Fabrizio Dionigi Ruffo
Fabrizio Dionigi Ruffo Cardinale | |
---|---|
Età alla morte | 83 anni |
Nascita | San Lucido 16 settembre 1744 |
Morte | Napoli 13 dicembre 1827 |
Sepoltura | basilica di San Domenico Maggiore a Napoli |
Ordinazione presbiterale | nessuna informazione |
Creato Cardinale in pectore |
26 settembre 1791 da Pio VI (vedi) |
Pubblicato Cardinale |
21 febbraio 1794 da Pio VI (vedi) |
Cardinale per | 33 anni, 9 mesi e 20 giorni |
Incarichi ricoperti | |
Collegamenti esterni | |
(EN) Scheda su gcatholic.org (EN) Scheda su catholic-hierarchy.org (EN) Scheda su Salvador Miranda |
Fabrizio Dionigi Ruffo (San Lucido, 16 settembre 1744; † Napoli, 13 dicembre 1827) è stato un cardinale e politico italiano.
Cenni biografici
Nacque nel castello di San Lucido in "Calabria Citeriore", diocesi di Cosenza, figlio secondogenito di Litterio Ruffo, duca di Bagnara e Baranello e della seconda moglie, la nobile romana Giustiniana Colonna, principessa di Spinoso e marchesa di Guardia Perticara. Era pronipote del cardinale Tommaso Ruffo e secondo cugino del cardinale Antonio Maria Ruffo.
Formazione e carriera ecclesiastica
Trasferitosi da giovane a Roma, presso il prozio Tommaso, intraprese la carriera ecclesiastica dal 1748. Compì gli studi al Collegio Clementino per poi passare all'Università La Sapienza dove, il 19 settembre 1767, ottenne il dottorato in utroque iure, completò poi il proprio praticantato in legge presso lo studio degli avvocati Antonio Bucci e Antonio Maria Gasparri, coi quali collaborò per un breve periodo di tempo.
Grazie agli appoggi del prozio Tommaso Ruffo Decano del Sacro Collegio) e di papa Pio VI (di cui era stato allievo) divenne dapprima prelato domestico di Sua Santità nel maggio del 1764 e poi entrò nella prelatura romana come referendario dei tribunali della Signatura Apostolica di Grazia e Giustizia nel 1767. Dall'agosto 1775 divenne abate commendatario dell'abbazia di San Filippo d'Argiro, nella diocesi di Gerace e dal gennaio 1781 passò al titolo di chierico della Camera Apostolica. Nel 1785 fu nominato tesoriere generale della stessa Camera Apostolica, carica che ricoprì per più di dieci anni assieme all'incarico di prefetto di Castel Sant'Angelo e commissario delle fortificazioni marittime dello Stato Pontificio.
Guadagnandosi la piena fiducia di Pio VI, egli dimostrò notevoli capacità amministrative e si assunse le responsabilità principali della politica di riforma finanziaria, fiscale ed economica voluta dal pontefice. Tra le importanti misure introdotte dal magistrato spicca il provvedimento delle "dogane ai confini di Stato" del 1786. La sua energica politica di riforme incontrò vivace opposizione presso gli elementi curiali più legati alla aristocrazia romana, i quali alla fine ottennero la sua rimozione da tesoriere generale con la nomina a cardinale.
Cardinalato
Infatti il pontefice lo nominò in pectore cardinale nel concistoro del 26 settembre 1791. La nomina fu resa pubblica nel successivo concistoro del 1794 e il 27 febbraio ricevette la berretta rossa assumendo il titolo di cardinale diacono di Sant'Angelo in Pescheria terminando le sue mansioni presso la Camera Apostolica.
Fu membro delle sacre congregazioni per il Buon Governo e delle Acque, in tale veste si occupò dell'amministrazione dei terreni dell'Agro Romano nella quale diede prova di grande spirito di apertura verso le moderne teorie sociali ed economiche. Tra le varie costruzioni da lui patrocinate vi è la bella chiesa del Crocifisso a Fiumicino. Fu anche membro della congregazioni di Loreto e protettore dell'Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola. Nello stesso anno però, amareggiato dall'ostilità crescente nei propri confronti, decise di lasciare Roma e tornare nel Regno di Napoli, ponendosi al servizio di re Ferdinando IV di Borbone, che gli dimostrò subito profonda stima, tanto da nominarlo "Soprintendente dei Reali Dominii di Caserta" e della colonia manifatturiera di San Leucio. Ottenne nel contempo anche la commenda dell'abbazia di Santa Sofia di Benevento.
Nel dicembre del 1798 re Ferdinando era vinto e incalzato dai Francesi, che egli avrebbe voluto scacciare da Roma. Nel gennaio 1799 il Regno di Napoli cadde e la corte borbonica si rifugiò a Palermo. Due mesi dopo il Ruffo partiva da Palermo per la Calabria, da dove iniziava l'impresa per la riconquista del regno con le forze solo di popolo. Sbarcò in Calabria con sette uomini, senza denaro e senza armi. Nel suo feudo di Scilla e Bagnara organizzò centri di raccolta dei volontari. Schiere di contadini risposero all'appello, fino a raggiungere il numero di 25.000 uomini abili alle armi. Ruffo chiamò il suo esercito "Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo". La profonda conoscenza che egli aveva dei sentimenti e dei bisogni del popolo, che i rivoluzionari non seppero comprendere e da cui non furono a lor volta compresi, permisero al prelato di riconquistare con quella armata il Regno di Napoli. Giunto a Napoli, desiderava di avere presto la resa dei castelli per mettere termine alla lotta civile che infuriava. Fra tanto sangue versato il Ruffo non cercò vendetta, ma con mente politica pensò alla restaurazione della monarchia, come opera di ricostruzione.
Egli iniziò delle trattative volte a sottoscrivere una capitolazione prima che arrivassero espliciti ordini contrari, concesse ai giacobini di optare per la fuga, imbarcandosi o seguendo le guarnigioni francesi, che avevano già abbandonato la città. Il 24 giugno l'ammiraglio Nelson giunse in rada. Il giorno dopo, quando i primi giacobini stavano già aspettando il momento di imbarcarsi, l'ammiraglio inglese fece sapere al cardinale che non avrebbe accettato la resa stipulata. Con l'inganno il cardinale Ruffo fu raggirato e di fatto il comando delle operazioni fu preso da ufficiali inglesi, che decisero la sorte dei prigionieri napoletani, con processi sommari e varie esecuzioni. Dopo la conquista di Napoli, il Ruffo aveva deciso di inviare delle compagnie, con a capo il generale Gian Battista Rodio, nella Repubblica romana. Fu il primo atto dell'invasione dello stato repubblicano. Il cardinale non riuscì a imporre una politica di moderazione al re e approfittò del conclave indetto a Venezia per lasciare Napoli nell'ottobre del 1799.
Dopo il primo restauro del governo pontificio, il neoeletto pontefice Pio VII il 9 luglio 1800 lo nominò membro della Congregazione per il ristabilimento del precedente sistema di governo e l' 11 agosto optò per la diaconia di Santa Maria in Cosmedin. Nel 1801, dopo aver dimissionato da vicario generale del re di Napoli, fu per breve tempo il ministro di Napoli a Roma. Tornò a Napoli nel settembre 1805. Seguito della nuova invasione francese nel gennaio 1806 e l'occupazione del regno di Napoli, si rifugiò ad Amelia. Fu incluso nella lista degli esiliati e le sue proprietà confiscate dal nuovo regime. Raggiunse quindi il re Ferdinando IV e la sua corte a Palermo. Da questi fu inviato a Parigi come ambasciatore. Partecipò con altri undici cardinali al secondo matrimonio tra l'imperatore francese e l'arciduchessa Maria Luisa d'Austria il 2 aprile 1810. Per questo è ricordato come uno dei "cardinali rossi"[1], ovvero coloro che non vennero puniti dall'imperatore e ai quali venne concesso di continuare a vestire l'abito rosso cardinalizio.
Stimato da Bonaparte, fece parte di una commissione di cardinali, con Aurelio Roverella e Giuseppe Maria Doria Pamphilj designata dall'imperatore per comporre un breve che riportasse i decreti del Concilio di Parigi tenutosi il 20 settembre 1811, da far sottoscrivere da Pio VII in prigionia a Savona. Per la sua disponibilità fu insignito dall'imperatore della gran croce della Legion d'Onore. Rientrò a Roma nel maggio 1814. Fu ricevuto con tiepidezza negli ambienti curiali e decise di tornare a Napoli. Non perse la stima presso il papa che lo rivolle a Roma e lo nominò soprintendente dell'Annona e Grascia nel 1815. Nel 1817 divenne Gran Priore del Sovrano Militare Ordine di Malta per lo Stato Pontificio. Fu camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali nell'anno 1819-1820.
Nel 1821 fu nominato prefetto della Congregazione delle Acque, Pontine Paludi e Chiane. Ancora in quell'anno essendo divenuto cardinale protodiacono, optò per la diaconia di santa Maria in Via Lata. Nel marzo del 1821 fece ritorno a Napoli che era funestata da rivolte contro le truppe austriache occupanti. Durante le turbolenze dei moti carbonari, venne nominato dal re di Napoli quale membro del consiglio del governo provvisorio e rimase poi quale consigliere del sovrano anche dopo la restaurazione del pieno potere borbonico. Nell'agosto del 1823 prese parte al conclave che elesse Leone XII e sul finire di quello stesso anno tornò nuovamente a Napoli.
Morte
Morì a Napoli il 13 dicembre 1827 e venne sepolto nella cappella della sua famiglia, dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, nella basilica di San Domenico Maggiore a Napoli.
Onorificenze
Cavaliere dell'Ordine di Sant'Andrea (Impero di Russia) | |
Cavaliere dell'Insigne e Reale Ordine di San Gennaro (Regno delle Due Sicilie) | |
Cavaliere di Gran Croce del Reale ordine di San Ferdinando e del merito (Regno delle Due Sicilie) | |
Balì Gran Croce di Onore e di Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta | |
Grand'Aigle dell'Ordine della Legion d'Onore (Impero di Francia) | |
Successione degli incarichi
Predecessore: | Tesoriere generale della Camera Apostolica | Successore: | |
---|---|---|---|
Guglielmo Pallotta | 14 febbraio 1785 - febbraio 1794 | Girolamo della Porta |
Predecessore: | Cardinale diacono di Sant'Angelo in Pescheria | Successore: | |
---|---|---|---|
Filippo Campanelli | 12 settembre 1794 - 11 agosto 1800 | Alphonse-Hubert de Latier de Bayane |
Predecessore: | Cardinale diacono di Santa Maria in Cosmedin | Successore: | |
---|---|---|---|
Fernando Spinelli | 11 agosto 1800 - 27 giugno 1821 | Antonio Maria Frosini |
Predecessore: | Gran Priore di Roma del Sovrano Militare Ordine di Malta | Successore: | |
---|---|---|---|
Romualdo Braschi Onesti | 1817 - 1827 | Giorgio Doria Pamphilj Landi |
Predecessore: | Camerlengo del Collegio Cardinalizio | Successore: | |
---|---|---|---|
Antonio Maria Doria Pamphilj | 29 marzo 1819 - 21 febbraio 1820 | Ercole Consalvi |
Predecessore: | Cardinale protodiacono | Successore: | |
---|---|---|---|
Antonio Maria Doria Pamphilj | 31 gennaio 1821-13 dicembre 1827 | Giuseppe Albani |
Predecessore: | Cardinale diacono di Santa Maria in Via Lata | Successore: | |
---|---|---|---|
Antonio Maria Doria Pamphilj | 27 giugno 1821-13 dicembre 1827 | Giuseppe Albani |
Predecessore: | Prefetto della Congregazione delle Acque | Successore: | |
---|---|---|---|
Antonio Maria Doria Pamphilj | 1821 - 1827 | Agostino Rivarola |
Note | |
| |
Bibliografia | |
|
- Cardinali in pectore
- Cardinali creati in pectore da Pio VI
- Cardinali diaconi di Sant'Angelo in Pescheria
- Tesorieri generali della Camera Apostolica
- Cardinali diaconi di Santa Maria in Cosmedin
- Gran priori di Roma del Sovrano Militare Ordine di Malta
- Cardinali Camerlenghi
- Cardinali diaconi di Santa Maria in Via Lata
- Concistoro 21 febbraio 1794
- Concistoro 26 settembre 1791
- Cardinali italiani del XVIII secolo
- Italiani del XVIII secolo
- Cardinali del XVIII secolo
- Cardinali per nome
- Presbiteri italiani
- Presbiteri del XVIII secolo
- Presbiteri per nome
- Cardinali creati da Pio VI
- Biografie
- Cardinali italiani
- Politici italiani
- Nati nel 1744
- Nati il 16 settembre
- Nati nel XVIII secolo
- Morti nel 1827
- Morti il 13 dicembre