Basilica di San Lorenzo in Lucina (Roma)
Basilica di San Lorenzo in Lucina | |
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Roma, Basilica di San Lorenzo in Lucina (XII secolo) | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Piazza di San Lorenzo in Lucina 16/A 00186 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 6871494 |
Fax | +39 06 68199122 |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | San Lorenzo |
Fondatore | Sisto III |
Data fondazione | V secolo, prima metà |
Architetti |
Cosimo Fanzago (restauro del XVII secolo) |
Stile architettonico | romanico, barocco |
Inizio della costruzione | V secolo, prima metà |
Completamento | 1856-1858 |
Data di consacrazione | 26 maggio 1196 |
Consacrato da | papa Celestino III |
Titolo | San Lorenzo in Lucina (titolo cardinalizio) |
Strutture preesistenti | Domus (II secolo) e insula (III secolo) |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di San Lorenzo in Lucina è una chiesa di Roma, situata nel centro storico della città, sulla piazza omonima, nel rione Colonna.
Toponimo
Il toponimo di questa basilica e dell'omonima piazza è incerto: per tradizione, infatti, si riteneva che Lucina fosse una matrona romana, la quale avrebbe fondato nella sua casa, un'ecclesia domestica, cioè un luogo destinato al culto cristiano in un'abitazione privata, in seguito donata alla Chiesa, divenendo così il primo nucleo della futura Basilica di San Lorenzo. Mentre, ritrovamenti effettuati nei sotterranei della chiesa tra il 1983 e il 1998 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, che riportarono alla luce tracce archeologiche di varie fasi di epoca imperiale, hanno confermato la presenza di un'ecclesia.
Storia
Dall'età paleocristiana al Cinquecento
La Basilica fu eretta nella prima metà del V secolo da papa Sisto III (432-440): l'edificio si presentava era a tre navate con abside nel fondo, e aveva il piano di calpestio e le fondamenta delle mura a circa due metri sotto il livello attuale.
Lavori di ristrutturazione furono eseguiti da Benedetto II (684-685) e da Sergio I (687-701), Adriano I (772-795), Leone III (795-816), Gregorio IV (827-844). Sotto Sergio II (844-847) e Niccolò I (858-867) si verificarono le disastrose inondazioni che avevano già danneggiato la Basilica nell'VIII secolo.
La chiesa fu completamente ricostruita all'inizio del XII secolo, durante il pontificato di Pasquale II (1099-1118), rialzando il pavimento di mezzo metro (circa un metro e mezzo sotto l'attuale) e decorandolo in opera cosmatesca (di cui restano pochi frammenti); a questo periodo risalgono il nartece, il portale centrale, i due leoni stilofori, la cattedra episcopale, il paliotto cosmatesco, il campanile romanico e alcuni frammenti marmorei attualmente conservati nel portico. L'opera di Pasquale II fu completata dall'antipapa Anacleto II che consacrò la chiesa nel 1130; ma poiché il Concilio Lateranense II (4 - 11 aprile 1139) invalidò tutti gli atti da lui compiuti, fu necessaria una seconda consacrazione compiuta nel 1196 da Celestino III (1191-1198): delle due consacrazioni rimane memoria nelle iscrizioni collocate nel portico.
Tra il 1281 e il 1287 il cardinale Ugone Atratus di Evesham costruì presso la Basilica un palazzo per i cardinali titolari, passato nel 1624 al principe Michele Peretti. Ulteriori restauri della Basilica si ebbero nel 1427, nel 1463 e nel 1596-1598.
Dal Seicento a oggi
Nel 1606 Paolo V (1605 - 1621) la concesse ai Chierici Regolari Minori che verso la metà del XVII secolo la restaurarono completamente, per opera di Cosimo Fanzago (1591 – 1678), il quale trasformò la chiesa a navata unica, riducendo le laterali dell'antica basilica in cappelle gentilizie e rialzò il pavimento per evitare le alluvioni del Tevere.
Un complessivo restauro, voluto da Pio IX (1846 - 1878) e diretto nel 1856-1858 da Andrea Busiri Vici (1818 – 1911), eliminò gran parte dell'apparato decorativo barocco della navata e aggiunse due cappelle.
Nel 1873 il complesso fu espropriato e incamerato dal dal demanio[1]del Regno d'Italia, successivamente passò in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC). I Chierici Regolari Minori, tuttavia, lo abitarono fino al 1906, quando venne affidato al clero diocesano di Roma.
Il 27 novembre 1908 papa Pio X (1903 - 1914) l'ha elevata alla dignità di Basilica minore.[2]
Altri interventi di ristrutturazione si ebbero: nel 1918 per salvaguardare la Basilica dalle frequenti alluvioni e dall'umidità provocata dalla penetrazione delle acque sotterranee; nel 1927 per riportare la facciata al suo aspetto originale.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di San Lorenzo in Lucina, istituito probabilmente da papa Evaristo nel II secolo: l'attuale titolare è il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don.
Descrizione
Esterno
Facciata
La Basilica presenta una facciata a capanna, aperta al centro da un grande oculo e due finestre rettangolari, preceduta da un portico (nartece) architravato, con sei colonne di granito con capitelli ionici e pilastri angolari corinzi, che accoglie frammenti marmorei e alcune iscrizioni risalenti al XII secolo, tra le quali l'epigrafe commemorativa datata del 25 maggio 1130 che si riferisce alla consacrazione della chiesa da parte dell'antipapa Anacleto II e un'altra che ricorda la consacrazione a opera di papa Celestino III del 26 maggio 1196. Inoltre, sulla parete destra è collocato:
- Monumento funebre di Clelia Severini (1825 ca.), in marmo di Pietro Tenerani.[3]
Campanile
A destra della chiesa s'innalza il campanile, a base quadrata, che insiste sulla prima campata della navata destra, articolato in cinque ordini: i primi due hanno bifore a pilastro, mentre i rimanenti tre presentano doppie bifore su colonnine marmoree e capitelli a stampella. La struttura in laterizi è decorata con dischi di porfido e scodelle in maiolica verde. La cella campanaria ospita due campane, una del 1606 e l'altra del 1759.
Interno
L'interno della basilica, in origine a tre navate, attualmente si presenta a unica navata con cinque cappelle sul lato sinistro e quattro sul destro, poiché lo spazio della quinta è occupato dalle fondamenta del campanile. È, inoltre, coperta da uno splendido soffitto a cassettoni con rosette che presenta al centro un dipinto raffigurante:
- Ascensione di Gesù Cristo fra san Lorenzo, san Damaso, santa Lucina e san Francesco Caracciolo (1857 - 1858), olio su tela di Roberto Bompiani.
Lungo la navata si notano:
- alle pareti, ciclo di dipinti murali con Storie della vita di san Lorenzo (1860), affreschi di Roberto Bompiani.
- tra la terza e quarta cappella, Pulpito (metà del XVII secolo), in marmo di Cosimo Fanzago.
- al terzo pilastro destro, Monumento funebre di Nicolas Poussin (1829 - 1830), in marmo di Paul Lemoyne e Louis Desprez: l'opera venne commissionata dallo scrittore e diplomatico François-René de Chateaubriand, all'epoca ambasciatore di Francia presso lo Stato pontificio.
Nell'area presbiterale si conservano:
- all'altare maggiore, entro mostra del 1669, in marmo nero di Carlo Rainaldi:
- Gesù Cristo crocifisso (1637-1638), olio su tela di Guido Reni.[4]
- dietro l'altare maggiore,
- Paliotto cosmatesco (XII secolo);
- Cattedra di papa Pasquale II (1130), in marmi policromi di spoglio.
Lato sinistro
Lungo il lato sinistro si aprono cinque pregevoli cappelle:
- nella prima cappella, che funge da battistero, progettata nel 1721 da Giuseppe Sardi, sono collocati:
- pala d'altare con Battesimo di Gesù Cristo (fine XVII - inizio XVIII secolo), olio su tela di Giuseppe Nicola Nasini.
- Fonte battesimale chiuso da un coperchio architettonico a chiesa, in legno intagliato.
- nella seconda cappella, dedicata a San Carlo Borromeo, si conserva:
- pala d'altare con San Carlo Borromeo porta in processione il Santo Chiodo (1612 - 1619), olio su tela di Carlo Saraceni.[5]
- alle pareti laterali, due dipinti, eseguiti a olio su tela nel XVII secolo da Gregorio Preti, raffiguranti:
- San Carlo Borromeo comunica gli appestati;[6]
- San Carlo Borromeo distribuisce l'elemosina ai poveri.[7]
- nella terza cappella, dedicata a san Giovanni Nepomuceno, sono collocati:
- all'altare, Statua di san Giovanni Nepomuceno (1732), in marmo di Gaetano Altobelli.
- alla parete sinistra, Arresto di san Giovanni Nepomuceno (XVII secolo), olio su tela di ambito romano.[8]
- nella quarta cappella, dedicata a san Giuseppe, si nota:
- Sacra Famiglia con Dio Padre e angeli (metà del XVII secolo), olio su tela di Alessandro Turchi detto l'Orbetto.[9]
- nella quinta cappella, dedicata a san Francesco d'Assisi e santa Giacinta Marescotti, progettata e decorata nel 1624 da Simon Vouet, si notano:
- all'altare, entro mostra,
- al centro, pala con Morte di santa Giacinta Marescotti (1736 ca.), olio su tela di Marco Benefial;[10]
- in alto, sulla cimasa, Madonna in gloria (prima metà del XVI secolo), affresco di Bernardino Luini.[11]
- sui pilatri, San Pietro, san Paolo, santa Maria Maddalena, santa Chiara d'Assisi e santa Lucia (1736 ca.), affreschi di Marco Benefial;
- alle pareti laterali, Vestizione e Tentazione di san Francesco d'Assisi (1624), olio su tela di Simon Vouet.
- all'altare, entro mostra,
Lato destro
Lungo il lato destro si aprono quattro pregevoli cappelle:
- nella prima cappella, dedicata a san Lorenzo, si conservano:
- all'altare, San Lorenzo in gloria e santa Lucina (XVIII secolo), olio su tela, attribuita a Sigismondo Rosa.[12]
- sotto la mensa d'altare, Reliquiario a urna (XVIII secolo): l'opera racchiude la graticola sulla quale san Lorenzo avrebbe subito il martirio.
- nella seconda cappella, dedicata a sant'Antonio da Padova, progettata nel 1663 da Carlo Rainaldi, si nota:
- nella terza cappella, dedicata a san Francesco Caracciolo, è custodita:
- pala d'altare con San Francesco Caracciolo adora l'Eucaristia (1740 ca.), olio su tela di Ludovico Stern.[14]
- la quarta cappella, dedicata all'Annunciazione, fu progettata nel 1660-1664 da Gian Lorenzo Bernini per Gabriele Fonseca, un ricco medico portoghese, e presenta:
- sulla cupola, Angeli (1660 - 1670), in stucco di Gian Lorenzo Bernini e bottega.[15]
- alle pareti, entro nicchie, Quattro busti di defunti della famiglia Fonseca (1668 - 1669 ca.), in marmo di Gian Lorenzo Bernini, tra i quali si notano:
- alle parete destra, Purificazione dell'acqua di Gerico (1660 - 1669), olio su tela di Guillaume Courtois.
Preesistenze romane e resti archeologici
Grazie agli scavi condotti, sotto la chiesa e i palazzi adiacenti, tra il 1983 e il 1985 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma è stato possibile ricostruire lo sviluppo urbanistico dell'area: le indagini hanno potuto distinguere cinque fasi edilizie succedutesi nel sito della chiesa dall'età adrianea all'ultima grande ristrutturazione del XVII secolo, quando il piano di calpestio fu portato alla quota attuale.
La prima fase è testimoniata da strutture pertinenti a un edificio - di cui rimangono, a circa quattro metri sotto il livello attuale, solo pochi resti, se si fa eccezione per un pavimento a mosaico bianco e nero - risalente al II secolo, poi sostituito nel secolo successivo da un'insula di maggiori dimensioni, costituita da almeno due piani (è ancora visibile, infatti, una larga scala che portava al piano superiore), databile, grazie ai bolli laterizi rinvenuti, al primo quarto del III secolo.
Successivamente, dal 1993 al 1998, il sito fu sottoposto ad ulteriori indagini condotte dalla Soprintendenza Archeologica, insieme all'Istituto Svedese di Studi Classici, durante le quali furono individuate le strutture relative alla primitiva basilica paleocristiana e al rifacimento del XII secolo (un pavimento cosmatesco): vennero alla luce una parte della vasca battesimale circolare e una rettangolare di minori dimensioni, identificate come il battistero della chiesa originaria. La vasca battesimale circolare ha un diametro di 4 metri ed era rivestita con lastre di marmo, mentre più dubbia è la funzione di quella rettangolare, di piccole dimensioni ed ha su uno dei lati corti una nicchia con copertura a timpano; fra le ipotesi la possibilità che fosse utilizzata per il battesimo di bambini, per la raccolta e benedizione dell'acqua o per il rito della lavanda dei piedi.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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