Chiesa dei Santi Andrea e Gregorio al Celio (Roma)
Chiesa dei Santi Andrea e Gregorio al Celio | |
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Roma, Chiesa dei Santi Andrea e Gregorio al Celio | |
Altre denominazioni | Chiesa di San Gregorio al Celio, Chiesa di San Gregorio Magno al Celio |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Piazza San Gregorio, 1 00184 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 7008227; +39 06 7000987 |
Fax | +39 06 7009357 |
Posta elettronica | forgreg@tiscali.it infosangregorioalcelio@gmail.com |
Sito web | |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | rettoria |
Dedicazione | Sant'Andrea apostolo San Gregorio Magno |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. Cam. |
Fondatore | San Gregorio Magno |
Data fondazione | post 575 |
Architetti |
Giovanni Battista Soria (prospetto esterno) |
Stile architettonico | Barocco |
Inizio della costruzione | VI secolo, ultimo quarto |
Completamento | 1829 |
Data di consacrazione | 595 |
Strutture preesistenti | Domus della gens Anicia |
Pianta | basilicale |
Iscrizioni | S. EPISC. CARD. BURGHESIUS M. POENITEN A. D. MDCXXXIII |
Marcatura | Stemmi della famiglia Borghese |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Chiesa dei Santi Andrea e Gregorio al Celio, detta anche Chiesa di San Gregorio al Celio o San Gregorio Magno al Celio, è un edificio di culto di Roma, situato nel centro storico della città, nella piazza San Gregorio, nel rione Celio.
Storia
Origini e il cenobio benedettino
La chiesa venne fondata nel VI secolo dallo stesso san Gregorio, nato a Roma intorno al 540 da una nobile famiglia (la gens Anicia) e per questo avviato ad un'importante carriera pubblica, tanto che ancora giovane era stato nominato praefectus Urbis, il quale dopo aver maturato nel 575 la decisione di diventare monaco, trasformò la sua casa sul Celio, in un piccolo monastero benedettino. La chiesa fu consacrata solennemente nel 595, inizialmente dedicata a sant'Andrea e soltanto nell'XI secolo al celebre pontefice.
Il monastero comprendeva oratori, una foresteria, un granaio, una stalla, un atrio con un ninfeo, un pozzo e una biblioteca, identificata (in maniera non del tutto certa) con la cosiddetta Bibliotheca Agapiti, un edificio tuttora esistente di età tardo antica e visibile lungo il clivo di Scauro. Il cenobio fu un centro attivissimo di vita spirituale; qui san Gregorio scrisse i suoi Dialoghi (593 - 594); da qui partirono sant'Agostino e i suoi compagni per evangelizzare l'Inghilterra.
Nel VIII secolo il monastero celimontano passò ai monaci greci; tornò ai benedettini nella prima metà del X secolo.
Il complesso monastico, danneggiato nel 1084 dalle truppe di Roberto il Guiscardo, fu restaurato da papa Pasquale II (1099 - 1118).
Nel 1130 la chiesa fu il luogo dell'elezione di papa Innocenzo II (1130 - 1143).
Monastero camaldolese
Nel 1573 l'intero complesso fu concesso da papa Gregorio XIII (1572-1585) ai monaci camaldolesi - ai quali tuttora è affidato - che demolirono l'antico monastero, procedendo ad una sua complessiva opera di ricostruzione, e di ristrutturazione della chiesa.
Nel 1600, in occasione del Giubileo, furono restaurate la scalinata e il sagrato, mentre la chiesa, così come la vediamo oggi, è il risultato degli interventi effettuati tra il 1629 e il 1633 da Giovanni Battista Soria (1581 – 1651), per volontà del cardinale Scipione Caffarelli-Borghese (1577 - 1633) che fece eseguire lavori di ristrutturazione e decorazione della chiesa. Lo stesso architetto realizzò anche l'imponente facciata e il quadriportico dell'atrio, ultimato prima della metà del XVII secolo.
All'inizio del XVIII secolo la chiesa fu oggetto di importanti restauri, mentre tra il 1725 e il 1734, ad opera di Francesco Ferrari fu completamente ristrutturata e ridecorata nell'interno.
Alla fine del XVIII secolo, le truppe napoleoniche espulsero i monaci dal cenobio, dissacrarono, spogliarono e danneggiarono il complesso. Dopo alcuni anni, nel 1803, i camaldolesi rientrati nella loro monastero constatarono i gravi guasti e le spoliazioni, e iniziarono un complessivo e lungo restauro, voluto da papa Pio VII (1800 - 1823) e finanziato dal cardinale Giacinto Placido Zurla (1769 – 1834), durato fino alla riconsacrazione solenne del 1829.
Nel 1873 la chiesa fu espropriata e incamerata dal demanio[1]del Regno d'Italia, successivamente passò in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).
La chiesa attualmente è luogo sussidiario di culto della parrocchia di Santa Maria in Domnica alla Navicella.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santi Andrea e Gregorio al Monte Celio, istituito da papa Gregorio XVI l'8 giugno 1839: l'attuale titolare è il cardinale Francesco Montenegro.
Descrizione
Esterno
Facciata
La chiesa, che ripropone nel prospetto esterno lo schema di San Luigi dei Francesi, è raggiungibile tramite un'ampia scalinata e si presenta con una facciata in travertino articolata in due ordini: quello inferiore, tripartito da lesene, si apre con tre grandi fornici, chiusi da inferriate e sormontati dagli emblemi della famiglia Borghese: l'aquila per quello centrale, i draghi per i laterali. Un'iscrizione, posta tra i due ordini, ricorda il restauro del 1633:
(LA) | (IT) | ||||
« | S[cipio] EPISC[opus] SABIN[ensis] CARD[inalis] BURGHESIUS M[aior] POENITEN[tiarius] A.D. MDCXXXIII » | « | Il cardinale Borghese, vescovo della Sabina e penitenziere maggiore, (restaurò) nell'anno del Signore 1633 » |
L'ordine superiore, anch'esso tripartito da lesene, presenta tre finestroni con balaustra marmorea e sormontati da timpani, semicircolare quello centrale, triangolari quelli laterali; un timpano triangolare, al centro del quale appare uno stemma abraso, conclude la facciata.
Portico
L'aula liturgica è preceduta da un atrio, realizzato nel 1642 su progetto di Giovanni Battista Soria, con un piano di calpestio leggermente inclinato e circondato da un portico architravato sorretto da pilastri e da colonne binate antiche provenienti dal cortile della chiesa della fine del XVI secolo, nel quale sono collocati alcuni sepolcri illustri:
- Monumento funebre dei fratelli Antonio e Michele Bonsi (inizio XVI secolo), in marmo di Luigi Capponi.[2]
- Monumento funebre di Lelio Guidiccioni (1643), in marmo scolpito.[3]
Interno
L'interno della chiesa è il risultato dell'intervento effettuato, tra il 1725 e il 1734, dall'architetto Francesco Ferrari in stile barocco: l'edifico, a pianta basilicale, presenta a tre navate, scandite da 16 colonne antiche diverse tra loro (11 di granito, 2 di bigio e 3 di cipollino), fiancheggiate da pilastri, con tre cappelle per lato, intercomunicanti e abside, affiancata da altre due cappelle absidate.
L'aula è decorata da stucchi realizzati intorno al 1725 da Carlo Porziano e, nella volta, da uno splendido dipinto murale raffigurante:
- Gloria di san Gregorio Magno e san Romualdo (1727), affresco di Placido Costanzi.[4]
Il piano di calpestio è coperto da uno splendido pavimento cosmatesco è del XIII secolo, che venne restaurato nel 1745.
Lungo la navata sinistra, si aprono tre pregevoli cappelle:
- nella prima cappella, dedicata al beato Michele Pini, si nota:
- all'altare, Visione del beato Michele Pini (1745), olio su tela di Giovanni Battista Ponfreni.
- nella seconda cappella, detta Cappella Gabrielli, nobile famiglia eugubina, si conserva:
- all'altare, Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Rodolfo Gabrielli, i beati Castora, Pietro e Forte Gabrielli (1732 - 1733 ca.), olio su tela di Pompeo Batoni.[5]
- nella terza cappella, dedicata all'Immacolata Concezione, detta anche Cappella Fioravanti, è custodita:
- all'altare, Immacolata Concezione con Dio Padre e angeli (1739), olio su tela di Francesco Mancini.[6]
Cappella del Santissimo Sacramento
A sinistra dell presbiterio, si apre la Cappella del Santissimo Sacramento, nella quale si nota:
- all'altare, Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Giuseppe, san Pietro e sant'Agostino di Canterbury (1893), olio su tela di Alberto De Rohden, commissionata dal cardinale titolare Herbert Vaughan (1832 – 1903).
Presbiterio e altare maggiore
Nell'area presbiterale, tra le opere di maggior rilievo storico-artistico si segnala:
- all'altare maggiore, Madonna con Gesù Bambino, san Gregorio Magno e sant'Andrea (1735), olio su tela di Antonio Balestra.[7]
Cappella del Santissimo Sacramento e Stanza di San Gregorio
A destra del presbiterio, si apre una cappella absidata, dedicata a san Gregorio Magno, nella quale si notano:
- Pala con San Gregorio Magno (1626 ca.), olio su tela di Sisto Badalocchio.
- Predella con San Michele arcangelo combatte contro il drago, apostoli, san Sebastiano e sant'Antonio abate (prima metà del XVI secolo), tavola attribuita a Giovanni Battista Caporali.[8]
- Paliotto a bassorilievo con Storie della vita di san Gregorio Magno (inizio XVI secolo), in marmo di Luigi Capponi, commissionata da Michele Bonsi.[9]
Per una porta nella parete destra della cappella precedente si accede ad un piccolo ambiente, la cosiddetta Stanza di San Gregorio Magno, che secondo la tradizione sarebbe la cella monastica del santo, ristrutturata nel 1728, nella quale si conserva:
- Sedile marmoreo (I secolo a.C.), di ambito orientale: l'opera, tradizionalmente ritenuta la cattedra episcopale di san Gregorio Magno, presenta una decorazione a rilievo raffigurante:
- Genio barbuto fra due leoni alati.
Lungo la navata destra, si aprono tre pregevoli cappelle:
- nella prima cappella, dedicata a san Benedetto da Norcia, si nota:
- all'altare, San Benedetto da Norcia, santa Silvia e san Gregorio Magno fanciullo (1749 ca.), olio su tela di John Parker.[10]
- nella seconda cappella, dedicata a san Pier Damiani, si conserva:
- all'altare, San Pier Damiani riceve una disciplina da papa Alessandro II (1751), olio su tela di Francesco Mancini.[11]
- nella terza cappella, dedicata a san Romualdo, fondatore dei monaci camaldolesi, è custodita:
- all'altare, Morte di san Romualdo (1733), olio su tela di Francesco Fernandi detto anche l'Imperiale.[12]
Cappella Salviati
Dalla navata sinistra si accede alla Cappella Salviati, costruita per volontà del cardinale Antonio Maria Salviati, fu iniziata nel 1593 su progetto di Francesco da Volterra, e, dopo la sua morte, completata nel 1600 da Carlo Maderno, dove si notano:
- sulla volta, Gesù Cristo in gloria tra la Madonna, san Giovanni evangelista, apostoli, angeli e santi (1600 - 1603), affresco di Giovanni Battista Ricci.[13]
- alla parete sinistra, Altare (1469), in marmo scolpito di Andrea Bregno e aiuti:[14] l'opera, originariamente ubicata sul presbiterio, venne commissionato dall'abate Gregorio Amatisco, presenta un'articolata decorazione raffigurante:
- nella parte bassa, ai lati del perduto paliotto, entro due nicchie, San Benedetto da Norcia e Santa Silvia;
- nella parte alta, divisa in tre registri:
- nel registro inferiore,
- al centro, Madonna con Gesù Bambino in trono tra angeli e devoto,
- ai lati, entro nicchie, San Gregorio Magno e Sant'Andrea apostolo;
- nel registro centrale, entro tondi, San Gabriele arcangelo annunciante e Madonna annunciata;
- nel registro superiore, Miracolo di Castel Sant'Angelo[15] con l'iscrizione: FR.GG.HUIUS MONASTERII ROMANUS ABBAS FIERI FECIT HOC OPUS MCCCCLXIX
- sulla cimasa, Dio Padre benedicente fra angeli.
- nel registro inferiore,
- alla parete destra, Madonna con Gesù Bambino, affresco ridipinto tra il XIV - XV secolo: l'opera presenta un'immagine di Maria Vergine che, secondo la tradizione, avrebbe parlato a san Gregorio Magno.
Oratori
A sinistra della scalinata della chiesa, per una cancellata si accede ad uno slargo con cipressi (già cimitero dei monaci benedettini), in fondo al quale si ergono tre oratori disposti a ventaglio: due (Santa Barbara e Sant'Andrea) restaurati e un terzo (Santa Silvia) edificato, tra il 1602 e 1606, per volontà del cardinale Cesare Baronio (1538 – 1607), e ultimati dal cardinale Scipione Caffarelli-Borghese. La sistemazione unitaria è opera dell'architetto Flaminio Ponzio (1560 – 1613): i due oratori laterali sono collegati a quello centrale tramite un portico sorretto da quattro colonne di cipollino con capitelli corinzi, provenienti dall'Oratorio di Santa Barbara.
Nell'area dei tre oratori son presenti vari ruderi di epoca romana e altomedievale: i resti di una casa a più piani, dell'inizio del III secolo, sotto l'Oratorio di Saanta Barbara; un tratto di muro in opera quadrata di tufo, che riveste un nucleo cementizio, pertinente ad una costruzione pubblica di età repubblicana, sulla destra dell'Oratorio di Santa Silvia; un'aula basilicale abdidata, dietro l'Oratorio di Sant'Andrea, con una tipologia di muratura databile al V - VI secolo, che è stata identificata con la biblioteca di papa Agapito I (535 - 536), la cui esistenza è documentata da una lettera di Cassiodoro (485 ca. – 580 ca.) e da un'iscrizione dedicatoria, copiata dall'"Anonimo di Einsiedeln".
Il complesso monumentale dei tre oratori e dell'area archeologica annessa, pur se situato nell'ambito del Monastero di San Gregorio al Celio, fu concesso, nel 1828, da papa Leone XII, al Capitolo della Patriarcale Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma.
Oratorio di Santa Barbara
Sulla sinistra si erge l'Oratorio di Santa Barbara o del Triclinio, costruito tra il XII e il XIII secolo, sui resti di una domus romana a più piani dell'inizio del III secolo, e restaurato nel 1602-1606 dal cardinale Cesare Baronio. L'ambiente, secondo la tradizione, sarebbe da identificare con il triclinium dove san Gregorio Magno e sua madre santa Silvia accoglievano e apprestavano quotidianamente un pranzo per dodici poveri.
All'interno, a pianta rettangolare absidata e coperto da un soffitto a cassettoni, si notano:
- sulla parete di fondo, entro nicchia, Statua di san Gregorio Magno (1602), in marmo di Nicolò Cordieri.[16]
- al centro, Mensa marmorea (III secolo);[17]
- alle pareti, ciclo di dipinti murali con Storie di san Gregorio Magno (1600 - 1602), affreschi di Antonio Viviani, raffiguranti:
- Apparizione di Maria Vergine a san Gregorio Magno;
- Sant'Agostino davanti al re Edelberto;
- Partenza di sant'Agostino e degli altri monaci dal monastero del Celio
- Cena di san Gregorio Magno o Apparizione dell'angelo alla mensa dei poveri;[18]
- Elezione di Probo ad abate;
- San Gregorio Magno dispensa le elemosine ai pellegrini e ai poveri.[19]
Oratorio di Sant'Andrea
Al centro si trova l'Oratorio di Sant'Andrea, costruito tra il XII e il XIII secolo, nel sito dove, secondo la tradizione, san Gregorio Magno costruì il primo luogo di culto nella casa paterna. L'edificio fu restaurato nel 1602-1606 dal cardinale Cesare Baronio e ultimato dal cardinale Scipione Caffarelli-Borghese con la direzione di Flaminio Ponzio.
L'oratorio presenta una facciata a capanna, preceduta da un portico (nartece) su quattro colonne di cipollino con capitelli corinzi, che funge anche da collegamento con gli altri due oratori. L'interno, a pianta rettangolare, è coperto da un soffitto a cassettoni con al centro lo stemma della famiglia Borghese e raffigurazioni di angeli che portano la croce di Sant'Andrea.
Di particolare interesse storico-artistico, si segnalano:
- nella parete di fondo,
- al centro, sull'altare, Madonna tra sant'Andrea e san Gregorio Magno (1602 - 1603), affresco di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio;
- ai lati, San Pietro e San Paolo (1608), affreschi monocromi di Guido Reni.
- alla parete sinistra, Sant'Andrea condotto al martirio (1608), affresco di Guido Reni.
- alla parete destra, Flagellazione di sant'Andrea (1608), affresco del Domenichino, restaurato da Carlo Maratta.
- in controfacciata, Santa Silvia e San Gregorio Magno (1608), affreschi monocromi di Giovanni Lanfranco.
Oratorio di Santa Silvia
Sulla destra si erge l'Oratorio di Santa Silvia, dedicato alla madre di san Gregorio Magno, costruito nel 1602-1606 per volontà del cardinale Cesare Baronio e decorato nel 1609 su commissione del cardinale Scipione Caffarelli-Borghese.
All'interno, a pianta rettangolare absidata e coperto da un soffitto a cassettoni, si notano:
- nella catino absidale, Dio Padre e concerto degli angeli (1608 - 1609), affresco attribuito a Guido Reni e Sisto Badalocchio: nell'opera si possono ammirare gli strumenti musicali utilizzati nel primo Seicento.
- all'altare, entro mostra, Statua di santa Silvia (1603 ca. ), in marmo di Nicola Cordier:[20] l'opera fu relaizzata con la supervisione di Michelangelo.
- ai lati, Davide e Isaia (1608 - 1609), affreschi monocromi di Sisto Badalocchio.
Note | |
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Bibliografia | |
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