Catacomba di Priscilla (Roma)
Catacomba di Priscilla | |
Cappella greca (seconda metà del II secolo) | |
Collocazione storica | Impero romano |
---|---|
Civiltà | Cristiana |
Oggetto generico | Area funeraria |
Oggetto specifico | Catacomba |
Dedicazione | Santa Priscilla di Roma |
Data scoperta | XVI secolo |
Datazione | II - V secolo |
Inizio della costruzione | II secolo |
Completamento | V secolo |
Preesistenze | Arenario, criptoportico ed ipogeo degli Acili Glabrioni |
Materiali | Tufo |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Diocesi di Roma Vicariatus Urbis |
Dimensioni | |
Lunghezza | 13.000 m |
Amministrazione | |
Responsabile | Padre Joao Miguel Mendes Rodrigues |
Indirizzo |
Via Salaria, 430 00199 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 86206272 |
Fax | +39 06 86398134 |
Posta elettronica | info@catacombepriscilla.com |
Sito web | sito web ufficiale |
Sito web 2 | [1] |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Catacomba di Priscilla è un'area funeraria cristiana, situata a Roma, lungo la via Salaria Nova, con ingresso presso il convento delle Suore Benedettine di Priscilla. Per la quantità di martiri qui sepolti, questo cimitero è stato definito la regina catacumbarum.
Storia
La catacomba, scavata tra il II ed il V secolo, ebbe inizio da ambienti sotterranei preesistenti:
- arenario,
- criptoportico,
- ipogeo con le tombe degli Acilii Glabrioni.
A questa famiglia appartiene la donatrice del terreno, la matrona Priscilla, la cui memoria ricorre il 16 gennaio nel Martirologio Romano, che la indica come filantropa della comunità cristiana di Roma.
La catacomba deve la loro importanza soprattutto all'impiego per le sepolture di sette papi:
- San Marcellino (296 - 304)
- San Marcello I (308 - 309)
- San Silvestro I (314 - 335)
- Liberio (352 - 366)
- San Siricio (384 - 399)
- San Celestino I (422 - 432)
- Vigilio (537 - 555).
Le tombe pontificie erano nella necropoli di superficie, forse nella Basilica di San Silvestro, identificata - probabilmente erroneamente - in un edificio scavato nel 1906 e totalmente ricostruito.
Questo cimitero, perduto come tanti altri per l'occultamento degli ingressi a protezione dai saccheggi, è stato uno dei primi ad essere ritrovato nel XVI secolo e per questo abbondantemente derubato di lapidi, sarcofagi, tufo e corpi di presunti martiri.
Descrizione
La catacomba di Priscilla è costituita da gallerie cimiteriali scavate nel tufo, che si estendono per circa 13 km di lunghezza, su due livelli di profondità, dove vennero sepolti circa 40.000 cristiani.
Primo piano sotterraneo
Il primo piano, il più antico, si snoda in percorsi irregolari di gallerie, nelle cui pareti sono ricavati i "loculi", le tombe comuni dove il corpo era posto, avvolto in un lenzuolo, direttamente sulla terra, cosparso di calce ad impedirne la rapida putrefazione, e murato con marmi o tegole.
Sulle tombe le iscrizioni erano in greco o in latino, o c'erano piccoli oggetti a permettere il riconoscimento delle tombe anepigrafe.
Solo in questo primo piano, dove erano sepolti i martiri, sono presenti:
- cubicoli, piccoli ambienti utilizzati a tombe di famiglia o di martiri;
- tombe ad arcosolio.
I cubicoli e le tombe ad arcosolio sono, spesso, decorate con immagini sacre, per lo più, Storie dell'Antico o del Nuovo Testamento, che stanno a manifestare la fede nella salvezza e nella resurrezione conseguita grazie a Gesù Cristo. Sulle lapidi tombali sono frequenti anche immagini simboliche, come il pesce.[1]
Nel primo piano della catacomba s'incontrano elementi di particolare interesse storico-artistico, tra i quali i più espressivi sono:
Cubicolo della Velata
L'ambiente prende il nome dal dipinto murale, molto ben conservato, di una lunetta, raffigurante:
- Donna orante velata (detta Velatio) tra un maestro in cattedra, insieme con un uomo ed una donna, ed una madre con il bambino.
Inoltre, sono presenti dipinti, databili alla seconda metà del III secolo, che raffigurano:
- al centro della volta, Gesù Cristo buon pastore;
- nel sottarco d'ingresso, Giona esce dal ventre della balena;
- nella lunetta sinistra, Sacrificio di Isacco;
- nella lunetta destra, Tre giovani ebrei condotti alla fornace.
Ipogeo degli Acilii
L'ipogeo degli Acilii è formato da una larga galleria sotterranea, a cui si accedeva tramite una scala in muratura; sulle pareti si aprono nicchie per le sepolture, a cui più tardi, tra il III ed il IV secolo, si andarono affiancando alcune tombe ad arco, con muratura in laterizio e decorazioni a mosaico.
La galleria sbocca in una grande camera, che in origine sicuramente aveva lo scopo di esser servita come riserva d'acqua e più tardi fu utilizzata a scopo funerario. Nella camera si conservano ancora i sarcofagi di marmo per le sepolture; si trovavano qui la maggior parte delle tombe della famiglia degli Acilii e da qui provengono le varie iscrizioni che menzionano i membri di questa importante gens romana: sono documentati i nomi di un Manio Acilio Vero di rango senatorio, insieme alla sorella Priscilla, un Acilio Glabrione, un Claudio Acilio Valerio ed un Acilio Rufino con l'acclamazione "che tu viva in Dio". Indubbiamente si tratta di parenti di quel Manio Acilio Glabrione, console nel 91, di cui parla Svetonio, che venne condannato con l'accusa di voler introdurre "cose nuove", intendendo forse il cristianesimo.[2]
Presso l'ipogeo degli Acilii si trova una grotta scavata nella pietra da cui si dipartono una serie di cunicoli, scavati dai cristiani stessi, per avere lo spazio necessario per dare sepoltura ai fedeli di condizioni più modeste; infatti, la maggior parte sono loculi chiusi con mattoni su cui veniva dipinto, in rosso, il solo nome del defunto accompagnato dall'espressione pace (saluto apostolico) o da alcuni simboli cristiani, come:
Ninfeo
Sul lato opposto all'ipogeo degli Acilii, si apre un criptoportico rettangolare con la volta in laterizio; in questo spazio furono aperte nel tempo una serie di gallerie e di ambienti, scavate nella roccia tufacea, che in origine dovevano servire come luoghi di conservazione idrica e che, per la presenza di nicchie e giochi d'acqua, forse era utilizzato come luogo di soggiorno durante la calura estiva.
Tutto questo spazio, appartenente all'antica villa, nel corso del II secolo fu riadattato a luogo di sepoltura e fu ingrandito per mezzo di altre camere.
Nicchia della Madonna con Gesù Bambino
In un'ampia galleria con grandi nicchie si conservano due importanti dipinti:
- Buon Pastore con un agnello sulle spalle e due pecore ai suoi piedi tra alberi con fiori color rosso, realizzato in stucco.
- Madonna con Gesù Bambino ed un profeta, che con un rotolo nella mano sinistra ed indica con la destra una stella; questa figura è stato identificato dalla maggior parte degli studiosi con Baalam, in quanto il gesto alluderebbe alla sua profezia: "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele"( Nm 24,15-17 ). La presenza del profeta sta ad indicare nel Bambino il Messia atteso per secoli. Il dipinto, risalendo tra la fine II e l'inizio del III secolo, è la più antica rappresentazione della Madre di Dio.
Cappella greca
La Cappella greca così chiamata per alcune iscrizioni in greco dipinte nel cubicolo principale) è un'aula allungata con tre absidi sul fondo, adibita a cappella per i rituali eucaristici, divisa in due da un arco in muratura, che insieme con le pareti, è decorato da dipinti murali della seconda metà del II secolo, sia di tipo ornamentale (ghirlande e festoni), sia biblici, completati da pannelli di finto marmo e da stucchi di notevole fattura. Tra i dipinti, si evidenziano:
- Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia
- Tre giovani ebrei condotti alla fornace
- Daniele discolpa Susanna
- Adorazione dei Magi
- Resurrezione di Lazzaro
- Noè nell'arca.
Il dipinto più importante di tutta la cappella è quello della nicchia centrale, dove è raffigurata
- Fractio Panis, ossia il banchetto eucaristico, come si denota dal pane che viene spezzato e dal calice di vino che si delinea sulla mensa. Il sacerdote ed archeologo tedesco Joseph Wilpert (1856 – 1944), che la scoprì nel 1894, sostenne che si trattava della raffigurazione di come si svolgeva una celebrazione eucaristica nel II secolo; il carattere liturgico è confermato dal fatto che gli uomini sono a capo scoperto, mentre la donna ha il capo velato, secondo i precetti indicati da san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi.
Accanto alla Fractio Panis vi sono dipinte, anche queste ad affresco, due scene:
- a sinistra, Sacrificio di Isacco;
- a destra, Daniele nella fossa dei leoni.
Inoltre, sull'intonaco della nicchia di destra vi sono le due iscrizioni che hanno dato il nome alla cappella, dove si legge:
(EL) | (IT) | ||||
« | OBRIMOS PALLADIO/ GLYKYTATO ANEPSIO SYNSKOLASTE MNEMES KARIN » | « | Obrimo al dolcissimo cugino e condiscepolo Palladio, di buona memoria » |
(EL) | (IT) | ||||
« | OBRIMOS NESTORIANE/ MAKARIA GLYKYTATE/ SIMBIO MNEMES KARIN » | « | Obrimo alla dolcissima moglie Nestoriana, di buona memoria » |
Secondo piano sotterraneo
Il secondo piano, realizzato alla fine del II secolo, si sviluppa ad una notevole profondità e comprende una lunga e diritta galleria princiaple, da cui partono regolari e perpendicolari ambulacri, realizzati in continuità tra il III ed il IV secolo.
Note | |
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Bibliografia | |
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