Sant'Aristide Marciano
Sant'Aristide Marciano Laico | |
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Santo | |
Padre della Chiesa | |
Icona del santo | |
Morte | II secolo |
Venerato da | Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa |
Ricorrenza | 31 agosto |
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Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 31 agosto, n. 2:
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Sant'Aristide Marciano († II secolo) è stato un filosofo greco, Padre apologeta del II secolo.
Vita
Vissuto ad Atene intorno al 140, Aristide era un filosofo molto ammirato; la lettura delle Sacre Scritture lo portò al Cristianesimo, nel quale continuò a professare la filosofia. Aristide era ben noto ad Eusebio e anche a Girolamo, che lo menziona nel De Viris Illustribus 20 e nell'Ep 70, dove scrive:
« | Aristides philosophus, vir eloquentissimus, eidem principi (Hadriano) Apologeticum pro Christianis obtulit, contextum philosophorum sententiis, quem imitatus postea Justinus, et ipse philosophus » |
La Chiesa cattolica ricorda Sant'Aristide il 31 agosto. L'apologeta è annoverato inoltre tra i martiri: si veda il Martyrologium Vetus Romanum di Adone in Patrologia Latina, CXXIII, 344, 374
« | Athenis Dionysii Areopagitae sub Hadriano diversis tormen-tis passi, ut Aristides testis est in opere quod de Christiana religione composuit; hoc opus apud Athénien ses inter antiquorum memorias clarissimum tenetur » |
L'opera: l'Apologia
Aristide di Atene scrisse una Apologia, intessuta di dottrine filosofiche, indirizzata all'imperatore Adriano, come risulta da Eusebio e dalla versione armena dell'Apologia. Questo è il più antico scritto apologetico cristiano che ci sia pervenuto. L'Apologia di Aristide ebbe una singolare vicenda. Fu conosciuta da Eusebio e da Girolamo e fu ricordata da quegli scrittori che dipesero da tali fonti. Nel 1878 i Mechitaristi di Venezia scoprirono un frammento armeno dell'Apologia, seguiti poi nel ritrovamento dello stesso testo, sempre in armeno (V secolo), dal Conybeare e dall'Eemin. Una scoperta più fortunata toccò a J. Rendell Harris che nel 1889 rinvenne nella Biblioteca del monastero di Santa Caterina del Sinai il Cod. Syr. 16 (VII secolo) contenente la traduzione siriaca dell'Apologia (V secolo). In base a questo documento, J. A. Robinson si accorse della straordinaria somiglianza con una parte del romanzo greco di Barlaam e Ioasafat, attribuito a san Giovanni Damasceno, scoprendo come quest'ultimo utilizzava l'Apologia sotto forma di discorso pronunciato dall'indovino Nachor. Infine nel 1922 e nel 1923 furono scoperti frammenti greci su papiri, notevoli per la conoscenza del testo primitivo dell'opera (Grenfell, Hunt, Milne).
Scrive Costantino Vona in Bibliotheca Sanctorum, I:
« | L'Apologia è stata divisa in 17 brevi capitoli. Dopo un proemio sulla conoscenza, esistenza, natura ed attributi divini (cap. 1), vi è l'esposizione dell'origine delle quattro principali religioni (cap. 2) che sono trattate nei capitoli seguenti: la religione dei barbari (caldei, secondo il testo greco) capp. 3-7; quella dei greci (ed egiziani), capp. 8-12 (13); quella dei giudei, cap. 14, e quella dei cristiani, capp. 15-17. In realtà, la trattazione è l'esposizione del contrasto che vi è tra la religione dei greci e la religione dei cristiani; e quindi si comprende facilmente l'intonazione morale che viene data all'opera » |
Secondo Aristide, i barbari adorano gli elementi di cui si compone la natura visibile (cielo, terra, acqua, fuoco, uomo) e, quindi, si rivolgono alle opere di Dio e non a Dio stesso. I greci attribuiscono agli dèi comportamenti simili a quelli degli uomini, con le loro debolezze e le loro colpe. I giudei adorano il vero Dio, ma il loro culto apprezza molto più l'esteriorità che la spiritualità. Soltanto il cristianesimo afferma l'idea e l'esistenza di Dio tramite la vita pura e l'armonia con il prossimo.
È scritto nell'Apologia:
« | (I cristiani) non adorano dei stranieri; sono dolci, buoni, pudichi, sinceri, si amano fra loro; non disprezzano la vedova; salvano l'orfano; colui che possiede dà, senza mormorare, a colui che non possiede. Allorché vedono dei forestieri, li fanno entrare in casa e ne gioiscono, riconoscendo in essi dei veri fratelli, poiché così chiamano non quelli che lo sono secondo la carne, ma coloro che lo sono secondo l'anima (...). Osservano esattamente i comandamenti di Dio, vivendo santamente e giustamente, così come il Signore Iddio ha loro prescritto; gli rendono grazie ogni mattina e ogni sera, per ogni nutrimento o bevanda e ogni altro bene (...). Queste sono, o imperatore, le loro leggi. I beni che devono ricevere da Dio, glieli domandano, e così attraversano questo mondo fino alla fine dei tempi: poiché Dio ha assoggettato tutto ad essi. Sono dunque riconoscenti verso di lui, perché per loro è stato fatto l'universo intero e la creazione. Di certo questa gente ha trovato la verità » |
Carlotta Alpigiano, curatrice della edizione italiana dalle versioni greca e siriaca (Nardini ed., 1988) fa notare come Aristide
« | ...si rivela nell' Apologia un pagano convertito che, attraverso un'esperienza di ricerca e forse una momentanea adesione al giudaismo, che egli giudica tutto sommato con favore, ha trovato nel cristianesimo la realizzazione e il compimento dell'idea di Dio a cui egli era giunto per vie razionali e ne ha accettato anche la rivelazione. Attraverso il ragionamento svolto nell'Apologia Aristide presenta e propone ai pagani il suo stesso cammino di conversione, offrendo loro la possibilità di ottenere la salvezza e contemporaneamente invitandoli a desistere dal calunniare i cristiani. (...) Nei cc. 15-17 presenta un lungo elenco di virtù dei cristiani: essi sono il "popolo nuovo", la "stirpe beata", dalla cui bocca escono "cose divine" e la cui dottrina è "la porta della luce" che permette di giungere alla salvezza nel giudizio finale » |
Bibliografia | |
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