Ipogeo di Trebio Giusto (Roma)
Ipogeo di Trebio Giusto | |
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Ambito romano, Pastore con siringa tra due pecore (primo quarto del IV secolo), affresco | |
Collocazione storica | Impero romano |
Civiltà | Romana Cristiana |
Oggetto generico | Area funeraria |
Oggetto specifico | Sepolcro ipogeo |
Scopritore | Rudolf Kanzler |
Data scoperta | 1911 |
Datazione | primo quarto del IV secolo |
Inizio della costruzione | IV secolo |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Diocesi di Roma Vicariatus Urbis |
Dimensioni | |
Larghezza | 2,60 m |
Lunghezza | 2,60 m |
Primi scavi | |
Datazione scavi | 1911 - 1996 |
Organizzazione scavi | Pontificia Commissione di Archeologia Sacra |
Amministrazione | |
Ente | Pontificia Commissione di Archeologia Sacra |
Indirizzo | Via Mantellini, 13 - Roma (RM) |
Telefono | +39 06 4465610 |
Fax | +39 06 4467625 |
Posta elettronica | pcas@arcsacra.va |
Sito web | sito web ufficiale |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
L'Ipogeo di Trebio Giusto è un sepolcro, situato a Roma, posto lungo via Mantellini, all'altezza del I miglio della via Latina, nel moderno quartiere Appio Latino.
Storia
Nel 1909 Orazio Verdirosi acquistò un terreno adiacente all'antica via Latina per costruirvi un villino; a distanza di due anni nel 1911, preoccupato per alcune crepe che minavano la stabilità dell'edificio, fece effettuare uno scavo per verificare la situazione delle fondamenta, scoprì così l'accesso ad un sepolcro ipogeo completamente decorato da dipinti murali. Fu avvertita la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, ed alla fine di marzo dello stesso anno il suo segretario, Rudolf Kanzler, ispezionò l'ipogeo non trovandovi tracce di cristianità, ma procedendo, comunque, ad un accurato rilievo fotografico e topografico. Terminato il lavoro, il monumento fu nuovamente chiuso e se ne persero le tracce; negli anni successivi in superficie fu edificato l'attuale quartiere, con nuovi palazzi e strade.
Solo nel 1976, l'ipogeo fu rintracciato e fu possibile penetrarvi nuovamente, attraverso una botola praticata nel pavimento di un locale a pianterreno della palazzina, che nel frattempo aveva preso il posto del villino del 1911. Anche in questo caso la Sovrintendenza alle Antichità di Roma procedette ad un nuovo rilievo, ma poi richiuse l'accesso e il sepolcro cadde nuovamente nell'oblio.
Nel 1996 si è entrati per la terza volta nell'ipogeo per procedere ad un nuovo sopralluogo ed iniziare il restauro delle strutture e dei dipinti. Attualmente è in corso una causa di esproprio, e nel frattempo il locale a pianterreno dell'edificio costruito sopra l'ipogeo è oggi stato preso in affitto dalla Sovrintendenza Archeologica del Lazio.
Descrizione
L'ipogeo, databile al primo quarto del IV secolo, è composto da una galleria d'ingresso, ai lati della quale sono collocati alcuni arcosoli, che termina in un cubicolo, di forma perfettamente quadrata (m 2,60 di lato), dove sono scavati tre loculi per parte nelle pareti laterali ed un arcosolio in quella di fondo.
Parete di fondo
Nella parete di fondo sono raffigurati:
- Entro l'arcosolio, Trebio Giusto seduto con tavolette per scrivere e un rotulo: il defunto è presentato assiso su uno sgabello pieghevole (sella) con tavolette per scrivere sulle ginocchia ed un rotulus in mano, mentre il campo del dipinto è riempito con una capsa per rotuli, altre tavolette per scrivere ed una theca calamaria.[1] L'identità del personaggio è rivelato dalla lunga iscrizione su quattro righe, collocata sulla curva dell'arcosolio:
(LA) | (IT) | ||||
« | TREBIUS IUSTUS ET HORONATIA SAEVERINA FILIO MAERENTI FECERUNT / TREBIO IUSTO SIGNO ASELLUS / QUI VIXIT ANNOS XXI / MESES VII DIIS XXV » | « | Trebio Giusto e Onoratia Severina fecero a Trebio Giusto, soprannominato Asinello, che visse ventuno anni, sette mesi e venticinque giorni. » |
- Al di sopra dell'arcosolio, Trebio Giusto con i genitori: il giovane defunto è seduto su una cattedra e poggia i piedi su un suppedaneo, mentre un uomo sulla destra ed una donna sulla sinistra in piedi, chiaramente i genitori, tendono davanti a lui un drappo ricamato, sul quale sono collocati numerosi oggetti preziosi.
- Sotto l'arcosolio: Trebio Giusto riceve offerte da alcuni contadini: il defunto è al centro, in piedi, circondato da cinque figure maschili, vestiti con abiti da contadini, che depongono davanti a lui ceste ricolme di prodotti agricoli.
Pareti laterali
Nelle pareti laterali sono rappresentati:
- a sinistra, Muratori intenti a costruire un edificio: la scena, di grande interesse culturale, presenta cinque operai che stanno costruendo un edificio a mattoni.
- a destra, Architetto indica ad un capomastro il lavoro da fare: la scena raffigura un uomo di età matura (probabilmente il padre del defunto), con un bastone, che sta discutendo con un personaggio caratterizzato dalla cazzuola e dall'assicella (strumento di misura) e soprattutto dall'iscrizione che lo identifica:
(LA) | (IT) | ||||
« | GENEROSUS MAGISTER » | « | Mastro Generoso » |
- Nella parete d'ingresso, sono dipinte diverse figure e simboli:
- Due muli, carichi di ceste, con i rispettivi conducenti;
- Corona da cui spunta un ramo di palma;
- Figura femminile;
- Due contadini con cesti di frutta.
Volta del soffitto
Al centro della volta, inquadrato entro una decorazione floreale e fitomorfa, è un clipeo, nel quale è raffigurato:
- Pastore con la siringa[2] in mano tra due pecore.
Interpretazione
Tutti gli studiosi, che si sono occupati di questo ipogeo, sono concordi nell'affermare che non esistono elementi sicuri per sostenere che la famiglia di Trebio Giusto appartenesse ad una comunità cristiana. Le interpretazioni, che nel corso dei decenni, si sono susseguite sono condizionate dalla non perfetta qualità dei rilievi effettuati nel 1911 e dalla mancanza, allora, di accurati restauri: infatti, non potendo penetrare nell'ipogeo, l'unico modo per studiarlo ed interpretarlo era attraverso le foto scattate al momento della sua scoperta.
Il primo che cercò di interpretare le figure e le scene fu Orazio Marucchi nel 1911, poco dopo la scoperta dell'ipogeo, che vide nei diversi dipinti elementi legati alla simbologia gnostica. Per Joseph Wilpert, invece, si tratta semplicemente di scene di vita quotidiana ed agreste: anzi, l'archeologo tedesco interpreta il pastore della volta come un segno chiaramente cristiano. Negli anni Quaranta, un altro archeologo, Carlo Cecchelli, interpretò i dipinti del sepolcro come appartenenti ad una famiglia di religione sincretista, cioè non più di religione romana, ma non ancora completamente cristiana.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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