Catacomba di Sant'Ermete (Roma)
Catacomba di Sant'Ermete | |
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Ambito romano, Gesù Cristo salvatore e angeli; Madonna con Gesù Bambino in trono tra santi (fine VIII - inizio IX secolo), affresco | |
Altro nome | Catacomba di Bassilla |
Collocazione storica | Impero romano |
Civiltà | Cristiana |
Oggetto generico | Area funeraria |
Oggetto specifico | Catacomba |
Dedicazione | Sant'Ermete |
Scopritore | Antonio Bosio |
Data scoperta | 1608 |
Datazione | III - IV secolo |
Inizio della costruzione | III secolo |
Completamento | IV secolo |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Diocesi di Roma Vicariatus Urbis |
Primi scavi | |
Datazione scavi | 1845 - 1894 |
Archeologi | Giuseppe Marchi |
Archeologi | Giovanni Battista de Rossi |
Archeologi | Mariano Armellini |
Amministrazione | |
Ente | Pontificia Commissione di Archeologia Sacra |
Indirizzo | Via Bertoloni, 13 - Roma (RM) |
Telefono | +39 06 4465610 |
Fax | +39 06 4467625 |
Posta elettronica | pcas@arcsacra.va |
Sito web | sito web ufficiale |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Catacomba di Sant'Ermete, detta anche di Bassilla, è un'area funeraria, situata a Roma, lungo la via Salaria Vetus, nel moderno quartiere Pinciano.
Toponimo
La catacomba è conosciuta nei documenti antichi con due denominazioni. Il più antico è quello di Bassilla, sulla cui identificazione vi è ancora incertezza fra gli studiosi: può trattarsi della proprietaria del terreno in cui fu scavato il cimitero ipogeo nella prima metà del III secolo, oppure della martire ricordata dalla Depositio martyrum al 22 settembre e morta nel 304 durante la persecuzione ordinata dall'imperatore Diocleziano. Non si esclude un caso di omonimia, per cui con Bassilla si intenderebbero due persone distinte, con lo stesso nome.
Sant'Ermete, invece, è il nome del martire più conosciuto sepolto nella catacomba.
Martiri deposti nella catacomba
Le fonti letterarie e documentarie ricordano la sepoltura in questa catacomba di quattro martiri:
- Bassilla, oltre ad essere menzionata nella Depositio martyrum al 22 settembre, dove si dice martirizzata nel 304 sotto Diocleziano, e nella Notitia ecclesiarum urbis Romae che attesta l'esistenza di una basilica nel sopra terra dedicata alla santa, di cui però si sono perse le tracce, sono state rivenute nella catacomba alcune iscrizioni - oggi conservate nel Museo Pio Cristiano in Vaticano - in cui alcuni defunti si raccomandano all'intercessione della Santa; inoltre.
- Sant'Ermete, martire del III secolo, originario della Grecia, come attesta il carme di papa Damaso I posto sulla sua tomba.
- Proto e Giacinto, dei quali esistono sufficienti e comprovati riscontri che ne attestano la sepoltura nella catacomba: ossia una cripta a loro dedicata e le tombe.
Inoltre a questi martiri, le fonti menzionano: Crispo, Ercolano, Leopardo, Vittore e Massimiliano. Di questi ultimi le notizie sulla vita e soprattutto sulla morte sono incerte e confuse: di fatto non si conosce quasi nulla di loro, e non vi sono riscontri monumentali importanti che confermino la loro presenza nella catacomba o un culto a loro dedicato.
Storia
Il cimitero sulla via Salaria Vetus fu tra i primi ad essere scoperto, quando, nel 1576, i Gesuiti vi costruirono sopra un collegio per i loro studenti. Esso fu studiato da Antonio Bosio, che lo esplorò nel dicembre 1608.
Scavi sistematici furono condotti da padre Giuseppe Marchi nel 1845, dal Giovanni Battista de Rossi nel 1863 e nel 1876 dall'Mariano Armellini proseguiti poi nel 1894.
Recenti indagini hanno messo in luce, nei pressi della basilica semipogea di Sant'Ermete, un oratorio medievale, che lascia supporre l'esistenza a Bassilla di un monastero, su cui però le fonti tacciono completamente.
Descrizione
Il cimitero, che risale alla prima metà del III secolo, è disposto su tre livelli, e recenti studi hanno evidenziato l’esistenza, nel sopraterra, di un'antica necropoli subdiale (ossia sub-divus, "sotto il cielo"). Dal punto di vista storico-artistico meritano attenzione soprattutto tre luoghi del nostro cimitero: la basilica semipogea di sant’Ermete, l’oratorio medievale, e la cripta dei santi Proto e Giacinto.
Basilica di sant'Ermete
L'ambiente venne individuato da Antonio Bosio, che grazie al ritrovamento di un'iscrizione poté identificarlo come la basilica dedicata a sant'Ermete. Essa si impiantò in strutture preesistenti molto antiche: alcuni studiosi, tra cui padre Giuseppe Marchi, parlano di un ninfeo di una villa romana, abbandonata agli inizi del III secolo, e poi trasformata ad uso funerario.
La cripta fu trasformata in basilica durante il pontificato di papa Damaso I (366 - 384). L'edifico fu più volte rimaneggiato e restaurato fino ad Adriano I, ma poi cadde in rovina e venne sostituita da un oratorio.
Della basilica, costruita in mattoni e rinforzata da pilastri, oggi restano l'abside con la cattedra ed un matroneo, mentre l'attuale copertura è dovuta ai lavori fatti eseguire dai Gesuiti alla fine del XVII secolo. Da qui si accede alle gallerie della catacomba.
Oratorio medievale
In epoca medievale, nella parete di sinistra della basilica, fu aperto un oratorio, accanto al quale sorse un monastero benedettino.
Nel 1940, l'archeologo Sandro Carletti ha rinvenuto nell'abside un dipinto ad affresco di ambito romano, databile alla fine dell'VIII secolo, raffigurante:
- in alto, Gesù Cristo benedicente e angeli;
- in basso, Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Raffaele arcangelo, sant'Ermete, san Giovanni evangelista, san Gabriele arcangelo, san Benedetto da Norcia e angeli.[1][2]
Cripta dei SS. Proto e Giacinto
Il luogo di sepoltura dei due martiri Proto e Giacinto fu interessato già in epoca antica da frane, che costrinsero papa Damaso a rifare completamente la loro cripta per migliorarne le condizioni; in particolare fu rialzato il pavimento, cosa che condusse all'occultazione della tomba di san Giacinto. Il loculo originario in cui fu sepolto Proto non è ancora stato identificato, benché il gesuita Marchi, nell'Ottocento scoprì resti di un'iscrizione, dove si leggeva:
« | SEPULCRUM PROTI » |
Mentre, sensazionale, dal punto di vista archeologico, fu la scoperta effettuata da Giuseppe Marchi, il 21 marzo 1845, del sepolcro ancora integro di san Giacinto con l'iscrizione in situ:[3]
« | D(e)P(ositus) III IDUS SEPTE(m)BR(es) / YACINTHUS / MARTYR. » |
È questo il primo ed unico caso di un sepolcro di martire intatto: nel loculo si rinvennero ceneri e resti di ossa bruciate, che originariamente dovevano essere avvolte in tessuto ricamato con fili d'oro.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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