Basilica dei Santi Cosma e Damiano (Roma)
Basilica dei Santi Cosma e Damiano | |
Roma, Basilica dei Santi Cosma e Damiano | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via dei Fori Imperiali 1 00186 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 6990808 |
Posta elettronica | rettore@francescanitor.org |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano), Terzo Ordine Regolare di San Francesco (T.O.R.) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Santi Cosma e Damiano |
Sigla Ordine qualificante | T.O.R. |
Sigla Ordine reggente | T.O.R. |
Fondatore | papa Felice IV |
Data fondazione | VI secolo |
Architetti |
Orazio Torriani (progetto di ristrutturazione) Luigi Arrigucci (esecuzione della ristrutturazione) Gaetano Rapisardi (nuovo ingresso) |
Stile architettonico | paleocristiano, barocco |
Inizio della costruzione | VI secolo |
Completamento | 1632 |
Strutture preesistenti | Biblioteca del Tempio della Pace, Tempio di Romolo |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
Denominazione principale UNESCO | |
Pericolo | Bene non in pericolo |
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La Basilica dei Santi Cosma e Damiano è una chiesa di Roma, situata nel centro storico della città, lungo la celebre via dei Fori Imperiali, nel rione Campitelli.
Storia
Dalle origini al Medioevo
La basilica fu costruita nel VI secolo da papa Felice IV (526-530) che adattò al culto cristiano due edifici, ricevuti in dono nel 526 da Teodorico il Grande (454-526), re degli Ostrogoti e da sua figlia Amalasunta (495 ca.-535), affinché vi costruisse una chiesa: la biblioteca del Tempio della Pace (I secolo) e la rotonda massenziana comunemente nota come Tempio di Romolo, ma oggi identificata in modo definitivo dall'archeologo Filippo Coarelli (n. 1936) come il Tempio di Giove Statore.
La chiesa divenne, con Santa Maria Antiqua, il primo luogo di culto cristiano nell'area dei Fori; poiché non aveva una funzione parrocchiale, divenne un vero e proprio santuario dove i fedeli andavano a invocare la guarigione ai due santi medici e taumaturghi Cosma e Damiano.
L'edificio sacro fu ampliato nel 695, sotto Sergio I e nel 772, durante il pontificato di Adriano I, per svolgere sempre più la funzione di centro di accoglienza per i poveri e per i pellegrini. Inoltre, nel 772 divenne diaconia cardinalizia e collegiata e le furono assegnate proprietà fondiarie per provvedere alle sue funzioni.
L'interno della chiesa non subì, nel corso del Medioevo, grandi trasformazioni; probabilmente già al tempo di Felice IV l'ambiente si presentava come un'aula absidata, richiedendo così un intervento minimo per essere trasformata in edificio sacro.
Nel XII secolo fu costruito, tra la terza e la quarta finestra, un muro trasversale sostenuto da colonne, probabilmente per assicurare la statica dell'edificio. Per il resto, l'interno della basilica rimase sostanzialmente immutato fino al XVI secolo.
Dal Cinquecento a oggi
Nel 1512 la chiesa venne affidata dal cardinale Alessandro Farnese (futuro papa Paolo III) al Terzo Ordine Regolare di San Francesco (T.O.R.), che tuttora la officia.
Tra il 1597 e il 1602 si ebbe il primo rilevante intervento sull'edificio, reso necessario dal crollo di parti dei pilastri, che comportò tuttavia l'irrimediabile perdita di parte dei mosaici dell'arco absidale.
Tra il 1626 e il 1632, per volontà di papa Urbano VIII, la basilica venne completamente ristrutturata. A questi lavori, che furono progettati da Orazio Torriani e diretti da Luigi Arrigucci, si deve l'aspetto attuale della chiesa. Durante il radicale rifacimento, che si era reso necessario a causa dell'interramento del Foro provocato dalle frequenti inondazioni del Tevere, fu deciso di innalzare il livello della chiesa di circa sette metri, lasciando però praticabile la parte inferiore; furono sopraelevati di cm. 90 anche i pavimenti della chiesa inferiore e della rotonda, la cui antica porta bronzea venne innalzata e spostata a sinistra. Il rialzamento del piano di calpestio modificò inevitabilmente sia la spazialità dell'aula liturgica, sia la visione dei mosaici absidali, che subirono un'ulteriore mortificazione con l'inserimento dell'altare maggiore.
Nel 1873 la chiesa fu espropriata e incamerata dal demanio[1]del Regno d'Italia, successivamente passò in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).
Nel 1947 l'accesso originario che, avveniva dall'antica "Via Sacra", attraverso lo splendido portale del Tempio di Romolo, venne chiuso e sostituito da un nuovo ingresso, progettato da Gaetano Rapisardi (1893-1988), con un arco di travertino su via dei Fori Imperiali. Contemporaneamente lo stesso Tempio di Romolo fu ripristinato nello stato di epoca romana.
La basilica attualmente è luogo sussidiario di culto della Parrocchia di San Marco Evangelista al Campidoglio.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santi Cosma e Damiano, istituito nell'VIII secolo: l'attuale titolare è il cardinale Mario Grech.
Descrizione
Esterno
Originariamente l'accesso, come ricordato, avveniva dalla "Via Sacra", attraverso il portale del Tempio di Romolo: una vetrata, situata all'interno della chiesa, permette tuttora di ammirare la rotonda, posta all'interno della porta bronzea, che aveva funzione di atrio. L'ingresso attuale, invece, è posto su un lato della chiesa, su via dei Fori Imperiali, attraverso un atrio sul quale si affaccia un tratto della parete in blocchi in opera quadrata dell'antica Biblioteca Pacis.
Accanto alla nuova entrata del complesso sono posti due ambienti, con la pavimentazione marmorea originale del Tempio della Pace e, nella parete di fondo a laterizi, si notano i fori delle grappe cui erano appese le 150 lastre che componevano la celebre Forma Urbis.[2]
Da qui si accede alla chiesa attraverso un lungo corridoio, già parte del chiostro francescano edificato da Luigi Arrigucci e decorato da dipinti murali, ad affresco, di Francesco Allegrini raffiguranti:
- Storie della vita di san Francesco d'Assisi e del beato Lucchese (prima metà del XVII secolo).
Il chiostro, a pianta rettangolare con sei arcate nei lati lunghi e tre nei lati corti, tutte rette da pilastri, presenta al centro una caratteristica fontana a tre invasi, costituita da una vasca di forma quadrata, poco elevata da terra e con gli angoli arrotondati, al centro della quale sorge un sostegno cilindrico, parzialmente scanalato, che sostiene due vasche in marmo concentriche circolari.
Interno
L'interno della chiesa è a navata unica con tre cappelle per lato, più una minore di fronte all'attuale ingresso e uno splendido soffitto a cassettoni, dipinto e dorato, che presenta al centro lo stemma di Urbano VIII e un dipinto raffigurante:
- Gloria dei santi Cosma e Damiano (163), olio su tela, di Marco Tullio Montagna.
Lato sinistro
Lungo il lato sinistro si aprono tre interessanti cappelle:
- nella prima cappella, dedicata a santa Barbara, è presente una ricca decorazione a stucchi.
- nella seconda cappella, dedicata a sant'Alessandro, si conserva:
- alle pareti laterali, Martirio di Sant'Alessandro (1655 ca.), affreschi di Allegrini Francesco.
- nella terza cappella, dedicata a santa Rosa e santa Rosalia, si nota:
- all'altare, pala con Santa Rosa da Lima e santa Rosalia (inizio XVI secolo), olio su tela di ambito romano.
Abside e presbietrio
La navata termina con un'ampia abside semicircolare, risalente al tempo di papa Felice IV, che oggi appare sproporzionata per l'innalzamento del pavimento, e con l'arco trionfale tagliato ai lati che ha causato la perdita di alcune figure della scena. L'abside presenta una splendida decorazione musiva raffigurante:
- sulla fronte dell'arco trionfale, Apparizione dell'Agnello di Dio (fine del VII secolo), mosaico di maestranze romane:[3] l'opera presenta la prima visione dell'Apocalisse: al centro è raffigurato l'Agnello di Dio sul trono, con il rotulo dei sette sigilli, mentre ai lati si dispiegano i sette candelabri fiammeggianti e i quattro angeli; dei simboli degli evangelisti si sono conservati purtroppo solo san Matteo (l'angelo, a destra) e san Giovanni (l'aquila, a sinistra), così come dei Ventiquattro Vegliardi che offrono corone, soltanto sei sono sopravvissuti alla trasformazione seicentesca della chiesa. In questo mosaico i simboli apocalittici sono immersi nel fondo oro e presentano un carattere di astrazione simbolica molto evidente. L'esecuzione di questo mosaico risale alla campagna di restauro promossa da papa Sergio I nel 695. La parte centrale della decorazione musiva ha subito estese reintegrazioni nella campagna di restauro del 1936-1937.
- nel catino absidale, Gesù Cristo discende sulla terra nel momento della Parusia tra santi e papa Felice IV (526-530), mosaico di maestranze romane:[4] nell'opera, divisa in tre registri, si vedono:
- in alto, Gesù Cristo, su di un tappeto di nuvole rosa e celesti, con a sinistra e a destra san Paolo e san Pietro, che presentano rispettivamente i santi Cosma e Damiano accompagnati da papa Felice IV (con in mano il modello della chiesa) e da san Teodoro di Amasea. Questo mosaico è considerato un testo figurativo fondamentale in quanto è ancora impregnato dello stile monumentale dell'arte tardoromana, il che può riscontrarsi nelle figure solide e voluminose dei santi, o nel carattere quasi di ritratto di san Cosma sulla destra, come nella presenza di un superbo fondo di colore blu cobalto, al contrario dell'astrazione figurativa e dell'ultraterreno fondo oro dei mosaici bizantini di poco successivi. Cosma e Damiano, medici militari martirizzati, saranno oggetto di una particolare devozione nel mondo bizantino, invocati per la guarigione delle malattie. Il mosaico ha subito notevoli rifacimenti in occasione dei restauri secenteschi che ne ritagliarono i margini e, infatti, la figura del papa Felice IV risulta del tutto rifatta. Inoltre, l'innalzamento di quota del pavimento, come già detto, ha dato al mosaico un aspetto incombente che in precedenza non aveva.
- al centro, Agnello di Dio con dodici pecore convergenti: le due teorie di sei ovini vanno probabilmente identificati con gli Apostoli.
- in basso, Iscrizione dedicatoria, su due righe, nelle quali si legge:
(LA) | (IT) | ||||
« | AULA DEI CLARIS RADIAT SPECIOSA METALLIS IN QUA PLUS FIDEI LUX PRETIOSA MICAT MARTYRIBUS MEDICIS POPULO SPES CERTA SALUTIS VENIT ET EX SACRO CREVIT HONORE LOCO. OBTULIT HOC DOMINO FELIX ANTHISTILE DIGNUM MUNUS, UT AETHEREA VIVAT IN ARCE POLI » | « | La stanza del Signore scintilla tutta bella di mosaici, ma più ancora risplende in essa la luce preziosa della fede. Venne dai martiri speranza certa di salute per il popolo e da tale onore divino ne crebbe il pio luogo. Questa degna offerta fece l'Antistite Felice al Signore, affinché viva nella celeste sfera » |
Al centro del presbiterio, è situato l'altare maggiore, eseguito da Domenico Castelli nel 1637 riutilizzando per la mostra le colonne marmoree di quello antico, entro il quale si conserva un dipinto raffigurante:
- Madonna con Gesù Bambino in trono, detta della Salute o di San Gregorio[5] (ultimo quarto del XIII secolo), tavola di ambito romano:[6] l'opera non è esente da influenze toscane coeve. Il dipinto rappresentava in origine la Maria Vergine a figura intera, seduta e con il Bambino benedicente in braccio; la tavola ha però subito la decurtazione della parte inferiore, forse a causa di diffuse cadute di colore nella zona in basso.
Lato destro
Lungo il lato destro si aprono tre interessanti cappelle, più una minore di fronte all'attuale ingresso:
- nella prima cappella, dedicata al Santissimo Crocifisso, è collocato:
- Gesù Cristo crocifisso (XIII secolo), affresco di ambito romano: l'opera si tratta in staccata dalla chiesa inferiore, interamente ridipinto a olio nel XVII secolo, interessante per l'iconografia di origine bizantina che ritrae il Cristo vestito di un lungo colobio.
- nella seconda cappella, dedicata a San Giovanni evangelista, si conservano tre interessanti dipinti eseguiti, a olio su tela, nel 1638 da Giovanni Baglione, raffiguranti:
- all'altare, San Giovanni evangelista resuscita un morto.[7]
- alla parete sinistra, Presentazione di Gesù al Tempio;[8]
- alla parete destra, Adorazione dei Magi.[9]
- nella terza cappella, dedicata a Sant'Antonio da Padova, si notano:
- all'altare, Sant'Antonio da Padova con Gesù Bambino (prima metà del XVII secolo), olio su tela di Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino.
- Deposizione di Gesù Cristo dalla croce (secondo quarto del XVII secolo), affresco di Francesco Allegrini.[10]
- nella quarta cappella, dedicata a san Francesco d'Assisi, è visibile:
- all'altare, San Francesco d'Assisi in preghiera (fine del XVI secolo), olio su tela della scuola di Girolamo Muziano.[11]
Sacrestia
Nella sacrestia sono conservati:
- Ciborio del cardinale Guido Pisani (XIII secolo), opera cosmatesca con decorazione a mosaico;
- Reliquiario di san Matteo (XI secolo), in argento.
Vestibolo
Nel vestibolo è collocata una splendida e interessante opera:
- Presepio napoletano (XVIII secolo), donato alla chiesa nel 1939 da Cataldo Perricelli: questo è uno dei più preziosi e completi esemplari del tipico presepe partenopeo, fedele riproduzione degli usi e costumi del popolo. Nel 1988, alcuni suoi elementi vennero derubati, per questo nel 1994 l'opera fu restaurata e integrata da Giulio Strauss, ed è tornata a essere esposta.
Chiesa inferiore
La chiesa inferiore, cui si accede dal chiostro, conserva tracce del pavimento precosmatesco della zona absidale, forse dell'VIII secolo e dell'altare in pavonazzetto risalente al VI-VII secolo.
Tempio di Romolo
Nell'ambiente sottostante la Rotonda (accessibile dal Foro Romano) comunemente nota come Tempio di Romolo, ma oggi identificata in modo definitivo dall'archeologo Filippo Coarelli come il Tempio di Giove Statore, sono conservati alcuni dipinti murali molto degradati che vengono fatti risalire all'epoca di papa Urbano IV (1261-1264); attribuiti a un anonimo artista romano, gli affreschi costituiscono un momento intermedio tra la grande pittura di stile bizantino e le nuove tendenze che si esprimeranno alla fine del XIII secolo con Pietro Cavallini (1240 ca. - 1330 ca.) e Jacopo Torriti (metà XIII secolo - inizio XIV secolo). Essi rappresentano:
- Cena in casa di Simone il fariseo (prima metà del XIII secolo):[12] dell'opera resta soltanto la figura di santa Maria Maddalena che lava i piedi a Gesù Cristo;
- Pie donne al sepolcro, Simboli degli evangelisti (prima metà del XIII secolo);[13]
- Scena della vita di Gesù Cristo (prima metà del XIII secolo);[14]
- Madonna con Gesù Bambino tra i santi Cosma e Damiano (prima metà del XIII secolo);[15]
- Madonna con Gesù Bambino in trono tra i santi Cosma e Damiano (ultimo quarto del XIII secolo).[16]
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