Utente:Don Paolo Benvenuto/Omosessualità

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1leftarrow.png Voci principali: Sessualità, Sesto comandamento.
Un famiglia: padre, madre e figli. La concezione dell'uomo (antropologia) della Chiesa Cattolica la porta a insegnare che "è solo nella relazione coniugale che l'uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto"[1]
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L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (cfr. Gen 19,1-29 ; Rm 1,24-27 ; 1Cor 6,9-10 ; 1Tim 1,10 ), la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati"[2]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
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La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, non può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento solo al suo orientamento sessuale. Qualsiasi persona che vive sulla faccia della terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita, risorse, talenti e doni propri. La Chiesa offre quel contesto del quale oggi si sente una estrema esigenza per la cura della persona umana, proprio quando rifiuta di considerare la persona puramente come un "eterosessuale" o un "omosessuale" e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna.
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(Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 16)

L'omosessualità è la tendenza a rivolgere l'interesse sessuale verso persone del proprio sesso.

Terminologia

In passato venivano utilizzati come sinonimi di omosessualità termini diversi, che in realtà hanno un significato peculiare[3].

Denotano forme di omosessualità i seguenti termini:

Oggi il termine omosessuale viene spesso sostituito dal termine gay o, nei paesi di lingua anglosassone, queer, che hanno un'accezione legata a stili di vita resi manifesti: la persona gay s'impegna a far accettare nella società il suo stile di vita come pienamente legittimo.

Non denotano invece propriamente forme di omosessualità, ma fenomeni ad essa correlati, i seguenti termini:

  • inversione: l'acquisizione dei caratteri del sesso opposto;
  • neofilia: si riferisce alla necessità caratteriale di instaurare rapporti affettivi sempre nuovi;
  • transessualismo: condizione di persone su cui sono state effettuate operazioni chirurgiche finalizzate al cambio di sesso;
  • travestitismo: tendenza a indossare abiti dell'altro sesso;
  • bisessualità: si ha quando la persona sente inclinazione sessuale verso entrambi i sessi.

La confusione odierna nei confronti dell'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità

Oggi è presente tra i fedeli una certa confusione nei confronti dell'insegnamento della Chiesa riguardo all'omosessualità. Tra le cause di essa va segnalata

« una nuova esegesi della Sacra Scrittura, secondo cui la Bibbia o non avrebbe niente da dire sul problema dell'omosessualità, o addirittura ne darebbe in qualche modo una tacita approvazione, oppure infine offrirebbe prescrizioni morali così culturalmente e storicamente condizionate che non potrebbero più essere applicate alla vita contemporanea. »

Di conseguenza, la visione che nella Chiesa è stata chiara e certa durante tutti e due i primi millenni è oggi criticata, non solo fuori dalla Chiesa ma anche da voci al suo interno. Anzi, è in atto "una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all'interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo. Essi manifestano, anche se non in modo del tutto cosciente, un'ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo.[4]

Nell'antichità classica

Nel mondo greco

In Grecia l'omosessualità femminile è quasi del tutto sconosciuta: se ne hanno notizie solo per il periodo in cui visse Saffo, nel VII-VI secolo a.C.; posteriormente, non essendo socialmente approvata, non se ne parla.

Quella maschile invece conobbe la sua maggiore diffusione ed esaltazione nell'Atene classica. Si trattava solamente del rapporto fra cittadini liberi con la finalità formativa ed educativa; non era ammesso il corteggiamento di un cittadino libero da parte di uno schiavo e nemmeno la prostituzione maschile. L'amore omosessuale, che pure poteva aver la sua manifestazione fisica, era anzitutto spirituale ed intellettuale, ed aveva finalità pedagogiche da parte dell'adulto nei riguardi dell'adolescente. Il ragazzo doveva essere corteggiato con serietà ed impegno, anche con regali, e bisognava mostrargli la sincerità del proprio amore e del proprio coinvolgimento anche intellettuale. Solo gli adolescenti dai dodici ai diciassette anni potevano essere amati, non i ragazzi più piccoli e neppure gli adulti.

Una persona che da adolescente era stata oggetto d'amore, divenuta adulta, se continuava ad avere un ruolo passivo, veniva aspramente criticata.

L'adulto poteva anche essere sposato ed avere moglie e figli ed avere nello stesso tempo il suo pais, il suo fanciullo.

Alla base di questa concezione greca c'era l'idea che il rapporto eterosessuale dava la vita fisica all'individuo, ma solo il rapporto tra un adulto maturo e un ragazzo preparava quest'ultimo alla vita sociale e politica.

Il greco dell'età classica era omosessuale passivo in giovane età, in età adulta invece eterosessuale e nello stesso tempo omosessuale con gli adolescenti.

Nel mondo romano classico

I romani qualificavano l'omosessualità, cioè la pratica maschile con gli adolescenti, più precisamente l'amore efebico, come vizio greco. Tali pratiche erano totalmente estranee alla mentalità romana tradizionale, e per questo venivano condannate in modo assoluto.

In epoca successiva l'omosessualità greca metterà piede anche a Roma, dove aveva assunto altre forme; Cicerone constatava: "Questa abitudine di amare i ragazzi mi sembra che sia nata nei ginnasi greci, nei quali questi amori sono liberi e tollerati"[5].

Tuttavia, nella tradizione romana lo scopo dell'educazione era formare un cittadino veramente virile, capace di dominare e mai di esser dominato, anche sessualmente. Per questo l'amore efebico non assume mai la funzione, l'importanza che aveva nelle città delle Grecia. L'omosessualità era un fatto personale e privato e non di pubblica espressione. Talvolta si praticava tra schiavi, e il padrone come autorità assoluta poteva usufruire delle proprie schiave come anche dei propri schiavi, fino ad arrivare, come gesto di umiliazione del sottomesso, ad abusare di lui.

La legge puniva la pederastia nei confronti dei ragazzi liberi, anche se questi erano consenzienti, non però quella verso gli schiavi; ugualmente proibiva la prostituzione maschile.

Gli sviluppi successivi

Successivamente molte correnti filosofiche insegnarono la pratica dell'astinenza specialmente in campo sessuale. I testi di medicina diffusi nell'impero romano insistevano sull'importanza di una sana vita fisica per la salute degli uomini, e consigliavano una vita morigerata sessualmente. I rapporti omosessuali venivano sconsigliati dai medici: il medico Sorano (II secolo), considerava l'omosessualità una malattia della mente corrotta.

Nel IV secolo i tempi erano profondamente cambiati, forse anche per l'influsso del cristianesimo: nel 342 venne emanata a Milano una prima legge nei riguardi degli omosessuali passivi. Le pene vennero poi inasprite da Teodosio I, che condannò alla morte tra le fiamme coloro che riducono il corpo virile, trasformato in femmineo, a sopportare pratiche riservate all'altro sesso.

Il Codice Teodosiano (438) condannerà alle fiamme tutti gli omosessuali passivi.

Nella Bibbia

La ricerca dell'insegnamento biblico sull'omosessualità non può prescindere dalla considerazione del fatto che, conformemente all'insegnamento di Dei Verbum 12[6], "la letteratura biblica è debitrice verso le varie epoche, nelle quali fu scritta, di gran parte dei suoi modelli di pensiero e di espressione [..] la Chiesa di oggi proclama il Vangelo a un mondo che è assai diverso da quello antico", e in ogni caso "il mondo nel quale il Nuovo Testamento fu scritto era già notevolmente mutato, per esempio, rispetto alla situazione nella quale furono scritte o redatte le Sacre Scritture del popolo ebraico"[7].

Queste considerazioni non possono però oscurare il fatto che, "pur nel contesto di tale notevole diversità, esiste un'evidente coerenza all'interno delle Scritture stesse sul comportamento omosessuale". "Perciò la dottrina della Chiesa su questo punto non è basata solo su frasi isolate, da cui si possono trarre discutibili argomentazioni teologiche, ma piuttosto sul solido fondamento di una costante testimonianza biblica".[7][8]

L'Antico Testamento

La teologia della creazione nella Genesi

Per la comprensione adeguata dei problemi posti dall'omosessualità occorre partire dalla teologia della creazione come è presentata nel libro della Genesi[9].

Dio nella sua infinita sapienza e nel suo amore onnipotente, chiama all'esistenza tutta la realtà, quale riflesso della sua bontà. Dio crea a sua immagine e somiglianza l'uomo, maschio e femmina (1,27). Gli esseri umani perciò sono creature di Dio, chiamate a rispecchiare, nella complementarietà dei sessi, l'interiore unità del Creatore. Essi realizzano questo compito in modo singolare, quando cooperano con lui nella trasmissione della vita, mediante la reciproca donazione sponsale.

Il seguente capitolo della Genesi mostra come questa verità sulla persona umana quale immagine di Dio sia stata oscurata dal peccato originale (c. 3). Ne segue inevitabilmente una perdita della consapevolezza del carattere di alleanza, proprio dell'unione che le persone umane avevano con Dio e fra di loro. In conseguenza del peccato il corpo umano, che pur conserva ancora il suo "significato sponsale", vede questo significato oscurato dal peccato stesso.

I racconti

Il deterioramento dovuto al peccato continua poi a svilupparsi nella storia degli uomini di Sodoma (Gen 19,1-11 ), che vogliono abusare sessualmente[10] degli angeli ospiti di Lot:

« (Gli angeli) 4Non si erano ancora coricati, quand'ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. 5Chiamarono Lot e gli dissero: "Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne[11]!". 6Lot uscì verso di loro sulla soglia e, dopo aver chiuso la porta dietro di sé, 7disse: "No, fratelli miei, non fate del male! 8Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace[12], purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all'ombra del mio tetto". 9Ma quelli risposero: "Tìrati via! Quest'individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!". E spingendosi violentemente contro quell'uomo, cioè contro Lot, si fecero avanti per sfondare la porta. 10Allora dall'interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero la porta; 11colpirono di cecità gli uomini che erano all'ingresso della casa, dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta. »

La Congregazione per la Dottrina della Fede afferma che non vi può essere dubbio sul giudizio morale ivi espresso contro le relazioni omosessuali.[13] In termini più propri specifici il brano esprime un giudizio sulla pratica dell'abuso omosessuale e della mancanza al valore dell'ospitalità. È però chiaro che se gli abitanti di Sodoma giungono a voler abusare sessualmente di uomini è a causa della loro pratica abituale dei comportamenti omosessuali.

Non sembra invece giustificata la lettura di 1Sam 18,1-5 (Davide e Gionata) in termini di "amore omosessuale" fatta dalla teologia gay[14].

I testi legislativi

Alcuni testi legislativi si riferiscono a pratiche omosessuali. Lev 18-20 proibisce tutta una serie di accoppiamenti saltuari o fissi, interdicendo unioni da parte dei maschi di un clan con una delle mogli o del padre o dei fratelli o degli zii o dei figli. Lo scopo di questa lista di proibizioni sembra essere quello di salvaguardare la purezza del clan.

In particolare riguarda l'omosessualità Lev 18,22 :

« Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio. »

Altrettanto significativo è Lev 20,13 :

« Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro. »

In Dt 22,5 si proibisce invece a una donna di portare oggetti da uomo e ad un uomo di travestirsi da donna.

Altri testi dal tono duro e sprezzante augurano a un uomo un lavoro di tipo femminile o addirittura un comportamento femminile (2Sam 3,29 ; Ger 50,37 ).

Il Nuovo Testamento

Gli scritti del Nuovo Testamento non tematizzano l'argomento dell'omosessualità, perché essa è già tradizionalmente condannata in ambito giudaico. Nuove sono invece le motivazioni adottate per esortare ad evitarla.

Gesù e l'omosessualità

Gesù non parla mai dell'omosessualità. In una sua parola su Giovanni Battista (Mt 11,8 ) afferma che egli non è ἐν μαλακοῖς ἠμφιεσμένον, en malakoîs emphiesménon, "avvolto in morbide vesti"[15]. Qui il termine malakós ("morbido") potrebbe forse indicare "effeminato".

A qualcuno è sembrato fuori posto il rapporto di Gesù con "il discepolo che Egli amava"[16]. In realtà il verbo greco che viene usato nell'espressione, agapân, indica l'idea di un amore disinteressato, puro, non passionale.

L'insegnamento di San Paolo

San Paolo si muove sullo sfondo della cultura diffusa nel mondo greco del suo tempo, nella quale l'omosessualità e la pederastia erano accettate. Paolo sa andare controcorrente, e ripropone l'insegnamento della legislazione dell'Antico Testamento sviluppandolo in una prospettiva escatologica. Egli elenca tra coloro che non entreranno nel Regno di Dio anche chi agisce da omosessuale:

« Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati[17], né sodomiti[18], né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio»

I termini usati in riferimento all'omosessualità denotano propriamente gli atti, dei quali viene indicata l'estrema gravità; non viene fatta alcuna distinzione di orientamento sessuale o di circostanze dell'atto. Nel brano l'Apostolo si rivolge a dei fedeli che hanno vissuto quella realtà di peccato, superandola e ricevendo il perdono e la giustificazione; la loro eventuale tendenza omosessuale non impedisce loro di vivere l'esperienza della salvezza in Cristo.

Anche 1Tim 1,10 menziona esplicitamente coloro che compiono atti omosessuali nell'elenco dei peccatori che agiscono contrariamente alla sana dottrina:

« 8Noi sappiamo che la Legge è buona, purché se ne faccia un uso legittimo, 9nella convinzione che la Legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrìleghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, 10i fornicatori, i sodomiti[18], i mercanti di uomini, i bugiardi, gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina, 11secondo il vangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato. »

Nella Lettera ai Romani poi Paolo, fondandosi sempre sulle tradizioni morali ebraiche, ma collocandosi nel nuovo contesto del confronto tra il cristianesimo e la società pagana dei suoi tempi, presenta il comportamento omosessuale come un esempio della cecità nella quale è caduta l'umanità: sostituendosi all'armonia originaria fra il Creatore e le creature, la grave deviazione dell'idolatria ha condotto a ogni sorta di eccessi nel campo morale. San Paolo trova l'esempio più chiaro di questa disarmonia proprio nelle relazioni omosessuali:

« 18Infatti l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, 19poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. 20Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa 21perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificatoringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. 22Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 23e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un'immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.

24Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, 25perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.

26Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. 27Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. 28E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: 29sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, 30maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, 31insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. 32E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa. »

In questo brano Paolo presenta gli atti a carattere omosessuale, sia maschili che femminili, come la conseguenza della collera di Dio. Il discorso di Paolo vuole illustrare la natura dell'empietà. A tal fine focalizza la sua attenzione sull'omosessualità, vizio caratteristico dei pagani. Riferendosi alla narrazione della creazione in Gen 1 e in Dt 4 , viene stabilito un legame tra l'omosessualità e l'idolatria. Nell'idolatria l'uomo è dominato dalla creatura che egli adora, non tributando in tal modo ciò che spetta unicamente al Creatore. Nell'atto omosessuale si ha un'inversione del progetto divino iniziale manifestato nella differenza sessuale. Per Paolo ciò costituisce l'illustrazione migliore dell'empietà.

Per l'accenno di Paolo al concetto di "contro natura", va tenuto presente che l'aggettivo "naturale" caratterizzava, nella cultura romana, gli atti in accordo con le convenzioni sociali; era quindi il rapporto dominante, più che la struttura femminile-maschile, che stabiliva la norma morale in una relazione amorosa; con l'allusione a Genesi 1 Paolo invita invece a vedere nella "natura" l'ordine voluto da Dio e identificabile nella creazione; esso si traduce, fra l'altro, nella differenza sessuale uomo-donna, struttura fondamentale voluta da Dio come espressione del suo essere di comunione. Il riferimento a Genesi 1 permette inoltre di capire che tale divieto non è in alcun modo invalidato da questioni di "tendenze" o di orientamento: è ogni atto omosessuale nella sua materialità ad essere contrario alla volontà divina manifestata alle origini, a prescindere dal fatto che sia imposto o acconsentito.

Nel magistero recente

"L'odierna comunità di fede, in ininterrotta continuità con le comunità giudaiche e cristiane all'interno delle quali le antiche Scritture furono redatte",[7] continua a nutrirsi da quelle stesse Scritture e dallo Spirito di Verità (cfr. Gv 16,13 ) che le ha ispirate e che ne guida la comprensione. L'esegesi e la teologia biblica non comprendono le loro fonti quando vengono interpretati in un modo che contraddice la Tradizione vivente della Chiesa. Per essere corretta, l'interpretazione della Scrittura dev'essere in effettivo accordo con questa Tradizione.[19]. La Chiesa del nostro tempo non può quindi distaccarsi dall'insegnamento costante della Bibbia e della Tradizione.

Il fondamento antropologico

La posizione del Magistero della Chiesa riguardo all'omosessualità è radicata nella sua concezione della persona, della sessualità e del matrimonio: in quest'ultimo essa vede "il disegno divino dell'unione amorosa e donatrice di vita dell'uomo e della donna". Ciò permette alla Chiesa di affermare che "è solo nella relazione coniugale che l'uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto"[20]. È sulla base di questa antropologia che la Chiesa valuta come immorale il comportamento omosessuale.

« Scegliere un'attività sessuale con una persona dello stesso sesso equivale ad annullare il ricco simbolismo e il significato, per non parlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo della realtà sessuale. L'attività omosessuale non esprime un'unione complementare, capace di trasmettere la vita, e pertanto contraddice la vocazione a un'esistenza vissuta in quella forma di auto-donazione che, secondo il Vangelo, è l'essenza stessa della vita cristiana. Ciò non significa che le persone omosessuali non siano spesso generose e non facciano dono di se stesse, ma quando si impegnano in un'attività omosessuale esse rafforzano al loro interno una inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall'autocompiacimento. »
(Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 7)

La distinzione tra tendenza e comportamento omosessuale

L'insegnamento della Chiesa distingue chiaramente la tendenza e gli atti omosessuali. La prima è una condizione in cui la persona si trova non per sua scelta; i secondi, invece, sono frutto di decisioni.

Omosessualità come tendenza

Il termine tendenza si riferisce all'inclinazione, affettiva e/o erotica verso lo stesso sesso.[21]

Della tendenza omosessuale parla il documento Persona Humana (1975), rilevando che essa può essere contratta o innata; afferma che molti

« distinguono - e sembra non senza motivo - tra gli omosessuali la cui tendenza, derivando da falsa educazione, da mancanza di evoluzione sessuale normale, da abitudine contratta, da cattivi esempi o da altre cause analoghe, è transitoria o, almeno, non incurabile, e gli omosessuali che sono definitivamente tali per una specie di istinto innato o di costituzione patologica, giudicata incurabile. »
(n. 8)

Il documento si concentra sulla seconda categoria, riguardo alla quale alcuni teologi sostengono che "la loro tendenza è a tal punto naturale da dover ritenere che essa giustifichi, in loro, relazioni omosessuali in una sincera comunione di vita e di amore, analoga al matrimonio, in quanto essi si sentono incapaci di sopportare una vita solitaria" (ibid.). Certamente essi "nell'azione pastorale", "devono essere accolti con comprensione e sostenuti nella speranza di superare le loro difficoltà personali e il loro disadattamento sociale. La loro colpevolezza sarà giudicata con prudenza" (ibid), senza però poter formulare una giustificazione morale degli atti da essi posti.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica la terminologia è più precisa: sparisce la parola "istinto", che evoca in qualche modo la compulsività, e si afferma che

« un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. »

Viene precisata la natura di prova di questa condizione:

« Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione. »
(ibid.[23])

Non si può arrivare a definire la condizione delle persone che presentano una tendenza omosessuale innata "indifferente o addirittura buona":

« la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata. »
(Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 3, online)

L'inclinazione è definita "disordinata" in quanto induce ad eventuali atti. Una persona omosessuale che non giunge a questi di per sé vive, anche se ciò può essere con fatica, il progetto d'amore di Dio.

Gli atti omosessuali

Il giudizio morale della Chiesa sugli atti omosessuali vede in essi situazioni oggettivamente peccaminose:

« Secondo l'ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Esse sono condannate nella sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate, anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio.[24]. [..] Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati [..] in nessun caso possono ricevere una qualche approvazione. »

Il Catechismo della Chiesa Cattolica riprende lo stesso insegnamento:

« Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni,[25] la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati".[26] Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati. »

Se il giudizio sul carattere di peccato degli atti omosessuali è netto, più sfumata è la valutazione della responsabilità morale di chi li commette:

« Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili. »
(Persona Humana, n. 8)

La chiamata alla santità

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ribadisce la specificità della chiamata alla santità rivolta alle persone omosessuali:

« Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana»

Il rispetto delle persone

La posizione morale della Chiesa non può essere confusa né avvicinata alle espressioni connotate da mancanza di rispetto verso le persone omosessuali:

« Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev'essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. »
(Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 10)

La questione dei "diritti" delle persone omosessuali

"Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale"[27], ad esempio riguardo al lavoro e alla casa. Vi sono però "ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio, nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell'assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare"[28].

Infatti "la 'tendenza sessuale' non costituisce una qualità paragonabile alla [[razza, all'origine [[etni|etnica], ecc. rispetto alla non­discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo (cfr. Lettera, n. 3) e richiama una preoccupazione morale".[29]

La collocazione della sessualità al giusto posto nel mistero della persona

Per la Chiesa non si può mai fare dell'uso di alcuna facoltà il centro dell'interesse portato su se stessi, né la propria ragione di vita. Questo vale anche per la tendenza omosessuale.

Per simmetria, anche il l'interesse centrato sulla propria facoltà sessuale eterosessuale e l'idolatria della propria facoltà sessuale in senso eterosessuale sono disordini morali. È proprio questo atteggiamento o stile di vita ad essere contro la legge naturale[30].

Nel diritto canonico recente

Il Codice pio-benedettino stabiliva le pene canoniche per la sodomia e gli altri delitti contro il sesto comandamento ai cann. 2357-2359 considerati gravi.[31]

Il nuovo Codice non menziona esplicitamente la sodomia, e si limita a stabilire genericamente le pene per i peccati esterni contro il sesto comandamento che comportino scandalo.[32]

Aspetti pastorali

La questione sull'origine dell'omosessualità

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Omosessualità (scienze umane)

La Chiesa segue con attenzione gli studi circa l'origine, le cause e l'incidenza della condizione omosessuale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica non entra però nel vivo dibattito attuale, e al riguardo si limita ad osservare quanto segue[33]:

  • che "un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate" (n. 2358);
  • riferendosi all'omosessualità, che "la sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile" (n. 2357)[34].

L'accompagnamento soggettivo nei diversi casi

La valutazione concreta della singola situazione omosessuale in sede pastorale "deve tener conto delle attenuanti legate alle particolari condizioni dei singoli soggetti, ma anche dell'oggettiva diversificazione esistente tra forme di esercizio dell'omosessualità dettate da condizioni strutturali di partenza oggettivamente diverse"[35].

Il giudizio morale oggettivo deve essere evidentemente "pesantemente negativo nel caso delle forme di perversione, dove l'omosessualità si manifesta come piacere della trasgressione, ricerca del male per il male, continua volontà di autogiustificazione bisogno di distruggere i valori che non si è in grado di vivere"; ovviamente la valutazione soggettiva deve ispirarsi a una maggior cautela, poiché "è più facile resistere alle esigenze di una sessualità normale che a quelle di una sessualità deviata, radicata in un terreno nevrotico, il quale comporta sempre una certa debolezza dell'io personale"[35].

Diversa è la situazione e il conseguente giudizio soggettivo quando "l'omosessualità si presenta prevalentemente, e talora esclusivamente, come modi di essere-al-mondo"[35]. L'accompagnamento pastorale, intessuto di misericordia, non può dimenticare però che "le persone omosessuali sono chiamate alla castità [..] attraverso le virtù della padronanza di sé"[36].

La valutazione della responsabilità effettiva del singolo

Oggi si tende a vedere la condizione omosessuale come il risultato di un determinismo psico-biologico, per cui si è portati a concludere che, almeno in alcune situazioni, non vi sarebbe colpa nel comportamento omosessuale. A tale posizione risponde la Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali della Congregazione per la Dottrina della Fede (1986):

« A questo proposito è necessario rifarsi alla saggia tradizione morale della Chiesa, la quale mette in guardia dalle generalizzazioni nel giudizio dei casi singoli. Di fatto in un caso determinato possono essere esistite nel passato e possono tuttora sussistere circostanze tali da ridurre o addirittura da togliere la colpevolezza del singolo; altre circostanze al contrario possono accrescerla. Dev'essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev'essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità. Come in ogni conversione dal male, grazie a questa libertà, lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l'attività omosessuale. »
(n. 11)
Note
  1. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 7.
  2. Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona Humana, 8: AAS 68 (1976) 85.
  3. Cfr. Omosessualità, in Enciclopedie on line, Treccani, Roma, online.
  4. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 8.
  5. Tusculanae 4,33.
  6. Il testo della Dei Verbum può essere letto online.
  7. 7,0 7,1 7,2 Lettera cit., n. 5.
  8. Per una prospettiva protestante sull'omosessualità nella Bibbia vedi sul sito del pastore Paolo Castellina.
  9. Lettera cit., n. 6.
  10. Gli esegeti sono oggi concordi nel leggere Gen 19,1-11 nell'ottica del peccato di inospitalità, che però qui si tinge di perversione sessuale, testimoniata, per le popolazioni preisraelitiche, anche da Lev 18,22-30; 20,13-23 . Gli altri passi dell'Antico Testamento che menzionano il "peccato di Sodoma" lo descrivono con caratterizzazioni diverse: ingiustizia (Is 1,10; 3,9 ), benessere senza solidarietà verso il prossimo (Ez 16,49 ) ma anche "abomini" (Ez 16,50 ), adulterio e idolatria (Ger 23,14 ), ma ciò non influenza la lettura del gesto di Gen 19 . Certamente la caratterizzazione del presente episodio è legata ed influenzata dalla tradizione del delitto di Gabaa (Gdc 19,11-30 ): il canovaccio dei due racconti è molto simile e può essere stato usato dal narratore del Genesi per evidenziare la colpa della gente di Sodoma. Cfr. Luciano Pacomio (a cura di), La Bibbia Piemme, con introduzioni e commenti, Piemme, Casale Monferrato 1995, nota a Gen 19,4-9 .
  11. In ebraico si ha il verbo ydʿ, "conoscere", usato con valenza sessuale, e qui sicuramente connotato negativamente. Cfr. Luciano Pacomio (a cura di), La Bibbia Piemme, con introduzioni e commenti, Piemme, Casale Monferrato 1995, nota a Gen 19,4-9 .
  12. La proposta di Lot si basa sulla grande importanza del valore dell'ospitalità: egli preferisce perdere le sue figlie piuttosto che tradire l'inviolabilità del diritto ospitale. Il narratore biblico non commenta, ma lascia trapelare un tratto negativo del personaggio-Lot, che lo pone in cattiva luce rispetto ad Abramo: è un uomo del compromesso e della condotta indecisa.
  13. Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 6.
  14. I termini usati in Template:1Sam caratterizzano un reale legame affettivo, ma il loro uso abituale nell'Antico Testamento non consente in alcun modo di vedervi una relazione omosessuale (cfr. Gen 44,30-31 : Giacobbe e suo figlio Beniamino). L'espressione "amare come se stesso" (letteralemnte, "come la propria anima") di 1Sam 18,1 è corrente (cfr. Lev 19,18-34 ). Nulla in questi testi permette di vedere un legame omosessuale fra Davide e Gionata, nemmeno implicitamente. Se un'espressione è a volte ambigua per uno spirito moderno, la sua lettura nel contesto di allora elimina tale possibilità.
  15. Così traduce la Bibbia Cei 1971 e molte altre versioni; la nuova traduzione del 2008 traduce invece "vestito con abiti di lusso".
  16. L'espressione ricorre in Gv 13,23; 19,26-27; 20,1-10; 21,7; 21,20-24 .
  17. Il termine greco malakos significa letteralmente "dolce, mellifluo, delicato". In una relazione omosessuale, indica il partner passivo, ma si può riferire anche a prostituti omosessuali o a uomini molto effeminati. Cfr. la spiegazione di padre Jean-Baptiste Edart.
  18. 18,0 18,1 Il termine arsenokoitês significa letteralmente "che giace con un uomo". È il prodotto dell'associazione di due parole presenti in Lev 18,22 e 20,13, ed è apparso probabilmente in un contesto giudaico-ellenistico. I rabbini utilizzano l'espressione ebraica "giacere con un uomo" presente nel testo ebraico di Levitico 18,22 e 20,13 per esprimere la relazione omosessuale, e non solo la pederastia. L'ipotesi più verosimile è quindi che il termine si riferisca a uomini aventi il ruolo attivo nelle relazioni a carattere omosessuale; di conseguenza malakos si riferirebbe al partner passivo nella stessa relazione omosessuale. Cfr. la spiegazione di padre Jean-Baptiste Edart.
  19. Cfr. Dei Verbum, n. 10:
    « È chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non poter indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime»
  20. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, n. 7.
  21. Anselm Günthör (1977) 672, distingue "l'inclinazione propriamente sessuale" dall'omofilia, termine con il quale intende l'inclinazione erotica verso il proprio sesso, "senza che debba sempre essere accompagnata da contatti sessuali tra di loro".
  22. La prima edizione del Catechismo (1992) usava l'espressione "tendenze omosessuali innate" dove ora si dice "tendenze omosessuali profondamente radicate".
  23. La prima edizione del Catechismo (1992) recitava: "Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova"; l'editio typica ha cambiato il testo in "questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova".
  24. Rm 1,24-27 :
    « Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento. »

    Cfr. anche quello che Paolo dice a proposito degli uomini sodomiti e pervertiti in 1Cor 6,10 e 1Tim 1,10 .

  25. Cfr Gen 19,1-29 ; Rm 1,24-27 ; 1Cor 6,9-10 ; 1Tim 1,10 .
  26. Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana, 8: AAS 68 (1976) 85.
  27. Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni..., n. 12.
  28. ibid., n. 11.
  29. ibid., n. 10.
  30. In senso cristiano la legge naturale è una legge di reciprocità e di servizio al Tu della persona: nella teologia morale "legge naturale" significa "legge della persona razionale e capace di dono di sé nella reciprocità" e non legge biologica tout court del sesso eterosessuale. Le strutture degli organi sessuali, sono realmente ordinate alla procreazione in quanto a significato, e sono realmente ordinate anche ad altri significati che trovano il loro ancoraggio espressivo-anatomico nei caratteri sessuali secondari, con espressioni e manifestazioni simbolico-culturali varie e molteplici nella storia, nella cultura, nell'arte, nella società e nel pensiero come nella vita affettiva.
  31. Così il Codice pio-benedettino:
    (LA) (IT)
    « Can. 2357. - §1. Laici legitime damnati ob delicta contra sextum cum minoribus infra aetatem sexdecim annorum commissa, vel ob stuprum, sodomiam, incestum, lenocinium, ipso facto infames sunt, praeter alias poenas quas Ordinarius infligendas iudicaverit.

    §2. Qui publicum adulterii delictum commiserint, vel in concubinatu publice vivant, vel ob alia delicta contra sextum decalogi praeceptum legitime fuerint damnati, excludantur ab actibus legitimis ecclesiasticis, donec signa verae resipiscentiae dederint. »

    « Can. 2357. - § 1. I laici legittimamente condannati per delitti contro il sesto comandamento commessi con minori sotto i sedici anni di età, o per stupro, sodomia, incesto, lenocinio, sono per ciò stesso infami, oltre alle altre pene che l'Ordinario considererà da infliggere.

    §2. Coloro che commisero delitto pubblico di adulterio, oppure che vivano in concubinato pubblico, o che furono legittimamenti condannati per altri delitti contro il sesto precetto del decalogo, siano esclusi dai legittimi atti ecclesiastici, finché non abbiano dato segni di vero cambiamento. »

    (LA) (IT)
    « Can. 2358. - Clerici in minoribus ordinibus constituti, rei alicuius delicti contra sextum decalogi praeceptum, pro gravitate culpae puniantur etiam dimissione e statu clericali, si delicti adiuncta id suadeant, praeter poenas de quibus in can. 2357, si his locus sit. » « Can. 2358. - I Chierici che hanno ricevuto gli ordini minori, rei di qualche delitto contro il sesto precetto del decalogo, secondo la gravità della colpa siano puniti anche con la dimissione dallo stato clericale, qualora le circostanze del delitto lo consiglino, oltre alle pene di cui nel can. 2357, se è il caso. »

    (LA) (IT)
    « Can. 2359. - §1. Clerici in sacris sive saeculares sive religiosi concubinarii, monitione inutiliter praemissa, cogantur ab illicito contubernio recedere et scandalum reparare suspensione a divinis, privatione fructuum officii, beneficii, dignitatis, servato praescripto can. 2176-2181.

    §2. Si delictum admiserint contra sextum decalogi praeceptum cum minoribus infra aetatem sexdecim annorum, vel adulterium, stuprum, bestialitatem, sodomiam, lenocinium, incestum cum consanguineis aut affinibus in primo gradu exercuerint, suspendantur, infames declarentur, quolibet officio, beneficio, dignitate, munere, si quod habeant, priventur, et in casibus gravioribus deponantur.

    §3. Si aliter contra sextum decalogi praeceptum deliquerint, congruis poenis secundum casus gravitatem coerceantur, non excepta officii vel beneficii privatione, maxime si curam animarum gerant. »

    « Can. 2359. - §1. I Chierici che hanno ricevuto gli ordini maggiori (sia secolari sia religiosi) che convivono, fatto prima un ammonimento, siano obbligati a recedere dalla convivenza illecita e a riparare lo scandalo attraverso la sospensione a divinis, la privazione dei frutti dell'ufficio, del beneficio, della dignità, salvo quanto prescritto nei can. 2176-2181.

    §2. Se commisero un delitto contro il sesto comandamento del decalogo con minori sotto i sedici anni di età, o praticarono adulterio, stupro, bestialità, sodomia, lenocinio, incesto con consanguinei o affini in primo grado, siano sospesi, dichiarati infami, e privati di qualunque ufficio, beneficio, dignità, incarico che avessero, e nei casi più gravi siano deposti.

    §3. Se mancarono in altro modo contro il sesto precetto del decalogo, siano loro inflitte congrue pene secondo la gravità del caso, senza escludere la privazione dell'ufficio o del beneficio, soprattutto se esercitano la cura delle anime. »

  32. Così il Codice di Diritto Canonico:
    « Can. 1395 - §1. Il chierico concubinario, oltre il caso di cui nel can. 1394, e il chierico che permanga scandalosamente in un altro peccato esterno contro il sesto precetto del Decalogo, siano puniti con la sospensione, alla quale si possono aggiungere gradualmente altre pene, se persista il delitto dopo l'ammonizione, fino alla dimissione dallo stato clericale.

    §2. Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti. »

  33. online.
  34. Sembra certo che nello sviluppo adolescenziale può apparire un orientamento omosessuale, poi superato nella maggior parte dei casi.
  35. 35,0 35,1 35,2 Giannino Piana (1990) 833.
  36. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2359.
Fonti
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni