Ipogeo di Vibia (Roma)
Ipogeo di Vibia | |
Bottega romana, Defunta accompagnata da un angelo nei Campi Elisi; Giudizio finale sulla defunta (seconda metà del IV secolo), affresco | |
Altro nome | Ipogeo delle monachelle |
---|---|
Collocazione storica | Impero romano |
Civiltà |
Romana Cristiana |
Oggetto generico | Area funeraria |
Oggetto specifico | Sepolcro ipogeo |
Dedicazione non cristiana | Vibia |
Data fondazione | IV secolo |
Scopritore | Giovanni Gaetano Bottari |
Datazione | seconda metà del IV secolo |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Diocesi di Roma Vicariatus Urbis |
Primi scavi | |
Datazione | 1847 - 1951 |
Archeologo | Giuseppe Marchi |
Secondi scavi | |
Archeologo | Enrico Stevenson |
Terzi scavi | |
Archeologo | Antonio Ferrua |
Amministrazione | |
Ente | Pontificia Commissione di Archeologia Sacra |
Indirizzo | Via Appia, 101 - Roma (RM) |
Telefono | +39 06 4465610 |
Fax | +39 06 4467625 |
Posta elettronica | pcas@arcsacra.va |
Sito web | sito web ufficiale |
Note | |
Visitabile a richiesta | |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
L'ipogeo di Vibia è un complesso funerario, situato a Roma, lungo l'antica via Appia, nel moderno quartiere Appio Latino. Il sepolcreto è un esempio interessante di deposizione promiscua, poiché le tombe appartengono sia a cristiani, sia a romani seguaci del culto di Sabazio e di Mitra.
Toponimo
Il nome del complesso funerario deriva da Vibia, sepolta insieme al consorte Vincentius nella tomba più celebre e meglio conservata dell'intero sepolcro. Al momento della sua riscoperta nell'Ottocento esso fu chiamato ipogeo delle monachelle, per la presenza di un dipinto con sei personaggi velati.
Storia
Il complesso, ed in particolare l'ipogeo che le da il nome, fu scoperto ufficialmente da padre Giovanni Gaetano Bottari nella tenuta del Casale della Torretta sull'Appia Antica (di fronte alla Catacomba di San Callisto) ma, in realtà, anche se l'archeologo non specifica quando, venne sicuramente esplorato anche in precedenza; egli si limitò a pubblicare nella sua opera Sculture e pitture sagre estratte dai cimiteri di Roma (1754) alcuni particolari dei dipinti con chiare allusioni al culto orientale del dio tracio-fenicio Sabazio.
Dell'ipogeo si perse la memoria per circa un secolo finché fu riscoperto nel 1847 dall'archeologo gesuita Giuseppe Marchi, suscitando un ampio dibattito sulla presenza in un complesso funerario cristiano di sepolture chiaramente romane.
Alla fine del secolo, Enrico Stevenson si rese conto che l'intero complesso ipogeico era composto da più sepolcri privati, che erano stati collegati tra loro in epoche diverse. Infine, tra il 1951 ed il 1952, per conto della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, don Antonio Ferrua condusse una serie di campagne di scavi che fecero luce su quello che per molti era ancora un vero e proprio mistero.
Descrizione
Impianto strutturale del complesso
Il piccolo complesso funerario si dispone su tre livelli, scavati in momenti successivi, di cui il più antico, e anche meglio conservato, è quello che si trova più in profondità, dove è situato l'ipogeo di Vibia. Il sepolcreto, databile alla seconda metà del IV secolo, è composto da otto distinti ipogei privati, ossia appartenenti a singole famiglie: non era dunque un'area funeraria comunitaria cristiana come la maggior parte delle catacombe romane. Poiché siamo in un'epoca in cui il cristianesimo non era l'unica religione dell'impero, ma coesisteva con altri culti, è facilmente comprensibile che questa situazione socio-religiosa si rifletta anche nei complessi funerari, soprattutto quelli privati: la deposizione di membri di una stessa famiglia, o di famiglie imparentate tra loro, che appartenevano a culti diversi, spiega la presenza di tombe cristiane accanto a quelle romane.
L'attuale ingresso è da una piccola porta a sinistra della via Appia Antica, al numero 101; quello originale era collocato più all'interno, alla fine di un viottolo. La scala, molto ripida, scende fino ad un livello di 6 metri rispetto al piano stradale e conduce ad una galleria che nel corso degli anni, per esigenze di spazio, venne approfondita; in fondo a questa fu scavata una scala da pozzo che scende per ulteriori 12 metri fino ad intercettare la falda freatica. Qui si trova un bacino circolare profondo tre metri e largo due. Ortogonalmente rispetto alle scale d'ingresso, si sviluppa un'altra galleria che, attraverso undici alti gradini, scende fino a nove metri di profondità per arrivare al cosiddetto livello di Vibia.
Ipogeo di Vibia
Nel corridoio centrale della tomba si affrontano due arcosoli: quello di sinistra, bisomo, conteneva i corpi di Vincentius, sacerdote del dio Sabazio, e di sua moglie Vibia. L'iscrizione, dipinta con lettere rosse, posta sopra l'arcosolio così esorta:
« | Quello che vedi è il porto di quiete di Vincentius. molti mi hanno preceduto e io vi aspetto tutti. Mangia, bevi, divertiti e vieni da me. Finché sei vivo, fai del bene. Questo potrai portarlo con te. Qui è sepolto il sacerdote del dio Sabazio, Vincentius, che con mente devota praticò i riti sacrosanti. » |
Nel sottarco, si descrive la morte di Vibia, attraverso tre scene dipinte raffiguranti:
- a sinistra, Ratto di Proserpina da parte di Plutone su una quadriga e Hermes psychopompos (Mercurio che accompagna i defunti agli inferi): scena utilizzata come simbolo della morte. L'iscrizione, infatti, ne chiarisce il significato:
(LA) | (IT) | ||||
« | ABREPTIO VIBIES ET DESCENSIO » | « | Ratto e discesa di Vibia » |
- al centro, Giudizio finale sulla defunta: nella scena si vedono su un alto suggesto, al centro, Dispater (Plutone) e Aeracura (Prosperpina), alla sinistra dei quali sono rappresentate tre figure femminili, le Parche (denominate nell'iscrizione Fata divina), ed alla destra Mercurio (Mercurius nuntius), seguito da Vibia e da Alcestis (la donna che fu tratta viva dall'aldilà ad opera di Ercole, simbolo della sopravvivenza dopo la morte).
- a destra, Vincentius seduto a banchetto con altri sacerdoti devoti: scena utilizzata quale metafora delle gioie dell'oltretomba.
Nella lunetta dell'arcosolio, sono rappresentate:
- a sinistra, Vibia accompagnata da un angelo nei campi Elisi: nella scena si vede la defunta preceduta dal suo angelus bonus, attraversa la porta che introduce nel mondo dei beati (inductio Vibes, commenta l'iscrizione);
- a destra, Vibia nel banchetto dei beati: nella scena sono presentati sei personaggi, detti:
(LA) | (IT) | ||||
« | Coloro che sono stati giudicati dai buoni » | « | Bonorum iudicio iudicati » |
Nei pressi dell'arcosolio di Vibia, vi sono altri due arcosoli, le cui scene dipinte fanno riferimento al culto misterico di Mitra: nel primo il personaggio principale è un miles, un soldato, defunto il cui nome ci è sconosciuto; nel secondo, si trova la tomba di un certo Caricus e di un altro la cui iscrizione recita:
« | M. Aurelio sacerdos dei Solis Invicti Mithrae. » |
Altri ambienti
Di particolare pregio, si possono notare nella complesso funerario altri due ambienti:
- cubicolo monumentale, a pianta quadrata con volta a crociera, con quattro colonne fornite di capitello, scavate ai quattro angoli della sala, che sostengono degli archi ribassati;
- arcosolio, che mostra scene tratte dalla vita dei vignaioli, con riferimento ad attività di acquisto e vendita del vino: per questo motivo è chiamato arcosolio dei vinai.
Le gallerie, molte delle quali sono crollate, continuano in altre direzioni e vanno a intercettare altre piccole necropoli sotterranee e cave di tufo scavate in tempi più recenti.
Note | |
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Bibliografia | |
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Collegamenti esterni | |
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