Exultet

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Codice miniato con Exultet I (1030 ca.), pergamena; Bari, Museo Diocesano

L'Exultet o Preconio Pasquale è la solenne lode del cero pasquale che si canta nella Veglia Pasquale. Terza persona del presente congiuntivo del verbo latino exultare. Si designano con questo nome anche alcuni manoscritti liturgici confezionati in lunghi rotoli di pergamena, diffusi soprattutto nell'Italia meridionale nei secoli XI-XIII, dalla prima parola dell'inno liturgico omonimo.

Storia

Abbiamo notizie di una "lode al cero pasquale" già in Sant'Agostino[1]; Sant'Ambrogio rimprovera il diacono Presidio di Piacenza per l'eccessiva descrizione della natura, in particolare delle api, in tale testo[2]. Le testimonianze più antiche del testo si trovano in Ennodio di Pavia (opuscoli 9 e 10) e nel Sacramentario Gelasiano (80).

In Roma non c'è uso né della benedizione del cero, né del cero stesso, né dell'Exultet prima dell'VIII secolo[3]; ai diaconi delle Chiese Suburbicarie fu data licenza di benedire il cero dal VI secolo.

Il testo attuale dell'Exultet, cantato dal diacono all'ambone, si trova per la prima volta nel Sacramentario di Bobbio (VII secolo) sotto il titolo Benedictio cerei S. Augustini episcopi (quam) cum adhuc diaconus esset, cecinit ("Benedizione del cero di Sant'Agostino Vescovo (che) il diacono canta quando arriva lì"), e poi nel Missale Gallicanum vetus[4], dove entrò nel supplemento del Sacramentario Adriano e così nella liturgia romana.

Nell'antichità alcuni passi dell'Exultet furono oggetto di acuta discussione: tra essi la felix culpa ("felice colpa") e le api come simbolo della verginità e maternità di Maria; per questo essi mancano o sono cancellati in molti manoscritti.

Manoscritti medievali miniati

Sono illustrati da miniature in diretto commento alla cerimonia, sistemate in senso inverso alla scrittura, per permettere al celebrante - che svolgeva il rotolo dall'alto del pulpito - di leggere l'inno man mano che il rotolo si svolgeva, e ai fedeli di osservare le illustrazioni nel senso giusto, secondo il loro punto di vista.

Celebri ed ancora perfettamente conservati, tra gli altri, i codici con gli Exultet custoditi presso i seguenti musei:

Il testo attuale secondo il Rito Romano

(LA) (IT)
« Exsúltet iam angélica turba caelórum:
exsúltent divína mystéria:
et pro tanti Regis victória tuba ínsonet salutáris.

Gáudeat et tellus tantis irradiáta fulgóribus:
et, aetérni Regis splendóre illustráta,
totíus orbis se séntiat amisísse calíginem.

Laetétur et mater Ecclésia,
tanti lúminis adornáta fulgóribus:
et magnis populórum vócibus haec aula resúltet.

(Quaprópter astántes vos, fratres caríssimi,
ad tam miram huius sancti lúminis claritátem,
una mecum, quaeso,
Dei omnipoténtis misericórdiam invocáte.

Ut, qui me non meis méritis intra
Levitárum númerum dignátus est aggregáre,
lúminis sui claritátem infúndens,
cérei huius laudem implére perfíciat).

(V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.)

V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.

V. Grátias agámus Dómino Deo nostro.
R. Dignum et iustum est.

Vere dignum et iustum est,
invisíbilem Deum Patrem omnipoténtem
Filiúmque eius Unigénitum,
Dóminum nostrum Iesum Christum,
toto cordis ac mentis afféctu et vocis ministério personáre.

Qui pro nobis aetérno Patri Adae débitum solvit,
et véteris piáculi cautiónem
pio cruóre detérsit.

Haec sunt enim festa paschália,
in quibus verus ille Agnus occíditur,
cuius sánguine postes fidélium consecrántur.

Haec nox est, in qua primum patres nostros,
fílios Israel edúctos de aegypto,
Mare Rubrum sicco vestígio transíre fecísti.

Haec ígitur nox est,
quae peccatórum ténebras colúmnae illuminatióne purgávit.

Haec nox est, quae hódie per univérsum mundum
in Christo credéntes, a vítiis saeculi
et calígine peccatórum segregátos, reddit grátiae,
sóciat sanctitáti.

Haec nox est, in qua, destrúctis vínculis mortis,
Christus ab ínferis victor ascéndit.

Nihil enim nobis nasci prófuit, nisi rédimi profuísset.

O mira circa nos tuae pietátis dignátio!
O inaestimábilis diléctio caritátis:
ut servum redímeres, Fílium tradidísti!

O certe necessárium Adae peccátum,
quod Christi morte delétum est! O felix culpa,
quae talem ac tantum méruit habére Redemptórem!

O vere beáta nox, quae sola méruit scire tempus et horam,
in qua Christus ab ínferis resurréxit!

Haec nox est, de qua scriptum est:
Et nox sicut dies illuminábitur: et nox illuminátio mea in delíciis meis.

Huius ígitur sanctificátio noctis fugat scélera,
culpas lavat: et reddit innocéntiam lapsis
et maestis laetítiam.

Fugat ódia, concórdiam parat
et curvat impéria.

 
 

In huius ígitur noctis grátia,
súscipe, sancte Pater, laudis huius sacrifícium vespertínum,
quod tibi in hac cérei oblatióne sollémni,
per ministrórum manus de opéribus apum,
sacrosáncta reddit Ecclésia.

Sed iam colúmnae huius praecónia nóvimus,
quam in honórem Dei rútilans
ignis accéndit.
Qui, licet sit divísus in partes,
mutuáti tamen lúminis detriménta non novit.
Alitur enim liquántibus ceris,
quas in substántiam pretiósae huius lámpadis apis mater edúxit.

O vere beáta nox,
in qua terrénis caeléstia, humánis divína iungúntur!

Orámus ergo te, Dómine,
ut céreus iste in honórem tui nóminis consecrátus,
ad noctis huius calíginem destruéndam,
indefíciens persevéret.

Et in odórem suavitátis accéptus,
supérnis lumináribus misceátur.
Flammas eius lúcifer matutínus invéniat:
Ille, inquam, lúcifer, qui nescit occásum:
Christus Fílius tuus, qui, regréssus ab ínferis,
humáno géneri serénus illúxit,
et vivit et regnat in saecula saeculórum. Amen. »

« Esulti il coro degli angeli,
esulti l'assemblea celeste:
un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto.

Gioisca la terra inondata da così grande splendore;
la luce del Re eterno
ha vinto le tenebre del mondo.

Gioisca la madre Chiesa, splendente della gloria del suo Signore,
e questo tempio tutto risuoni
per le acclamazioni del popolo in festa.

(E voi, fratelli carissimi,
qui radunati nella solare chiarezza di questa nuova luce,
invocate con me
la misericordia di Dio onnipotente.

Egli che mi ha chiamato, senza alcun merito,
nel numero dei suoi ministri,
irradi il suo mirabile fulgore,
perché sia piena e perfetta la lode di questo cero.)

(Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.

In alto i nostri cuori.
R. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.
R. È cosa buona e giusta.)

È veramente cosa buona e giusta
esprimere con il canto l'esultanza dello spirito,
e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente,
e al suo unico Figlio,
Gesù Cristo nostro Signore.

Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito di Adamo,
e con il sangue sparso per la nostra salvezza
ha cancellato la condanna della colpa antica.

Questa è la vera Pasqua,
in cui è ucciso il vero Agnello,
che con il suo sangue consacra le case dei fedeli.

Questa è la notte in cui hai liberato i figli di Israele, nostri padri,
dalla schiavitù dell'Egitto,
e li hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso.

Questa è la notte in cui hai vinto le tenebre del peccato
con lo splendore della colonna di fuoco.

Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo
dall'oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo,
li consacra all'amore del Padre
e li unisce nella comunione dei santi.

Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte,
risorge vincitore dal sepolcro.

(Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti.)

O immensità del tuo amore per noi!
O inestimabile segno di bontà:
per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio!

Davvero era necessario il peccato di Adamo,
che è stato distrutto con la morte del Cristo.
Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!

(O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere
il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto dagli inferi.

Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno,
e sarà fonte di luce per la mia delizia.)

Il santo mistero di questa notte sconfigge il male,
lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori,
la gioia agli afflitti.

(Dissipa l'odio, piega la durezza dei potenti,
promuove la concordia e la pace.)

O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra al cielo e l'uomo al suo Creatore!

In questa notte di grazia
accogli, Padre santo, il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.

(Riconosciamo nella colonna dell'Esodo
gli antichi presagi di questo lume pasquale
che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio.
Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore,
ma si accresce nel consumarsi della cera
che l'ape madre ha prodotto
per alimentare questa preziosa lampada.)

 
 

Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero,
offerto in onore del tuo nome
per illuminare l'oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.

Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
questa stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen. »

Il testo secondo il Rito Ambrosiano

L'Exsultet ambrosiano, tuttora in uso nella veglia pasquale ambrosiana[5], è di paternità incerta, e viene ritenuto composto a cavallo tra il V secolo e il VI, sebbene il più antico testimone sia costituito dal Sacramentarium Bergomense, datato alla fine del IX secolo o agli inizi del X[6].

Il testo si apre con un ampio e solenne invitatorio, Exsultet iam angelica turba caelorum ("Esultino i cori degli angeli") concluso dall'Amen dei fedeli: è una convocazione universale alla gioia per celebrare degnamente la Pasqua del Signore, nella quale, in crescendo, tutti gli esseri del cielo e della terra (gli angeli, la terra, la Chiesa, l'assemblea celebrante) sono invitati a unirsi all'esultanza per la vittoria di Cristo, il "più grande dei re".

All'invitatorio fa seguito, introdotto da un dialogo e da un incipit analoghi a quelli che precedono il prefazio, un rendimento di grazie particolarmente sviluppato (Vere dignum et iustum est, "È veramente cosa buona e giusta") diviso in due/tre parti, che si concludono con un nuovo Amen da parte dei fedeli:

La parte terminale del rendimento di grazie, sebbene oggi a seguito della riforma postconciliare non segua più in maniera corrispondente la liturgia della Veglia, ne commenta la struttura celebrativa, le cui quattro parti (riti lucernali, annuncio pasquale, liturgia battesimale, liturgia eucaristica) costituiscono il compimento tipologico di "preannunzi e fatti profetici di vari millenni".

(LA) (IT)
« Exultet iam angelica turba caelorum;
exultent divina mysteria,
et pro tanti regis victoria
tuba intonet salutaris.

Gaudeat se tot tellus irradiata fulgoribus,
et, aeterni regis splendore lustrata,
totius orbis sentiat amisisse caliginem.

Laetetur et mater Ecclesia,
tanti luminis adornata fulgore,
et magnis populorum vocibus haec aula resultet.

Quapropter, astantibus vobis, fratres carissimi,
ad tam miram sancti huius luminis claritatem,
una mecum, quaeso,
Dei omnipotentis misericordiam invocate,
ut qui me non meis meritis
intra levitarum numerum dignatus est aggregare,
luminis sui gratiam infundendo,
cerei huius laudem implere praecipiat.

Praestante Domino nostro Iesu Christo Filio suo,
secum vivente atque regnante Deo,
in unitate Spiritus sancti
per omnia saecula saeculorum.

R. Amen.

Dominus vobiscum.
R. Et cum spiritu tuo.

Sursum corda.
R. Habemus ad Dominum.

Gratias agamus Domino Deo nostro.
R. Dignum et iustum est.

Dignum et iustum est,
vere [vere quia] dignum et iustum est, aequum et salutare
nos tibi semper, hic et ubique, gratias agere,
Domine sancte Pater, omnipotens aeterne Deus.

Qui populorum pascha cunctorum,
non pecudum cruore nec adipe,
sed Unigeniti tui, Domini nostri Iesu Christi,
sanguine corporeque dicasti,
ut, supploso ritu gentis ingratae,
legi gratia succederet,
et una victima, per semetipsam tuae maiestati semel oblata,
mundi totius expiaret offensam.

Hic est Agnus lapideis praefiguratus in tabulis,
non adductus e gregibus,
sed evectus e caelo;
nec pastore indigens, sed Pastor bonus ipse tantummodo;
qui animam suam pro suis posuit ovibus et rursus assumpsit,
ut nobis et humilitatem divina dignatio
et spem resurrectio corporalis ostenderet.

Qui coram tondente se non vocem queruli balatus emisit,
sed evangelico proclamavit oraculo, dicens:
Amodo videbitis Filium hominis sedentem ad dexteram maiestatis.

Ipse nobis et te reconciliat, Pater omnipotens,
et pari tecum maiestate fultus indulget.
Nam, quae patribus in figura contingebant,
nobis in veritate proveniunt.

Ecce iam ignis columna resplendet,
quae plebem Domini beatae noctis tempore
ad salutaria fluenta praecedat,
in quibus persecutor mergitur,
et Christi populus liberatus emergit.

Nam, sancti Spiritus unda conceptus,
per Adam natus ad mortem,
per Christum regignitur ad vitam.

Solvamus igitur voluntarie celebrata ieiunia,
quia pascha nostrum immolatus est Christus.

Nec solum corpore epulemur Agni,
sed etiam inebriemur et sanguine.
Huius enim tantummodo cruor
non creat piaculum bibentibus, sed salutem.
Ipso quoque vescamur et azymo,
quoniam non de solo pane vivit homo,
sed de omni Verbo Dei.

Siquidem hic est panis, qui descendit e caelo,
longe praestantior illo quondam mannae imbre frugifiuo,
quo tunc Israel epulatus interiit.

Hoc vero qui vescitur corpore,
vitae perennis possessor existit.
Ecce vetera transierunt, facta sunt omnia nova.

Nam circumcisionis Mosaicae mucro iam scabruit,
et Iesu Nave acuta lapidum obsolevit asperitas,
Christi vero populus insignitur fronte, non inguine;
lavacro, non vulnere; chrismate, non cruore.

Decet ergo in hoc Domini Salvatoris nostri
vespertinae resurrectionis adventu
caeream nos adolere pinguedinem,
cui suppetit candor in specie, suavitas in odore, splendor in lumine;
quae nec marcescenti liquore defluit,
nec offensam tetri nidoris exhalat.

Quid enim magis accommodum, magisque festivum,
quam Iesseico flori floreis excubemus et tedis?
Praesertim cum et Sapientia de semetipsa cecinerit:
Ego sum flos agri et lilium convallium.

Ceras igitur nec pinus exusta desudat,
nec crebris sauciata bipennibus cedrus illacrimat,
sed est illis arcana de virginitate creatio;
et ipsae transfiguratione nivei candoris albescunt.

Eandem vero papyrum liquida fontis unda producit,
quae instar insontis animae
nullis articulatur sinuata compagibus,
sed, virginali circumsepta materiae,
fit hospitalis ignibus, alumna rivorum.

Decet ergo adventum Sponsi
dulciatis Ecclesiae luminaribus opperiri,
Et largitatem sanctitatis acceptam,
quanta valet devotionis dote pensare, nec sanctas interpolare tenebris excubias,
sed tedam sapienter perpetuis praeparare luminibus,
ne, dum oleum candelis adiungitur,
adventum Domini tardo prosequamur obsequio,
qui certe in ictu oculi, ut coruscus, adveniet.

Igitur in huius diei vespere
cuncta venerabilis sacramenti plenitudo colligitur,
et, quae diversis sunt praefigurata vel gesta temporibus,
huius noctis curriculo devoluta supplentur.

Nam primum hoc vespertinum lumen,
sicut illa dux magorum stella, praecedit.
 
 

Deinde mysticae regenerationis unda subsequitur,
velut, dignante Domino, fluenta Iordanis.

Tertio resurrectionem Christi
vox apostolica sacerdotis adnuntiat.
Tum ad totius mysterii supplementum
Christo vescitur turba fidelium.

Quae summi sacerdotis et apostoli [antistitis] tui Ambrosii
oratione sanctificata vel meritis,
resurrectionis dominicae diem,
Christo in omnibus prosperante, suscipiat.

 
Per bonum et benedictum Filium tuum
Dominum nostrum Iesum Christum,
cum quo beatus vivis et regnas Deus,
in unitate Spiritus sancti
per omnia saecula saeculorum.

R. Amen. »

« Esultino i cori degli angeli,
esulti l'assemblea celeste.
Per la vittoria del più grande dei re,
le trombe squillino e annuncino la salvezza.

Si ridesti di gioia la terra inondata da nuovo fulgore;
le tenebre sono scomparse,
messe in fuga dall'eterno [Signore]] della luce.

Gioisca la Chiesa madre nostra,
irradiata di vivo splendore,
e questo tempio risuoni per le acclamazioni del popolo in festa.

 
 
 
 
 
 
 
 

Ci assista Cristo Gesù, nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna col Padre,
nell'unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.

R. Amen.

Il Signore sia con voi.
R. E con il tuo spirito.

In alto i nostri cuori.
R. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.
R. È cosa buona e giusta.

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre, qui e in ogni luogo,
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

Tu hai consacrato la Pasqua per tutte le genti
senza immolazione di pingui animali,
ma con il corpo e il sangue
di Cristo, tuo Figlio unigenito.
Hai lasciato cadere i riti del popolo antico
e la tua grazia ha superato la legge.
Una vittima sola ha offerto se stessa alla tua grandezza,
espiando una volta per sempre il peccato di tutto il genere umano.

Questa vittima è l'Agnello prefigurato dalla legge antica;
non è scelto dal gregge,
ma inviato dal cielo.
Al pascolo nessuno lo guida, poiché lui stesso è il Pastore.
Con la morte e con la risurrezione alle pecore tutto si è donato
perché l'umiliazione di un Dio ci insegnasse la mitezza di cuore
e la glorificazione di un uomo ci offrisse una grande speranza.

Dinanzi a chi lo tosava non volle belare lamento,
ma con voce profetica disse:
"Tra poco vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra di Dio".

Col suo sacrificio, o Padre, a te riconcilia i tuoi figli
e, nella sua divina potenza, ci reca il tuo stesso perdono.
Tutti i segni delle profezie antiche
oggi per noi si avverano in Cristo.

Ecco: in questa notte beata
la colonna di fuoco risplende
e guida i redenti alle acque che danno salvezza.
Vi si immerge il Maligno e vi affoga,
ma il popolo del Signore salvo e libero ne risale.

Per Adamo siamo nati alla morte;
ora, generati nell'acqua dallo Spirito santo,
per Cristo rinasciamo alla vita.

Sciogliamo il nostro volontario digiuno:
Cristo, nostro agnello pasquale, viene immolato per noi.

Il suo corpo è nutrimento vitale,
il suo sangue è inebriante bevanda;
l'unico sangue che non contamina,
ma dona salvezza immortale a chi lo riceve.
Mangiamo questo pane senza fermento,
memori che non di solo pane vive l'uomo
ma di ogni parola che viene da Dio.

Questo pane disceso dal cielo
vale più assai della manna,
piovuta dall'alto come feconda rugiada.

Essa sfamava Israele, ma non lo strappava alla morte.
Chi invece di questo corpo si ciba, conquista la vita perenne.

Ecco: ogni culto antico tramonta, tutto per noi ridiventa nuovo.
Il coltello del rito mosaico si è smussato.
Il popolo di Cristo non subisce ferita,
ma, segnato dal crisma,
riceve un battesimo santo.

Questa notte dobbiamo attendere in veglia
che il nostro Salvatore risorga.
 
 
 
 

 
 
 
 

 
 
 
 

 
 
 
 
 

 
 
 
 
Teniamo dunque le fiaccole accese come fecero le vergini prudenti;
l'indugio potrebbe attardare l'incontro col Signore che viene.
Certamente verrà e in un batter di ciglio,
come il lampo improvviso che guizza da un estremo all'altro del cielo.

Lo svolgersi di questa veglia santa
tutto abbraccia il mistero della nostra salvezza;
nella rapida corsa di un'unica notte
si avverano preannunzi e fatti profetici di vari millenni.

Come ai magi la stella,
a noi si fa guida nella notte
la grande luce di Cristo risorto,
che il sacerdote con apostolica voce oggi a tutti proclama.

E come l'onda fuggente del Giordano fu consacrata dal Signore immerso,
ecco, per arcano disegno, l'acqua ci fa nascere a vita nuova.

 
 
Infine, perché tutto il mistero si compia,
il popolo dei credenti si nutre di Cristo.

Per le preghiere e i meriti santi di Ambrogio,
sacerdote sommo e vescovo nostro,
la clemenza del Padre celeste
ci introduca nel giorno del Signore risorto.

A lui onore e gloria
 
 
 
 
nei secoli dei secoli.

Amen»

Note
  1. De Civitate Dei, XV, 22.
  2. CSEL, 6, p. 415.
  3. Il Sacramentario Gregoriano non ne riporta la formula.
  4. Ludovico Antonio Muratori, Liturgia Romana vetus, II vol., Venezia 1748, p. 783, 845.
  5. Nel Messale ambrosiano italiano esso compare oggi in una redazione abbreviata.
  6. Giordano Monzio Compagnoni, Il Preconio. Da tale fonte è tratta tutta la documentazione di questa sezione.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni