Antipapa Clemente III
Guiberto di Ravenna Vescovo · Antipapa | |
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Antipapa Clemente III (tratta dal Codice di Jena, 1157) | |
Età alla morte | 71 anni |
Nascita | Parma 1029 |
Morte | Civita Castellana 8 settembre 1100 |
Elevazione ad Arcivescovo | luglio 1072 dal re dei Germani Enrico IV |
Eletto Antipapa | 25 febbraio 1080 |
Fine pontificato | 8 settembre 1100 |
Incarichi ricoperti | Arcivescovo di Ravenna |
Guiberto di Ravenna (Parma, 1029; † Civita Castellana, 8 settembre 1100) è stato un arcivescovo e antipapa italiano. Restò in carica dal 25 febbraio 1080 fino alla sua morte con il nome di Clemente III.
Biografia
Gli anni giovanili
Nato a Parma da una famiglia imparentata con i signori di Correggio e con i più celebri signori di Canossa[1]; giovanissimo venne avviato alla carriera ecclesiastica. Nel 1057 fu nominato cancelliere imperiale per l'Italia dall'imperatrice Agnese, carica che conservò fino al 1063.
Nel 1058, a Siena, partecipò all'elezione di papa Niccolò II, ma dopo la sua morte avvenuta nel 1061, si alleò con la fazione imperiale sostenendo Onorio II contro papa Alessandro II. Avendo però la maggior parte della Chiesa ripudiato Onorio II, riconoscendo Alessandro II, l'imperatrice Agnese depose Guiberto dalla carica di cancelliere.
Egli mantenne un basso profilo per nove anni, anche se continuò a mantenere rapporti con la corte tedesca; infatti nel 1072 l'imperatore Enrico IV lo nominò arcivescovo dell'allora vacante sede di Ravenna. Sebbene Alessandro II fosse riluttante ad avallare la nomina, Ildebrando di Soana lo convinse ad accettare, forse come compromesso per mantenere la pace. Guiberto fece voto di obbedienza al Papa e si installò nella sua sede di Ravenna nel 1073.
L'opposizione a Gregorio VII
Poco dopo Alessandro II morì e il 29 aprile 1073 venne eletto Ildebrando col nome di Gregorio VII. Guiberto partecipò al primo sinodo quaresimale indetto da Gregorio a Roma nel 1074. In questo sinodo furono approvate importanti leggi contro la corruzione del clero, ma subito egli si dimostrò uno dei maggiori oppositori alle riforme gregoriane.
L'anno successivo, infatti, Guiberto si rifiutò di partecipare al secondo sinodo quaresimale trasgredendo così al voto di obbedienza. La sua assenza rese manifesta la sua opposizione al papa. La causa principale del rifiuto delle riforme era l'insistenza a esigere la fine del concubinato del clero e della simonia e l'espulsione dalla chiesa dei prelati che avrebbero continuato a mantenere le concubine.
Nello stesso anno Enrico IV iniziò la sua guerra aperta col papato; nel gennaio 1076 in un sinodo tenutosi a Worms venne adottata una risoluzione che deponeva Gregorio VII a cui aderirono alcuni vescovi del nord Italia tra cui probabilmente anche Guiberto, dato che condivise con loro la scomunica che Gregorio pronunciò al sinodo quaresimale dello stesso anno. Poco dopo i vescovi e i diaconi dissidenti si riunirono a Pavia sotto la presidenza di Guiberto e scomunicarono a loro volta Gregorio VII. Ciò provocò un'ulteriore reazione del papa che, durante il sinodo quaresimale del febbraio 1078, pronunciò una scomunica espressamente diretta a Guiberto e al suo maggior sostenitore, l' arcivescovo di Milano Tebaldo da Castiglione.
L'anti-pontificato
Durante i quattro anni successivi, l'imperatore e il papa alternarono momenti di scontro e di riconciliazione finché, dovendo affrontare una ribellione interna di nobili tedeschi, Enrico IV minacciò di destituire Gregorio VII e portò a termine le proprie minacce quando convocò i suoi sostenitori nel Concilio di Bressanone nel giugno 1080 che decretò la deposizione di Gregorio VII (atto che venne controfirmato dallo stesso imperatore) ed elesse papa Guiberto col nome di Clemente III.
Clemente III non ottenne mai, però, ampio riconoscimento al di fuori dei territori controllati direttamente dall'imperatore, dove fu considerato come un suo fantoccio privo di qualsiasi iniziativa politica autonoma.
Dopo la caduta del leader dei nobili ribelli, Rodolfo di Svevia avvenuta nella battaglia di Merseburg del 1080, Enrico IV poté concentrare tutte le sue forze contro Gregorio VII; nel 1081 marciò verso Roma, ma non riuscì a penetrarvi col proprio esercito fino al 1084. Gregorio allora si rifugiò in Castel Sant'Angelo rifiutandosi di accogliere Enrico, sebbene quest'ultimo avesse offerto di consegnargli Clemente III come prigioniero se il papa avesse accettato di incoronarlo imperatore.
Gregorio pretese che Enrico, come misura preliminare apparisse come penitente davanti a un consiglio di vescovi. L'imperatore si disse disposto ad accettare, ma contemporaneamente cercò di impedire la riunione dei vescovi, che comunque si svolse per pronunciare una nuova scomunica nei suoi riguardi. Saputo di ciò, Enrico entrò nuovamente in Roma il 21 marzo 1084, questa volta ottenendone il quasi totale controllo, assediando Gregorio in Castel Sant'Angelo e insediando il 24 marzo Clemente III in San Giovanni in Laterano. Il 31 marzo seguente Clemente III incoronò Enrico IV imperatore in San Pietro.
In seguito, però quando giunse notizia che Roberto il Guiscardo Duca di Puglia e Calabria (l'alleato normanno di Gregorio) stava correndo in suo aiuto, Clemente fuggì da Roma insieme all'imperatore. Gregorio fu in seguito liberato, ma dovette fuggire ugualmente prima a Monte Cassino e poi a Salerno dove morì il 25 maggio 1085.
La morte di Gregorio VII lasciò la chiesa divisa: i sostenitori di Gregorio tennero un concilio a Quedlinburg dove condannarono Clemente III, mentre i sostenitori di Enrico IV tennero un concilio a Magonza che approvava la deposizione di Gregorio e sosteneva Clemente. I conflitti perdurarono anche durante il regno dei successivi papi.
Vittore III fu costretto a fuggire da Roma pochi giorni dopo la sua consacrazione in San Pietro dai sostenitori di Clemente III i quali vennero per rappresaglia attaccati dalle truppe di Matilde di Canossa e costretti ad asserragliarsi nel Pantheon.
Urbano II riuscì a regnare in Roma, ma fu successivamente cacciato dai sostenitori di Clemente III e cercò rifugio nell'Italia meridionale e in Francia, mentre Clemente riunì un concilio a Roma dove venne annullata la scomunica di Enrico IV. Negli anni seguenti, però, il potere dell'imperatore andò scemando, mentre crebbe l'autorità di Urbano II. Roma venne conquistata dai crociati del Conte di Vermandois, fratello di Filippo I di Francia e Clemente mantenne il controllo del solo Castel Sant'Angelo, che però cadde anch'esso nel 1098. L'influenza di Clemente III, dopo l'abbandono dell'Italia da parte di Enrico IV, fu confinata quasi solo nella provincia ecclesiastica ravennate (comprendente la Romagna, Montefeltro incluso, l'Emilia e l'area veneta intorno ad Adria).
Forse anche per sottrargli consenso in Romagna, quindi, nel 1099 venne eletto Papa, col nome di Pasquale II, Rainerio Raineri di Bleda (o Bieda), originario dell'Appennino forlivese. Allora Clemente si recò ad Albano sperando ancora di poter ritornare a Roma, ma fu costretto a ritirarsi e a riparare a Civita Castellana dove morì l'8 settembre 1100.
I resti di Clemente III, sepolti nella cattedrale di Civita Castellana, divennero in breve oggetti di culto per la popolazione locale, poiché si diffuse la voce che sulla tomba dell'antipapa, a seguito della trasudazione di un misterioso liquido profumato, si verificassero numerosi miracoli.[2] Per evitare questo culto Papa Pasquale II ne fece disseppellire le spoglie per disperderle nel Tevere[3]
I seguaci di Clemente III elessero come suo successore Teodorico che però non rappresentò mai una vera minaccia per il papa legittimo.
Successione degli incarichi
Predecessore: | Arcivescovo di Ravenna | Successore: | |
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Enrico 1052 - 1072 |
1072 - 1080 | Riccardo 1080 - 1119 |
Note | |
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Bibliografia | |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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