Catacomba di Santa Tecla (Roma)

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Catacomba di Santa Tecla

Roma Cat.S.Tecla.jpg

Veduta esterna del cubicolo degli Apostoli (a sinistra) con la lunetta con Gesù Cristo fra il collegio apostolico
Collocazione storica Impero romano
Civiltà Cristiana
Oggetto generico Area funeraria
Oggetto specifico Catacomba
Dedicazione Santa Tecla
Scopritore Giovanni Marangoni
Data scoperta 1703
Datazione III secolo
Inizio della costruzione III secolo, fine
Completamento IV secolo, fine
Preesistenze Cava di pozzolana, tintoria e necropoli romana
Localizzazione
Stato bandiera Italia
Regione

bandiera Lazio


Regione ecclesiastica Lazio
Provincia Roma
Comune Stemma Roma
Diocesi Diocesi di Roma
Vicariatus Urbis
Primi scavi
Datazione XVIII - XX secolo
Archeologo Marcantonio Boldetti
Secondi scavi
Archeologo Mariano Armellini
Terzi scavi
Archeologo Umberto Maria Fasola
Amministrazione
Ente Pontificia Commissione di Archeologia Sacra
Indirizzo Via Silvio D'Amico
Roma (RM)
Telefono +39 06 4465610
Fax +39 06 4467625
Posta elettronica pcas@arcsacra.va
Note
Visita a richiesta
Coordinate geografiche
41°51′06″N 12°28′43″E / 41.851680, 12.478536 Stemma Roma
Mappa di localizzazione New: Roma
Catacomba di Santa Tecla (Roma)

La catacomba di Santa Tecla è un'area funeraria cristiana, situata a Roma, lungo la via Ostiense, nel moderno quartiere Ostiense, a breve distanza dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura.

Toponimo

Le fonti antiche parlano di un cimitero posto nei pressi della Basilica di San Paolo. In particolare la Notitia ecclesiarum urbis Romae (VII secolo) ne indica la collocazione in australi parte (cioè a sud della chiesa), supra montem positam, e attesta che il corpo della martire Tecla quiescit in spelunca; inoltre, la Notitia parla di una basilica nel sopra terra, che però non è mai stata ritrovata.

Su chi sia effettivamente questa Tecla, completamente sconosciuta ai documenti storici, gli studiosi ancora oggi non hanno raggiunto una certezza assoluta. Secondo alcuni, tra cui Paul Styger, potrebbe trattarsi di santa Tecla di Iconio, martirizzata a Seleucia (Asia minore), dove in origine si trovava la sua sepoltura; successivamente le reliquie della santa sarebbero state traslate a Roma e deposte nel cimitero della via Ostiense per la sua vicinanza con la Basilica di San Paolo. La martire, infatti, secondo gli Acta Pauli et Teclae apocrifi, era strettamente legata alle vicende dell'apostolo e si era convertita in seguito alla sua predicazione.

L'archeologo Umberto Maria Fasola ed altri escludono l'ipotesi di una traslazione delle reliquie nella catacomba e ritengono che si tratta di una martire romana, di nome Tecla, uccisa durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano agli inizi del IV secolo e deposta presso la Basilica di San Paolo; ma della sua storia non se ne sa nulla. Infatti, vi è un solo indizio monumentale che attesta questa martire, per di più scoperto non nella catacomba, ma nel vicino cimitero di Commodilla: è un'iscrizione in cui si afferma che una fedele cristiana morì nel dies natalis di Tecla, ossia lo stesso giorno di Tecla, ma purtroppo non è riportata la data della morte.

Storia

L'area cimiteriale, sopra e sotto terra, per quanto riguarda la parte ipogea cristiana, nasce alla fine del III secolo e si sviluppa fino alla fine del IV secolo.

La catacomba di Santa Tecla appare negli itinerari per pellegrini dell'Alto Medioevo. Poi sprofonda nell'oblio come la maggior parte delle altre catacombe romane.

La riscoperta del cimitero è piuttosto tardiva. Fu Giovanni Marangoni il primo ad entrarvi nel 1703, e successivamente Marcantonio Boldetti nel 1720 ne pubblicò la pianta: entrambi, non essendo riusciti ad identificarla, la chiamarono cimitero al ponticello di san Paolo, in riferimento ad un vicino ponte che attraversava il fosso di Grottaperfetta.

Nella seconda metà del XIX secolo, Mariano Armellini, studiando in modo sistematico il cimitero, fu il primo ad identificarlo come la catacomba della martire Tecla, di cui parlavano le fonti storiche.

Un nuovo impulso allo studio dell'area funeraria venne nel 1961 quando, durante i lavori di costruzione di un moderno edificio nel sopra terra, fu segnalata la presenza di importanti manufatti antichi: questa fu l'occasione per riportare alla luce l'intero complesso cimiteriale compresa l'area subdiale romana.

Gli scavi condotti dall'archeologo Umberto Maria Fasola hanno permesso di riportare alla luce l'intero complesso cimiteriale compresa l'aerea subdiale romana. Inoltre, lo stesso studioso è giunto alla conclusione che nel III secolo, dopo che era stata abbandonata una precedente area industriale (sono state scoperte una cava di pozzolana e resti di una tintoria), l'area fu trasformata per usi funerari sia romani (nel sopra terra) che cristiani (nel sottoterra).

Descrizione

Dal punto di vista archeologico, si tratta di un sito particolarmente interessante e complesso: oltre alla parte sotterranea, infatti, è ancora visibile in discrete condizioni, in corrispondenza delle catacombe sottostanti, un'area cimiteriale sub-divo (in superficie), che accoglieva tombe e sepolcri romani, sviluppatasi tra il I ed il III secolo.

Il fulcro dell'intero complesso sotterraneo è una piccola basilica in cui si trova la tomba venerata della martire, da essa si diparte poi tutta una serie di gallerie sepolcrali che presentano sistemi di sepoltura particolarmente originali, e che rappresentano quasi un unicum in ambiente romano.

Basilica

La piccola basilica venne costruita sfruttando un complesso funerario preesistente e più antico sul quale si è poi andata impostando l'attuale catacomba, stravolgendone l'assetto primitivo. Si trattava in origine di un piccolo cimitero ipogeo costituito da una semplice galleria sulla quale si aprivano dei cubicoli e delle nicchie e nel quale venne sepolta la martire probabilmente in epoca dioclezianea.

L'ingresso era costituito da una stretta scala. Questa prima fase cimiteriale viene collocata, sulla base di studi stratigrafici e delle strutture murarie rinvenute in situ, alla fine del III secolo. La costruzione della basilica risale invece agli inizi del IV secolo, subito dopo la pacificazione di Costantino. In questo periodo poi è molto frequente il desiderio di ingrandire i centri di culto, di valorizzarli e di rendere più facile la loro visita ai pellegrini che sempre più numerosi giungevano a Roma.

Per realizzare la basilica si allargò la galleria precedente, venne mantenuta intatta la parete settentrionale, mentre quella meridionale fu totalmente distrutta per consentire l'allargamento. Interessante notare come sulla parete nord in alcuni punti è perfettamente visibile l'attacco originario della prima volta, si vede una specie di arcuatura lungo tutto il muro che ci permette di immaginare come doveva essere la galleria preesistente. Inoltre, vi fu un innalzamento della volta originaria e la creazione di nuove nicchie sulle pareti, l'ingresso rimase quello originario, con l'allargamento della scala, per rendere più facile l'accesso ai pellegrini.

La basilica è suddivisa in tre ambienti da tre doppie arcate che poggiano su pilastri. Il sepolcro della martire si trova all'estremità occidentale della basilica. Si tratta di un monumentale arcosolio con mensa nella parte superiore ed è particolare per le sue insolite dimensioni in un ambiente così piccolo. Per favorire l'illuminazione in questo punto venne aperto, in corrispondenza della tomba, un grande lucernario. Tutte le pareti della nuova struttura vennero ricoperte da intonaco bianco, decorato con motivi lineari rossi di cui restano alcune tracce soltanto alla base della scala d'accesso.

Retrosanctos

In seguito all'impianto della basilica, intorno alla metà del IV secolo, fu deciso di ampliare ancora di più l'area sotterranea di sepoltura e di creare nuove gallerie cimiteriali che avessero la funzione di retrosanctos, ossia un luogo vicino alla tomba del martire in cui i fedeli vogliono essere sepolti per godere, secondo la tradizione, della sua intercessione. Nelle immediate vicinanze dell'arcosolio venerato si affollano, infatti, molte deposizioni che vanno progressivamente diminuendo più ci si allontana dalla basilica.

Pozzi sepolcrali e laterizi

Nella catacomba è presente una tipologia di inumazione inusuale negli altri cimiteri romani, anche se non completamente sconosciuta. Infatti, nelle gallerie si aprono delle vaste camere funerarie, chiamati pozzi sepolcrali, che si sviluppano in profondità, sino a raggiungere un livello di quasi tre metri al di sotto del piano di calpestio delle gallerie. Le pareti laterali delle camere sono totalmente occupate da file ordinate di loculi che sono stati scavati in modo regolare, con le stesse misure ed alle stesse distanze. Questo non sarebbe insolito, visto che un sistema simile è presente anche in altre catacombe, come in quella vicina di Commodilla, anch'essa caratterizzata dalla presenza di questi pozzi. Estremamente interessante, invece, è il fatto che lo spazio centrale di queste camere fosse totalmente riempite da tombe a cappuccina,[1] le une addossate alle altre, in modo da sfruttare intensivamente lo spazio utile. Le sepolture venivano dapprima poste sul piano pavimentale separate le une dalle altre da lastroni fittili e, una volta esaurito questo spazio, le altre venivano sistemate sopra alle prime in modo da formare tanti strati uno sopra l'altro. Spesso gli strati erano separati, ad altezze costanti, da una gettata di calce fatta per motivi igienici. La cosa che più colpisce in questo caso è il totale anonimato che contraddistingue questo tipo di sepoltura, infatti di solito le deposizioni sono caratterizzate da iscrizioni con nomi o più spesso da oggetti o segnali che permettano il riconoscimento da parte dei parenti del defunto. Qui, invece, questa sorta di personalizzazione del sepolcro è del tutto assente, e le sepolture si dispongono una sopra l'altra disordinatamente per tutta l'altezza della camera. Quando i pozzi sepolcrali erano riempiti l'ingresso veniva chiuso con dei muri, di solito in tufelli e mattoni, alcuni dei quali sono ancora in situ.

Inoltre, un'altra specificità di questa catacomba, che ha suscitato grande interesse durante gli scavi archeologici, è la notevole quantità di materiale laterizio rinvenuto in tutto il complesso. Infatti, laterizi di buona fattura (sesquipedali e bipedali), erano utilizzati nelle tombe a cappuccina che venivano ammassate nelle camere sepolcrali. Questo non è un fenomeno riscontrabile altrove, almeno non con questa entità, poiché il materiale ritrovato è abbondante e di buona qualità, il che appare singolare se si pensa che era destinato ad essere accatastato e poi ricoperto da altre tombe o da calce, tanto è vero che sarebbe stato più razionale usarlo di recupero o di scarto ed, invece, i laterizi risultano essere stati usati qui per la prima volta. A riguardo sono state avanzate varie ipotesi, ma la spiegazione è stata individuata grazie ad un accurato studio sui bolli rinvenuti. Risulta, infatti, evidente che i laterizi sono tutti risalenti alla stessa epoca, il periodo compreso tra Settimio Severo e Caracalla (fine II - inizio III secolo), e soprattutto si è notato che provengono per la maggior parte da una stessa fabbrica. È quindi possibile che i fossori, ossia gli scavatori di catacombe, si fossero serviti di un deposito di materiale non utilizzato, ma ammassato nelle vicinanze per grandi imprese edilizie risalenti al secolo precedente. La probabile destinazione originaria dei laterizi potevano essere le Terme di Caracalla, poiché il luogo del deposito era relativamente vicino al cantiere e il trasporto era reso più facile dalla presenza del fiume.

Cubicolo degli Apostoli

Cubicolo degli apostoli, Volta con Buon Pastore e Apostoli (metà del IV secolo), affresco

La decorazione pittorica della catacomba di santa Tecla si trova in pessimo stato di conservazione, a tal punto che l'Mariano Armellini nell'Ottocento li aveva definiti: Le pitture più brutte della Roma sotterranea.. Malgrado questo, durante alcuni lavori di restauro, condotti tra il 2009 ed 2010, nel cosiddetto cubicolo degli Apostoli sono riemersi alcuni dipinti murali, ad affresco, databili alla metà del IV secolo, raffiguranti:

Si tratta delle più antiche immagini degli apostoli finora conosciute. Infatti, se per Andrea e Giovanni si tratta delle prime immagini, per Pietro e Paolo esistono delle raffigurazioni della metà del IV secolo, ma mai da soli o in forma di icona. L'identificazione degli apostoli è stata fatta grazie al raffronto con alcune raffigurazioni ravennati, leggermente posteriori, ma dotate di iscrizione didascalica. Il cubicolo, dove è avvenuta la sensazionale scoperta, di modeste dimensioni, due metri per due, fu commissionato da una donna patrizia di epoca tardo imperiale, che scelse per la decorazione alcuni temi biblici. La matrona è rappresentata al centro della lunetta di un arcosolio, ingioiellata e accompagnata dalla figlia, nell'atteggiamento dell'orante, con in mano un rotolo, simbolo di cultura e sapienza. Le donne sono affiancate da due santi, che le introducono nel Regno dei Cieli.

Nella volta del cubicolo è dipinto un finto soffitto a cassettoni, nel mezzo del quale è raffigurato il Buon Pastore con una pecora sulle spalle, attorniato dal gregge. Agli angoli, i volti degli Apostoli entro clipei. Giovanni è il più giovane. Pietro si riconosce dalla folta capigliatura e dalla barba bianca, mentre Paolo mostra, come di consueto, la barba appuntita e una incipiente calvizie. Fu proprio l'immagine di quest'ultimo ad apparire nel giugno 2009.[2]

Il lavoro di restauro, è quindi proseguito, fino al 2010, liberando gli affreschi dallo strato di calcare di cui erano ricoperti, e riportandoli alla luce nella loro pur limitata gamma di colori, dal rosso, al rosa, al giallo, al blu. I dipinti non sono stati eseguiti da un pittore particolarmente raffinato e presentano i tratti esecutivi peculiari dello stile compendiario caratteristico delle catacombe, dove gli affreschi si vedevano alla luce delle fiaccole o delle lucerne ed era inutile soffermarsi sui particolari.

La lunetta sopra l'ingresso del cubicolo è decorata con Gesù Cristo fra il collegio apostolico, in una composizione pittorica tipica delle absidi delle basiliche paleocristiane.

Note
  1. La tomba a cappuccina è una fossa coperta da tegole o mattoni spioventi.
  2. L'annuncio della scoperta è stato dato dall'Osservatore Romano, del 28 giugno 2009, in questi termini:
    « Venerdì 19 giugno. Mentre si procede a un lento e accurato restauro della decorazione pittorica di un cubicolo delle catacombe romane di Santa Tecla sulla via Ostiense, una sensazionale scoperta impressiona gli archeologi che seguono il lavoro da più di un anno. Nella mattinata il laser mette in luce il volto severo e ben riconoscibile di san Paolo, tra i più antichi e i più definiti che ci abbia consegnato la civiltà figurativa dell'antichità cristiana. Anzi, per le sue caratteristiche può essere considerato la più antica icona dell'apostolo finora conosciuta. Il volto, circondato da uno sfavillante clipeo giallo oro su rosso vivo, emoziona per il suo graffiante espressionismo. (..) »
  3. Con il marcatore blu si identificano le catacombe ebraiche, con quello rosso le deposizioni comunitarie e con quello verde le deposizioni singole o famigliari. Cliccando col mouse sui marcatori si apre la pagina corrispondente.
Bibliografia
  • Filippo Coarelli, Dintorni di Roma, in "Guide archeologiche Laterza", Editore Laterza, Bari 1981, p. 216
  • Leonella De Santis, Giuseppe Biamonte, Le catacombe di Roma, Editore Newton & Compton, Roma 2007, pp. 96 - 103
  • Pasquale Testini, Archeologia cristiana, Editore Edipuglia, Bari 1980, pp. 199 - 200
  • Umberto Maria Fasola, Il complesso catacombale di S. Tecla, in "Rivista di Archeologia Cristiana", n. 40 (1964), pp. 19 - 50
  • V. Scrinari Santa Maria, Il complesso cimiteriale di Santa Tecla, in "Rendiconti della Pontifica Accademia Romana di Archeologia", n. 55 - 56 (1985), pp. 389 - 420
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 21 marzo 2016 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.