Lattanzio

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Lattanzio
Laico
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al secolo Lucio Cecilio Firmiano
battezzato
ERRORE in "fase canonizz"
Padre della Chiesa
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte circa 75 anni
Nascita Numidia
250 ca.
Morte Treviri
325
Sepoltura
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
Elezione
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Lattanzio, al secolo Lucio Cecilio Firmiano [1] (in latino Lucius Cæcilius Firmianus Lactantius; Numidia, 250 ca.; † Treviri, 325) è stato un teologo, scrittore, apologeta Padre della Chiesa latino.

Biografia

Nato probabilmente nell'Africa proconsolare si convertì al Cristianesimo durante la sua permanenza in Bitinia. Allo scoppio delle persecuzioni volute da Diocleziano abbandonò la sua professione di retore e quando divenne imperatore Costantino fu chiamato a Treviri come precettore di suo figlio Crispo. Fu diretto testimone della promulgazione dell'Editto di tolleranza di Galerio nell' aprile del 311 e poi dell'Editto di Milano ad opera di Licinio nel giugno 313. Su Lattanzio ci ha lasciato preziose informazioni San Girolamo nella sua opera De viris illustribus. Ci dice che il suo nome era Firmiano, che era discepolo di Arnobio e che in Nicomedia insegnava retorica e poiché conosceva il greco si diede all'attività di scrittore. Sempre San Girolamo ci informa che ormai vecchio si trasferì in Gallia.[2]

Opere

Delle numerose opere citate da San Girolamo ci sono giunte soltanto:

  • De opificio Dei
  • Divinae institutiones
  • De ira Dei
  • De mortibus persecutorum
  • Epitome

L'opera principale,Divinae institutiones, fu scritta durante la persecuzione di Diocleziano e venne concepita come una grande Apologia in difesa del Cristianesimo. Essa comprende sette libri che trattano gli aspetti più salienti della nuova religione che si andava diffondendo e degli errori del Paganesimo

Pensiero

L'impianto letterario delle sue opere non è originale, infatti rimanda ad uno schema molto diffuso: spiegazione e difesa delle verità Cristiane e condanna del Paganesimo. I suoi scritti non hanno un contenuto teoretico originale ma presentano in modo dialogico e con un dichiarato intento apologetico i misteri del cristianesimo. In particolare Lattanzio affronta il mistero della Trinità e dell'incarnazione per i quali cerca conferme nella stessa cultura religiosa e filosofica greco-romana. Nella persona di Cristo egli distingue due nascite, una che ha avuto luogo nell'eternità è un'altra che ha avuto luogo nel tempo.[3] Quanto alla prima nascita, quella eterna, l'autore di rifà a testi biblici e a passi di scrittori pagani[4].

Lattanzio afferma l'esistenza del Figlio generato eternamente dal Padre e lo fa utilizzando categorie logiche nuove per la riflessione filosofica del tempo. Non è una generazione carnale, sottolinea , ma una generazione "mentale" che si attua "attraverso la parola della mente"[5] La sussistenza del Verbo come seconda persona della Trinità con compromette l'unità di Dio come pensano ebrei e pagani[6]

Il pensiero di Lattanzio si colloca in un momento particolare della storia del cristianesimo. Esso infatti precede il Concilio di Nicea e tale fatto può spiegare l'uso di un lessico ancora "grezzo". Nonostante questa osservazione occorre riconoscere che la consostanzialità del Figlio rispetto al Padre e la natura delle relazioni della paternità e della filiazione sono espresse con chiarezza e precisione, soprattutto se si considera il riferimento continuo e la tipologia di esempi addotti.[7]

Edizione critica delle opere

Bibliografia
Voci correlate
Note
  1. Talvolta è riportato "Celio" (Cælius).
  2. Cfr.De Viris illustribus, 80.
  3. Cfr:Divinae institutiones,IV,8: "Noi attestiamo che egli è nato due volte:una prima volta nello Spirito e poi nella carne".
  4. Particolarmente interessanti i rimandi alla cultura pagana, in particolare ai testi di Ermete Trismegisto dei quali sottolinea energicamente gli errori, cfr, Op. cit., IV, 6
  5. Cfr. Op.cit., IV, 9.
  6. Cfr. Epitome 49: "Non si deve pensare che esistano due Dei, giacché il Padre e il Figlio sono una sola cosa.Infatti il Padre ama il Figlio e gli trasmette tutto e il Figlio ubbidisce al Padre è evidente che il rapporto che li unisce non può essere disgiunto fino al punto di dire che sono due coloro nei quali la sostanza, la [volontà]] e l'affetto sono uno". Stesso concetto si ritrova anche in Divinae institutiones IV,29: " Dal momento che il Padre fa essere il Figlio tale e il Figlio fa essere il Padre tale, una sola è ad entrambi la mente, uno solo lo Spirito, una sola la sostanza".
  7. Cfr. Epitomec.43: "Ordinò dunque il Padre che Egli discendesse in terra e rivestisse un corpo umano così che insegnasse non solo a prole ma anche con i fatti , la virtù e la pazienza. Egli dunque è nato una seconda volta, come uomo dalla Vergine, senza padre, così , come nella prima nascita è solo procreato da Dio e fu fatto Santo Spirito, nella seconda generato da Maria divenisse santa carne".