San Melitone di Sardi
San Melitone di Sardi Vescovo · Martire | |
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Santo | |
Padre della Chiesa | |
Sinagoga di Sardi (da:Cattolici Romani) | |
Morte | Sardi 190 |
Venerato da | Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa |
Ricorrenza | 1º aprile |
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San Melitone di Sardi († Sardi, 190) è stato un martire e vescovo di nazionalità incerta della città di Sardi, Padre della Chiesa e apologeta del II secolo, in Lidia (Asia Minore)[1].
È uno dei più noti apologeti greci dell'epoca, che sostenne polemiche e controversie con il mondo pagano. Figura tra i primi autori assieme a San Giustino a rimproverare al popolo giudeo l'uccisione di Gesù, anche se Melitone non usò l'esplicito termine di popolo deicida, marca una tappa importante nella storia dell'antigiudaismo cristiano.
Nella sua Omelia di Pasqua è uno dei primi predicatori a formulare la teologia della sostituzione. Per Melitone, la Pasqua ebraica non ha più senso dopo la venuta del Cristo e per lui l'Antico Testamento non è che un prologo, una prefigurazione della cristianità. In altre parole la Chiesa cristiana sostituisce in tutto e per tutto il giudaismo. L'accusa agli Ebrei di aver ucciso Gesù (che verrà però definitivamente rifiutata del Concilio di Trento) è, secondo lui, la causa della distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio e della successiva diaspora del popolo ebreo.
Riferimenti biografici
Si ritiene che Melitone provenisse da una comunità quartodecimana di cristiani di origine giudaica che continuarono a celebrare la Pasqua secondo il calendario giudaico[2].
Fu il primo Padre della Chiesa a recarsi in pellegrinaggio sui luoghi della vita terrena di Gesù di Nazaret, per compiere ricerche e verifiche sui testi biblici[3]. Difese la natura umana di Cristo e si oppose alle idee monofisite. Una tradizione vuole che Melitone si sia autoevirato.
Opere e dottrina
La sua opera letteraria, della quale sono state trasmesse notizie grazie agli scritti di Eusebio di Cesarea e di San Girolamo, fu per molto tempo conosciuta solo per frammenti, completati oggi da papiri e opere tradotte in latino, siriaco e copto.
Nella prefazione di una di queste opere trasmesseci da Eusebio, Estratti dalla Legge e dai Profeti[4] vennero menzionate per la prima volta nella letteratura cristiana i libri dell' Antico Testamento e la prima loro enumerazione conosciuta[5], nella quale non figurano il Libro di Ester e il Libro di Neemia.
Gli furono falsamete attribuite molte opere tra cui il Transitus Mariæ, opera del VI-VII secolo detta anche Pseudo-Melitone. Questa opera conobbe una grande diffusione in Occidente e costituì il testo di riferimento per il racconto della Dormitio e dell'Assunzione di Maria[6].
L'Apologia
Questa opera fu indirizzata all'imperatore romano Marco Aurelio ed è conosciuta grazie a tre frammenti citati da Eusebio di Cesarea: nei primi due, Melitone si lamentò delle vessazioni e delle spogliazioni inflitte ai cristiani di Asia, probabilmente dovute all'irrigidimento delle autorità dopo la rivolta di Avidus Cassius contro l'imperatore nel 175, denunciato come ingiusto[7]. Nel terzo frammento, l'autore costruì, con una audace dimostrazione ideologica, una sincronizzazione degli eventi riguardanti il Cristianesimo con quelli dell'Impero Romano, per sottolinearne le concomitanze.
Melitone affermò che gli interessi dell'Impero e del cristianesimo erano convergenti, in quella che può essere letta come una prima teologia dell'impero cristiano: i soli imperatori che perseguitarono i cristiani nel I secolo furono Caligola e Nerone che erano riconosciuti come malvagi dagli stessi Romani, e i predecessori di Marco Aurelio ne avevano stigmatizzato la delazione[8].
Melitone pensava che l'impero stesse conoscendo un vero rilassamento religioso; confrontò il formalismo religioso dei culti politeisti e della religione ufficiale con la fede profonda, il comportamento esemplare e le esigenze morali dei cristiani del suo tempo: si contrappose così anche allo gnosticismo. Riteneva che l'impero non sarebbe durato se i suoi cittadini avessero perduto la fede e se la loro morale non fosse solo ridotta a uno stile di vita abituale o a filosofie naturali come quelle degli stoici. L'impero e i cristiani si dovevano dunque alleare, fornendo da parte dell'impero il potere politico, l'amministrazione e la sicurezza, mentre il cristianesimo avrebbe conferito una filosofia e una rinascita morale con l'aiuto di Dio.
Lo scritto non ebbe conseguenze immediate su Roma ma prefigurò quello che poi si sviluppò con Costantino il Grande e le sue proposte servirono da fondamento per la teologia dell'impero cristiano di Lattanzio e di Eusebio di Cesarea nel IV secolo.
L'Omelia di Pasqua
Questo testo comunemente attribuito a Melitone[9] risulta essere per l'epoca molto aggressivo nei confronti dei Giudei.
In una violenta invettiva l'autore attaccò il giudaismo: la Pasqua ebraica non aveva più senso dopo la venuta del Cristo verso il quale Israele era accusato di ingratitudine e di essere responsabile di un delitto tremendo. "Dio è messo a morte, il Re dei Giudei è condannato dalla mano destra di Israele"[10], crimine da cui discese la distruzione d' Israele[11] con una argomentazione che si sarebbe prolungata nei tempi successivi in una certa tradizione cristiana della punizione meritata e della colpa del popolo ebreo.
L'influenza di questo testo era presente negli Improperia (rimproveri nei confronti degli Ebrei) ancora presenti fino a poco tempo fa nella liturgia cattolica del Venerdì Santo[12].
L'origine di queste argomentazioni anti ebraiche aveva fondamento nella concorrenza, molto forte in Asia Minore al tempo di Melitone, tra le comunità giudaiche e cristiane il cui reciproco proselitismo era in competizione per raggiungere le popolazioni pagane, attratte dalle pratiche e dalle credenze religiose del giudaismo[13]: così la potente comunità giudeo farisaica di Sardi era vista come concorrente nella corsa al recupero dell'eredità giudaica che ognuno rivendicava per sé (il cristianesimo nascente reclamava per sé la continuità con il vero Israele e l'autentica comprensione della Bibbia[14].
Secondo altri invece l'antigiudaismo di Melitone proveniva dal antimarcionismo[15]: lo storico Simon Claude Mimouni vede in questo testo un punto di completo distacco dalle comunità farisaiche iniziato quasi cento anni prima[16].
Non ci sono giunti che scarsi frammenti, alcuni in lingua siriaca, altri in greco, tra cui il più cospicuo è quello di un'omelia sulla Passione, scoperto in un papiro del IV secolo. L'ultimo dato storico che possediamo è che Melitone, continuando la linea di Policarpo, difendeva la posizione quartodecimana sulla Pasqua. Dei suoi scritti si sono conservati un'omelia sulla Pasqua e vari frammenti di altre opere.
Notevole il suo uso tipologico della Scrittura. Il cristiano sa che Cristo è il compimento di tutta la Scrittura, di tutta la rivelazione; Egli non annulla l'Antico Testamento, ma ne è la sua chiave di lettura più vera. Anche Melitone, come tutti gli autori cristiani, specie del primo periodo, ha scandagliato l' Antico Testamento alla ricerca dei tipi di Cristo, cioè di quelle figure, di quegli episodi che, letti dopo la venuta del Signore, si sono rivelati nella loro identità di prefigurazione, di anticipo non compiuto che si illumina di luce nuova dinanzi alla storia di Cristo.
Edizioni delle opere di Melitone
- Clavis Patrum Graecorum, 1092-1098
- (FR) Othman Perler (a cura di), Méliton de Sardes. Sur la Pâque et fragments, collana Sources chrétiennes, Cerf, nº123, 1966 [1]
- (EN) S.G. Hall (a cura di), Melito of Sardis. On Pascha and fragments, Oxford University Press, 1979
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Fonti | |
Bibliografia | |
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Collegamenti esterni | |
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