Ottava
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Il termine ottava è proprio della Liturgia e viene usato con due significati diversi.
In un primo senso indica gli otto giorni che seguono una festa molto importante, compreso il giorno della festa stesso:
- l'Ottava di Natale è costituita dagli otto giorni che seguono il Natale fino al 1° gennaio compreso;
- l'Ottava di Pasqua è costituita dagli otto giorni che seguono la Pasqua fino alla domenica in albis.
In un secondo significato indica l'ottavo giorno dopo la festa:
- in questo senso per Ottava di Natale si intende il giorno 1° gennaio;
- per Ottava di Pasqua si intende la domenica in albis.
L'ottava di una grande festa ha il significato di prolungare la festa stessa. Sottolinea anche il ciclo settimanale della liturgia cristiana che ha come momento principale la celebrazione della domenica.
Origini bibliche
Il prolungamento di una qualsiasi celebrazione solenne, civile o religiosa, è una cosa naturale[1]; basti pensare alle celebrazioni per i defunti, che si protraggono, soprattutto per defunti ragguardevoli, per più giorni (tre, sette, nove), presso molti popoli e indipendentemente dalla forma di religione; ugualmente le celebrazioni nuziali e le dedicazioni al culto dei templi.
L'Antico Testamento presenta alcuni esempi di celebrazioni rituali protratte per una settimana:
- la Pasqua, che cade il giorno 14 nisan e gli Azzimi (Es 12,15.19; 13,6; 23,15; 34,18 ; Dt 16,3 ; Esd 6,13-20 ), celebrati dal 15 al 21 dello stesso mese (cfr. 2Cr 35,17 );
- la Festa delle Capanne: Dt 16,13 , celebrata dal 15 al 21 tišrî, con un giorno di feste popolari, il 22 tišrî;
- la dedicazione del Tempio di Gerusalemme, sotto Salomone (1Re 8,62-66 ) e la sua riconsacrazione all'epoca dei Maccabei (1Mac 4,56 ; 2Mac 10,6 .
Nell'Antico Testamento si trovano già spiegazioni simbolico-mitiche, tanto in voga presso gli orientali di cultura ellenistica, della ripetizione ottenaria; da lì esse passarono ai Padri della Chiesa e agli scrittori antichi e medioevali[1]. In tali schemi il numero otto fu ritenuto il numero perfetto[2]; quindi come numero che simboleggia la perfezione suprema, ossia il termine dell'esistenza umana, il paradiso, la gloria di Dio.
La celebrazione ottavaria fu perciò considerata come una qualche anticipazione della beatitudine eterna; prefigurata anche misticamente nel fatto che l'apostolo Tommaso, mancante nella prima apparizione pasquale del Risorto, fu presente e credette e divenne partecipe della gioia di Cristo dopo otto giorni (Gv 20,19-29 ).
Lo sviluppo storico
Il I millennio
A livello ecclesiale, le prime notizie precise di una celebrazione di un'ottava liturgica si hanno nell'anno 335, in occasione della solenne dedicazione delle basiliche costantiniane di Tiro e di Gerusalemme[3][1]. Dall'Itinerarium Aetheriae (393-394) si sa poi che allora a Gerusalemme si celebravano l'Ottava di Pasqua e quella dell'Epifania[4].
Sant'Agostino parla spesso delle ottave, soprattutto di quella di Pasqua[5].
L'Ottava di Pasqua è intimamente legata alla prassi del Battesimo, conferito nella Veglia Pasquale; nello stesso senso anche la Pentecoste, anch'essa solennità battesimale, ebbe un'ottava, che divenne generale soltanto nel basso medioevo.
Anche la festa del Natale, con caratteristiche proprie: fin dagli inizi vi si intrecciano le celebrazioni dei comites Christi ("compagni di Cristo"); l'ottavo giorno ha poi un carattere proprio, come celebrazione mariana. L'Ottava dell'Epifania entrò nell'uso occidentale dall'oriente, dove in essa si amministrava il Battesimo.
Papa Felice IV († 530) fu creduto autore di una decretale che ordinava la celebrazione dell'ottava della dedicazione di ogni chiesa, basandosi sull'uso della sinagoga; ma tale decretale è apocrifa.
Il Concilio di Magonza (813) accenna in tutto a tre ottave[6]: Pasqua e Pentecoste con otto giorni festivi e Natale con quattro giorni festivi più l'ottavo.
Amalario († 850 ca.) menziona le quattro ottave di Pasqua, Pentecoste, Natale ed Epifania e ricorda quelle di alcune feste di santi, "eorum scilicet quorum festivitas apud nos clarior habetur" ("di quelli cioè la cui festività viene celebrata più solennemente presso di noi"), e accenna alla festa dei Santi Pietro e Paolo. Egli sostiene l'idea, fatta propria poi dai liturgisti medioevali, che la festa di un santo si riferisca alla requies sanctorum ("riposo dei santi"), l'ottava invece alla resurrectio corporum ("risurrezione dei corpi")[7].
Il II millennio
Il Micrologus (ca. 1025) di Guido d'Arezzo assicura (cap. 44) che al suo tempo, secondo la prassi romana, si celebravano solo le ottave "di autorità romana" e queste soltanto nel giorno ottavo, eccezion fatta per quelle dell'Assunta e di San Pietro[8].
Onorio di Autun († 1154), nella celebre Gemma animae[9] sviluppa le idee allegoriche di Amalario circa le ottave, ma senza date concrete.
Sicardo da Cremona († 1215) parla nel suo Mitrale[10] dell'Ottava di Natale e subito dopo continua con un trattato sulle ottave; enumera quelle del Natale, dell'Epifani, di Santo Stefano e compagni, di Pasqua e di Pentecoste.
Radulfo da Rivo († 1403), nel De canonum observantia[11] informa che si osservavano allora, secondo la prassi romana, due specie di ottave:
- maiores, con celebrazione festiva il primo e ottavo giorno e nella domenica che cadeva all'interno dell'ottava: ottava di Natale, dell'Epifania, dell'Ascensione, della Trinità, del Corpus Domini, dell'Assunta, della Natività di Maria, dei Santi Pietro e Paolo;
- minores, con celebrazione soltanto nell'ultimo giorno a modo di festa semplice con tre letture: ottava di Sant'Andrea, di San Lorenzo, di San Martino; presso alcuni ordini (Certosini) anche quella di San Giovanni Battista.
All'epoca gli ordini mendicanti e molte Chiese particolari avevano già iniziato a estendere l'uso dell'ottava a un numero sempre crescente di feste particolari e spesso come ottave maggiori. Si capisce quindi perché San Pio V († 1572) nella riforma dei libri liturgici (Messale e Breviario) abbia limitato severamente le ottave, permettendole soltanto per le grandi feste principali, per la dedicazione della chiesa, per la festa del titolare e per quella del patrono principale canonicamente scelto.
Il calendario monastico, approvato sotto papa Paolo V († 1621), non ha nessuna ottava propria. Invece nell'edizione del Breviario di Papa Urbano VIII († 1644) le ottave furono escluse dal 17 al 23 dicembre[12] e da tutta la Quaresima.
Certe ottave (Pasqua, Pentecoste, Epifania, Corpus Domini, Natale, Ascensione) ebbero praticamente una posizione privilegiata di fronte alle altre, ma il termine tecnico di ottava privilegiata comparve soltanto durante il XVIII secolo in alcuni liturgisti, ed entrò nella fraseologia ufficiale soltanto con San Pio X († 1913).
La situazione anteriore al Concilio Vaticano II
Nella liturgia precedente il Concilio Vaticano II si distinguevano tre specie di ottava[13]:
- ottave privilegiate, che erano a loro volte di tre ordini; il termine privilegiate si riferiva al fatto che dovevano essere almeno commemorate e non potevano mai essere tralasciate; nel calendario universale erano sette: Pasqua e Pentecoste (di 1º ordine), Epifania e Corpus Domini[14] (di 2º ordine), Natale, Ascensione e Sacro Cuore[15] (di 3º ordine);
- ottave comuni, che cedevano il passo a feste di grado elevato; nel calendario universale erano sei: Immacolata Concezione[16], Assunzione, San Giovanni Battista, Patrocinio di San Giuseppe[17], Santi Pietro e Paolo, Ognissanti[18];
- ottave semplici, celebrate alla maniera delle ottave minori del medioevo, cioè con la sola celebrazione all'ottavo giorno; furono introdotte da San Pio V; erano cinque: Natività di Maria[19], Santo Stefano, San Giovanni evangelista, Santi Innocenti, San Lorenzo.
Sin dal XIX secolo era invalso l'uso di chiedere, da parte di Chiese particolari o di specifiche famiglie religiose, l'ottava privilegiata per qualche festa importante: Venezia aveva ottenuto nel 1815 il Corpus Domini, Roma nel 1883 la festa dei Santi Pietro e Paolo[20].
La situazione attuale
La riforma del Rito Romano che seguì al Concilio Vaticano II lasciò soltanto le ottave ottava di Natale e di Pasqua e implicitamente abolì tutte le altre ottave:
« | La celebrazione della Pasqua e del Natale, che sono le massime solennità, si protrae per otto giorni. Le due ottave sono ordinate da leggi proprie. » | |
La forma straordinaria dello stesso Rito Romano, corrispondente all'edizione del 1962 del Messale di San Pio V, conosce soltanto le ottave della Natività del Signore, di Pasqua e di Pentecoste; "tutte le altre, sia nel calendario universale che nei calendari particolari, sono abolite"[21]. Le ottave sono di I classe (Pasqua e Pentecoste) o di II classe (Natale).
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |