vera riuscendo in pochi anni ad organizzarsi e a dare risposta a gravi problemi quali l'insegnamento, la questione sociale, la partecipazione politica organizzata del laicato, preoccupò soprattutto gli anticlericali che definirono questo rinnovamento ecclesiale avalancha católica ("valanga cattolica").

Nonostante l'opera tenace della comunità cristiana, però, la Chiesa dovette affrontare i problemi legati alla storia del Paese: i territori dell'Uruguay furono gli ultimi ad essere colonizzati ed anche gli ultimi ad essere evangelizzati; per questo motivo la popolazione non aveva acquisito, a parte il battesimo, una robusta pratica di vita cristiana. Dopo che la già fragile struttura ecclesiastica coloniale fu smantellata durante le guerre d'indipendenza e civili, poi, la penuria di clero autoctono impedì il costituirsi di una Chiesa stabile che potesse fronteggiare con forza le nuove situazioni politiche. Rilevante fu inoltre l'ondata migratoria che interessò prima Montevideo e poi tutto il Paese: gli immigrati, di origine europea e soprattutto italiani, portarono con sè risentimenti e pregiudizi anticlericali[6]. Dal punto di vista culturale, infine, il razionalismo e il positivismo, comuni a tutti i paesi latinoamericani alla fine del XIX secolo, ebbero una struttura di sostegno e di diffusione anzitutto nella Università e poi nella riforma scolastica propugnata da José Pedro Varela (1845-1879)[7]; la Chiesa, invece, per la mancanza di strutture stabili proprie, non potè affrontare con necessario vigore gli influssi culturali laicisti:

« L'"originalità" uruguaiana ha la sua radice in questo: mentre negli altri paesi latinoamericani le élite intellettuali, che si identificano con le classi dirigenti locali, hanno finito per dare le spalle al popolo, che rimase religioso, nel nostro paese il "popolo nuovo", tale per la fusione di immigranti e orientali, si sentì rappresentato dai liberali, e questi trovarono in quello la base sociale per le loro idee e il loro programma. E la Chiesa, che rivendicava il diritto di essere presente come protagonista nelle risposte a quelle domande sull'identità dell'Uruguay, ebbe unicamente da difendere il suo diritto ad esistere. »
(Daniel Bazzano, Quinto Regazzoni (a cura di), Historia de la Iglesia en el Uruguay, in Umbrales 211, 2010 15[8])

Il 14 aprile 1897 fu eretta la Provincia ecclesiastica dell'Uruguay elevando Montevideo ad Arcidiocesi metropolitana ed erigendo le diocesi di Salto e di Melo smembrandone il territorio da Montevideo.

Nonostante il fatto che nella prima Costituzione dell'Uruguay del 1830 la Chiesa Cattolica fosse stata definita come religione dello Stato[9], l'atteggiamento sostanzialmente avverso dello Stato uruguayano nei confronti della Chiesa è testimoniato dalla progressiva laicizzazione del Paese che si può far risalire addirittura al 1860 quando furono secolarizzati i cimiteri; da quella data gli altri avvenimenti più significativi che registrano la laicizzazione dell'Uruguay furono la legge di Riforma dell'istruzione nel 1878, la creazione del Registro di Stato Civile nel 1879, la legge sul Matrimonio civile obbligatorio e quella sui conventi nel 1885, la proibizione di entrata in Uruguay dei religiosi espulsi dalla Francia nel 1901, la revoca dei contributi economici destinati al Seminario e la soppressione dei crocifissi dagli ospedali nel 1906, la soppressione del riferimento a Dio e ai Vangeli nel giuramento dei parlamentari e la legge sul divorzio nel 1907, la soppressione dell'insegnamento religioso nelle scuole pubbliche nel 1909, la soppressione del riferimento a Dio e ai Vangeli nel giuramento degli amministratori locali nel 1911; finalmente, nel 1918, con la nuova Costituzione, si arrivò alla definitiva separazione dello Stato dalla Chiesa[10].

Parallelamente alla progressiva laicizzazione della società uruguayana, la Chiesa reagì con la formazione di un laicato cattolico che fosse capace di affrontare con responsabilità anche la dimensione politica della vita sociale; i Congresos Católicos, soprattutto, servirono a questo scopo dopo che il Club Católico, fondato nel 1875, e la rivista El Bien Público, fondata nel 1878, furono luogo di incontro, dibattito e formazione della generazione dei laici che si sarebbero impegnati per i Congresos[11]. Il primo Congreso, del 1889, portò alla creazione della Unión Católica del Uruguay, una sorta di commissione permanente dei laici cattolici, e al progetto di una pastorale che oggi si chiamerebbe "d'insieme". Il secondo Congreso, nel 1893, diede impulso alla stampa cattolica; il terzo, nel 1900, approfondì i temi della pastorale giovanile, organizzò la Federación de la Juventud Católica del Uruguay e iniziò le prime riflessione sulla possibilità della creazione di un partito politico cattolico; il quarto Congreso, nel 1911, portò alla creazione della Union Social, della Union Económica e, finalmente, alla realizzazione del partito politico di cattolici che fu chiamato Union Cívica all'inizio del quale furono fondamentali le figure di Joaquín Secco Illa, Miguel Perea e Juan Zorrilla de San Martín[12].

Tra il 1917 e il 1919 si consumò la definitiva separazione tra lo Stato e la Chiesa. In questo biennio, infatti, si discusse, approvò ed entrò in vigore la seconda Costituzione dell'Uruguay che dichiarava la completa laicità dello Stato. Una delle prime conseguenze di questa Costituzione fu la legge sulle festività (Ley de feriados) del 1919 che secolarizzò le feste religiose[13]. Un altra conseguenza, positiva per la Chiesa, questa volta, fu la possibilità di poter finalmente nominare i vescovi delle diocesi di Salto e Melo che erano rimaste senza vescovo fin dal 1897, anno della loro erezione e anche di poter nominare l'arcivescovo di Montevideo, sede che era rimasta vacante dalla morte di Mariano Soler nel 1908.

Dalla Costituzione del 1918 ad oggi

Antonio María Barbieri (18921979), cappuccino, Arcivescovo di Montevideo, fu il primo (e finora unico) cardinale della Chiesa uruguayana

La riforma costituzionale del 1918 segnò simbolicamente ma anche praticamente l'inizio di una nuova tappa della Chiesa uruguayana la quale, in una società profondamente secolarizzata, avrebbe dovuto ora ricercare un altro stile e altri strumenti di presenza e di apostolato rispetto a quelli dei Congresos Católicos. Pietra miliare di questo tentativo di rinnovamento fu il documento "Estatutos de la Arquidiócesis de Montevideo y Diócesis Sufragáneas de Salto y Melo", promulgato nel 1918 e redatto dal redentorista tedesco José Johannemann che era stato designato Visitatore apostolico dell'Uruguay. Le "Settimane Sociali" ("Semanas Sociales"), inoltre, le processioni del Corpus Domini vissute come eventi capaci di radunare le folle, e lo sviluppo dell'educazione cattolica attraverso la fondazione di collegi di ogni ordine e grado, aiutarono la Chiesa ad essere presente nella vita sociale del Paese nonostante il generale clima di indifferenza nei suoi confronti.

Nel 1934 i tre vescovi della provincia ecclesiastica dell'Uruguay fondarono l'Azione Cattolica come nuovo strumento di organizzazione e formazione dei cattolici del Paese. Rapidamente l'Azione Cattolica dimostrò una notevole capacità di coinvolgere il laicato: l'imponente raduno in occasione del terzo Congresso Eucaristico Nazionale celebrato a Montevideo tra il e il 6 novembre 1938 mostrò chiaramente le possibilità di evangelizzazione riservate a quel movimento. In pochi anni l'Azione Cattolica si organizzò anche nei diversi settori: nacquero la Juventud Obrera Católica (JOC), i gruppi di studenti, quelli dei lavoratori, quelli che raccoglievano i diversi mezzi di comunicazione e, soprattutto all'interno del Paese, nacque anche la Juventud Agraria Católica. Oltre al rinnovamento favorito dall'Azione Cattolica, la Chiesa uruguayana si impegnò anche nella catechesi e nella liturgia: grazie a vescovi saggi le comunità cristiane vissero una notevole ricchezza spirituale dovuta alla ricerca di strumenti nuovi per comunicare al popolo di Dio la ricchezza della fede cattolica: furono inviati molti laici a Bruxelles, in Belgio, presso l'Istituto Lumen Vitae, per specializzarsi in catechetica, si iniziò ad usare lo spagnolo nelle celebrazioni, si pose attenzione ai movimenti operai e all'apostolato sociale.

L'impegno e la fecondità dell'apostolato della Chiesa uruguayana furono infine come confermati nel 1958 con la creazione dell'Arcivescovo di Montevideo Antonio María Barbieri a cardinale e con la creazione nell'arco di circa dieci anni di sette diocesi: San José de Mayo nel 1955, Tacuarembó, Minas e Mercedes nel 1960, Canelones nel 1961 e Maldonado-Punta del Este nel 1966.

Il Concilio Vaticano II fu seguito con molto interesse dalla Chiesa uruguayana: i Vescovi elaborarono grazie alle suggestioni avute dal confronto con gli altri Padri conciliari e con molti teologi un progetto di "Pastorale d'insieme" (Pastoral de Conjunto)[14] che animerà la Chiesa uruguayana fino ai nostri giorni.

Nel 1965 fu approvato il primo statuto della Conferenza Episcopale Uruguayana; nel 1966 fu fondato l'Instituto Teológico del Uruguay (ITU); per la Quaresima del 1967 fu pubblicata uno storico documento dell'episcopato con il titolo "Sobre algunos problemas sociales actuales"; nel 1968 furono offerti i primi orientamenti pastorali nei quali si indicava come prioritarie la Pastorale popolare e le Comunità Ecclesiali di base iniziando ad applicare anche le indicazione della Conferenza generale di Medellín; nel 1971 si celebrò il primo incontro tra i Vescovi e i presbiteri, nel 1973 fu organizzata la Pastorale Giovanile Nazionale e nel 1975 fu creata la figura dei Coordinatori nazionali della Pastorale. Nel 1978 fu celebrato il centenario della creazione della prima diocesi uruguayana. Negli anni a seguire, poi, la Chiesa fu impegnata nell'applicazione delle proposte della Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano di Puebla (1979).

La Chiesa visse questi fermenti di rinnovamento all'interno di una società civile segnata per tutti gli anni '60 da forti tensioni e poi, dal 1973 al 1985, dalla dittatura[15]. Durante gli anni della dittatura la Chiesa fu l'unica istituzione non governativa che continuò a funzionare più o meno normalmente anche se fu sottoposta ad un notevole controllo da parte dei militari. Fu comunque notevole il servizio che la Chiesa offrì alla società soprattutto educando al dialogo e al libero dibattito e formando i giovani alla partecipazione civile.

Dopo la fine della dittatura, nel 1987 fu fondata la Universidad Católica del Uruguay intitolata a Dámaso Antonio Larrañaga. Quello stesso anno, il 31 marzo e il 1° aprile Giovanni Paolo II fu a Montevideo per la commemorazione degli Accordi fra Argentina e Cile firmati proprio a Montevideo nel 1979 e ottenuti grazie alla diplomazia vaticana. In quei due giorni il Papa incontrò i sacerdoti e i religiosi e concelebrò una messa nel barrio de Tres Cruces davanti a 200 mila fedeli[16].

Giovanni Paolo II ritornò in Uruguay dal 7 al 9 maggio 1988 fermandosi a Montevideo, Melo, Florida e Salto[17]. Nella cerimonia di accoglienza all'aeroporto di Montevideo il Papa così si espresse:

La croce eretta nel 1987 in occasione della visita di Giovanni Paolo II a Montevideo diventata per legge monumento in ricordo di quell'avvenimento solo dopo un vivace dibattito parlamentare che servì a ripensare e a riformulare il senso della laicità dello Stato uruguayano
« A te, caro Uruguay, il Papa viene carico di speranza per annunciarti Cristo. Amatissimi orientali, (...) siamo alle soglie del quinto centenario dell'arrivo del Vangelo in questo continente, e alla conclusione del secondo millennio della venuta del Figlio di Dio nel mondo per salvare tutti gli uomini. (...) La vostra patria è nata cristiana, i vostri eroi hanno ispirato la loro vita al Vangelo, la vostra cultura è ricca di contributi della fede cattolica. (...) Nel corso della sua storia, la vostra patria è stata terra di incontro di gruppi di diversa provenienza etnica, diverse credenze religiose, diverse concezioni sociali e politiche. Non senza difficoltà avete saputo creare e difendere una società tollerante e rispettosa, che ha promosso il progresso sociale, la partecipazione, alcune istituzioni che hanno favorito l'educazione e la cultura. La Chiesa cattolica, attraverso questi quasi cinque secoli di storia, ha dato il suo grande apporto alla costruzione del vostro Paese. Infatti, i cristiani sono stati presenti in tutti i settori della vita nazionale. Anche oggi la Chiesa in Uruguay vuole servire alla costruzione della civiltà dell'amore, che porti alla promozione integrale di ciascun uomo, che crei una società più fraterna e più giusta. »

In quest'ultimo ventennio ha avuto una importanza notevole l'attenzione che la Chiesa ha posto ai problemi della catechesi e della nuova evangelizzazione: il primo Congresso catechistico nazionale del 1989, il IV Congresso Eucaristico nazionale in occasione del Giubileo del 2000, il secondo Congresso catechistico nazionale del 2002 condussero nel 2006 all'importante documento dell'episcopato uruguayano titolato "Criterios Orientadores de la Catequesis en el Uruguay". La celebrazione della V Conferenza dell'Episcopato latinoamericano ad Aparecida nel 2007, infine,

contribuì alla progettazione e realizzazione della Misión Continental che sta occupando la vita della Chiesa uruguayana in questi ultimi anni.

In occasione della visita ad limina compiuta dall'episcopato uruguayano nel 2008, Benedetto XVI, quasi riassumendo le opportunità pastorali della Chiesa uruguayana, così si espresse:

« La Parola di Dio costituisce (...) la fonte e il contenuto imprescindibile del vostro ministero come "araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli" (Lumen gentium, n. 25), tanto più necessario in un tempo in cui molte altre voci cercano di far tacere Dio nella vita personale e sociale, portando gli uomini lungo cammini che minano l'autentica speranza e si disinteressano della salda verità su cui può riposare il cuore dell'essere umano. Insegnate, quindi, la fede della Chiesa nella sua integrità, con il coraggio e la persuasione proprie di chi vive di essa e per essa, senza rinunciare a proclamare esplicitamente i valori morali della dottrina cattolica, che a volte sono oggetto di dibattito nell'ambito politico, culturale o nei mezzi di comunicazione sociale, valori che si riferiscono alla famiglia, alla sessualità e alla vita. Conosco i vostri sforzi per difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e chiedo a Dio che rechino come frutto una chiara consapevolezza in ogni uruguayano della dignità inviolabile di ogni persona e un impegno fermo a rispettarla e salvaguardarla senza riserve. »

Nunziatura apostolica

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Nunziatura apostolica in Uruguay

La Nunziatura apostolica in Uruguay fu istituita il 10 novembre 1939 con il breve Ob animorum curam di papa Pio XII.

Circoscrizioni ecclesiastiche

La Provincia ecclesiastica di Montevideo nel 1897 La Provincia ecclesiastica di Montevideo nel 1897
La Provincia ecclesiastica di Montevideo nel 1897
Mappa della attuale organizzazione ecclesiastica in Uruguay

La chiesa cattolica è presente in Uruguay con 1 sede metropolitana e 9 diocesi suffraganee:

Protagonisti e testimoni della Chiesa uruguayana

Luoghi dello spirito

Note
  1. Inizialmente i territori dell'odierno Uruguay fecero parte del Virreinato del Perú. Nel 1776 furono da questi scorporati e annessi al Virreinato del Río de la Plata con il nome di Banda Oriental. Nei primi anni delle lotte indipendentiste il territorio fu chiamato Provincia Oriental e divenne parte della cosiddetta Unión de los Pueblos Libres (conosciuta anche come Liga Federal o Provincias Unidas del Río de la Plata). Tra il 1816 e il 1828, durante l'occupazione luso-brasiliana si chiamò Provincia Cisplatina. Nel 1830, con la prima Costituzione, il Paese fu chiamato Estado Oriental del Uruguay. Finalmente con la Costituzione del 1918, si chiamò República Oriental del Uruguay, nome che il Paese ha ufficialmente ancora oggi.
  2. Cfr. Wilde Marotta Castro, Los indios mansos de la Banda Oriental. Santo Domingo Soriano documentada, Mercedes 2001.
  3. Cfr. Pedro Gaudiano, Artigas católico, Montevideo 2002.
  4. Quello citato è il punto 5 del messaggio dei vescovi; è preceduto da una interessante sintesi delle vicende legate all'indipendenza:
    « 1. En 2011 celebramos en el Uruguay el Bicentenario del Proceso de Emancipación Oriental. Recordamos los principales hechos de 1811: Grito de Asencio, Batalla de Las Piedras, Éxodo del Pueblo Oriental. De esta forma asumimos juntos la memoria de nuestro pasado, a fin de hacer crecer la unión y el afecto social de nuestro pueblo en el presente, y responsabilizarnos de nuestra marcha hacia el futuro. 2. Hace doscientos años, la Banda Oriental era una provincia del imperio español, de contornos no del todo definidos. Entonces comenzó nuestro pueblo a configurar su identidad, expresando su autonomía y reconociendo como líder a uno de los suyos: José Artigas. 3. Así se iniciaba el difícil camino que llevaría finalmente a la conformación de una nación independiente, hermana entre las Repúblicas de América Latina, patria de quienes nos reconocemos en el añejo nombre de "orientales" y en el más moderno de "uruguayos". 4. Como creyentes reconocemos la Providencia de Dios, Señor de la Historia, en los avatares de los acontecimientos vividos. Son éstos ocasión de dar gracias a Dios e invocar su ayuda, de reconocer errores, pedir perdón y buscar nuevos caminos. 5. Los hombres y mujeres que participaron en el proceso de emancipación eran en su inmensa mayoría católicos. La visión que tenían acerca del hombre y su existencia, de los pueblos y sus derechos, de la vida y de la muerte, estaba profundamente iluminada por la fe católica y su cultura, con diversos enfoques y diferentes aportes ideológicos. La Iglesia, tanto en sus fieles laicos como en sus sacerdotes, formó parte activa del proceso de forja de nuestro pueblo desde el principio de su constitución en el período colonial, durante la gesta emancipadora y a lo largo de los dos siglos siguientes. »
  5. Il 19 ottobre 1830 Pio VIII nominò vescovo e vicario apostolico di Montevideo Pedro Alcántara Jiménez. Gregorio XVI, però, appena qualche mese dopo, dovette revocare la nomina perché fatta contro la volontà della Spagna; fu quindi rinominato vicario Larrañaga, sostenuto dal Muzi, dal vescovo di Buenos Aires Mariano Medrano y Cabrera e anche dal nuovo governo nato con l'indipendenza.
  6. Cfr. Domenico Ruocco, L'Uruguay e gli italiani, Roma 1991.
  7. La cosiddetta Reforma Vareliana fu l'opera di riforma dell'insegnamento primario in Uruguay realizzata da José Pedro Varela nel 1876 durante il governo de facto di Lorenzo Latorre. Questa riforma, di ispirazione anticlericale, considerò l'insegnamento un dovere dello Stato che avrebbe dovuto raggiungere tutta la popolazione; si ispirava ai principi di gratuità, laicità e obbligatorietà (Cfr. José Pedro Varela y la escuela pública uruguaya a cura dell'Administración Nacional de Educación Pública. L'articolo 73 della legge così recitava: "No se dará ni tolerará instrucción religiosa en ninguna de las escuolas o colegios creados por esta Ley".
  8. Il testo spagnolo recita:
    « En esto radica la "originalidad" uruguaya: mientras en los otros países latinoamericanos las élites intelectuales, identificadas con las clases dirigentes locales, terminaron de espaldas al pueblo, que permaneció religioso, en nuestro país el "pueblo nuevo" por la fusión de inmigrantes y orientales, se sintió expresado por los liberales, y éstos encontraron en aquél la base social para sus ideas y su programa. Y la Iglesia, que reivindicaba el derecho de protagonizar las respuestas a aquellas preguntas acerca de la identidad del Uruguay, tuvo al final que defender simplemente su derecho a existir. »
  9. "Artículo 5º. La religión del Estado es la Católica Apostólica Romana": Constitución del Estado Oriental del Uruguay.
  10. L'articolo 5 così recita: {{quote100|Todos los cultos religiosos son libres en el Uruguay. El Estado no sostiene religión alguna. Reconoce a la Iglesia Católica el dominio de todos los templos que hayan sido total o parcialmente construidos con fondos del Erario Nacional, exceptuándose sólo las capillas destinadas al servicio de asilos, hospitales, cárceles u otros establecimientos públicos. Declara, asimismo, exentos de toda clase de impuestos a los templos consagrados al culto de las diversas religiones.|Constitución de la Republica Oriental del Uruguay de 1918. Cfr. Alejandro Ferrari, Iglesia y Estado en el Uruguay: ayer y hoy, in Soleriana 15 (2001) 105-128, online, e Gerardo Caetano, Roger Geymonat, La secularización uruguaya (1859-1919), Tomo I, Montevideo 1997, 62-65.
  11. Il progetto dei Congresos si ispirava all'Opera dei Congressi italiana e alla esperienza dei Katholikentag tedeschi che Mariano Soler aveva conosciuto durante i suoi studi in Europa. Anche se con un atteggiamento apologetico i Congresos si proponevano di essere strumenti propositivi di partecipazione dei cattolici alla vita sociale soprattutto "difendendo i diritti della Chiesa" e promuovendo il "regno sociale di Gesù Cristo" (due espressioni che richiamavano concetti della teologia del Concilio Vaticano I e del Magistero sociale di Leone XIII. I Congresos rivendicavano per la Chiesa il diritto e il dovere di essere presente nella vita pubblica partendo dal presupposto che non ci fosse miglior società possibile se non quella che avesse come fondamento la fede cristiana, la pratica delle virtù evangeliche e la presenza orientatrice della gerarchia ecclesiastica. Per portare avanti il progetto dei Congresos e anche dell'Unión Cívica del Uruguay, il partito politico dei cattolici, fu notevole l'apporto di personalità come Juan Zorrilla de San Martín, Francisco Bauzá, Joaquín Secco Illa, Tomás Brena, Dardo Regules, e più tardi Juan Pablo Terra i quali furono sostenuti anzitutto dal vescovo Mariano Soler e poi da sacerdoti che credevano profondamente al ruolo dei laici nella vita della Chiesa come Pedro Oyazbehere, Tomás Gregorio Camacho e Juan Ignacio Bimbolino.
  12. In questo fermento di iniziative laicali della Chiesa uruguayana è necessario anche inserire i Círculos Católicos de Obreros, fondati nel 1885 e che realizzarono cinque congressi (1890, 1902, 1910, 1918 e 1964), come pure la Unión Democrática Cristiana, fondata nel 1902, che fu un movimento sindacale che raggruppò centinaia di operai cattolici uruguayani.
  13. Si stabilirono con questa legge 17 festività durante l'anno, quattro delle quali, di origine cristiana, assunsero nomi diversi: il 1° gennaio si festeggiò l'inizio dell'anno invece che il nome di Gesù; il 6 gennaio divenne il giorno della festa dei bambini invece dell'Epifania; l'8 dicembre fu dedicato alla festa delle spiagge invece che all'Immacolata; il 25 dicembre, poi, divenne il giorno della festa della famiglia invece che del Natale. La "sesta settimana dopo il carnevale" (in pratica la Settimana Santa, poi, fu dichiarata festiva e dedicata alla festa del turismo.
  14. Con "Pastoral de conjunto" si intende una pastorale articolata integrale in quanto abbraccia tutte le dimensioni della Chiesa (comunione, annuncio, missione e celebrazione) e che coinvolge tutto il Popolo di Dio sia per età che per appartenenza sociale.
  15. Già dalla fine degli anni '50, quando iniziarono a sorgere problemi economici nel Paese, inflazione e disoccupazione aumentarono fino ad assumere dimensioni preoccupanti, e le condizioni di vita dei lavoratori uruguayani si deteriorarono decisamente. Questa crisi dell'economia portò a scontri e guerriglie urbane, guidate da un movimento di estrema sinistra chiamato dei Tupamaros. Dopo che nel 1965 la svalutazione monetaria causò proteste e agitazioni, il governo dei cosiddetti blancos sedò ogni rivolta. Il seguente governo colorado, condotto da Óscar Diego Gestido, cercò di migliorare la situazione economica ponendo un freno all'inflazione, ma senza successo; dopo la morte di Gestido nel 1967 cominciò il governo di Jorge Pacheco Areco, che suscitò dure proteste a causa del suo orientamento molto conservatore. La crisi generale dello stato si fece sempre più preoccupante: con misure varie il governo Areco provò a limitare le azioni di rivolta, specie quelle dei Tupamaros, tuttavia gli scontri e le violenze non cessarono. Nel 1971 andò al governo un colorado, Juan Maria Bordaberry, deciso a fermare i Tupamaros con l'esercito e per reprimere le rivolte si ricorse nel 1972 a parecchi arresti. Il 27 giugno 1973 Bordaberry guidò un colpo di stato militare non violento. Sciolto il parlamento e ottenuto il supporto di una giunta militare, il dittatore represse le proteste, fomentate soprattutto da sindacati e studenti, e mise fuori legge i partiti di sinistra. L'economia continuò a peggiorare, anche perché l'apparato militare in questo periodo assorbì la metà delle spese statali. I Tupamaros furono isolati nelle prigioni e sottoposti ad atti di tortura. Nel 1976 Bordaberry fu destituito a sua volta da un golpe dei militari, che però rimasero al potere occupando incarichi politici e conservando il regime. Egli fu sostituito da Alberto Demicheli prima e Aparicio Méndez poi, quest'ultimo scelto dalla giunta militare al potere. Ma il clima interno non cambiò. Dal 1976 il regime incominciò a volgere al termine, un chiaro segno fu la sconfitta nel 1980 al referendum sulla modifica della costituzione: il 57,2% dei voti furono contrari. Questo dimostrava l'impopolarità del governo militare, accentuata dalle difficili condizioni economiche. Negli anni della giunta militare molti furono i migranti, il cui numero col tempo aumentò in modo impressionante. Gli uruguayani incominciarono a cercare asilo politico in vari paesi del mondo. Nel 1981 Gregorio Álvarez salì alla presidenza, ma anche questo cambio non determinò una ripresa del regime, sempre più pericolante. Nel 1984, dopo una protesta generale durata 24 ore, i militari annunciarono il ritorno del potere ai civili.
  16. In quell'occasione fu installata una grande croce bianca che poi, su richiesta delle autorità ecclesiastiche e dopo tre giorni di acceso dibattito parlamentare, si decise di lasciare in ricordo della storica visita. Il dibattito parlamentare suscitato dalla necessità di decidere se lasciare la croce, costituì l'occasione per ripensare e riformulare il senso della laicità dello Stato uruguayano. Ci fu chi si espresse favorevolmente alla permanenza del monumento in quanto commemorazione di un capo di Stato, e chi sottolineò la valenza profondamente culturale e civica di un simbolo che trascende la religione cattolica e che trasmette i più alti valori della convivenza umana. Molti sottolinearono che questi valori erano stati presenti sin dalla fondazione del paese e che pertanto esprimevano parte dell'identità nazionale. Non mancarono voti contrari, espressi con la volontà di non far pendere la bilancia dello Stato laico a favore di una religione particolare, anche se di maggioranza relativa, o in nome della non discriminazione religiosa delle minoranze, o della non convenienza di seminare di monumenti religiosi la città. Alla fine del dibattito la croce rimase ed è oggi parte dell'urbanizzazione della capitale uruguayana: cfr. testo della legge e la discussione parlamentare. Sotto questa croce, alla morte di Giovanni Paolo II nel 2005, fu trasferita la statua che lo raffigurava e che era collocata davanti alla Chiesa di quello stesso barrio. I testi dei discorsi del Papa a questo indirizzo sul sito della Santa Sede:[1].
  17. I testi dei discorsi del Papa a questo indirizzo sul sito della Santa Sede: [2]
  18. Giovanni Paolo II, Omelia della Santa Messa per le beatificazioni di tredici Servi di Dio, 10 ottobre 1993, online.
Bibliografia
  • Enrique Sobrado, La iglesia uruguaya: entre pueblo y Oligarquía, Montevideo 1969
  • La Iglesia en el Uruguay: libro conmemorativo en el primer centenario de la ereccion del Obispado de Montevideo, primero en el Uruguay (1878-1978), Montevideo 1978
  • Mario Cayota, Carlos Zubillaga, Cristianos y cambio social en el Uruguay de la modernización (1896-1919), Montevideo 1989
  • Margarita Rodríguez Ximénez, En los albores de la iglesia uruguaya: la relación ad limina (1888) del obispo de Montevideo Inocencio María Yéreguy, in Quinto Centenario 16 (1990), online
  • Daniel Bazzano (a cura di), Historia de la Iglesia en el Uruguay, Montevideo 1993
  • Mario Cayota, Historia de la evangelización de la Banda Oriental (1516-1830), Montevideo 1994
  • Tomás Sansón, El catolicismo popular en Uruguay, Montevideo 1998
  • Alejandro Ferrari, Iglesia y Estado en el Uruguay: ayer y hoy, in Soleriana 15(2001)105-128, online
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 4 gennaio 2014 da Padre Mimmo Spatuzzi, licenziato in Teologia Fondamentale.

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