Santa Giacinta Marescotti
Santa Giacinta Marescotti, T.O.R. Religiosa | |
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al secolo Clarice | |
Santa | |
Domenico Corvi, Santa Giacinta Marescotti dona la regola a Francesco Pacini (ultimo quarto del XVIII secolo), olio su tela; Viterbo, Museo del Colle del Duomo | |
Età alla morte | 54 anni |
Nascita | Vignanello 6 marzo 1585 |
Morte | Viterbo 30 gennaio 1640 |
Appartenenza | Clarisse |
Vestizione | 1605 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerata da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 1º settembre 1726, da Benedetto XIII |
Canonizzazione | 24 maggio 1807, da Pio VII |
Ricorrenza | 30 gennaio |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 30 gennaio, n. 10:
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Santa Giacinta Marescotti, al secolo Clarice (Vignanello, 6 marzo 1585; † Viterbo, 30 gennaio 1640) è stata una religiosa italiana appartenente al Terzo Ordine francescano. È stata proclamata santa da papa Pio VII nel 1807.
Biografia
Figlia del Conte Marcantonio Marescotti e di donna Ottavia Orsini (il cui padre aveva realizzato il Parco dei Mostri di Bomarzo), studiò, assieme alle sue due sorelle Ginevra e Ortensia, al Convento di San Bernardino a Viterbo. Al termine degli studi Ginevra rimase in convento e prese il nome di Suor Immacolata.
Clarice e Ortensia furono introdotte nelle migliori case. Clarice era molto attratta dal giovane Paolo Capizucchi ma egli chiese la mano della sorella minore Ortensia.
Clarice ne rimase sconvolta e dopo qualche settimana la famiglia la costrinse a raggiungere la sorella Suor Immacolata a San Bernardino. Lì prese i voti adottando il nome di Suor Giacinta.
Fu una conversione soltanto esteriore: in convento suor Giacinta tenne atteggiamenti contrari alla disciplina della devozione.
Anziché vivere in una cella, si fece arredare un intero appartamento nello stile delle sue stanze a Vignanello, ed era servita da due giovani novizie.
Condusse vita mondana e licenziosa fino al 1615, quando, in seguito a una malattia e ad alcuni lutti famigliari, entrò in una crisi spirituale. Si ritrovò sola e gridò forte:
« | O Dio ti supplico, dai un senso alla mia vita, dammi la speranza, dammi la salvezza! » |
Era profondamente sincera e Dio la ascoltò.
Il giorno dopo venne a trovarla il Padre confessore e la notte seguente Suor Giacinta trascorse l'intera notte pregando e provò una serenità ultraterrena. Si convertì e si diede a esercizi di penitenza e di perfezione cristiana.
Per suor Giacinta cominciano ventiquattro anni straordinari e durissimi vissuti in totale povertà e di continue penitenze, con asprezze oggi poco comprensibili, ma che rivelano energie nuove e sorprendenti. Dalle due camerette raffinate lei passa a una cella derelitta per vivere di privazioni e da lì compie un'opera singolare di "riconquista". Personaggi lontani dalla fede vi tornano per opera sua e si fanno suoi collaboratori nell'aiuto ad ammalati e poveri.
Un aiuto che Giacinta la penitente vuole sistematico, regolare, per opera di persone fortemente motivate. Questa mistica organizzò vari istituti assistenziali come quello detto dei "Sacconi", dal sacco che i confratelli indossano nel loro servizio, che aiuta poveri, malati e detenuti, opera che fu attiva fino al XX secolo e come quello degli Oblati di Maria, chiamati a servire le persone anziane.
Dedicò il resto della sua vita ad aiutare il prossimo. Dall'interno della clausura, muoveva le fila di una fitta rete di aiuti ai poveri di Viterbo e aiutata dal cittadino Francesco Pacini fece nascere una confraternita laicale, detta dei Sacconi, col fine di portare elemosine e soccorsi ai poveri. Morì nella sua umile cella il 30 gennaio 1640.
Culto
Il corpo è esposto nella chiesa oggi a lei dedicata del Monastero di San Bernardino, a Viterbo.
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