San Pietro Crisologo
San Pietro Crisologo Arcivescovo | |
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Santo | |
Dottore della Chiesa | |
Scuola guercinesca, San Pietro Crisologo (XVII secolo), olio su tela; Imola, Museo Diocesano "Pio IX" | |
Nascita | Imola IV secolo |
Morte | Imola 2 dicembre 450 |
Consacrazione vescovile | 433 dal papa Sisto III |
Incarichi ricoperti | Arcivescovo metropolita di Ravenna-Cervia |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 30 luglio |
Santuario principale | Basilica di Sant'Antonio da Padova |
Attributi | Baculo pastorale |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 30 luglio, n. 1:
31 luglio, n. 7, ricorrenza secondaria:
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San Pietro Crisologo (Imola, IV secolo; † Imola, 2 dicembre 450) è stato un arcivescovo latino di Ravenna dal 433 alla sua morte. Nel 1729 papa Benedetto XIII lo ha proclamato dottore della Chiesa. La sua memoria ricorre il 30 luglio.
Biografia
Rare e imprecise sono le antiche testimonianze relative a questo Dottore della Chiesa. Non merita che una limitata credibilità quello che di lui scrive lo storico di Ravenna, Agnello, nel suo Liber Pontificalis, scritto quattrocento anni dopo attorno all'anno 840.
Secondo la tradizione comunemente seguita, Crisologo nacque verso il 405 a Imola, in quel tempo Forum Cornelii, città lungo la via Emilia, a metà strada tra Forlì e Bologna. Il vescovo della città, secondo la testimonianza del santo stesso, non si accontentò di battezzarlo, ma lo seguì nella sua educazione culturale e spirituale, lo ascrisse al clero della sua cattedrale e lo ordinò diacono. Sotto il pontificato forse di san Celestino I fu eletto e consacrato vescovo di Ravenna, in quel tempo residenza della corte imperiale. Il suo discorso d'ingresso egli lo pronunciò difatti alla presenza di Galla Placidia, figlia dell'imperatore Teodosio I, sorella di Onorio e di Arcadio, rispettivamente imperatori d'Occidente e d'Oriente, sposa di Costanze III, collega di Onorio nell'impero e madre di Valentiniano III, imperatore a quattro anni sotto la sua reggenza [1].
Crisologo non tardò a farsi conoscere per la sua santità, eloquenza e scienza. Il sermone 136 che tenne in onore di Adelfo, metropolita di Aquileia, fa supporre che egli fosse allora semplice vescovo della VIII regione, dipendente dal patriarcato romano e senza speciale preminenza. Nel sermone 175 egli dice che, pur restando suffraganeo di Roma, come gli altri vescovi della regione Flaminia, aveva ricevuto per editto del principe cristiano, Valentiniano III e per decreto del beato Pietro, forse Papa Sisto III, il diritto di consacrare qualche vescovo dell'Emilia, diritto che precedentemente apparteneva all'arcivescovo di Milano, in precedenza sede imperiale d'Occidente. Roma avrebbe delegato al Crisologo non un diritto di metropolita sulle diocesi della bassa Emilia, ma una specie di Vicariato, per dare una soddisfazione alla corte di Ravenna e prevenire così un possibile smembramento della provincia ecclesiastica di Roma a profitto di quella di Ravenna[1].
Come pastore della nuova capitale, l'ultima, dell'impero d'Occidente, Crisologo svolse un'attività intensa e multiforme. Il fervore e la dottrina che caratterizzarono la sua missione pastorale furono testimoniate in modo esemplare attraverso le sue omelie, espressione di una catechesi assidua e instancabile. Fu contemporaneo di molti altri importanti vescovi della regione (san Mercuriale di Forlì, san Ruffillo di Forlimpopoli, san Leo di Montefeltro, san Gaudenzio di Rimini e san Geminiano di Modena) e fu, come loro, molto impegnato nella predicazione della vera fede contro l'arianesimo.
Grande fu il suo impegno, in sintonia con una personalità devota e sensibile come Galla Placidia, nell'ispirare e promuovere direttamente la costruzione di edifici di culto come la chiesa di san Giovanni Evangelista e il battistero di san Pietro in Classe. Alla morte del nostro Ravenna, pochi decenni prima un borgo paludoso, poteva competere per basiliche, cappelle, palazzi e monasteri con la capitale dell'impero d'Oriente[2].
Nel 448 Crisologo ricevette con onore nella sua sede san Germano, vescovo di Auxerre, venuto a intercedere una grazia presso la corte, ma dove vi trovò anche la morte. A lui, come vescovo della residenza imperiale d'Occidente, fece ricorso, con altri prelati, Teodoreto, vescovo di Ciro, uno dei più noti rappresentanti della scuola antiochena, l'ultimo dei grandi scrittori della chiesa greca, scontento del Concilio di Efeso tenutosi nel 431 perché, sotto la presidenza di san Cirillo di Alessandria, aveva condannato Nestorio, patriarca di Costantinopoli e suo compagno alla scuola di Teodoro di Mopsuestia. Egli insegnava che il Figlio di Dio abita nell'umanità assunta come in un tempio, costituenti una cosa sola moralmente e accidentalmente, così che non era lecito attribuire all'uno le proprietà dell'altro e Maria Santissima era non propriamente Madre di Dio, ma solo madre di Cristo uomo. Nel 449 anche Eutiche, archimandrita bizantino, aveva fatto ricorso al vescovo di Ravenna e a Papa san Leone Magno perché dal sinodo di Costantinopoli del 448 era stato condannato come eretico a motivo della confusione che faceva in Cristo delle due nature, donde il monofisismo. Il santo gli rispose dopo il mese di giugno 449 dicendogli che egli ricusava si prendere partito, senza conoscere gli argomenti che gli venivano opposti e che il definitivo giudizio della questione appartenente al papa di Roma
« | ... perché il beato Pietro, che sulla sua propria sede vive e presiede, fornisce a coloro che la cercano la verità in materia di fede [1]. » |
Il santo vescovo morì il 30 luglio tra il 451 e il 458, quando era già vescovo di Ravenna Neone, sotto il cui episcopato venne decorato con splendidi mosaici il battistero dell'antica basilica fatta costruire all'inizio del V secolo dal vescovo Ursus. Agnello asserisce che il santo morì a Imola e che fu seppellito nella basilica suburbana di san Cassiano. Egli è il primo che da al nostro vescovo il nome di Crisologo, parola greca che significa dalle parole d'oro [1].
Opere
Felice, vescovo di Ravenna dal 707 al 717, compilò una raccolta delle sue omelie, per un totale di centosettantasei; alcune di esse sono delle interpolazioni. Altre omelie scritte da Pietro sono invece incluse in altre raccolte sotto nomi diversi; in gran parte esse sono spiegazioni brevi e concise dei testi biblici. Pietro Crisologo spiegò in maniera molto efficace il mistero dell'Incarnazione, le eresie di Ario e di Eutiche, il Credo apostolico; ha inoltre dedicato una serie di omelie alla Vergine Maria e a san Giovanni Battista.
Edizioni a stampa
Dopo l'invenzione della stampa, le sue opere furono dapprima edite da Agapito Vicentino[3] e, successivamente, da D. Mita[4] e S. Paoli[5]. Quest'ultima opera fu ristampata nella Patrologia latina, tomo LII. In seguito Fr. Liverani[6] editò nove nuove omelie e pubblicò da manoscritti trovati nelle biblioteche italiane varie altre prediche.
Molte omelie furono tradotte in tedesco da M. Held[7].
Alcuni frasi famose
« | Il digiuno è l'anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno, perciò chi prega digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica » | |
(Sermo 43: PL 52, 320. 332)
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« | La mano del povero è il gazofilacio di Cristo, poiché tutto ciò che il povero riceve è Cristo che lo riceve » | |
(Sermo VIII, 4)
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Predecessore: | Arcivescovo metropolita di Ravenna-Cervia | Successore: | |
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Sant'Orso | 433 - 450 | Sant'Esuperanzio |
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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