Girolamo Ghinucci
Girolamo Ghinucci Cardinale | |
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Età alla morte | 61 anni |
Nascita | Siena 1480 |
Morte | Roma 6 luglio 1541 |
Sepoltura | Basilica di San Clemente al Laterano (Roma) |
Ordinazione presbiterale | in data sconosciuta |
Nominato vescovo | 16 ottobre 1512 papa Giulio II |
Consacrazione vescovile | in data sconosciuta |
Creato Cardinale |
21 maggio 1535 da Paolo III (vedi) |
Cardinale per | 6 anni, 1 mese e 16 giorni |
Incarichi ricoperti | |
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Girolamo Ghinucci o Ginucci (Siena, 1480; † Roma, 6 luglio 1541) è stato un cardinale e vescovo italiano.
Cenni biografici
Nacque a Siena nel 1480 da una nobile famiglia. Lasciò la città natale ancora fanciullo e fu educato a Roma dove, molto probabilmente, da Andreoccio Ghinucci[1] fu introdotto presso la Curia romana.
Fu canonico della cattedrale di Siena ed entrò nella Curia romana come Chierico di Camera. Fu segretario di papa Giulio II che lo promosse auditor Camerae.
Negli anni delle guerre pontificie per il recupero del dominio diretto di comunità e province su cui si concentrava l'interesse delle potenze francese, spagnola e veneziana, al Ghinucci fu concesso nel 1512 il vescovato di Ascoli Piceno e gli fu assegnato il compito di preparare il concilio Lateranense, al quale partecipò a partire dalla seconda sessione.
Nel lavorio diplomatico teso alla costituzione della lega antifrancese, all'audotor Camerae fu affidato, oltre alla preparazione del concilio, la cura delle relazioni con l'Inghilterra. La prima era un passaggio importante per unire i vescovi papisti e i filospagnoli; altrettanto necessaria era la seconda, finalizzata alla ricerca dell'appoggio inglese, che in quel frangente ebbe successo con l'adesione di Enrico VIII alla Lega santa il 17 novembre 1512.
Con Leone X le funzioni del prelato furono riconfermate. I lavori del concilio ripresero con la sesta sessione dove l'obiettivo di neutralizzare il pericolo degli Scismatici pisani e spingere Luigi XII alla moderazione, prevalse sul dibattito teologico.
Ghinucci prese parte ai lavori della terza commissione dedicata al concordato con la Francia. Sui benefici e le annate, nonché sulla capitale controversia della sottomissione del papa al concilio ecumenico, le posizioni del Ghinucci furono orientate a limitare il potere del re francese. In questo senso andò l'intervento del audotor Camerae in conclusione del concilio; egli chiese infatti il rispetto del compromesso raggiunto con Francesco I e l'accettazione formale del concordato, al fine di evitare la prevalenza delle posizioni radicali nel fronte francese; l'abolizione della prammatica sanzione era vista in Francia come un limite alla facoltà di elezione dei vescovi.
Negli anni immediatamente successivi, l'attività diplomatica del Ghinucci con Londra continuò durante le guerre per Siena e per Urbino. In entrambi i casi le obiettive convergenze dell'Inghilterra e del Papato mediceo fecero del Ghinucci un ambasciatore dell'uno e dell'altro Stato. Fu senz'altro questa delicata e importante attività che nel 1518 condusse il pontefice alla scelta del Ghinucci per la nunziatura d'Inghilterra. Enrico VIII lo volle a sua volta suo ambasciatore presso la corte spagnola di Carlo V. Presso la corte inglese il nunzio ebbe modo di curare gli orientamenti teologici del monarca inglese nel periodo in cui la disputa con Lutero si faceva più acuta e carica di implicazioni politiche.
L'opposizione del Ghinucci a Lutero era iniziata ben prima e non solo dalla prospettiva teologico-politica. Fu nominato auditor Camerae già da Giulio II e aveva lasciato il vescovato di Ascoli il 30 luglio 1518, l'anno in cui iniziò l'istruttoria per il processo a Martin Lutero.
La scelta del papa di assegnare la causa di eresia al tribunale dell'auditor Camerae è da considerarsi rilevante sia per la chiara manifestazione di affidabilità data al Ghinucci sia perché la bolla Decet Romanum pontificem del 1512 aveva posto dei limiti alla giurisdizione sugli ecclesiastici da parte di quel tribunale.
Dopo il parere del maestro del Sacro Palazzo Silvestro Mazzolini da Prierio, all'inizio di luglio il Ghinucci inviò la citazione a Lutero con l'accusa di eresia e spregio all'autorità papale. Per il tramite del generale dei domenicani Tommaso de Vio, legato presso la corte imperiale, la citazione giunse a Lutero il 7 agosto. L'interrogatorio davanti all'auditor Camerae comunque non si fece, Lutero non venne a Roma e il processo si tenne in Germania.
Nel 1522 fu trasferito alla sede vescovile di Worcester, ma nel 1535 la sede gli fu tolta dal re inglese, che nel 1534 aveva rotto le relazioni con la Santa Sede e aveva fondato una Chiesa di Stato; comunque mantenne il titolo vescovile di Worcester fino alla morte. Frattanto nel 1523 fu nominato amministratore apostolico della diocesi di Malta, a cui rinunciò nel 1538.
Quando Roma veniva sottoposta al sacco del 1527 a Londra si consumava la crisi manifestatasi con la richiesta del divorzio tra Enrico VIII e Caterina d'Aragona. Quello fu il punto di non ritorno per il cancelliere Thomas Wolsey, che nel giro di due anni passò dal ruolo di potentissimo consigliere del re alla drammatica caduta in disgrazia, con l'arresto nel 1529, cui seguì, l'anno successivo, la morte. Non poteva il Ghinucci rimanere immune dalle conseguenze di tale crisi, pur riuscendo a mantenere ancora buone relazioni con il monarca. Ancora nel 1531 cercava di convincere Clemente VII a concedere la dispensa chiesta da Enrico VIII.
Il fallimento di questi tentativi e l'affermazione della Riforma anglicana comportarono la fine dei rapporti del Ghinucci con la corte inglese, nonché la perdita del vescovato di Worcester, da cui fu escluso il 31 maggio 1535.
Papa Paolo III lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 21 maggio 1535 e il 31 maggio seguente ricevette il titolo di Santa Balbina.
Col pontificato del Farnese il Ghinucci condusse una triplice, complessa azione di natura politica, diplomatica e teologica sulla riforma della Curia, sulla mediazione con l'Impero in preparazione del concilio e infine sull'istituzione della Compagnia di Gesù.
In questi anni gli furono affidate due sedi vescovili vacanti, quella di Cavaillon, presso Avignone nel 1537 e l'amministrazione di quella di Tropea, in Calabria, l'anno seguente, mandato che tenne fino alla morte. Nel 1537 optò per il titolo di San Clemente.
Fallito l'obiettivo di riunire l'assise conciliare a Mantova, fu ancora protagonista del lavoro diplomatico volto all'organizzazione e all'impostazione da dare alle sessioni nella commissione a ciò deputata, istituita il 7 gennaio 1538 e di cui facevano parte tra gli altri i cardinali Lorenzo Campeggi, Giacomo Simonetta, Gasparo Contarini, Gianvincenzo Carafa e Reginald Pole. In quel momento la sede sembrava poter essere Vicenza, ma le trattative avvenivano in mezzo alle molte complicazioni diplomatiche dovute al conflitto europeo e alle opposizioni dei protestanti, difficoltà che portarono alla decisione, presa da Paolo III e Carlo V nel loro incontro di Genova nel giugno 1538, di rinviare il concilio.
Dal 7 gennaio 1538 al 10 gennaio 1539 ricoprì la carica di Camerlengo del Sacro Collegio.
Il Ghinucci non vide il concilio, ma la discussione sulla riforma della Curia e della Dataria apostolica, cui invece partecipò, lo vide tra quei "vecchi canonisti" che assunsero una posizione conservatrice vicina a Lorenzo Campeggi e tuttavia non conforme al comportamento "apertamente reazionario" della Penitenzieria apostolica guidata dai fiorentini Pucci (Lorenzo Pucci, Antonio Pucci, Roberto Pucci), gelosi difensori dei privilegi di famiglia e della burocrazia curiale. Con la bolla del 23 agosto 1535 il Papa diede vita alla deputazione per la riforma della Curia, in cui il Ghinucci, Giacomo Simonetta e Cristoforo Giacobazzi ebbero una posizione dominante e prevalsero su Francesco Piccolomini, Antonio Sanseverino, Paolo Emilio Cesi e Pierre Van Der Worst. La conclusione cui si pervenne l'11 febbraio dell'anno seguente non intaccò sostanzialmente la vecchia organizzazione e si limitò a modificare alcune norme sugli abiti del clero, la residenza e l'ufficio dei parroci.
Morì a Roma e fu sepolto nella chiesa del suo titolo.
Successione degli incarichi
Predecessore: | Vescovo di Ascoli Piceno | Successore: | |
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Lorenzo Fieschi[2] | 16 ottobre 1512-30 luglio 1518 | Giulio de' Medici (amministratore apostolico) |
Predecessore: | Vescovo di Worcester | Successore: | |
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Giulio de' Medici (amministratore apostolico) |
26 settembre 1522-6 luglio 1541 | Nicholas Heath |
Predecessore: | Amministratore apostolico di Malta | Successore: | |
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Carlo Urríes[3] | 10 settembre 1523-20 marzo 1538 | Tommaso Bosio[4], O.S.Io.Hieros. (vescovo) |
Predecessore: | Cardinale presbitero di Santa Balbina | Successore: | |
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Giovanni Piccolomini | 31 maggio 1535-25 gennaio 1537 | Gasparo Contarini |
Predecessore: | Cardinale presbitero di San Clemente | Successore: | |
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Andrea Matteo Palmieri | 25 gennaio 1537-3 luglio 1541 | Gian Pietro Carafa |
Predecessore: | Amministratore apostolico di Cavaillon | Successore: | |
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Mario Maffei[5] (vescovo) |
6 luglio 1537-16 luglio 1540 | Alessandro Farnese il Giovane |
Predecessore: | Camerlengo del Collegio Cardinalizio | Successore: | |
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Lorenzo Pucci | 7 gennaio 1538-10 gennaio 1539 | Giacomo Simonetta |
Predecessore: | Amministratore apostolico di Tropea | Successore: | |
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Innocenzo Cybo | 19 giugno 1538-6 luglio 1541 | Giovanni Poggio (vescovo) |
Note | |
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Bibliografia | |
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- Vescovi di Ascoli Piceno
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