Verità (Bibbia)

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Icona di Gesù maestro, "via, verità e vita" (Gv 14,6 ): il libro che il Cristo ha in mano indica che egli insegna la verità
1leftarrow.png Voce principale: Verità.

« Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità (אֱמוּנָה, emunah) e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà (אֱמֶת, emeth) alla grande assemblea»

« Disse Gesù: Io sono la via, la verità (ἀλήθεια, alētheia) e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. »

Nella Bibbia la parola italiana verità, calco del latino della Vulgata veritas, corrisponde al termine ebraico אֱמֶת ('emeth) e, un po' meno, ad אֱמוּנָה ('emunah): i due termini possono distintamente significare "fidatezza", "affidabilità", "sicurezza", "stabilità", "durevolezza", "durata", "permanenza", "fedeltà", "fede", "fiducia".

Nella Bibbia greco tali termini sono resi con la parola ἀλήθεια, alētheia (da a-lethès, "non nascosto"), il cui significato è, nel Nuovo Testamento, "ri-velazione", "svelamento", "non-occultamento".

Nel passaggio dall'ebraico al greco viene operato uno spostamento dell'attenzione del lettore:

  • il termine semitico insiste sull'ascolto, sulla voce che diventa parola, sulla parola che diventa comandamento o promessa, sulla promessa che quando si compie diventa prassi e perciò è vera; si fonda su un'esperienza religiosa, quella dell'incontro con Dio; la verità ebraica è anzitutto fedeltà all'alleanza;
  • il termine greco rimanda invece ad una verità che consiste soprattutto in un'osservazione visiva: visione, contemplazione, idea, immagine, rappresentazione grafica o plastica[1], e quindi "teoria", nel senso di risistemazione mentale, continua, di concetti; più dinamicamente, nel mondo greco-latino, veritas o alētheia è anche un processo rivelativo, storico-narrativo di eventi e parole importanti di cui si è stati, personalmente o indirettamente, testimoni oculari.

Le due verità, quella semitica e quella greca, s'incontrano tra loro in alcuni testi del Nuovo Testamento, e si fondono in Gesù, per fede accolto come il Cristo e il Signore, riconosciuto Figlio eterno di Dio: in lui la verità è la pienezza della rivelazione egli porta.

Nell'Antico Testamento

Il sostantivo ebraico ´emet, spesso tradotto con "verità", deriva dal verbo ´aman[2], che significa fondamentalmente "essere solido, sicuro, degno di fiducia"; la verità è quindi la qualità di ciò che è stabile, provato, ciò su cui ci si può appoggiare. In tal senso una pace di verità (Ger 14,13 ) è una pace salda, duratura; una via di verità (Gen 24,48 ) è una via che conduce sicuramente alla metà; "in verità" significa talvolta (Is 16,5 ) "in modo stabile", "per sempre".

La prima volta nella Bibbia della CEI il sostantivo verità compare in Gen 42,16 . Nell'incontro con i suoi fratelli, Giuseppe, che è in Egitto, li mette alla prova esigendo da loro di mandare a prelevare il fratello più giovane: così saranno verificate le loro parole, "per sapere se la verità è dalla vostra parte" (Gen 42,16 ). Il traduttore dei LXX ha costruito diversamente la frase: "se dite la verità", ed ha utilizzato la forma verbale ἀληθεύω (alētheúō).

Applicato a Dio od agli uomini, il termine ´emet si traduce sovente con fedeltà, perché appunto la fedeltà di uno ci impegna a dargli fiducia.

La verità di Dio

La ´emet di Dio è legata al suo intervento nella storia in favore del suo popolo: YHWH è il Dio fedele (Dt 7,9;32,4 ; Sal 31,6 ; Is 49,7 ). L'importanza di questo attributo non si spiega bene che nel contesto dell'alleanza e delle promesse: "YHWH tuo Dio è Dio, il Dio fedele che, conserva la sua alleanza ed il suo amore per mille generazioni a coloro che lo amano" (Dt 7,9 ). Il Sal 89 , a proposito dell'alleanza davidica, è consacrato tutto a celebrare la fedeltà di Dio.

Il senso fondamentale del termine è chiarissimo nel Sal 132,11 : "YHWH ha giurato a Davide ´emet, non si ritrarrà da essa"; qui il giuramento, chiamato ´emet, è con ciò stesso qualificato come infrangibile.

Sovente ´emet è associato a hesed (vedi Sal 89;138,2 ) per indicare l'atteggiamento fondamentale di Dio nell'alleanza: è una alleanza di grazia, alla quale Dio non è mai venuto meno (Es 34,6-7 ; cfr. Gen 24,27 ; 2Sam 2,6;15,20 ).

Altrove la fedeltà è congiunta agli attributi di giustizia (Os 2,21-22 ; Nee 9,33 ; Zc 8,8 ) o di santità (Sal 71,22 ), ed assume un significato più generale, senza riferimento all'alleanza.

In parecchi salmi la stabilità divina è presentata come una protezione, un rifugio per il giusto che implora il soccorso divino: di qui le immagini del bastione, dell'armatura, dello scudo (Sal 91 ), che pongono in evidenza la saldezza dell'appoggio divino (cfr. Sal 40,12;43,2-3;54,7;61,8 ).

La ´emet caratterizza ancora la parola di Dio e la sua legge. Davide dice a YHWH: "Le tue parole sono verità" (2Sam 7,28 ), perché le promesse divine assicurano la perpetuità alla sua casa. I salmi celebrano la verità della legge divina (Sal 19,10;111,7-8;119,86.138.142.151.160 ); secondo il testo citato per ultimo, la verità è ciò che vi è di essenziale, di fondamentale nella parola di Dio: essa è irrevocabile, rimane per sempre.

La verità degli uomini

Anche qui si tratta di un atteggiamento fondamentale di fedeltà (cfr. Os 4,2 ). Gli "uomini di verità" (Es 18,21 ; Nee 7,2 ) sono uomini di fiducia, ma i due testi aggiungono "che temono Dio", il che collega questo apprezzamento morale al contesto religioso del jahvismo. Ordinariamente la "verità" degli uomini designa direttamente la loro fedeltà all'alleanza ed alla legge divina. Descrive quindi l'insieme del comportamento dei giusti; di qui il parallelismo con "perfezione" (Gs 24,14 ), "cuore integro" (2Re 20,3 ), il "bene" ed il "diritto" (2Cr 31,20 ), "diritto e giustizia" (Is 59,14 ; cfr. Sal 45,5 ), "santità" (Zc 8,3 ). "Fare la verità" (2Cr 31,20 ; Ez 18,9 ) e "camminare nella verità" (1Re 2,4;3,6 ; 2Re 20,3 ; Is 38,3 ), significa essere fedeli osservatori della legge del Signore (cfr. Tb 3,5 ).

Per le relazioni degli uomini fra di loro riappare la formula "fare la bontà e la verità" (Gen 47,29 ; Gs 2,14 ): l'espressione significa "agire con benevolenza e lealtà, con una bontà fedele". La ´emet significa parimenti il rispetto delle norme del diritto nell'esercizio della giustizia (Pr 29,14 ; Es 18,8 ; Zc 7,9 ) o la perfetta sincerità nel linguaggio; ma anche qui si ritrova la sfumatura fondamentale: una lingua sincera "rimane per sempre" (Pr 12,19 ).

Un testo particolarmente significativo è Tb 14,8 , dove alētheia ricorre due volte formando un chiasmo, all'interno di una serie di raccomandazioni del padre ai figli: Tobi raccomanda di servire Dio "nella verità", di fare ciò che a lui piace, di insegnare ai propri figli a fare la giustizia e l'elemosina, a ricordarsi di Dio, a benedire il santo nome in ogni circostanza, "nella verità e con tutte le forze". È notevole in questo versetto la correlazione ad alētheia dei vari elementi inclusi tra le due occorrenze del termine "verità".

La verità rivelata

Nella tradizione sapienziale ed apocalittica, la nozione di verità assume un senso parzialmente nuovo che prepara il Nuovo Testamento: designa la dottrina di sapienza, la verità rivelata. In taluni salmi (25,5;26,3;86,11), l'espressione "camminare nella verità di Dio" lascia capire che questa verità non è semplicemente il comportamento morale, ma la legge stessa che Dio insegna ad osservare. I sacerdoti devono trasmettere "una dottrina di verità" (Mal 2,6 ): è l'insegnamento che viene da Dio.

"Verità" diventa quindi sinonimo di "sapienza": "Acquista la verità, non la vendere: sapienza, disciplina ed intelligenza" (Pr 23,23 ; cfr. Pr 8,7;22,21 ; Sir 12,10 ); "fino alla morte lotta per la verità" (Qo 4,28 secondo i LXX).

La parola "verità", indicando il disegno ed il volere di Dio, è pure affine a "mistero" (Tb 12,11 ; Sap 6,22 ). Al momento del giudizio, i giusti "comprenderanno la verità" (Sap 3,9 ), non nel senso che debbano esperimentare la fedeltà di Dio alle sue promesse oppure vedere l'essere stesso di Dio, ma comprenderanno il suo disegno provvidenziale sugli uomini.

Per Daniele, "il libro della verità" (Dn 10,21 ) è quello in cui è scritto il disegno di Dio: la verità di Dio è la rivelazione del suo disegno (9,13), è ancora una visione celeste o la spiegazione del suo significato (8,26;10,1;11,2), è la vera fede, la religione di Israele (8,12).

Quest'uso del termine si conserva nel giudaismo apocalittico e sapienziale extrabiblico. A Qumran "l'intelligenza della verità di Dio" è la conoscenza dei misteri[3], che però si ottiene mediante l'interpretazione vera della legge: "convertirsi alla verità"[4] significa "convertirsi alla legge di Mosè"[5]. Dottrina rivelata, la verità ha pure una portata morale, si oppone alla iniquità: i "figli della verità"[6] sono coloro che seguono "le vie della verità"[7]. La verità finisce così per designare a Qumran l'insieme delle concezioni religiose dei figli dell'alleanza.

Nel Nuovo Testamento

Il senso ereditato dall'Antico Testamento

In Paolo, più che altrove nel Nuovo Testamento, la nozione di verità (alètheia) presenta le sfumature che aveva nei LXX. L'apostolo se ne serve nel senso di "sincerità" (2Cor 7,14;11,10 ; Fil 1,18 ; 1Cor 5,8 ) o nella espressione "dire la verità" (Rm 9,1 ; 2Cor 12,6 ; Ef 4,25 ; 1Tim 2,7 ).

Profondamente biblica è la formula "la verità di Dio" per designare la fedeltà di Dio alle sue promesse (Rm 3,7 ; cfr. Rm 3,3;15,8 ; 2Cor 1,18-20 : le promesse del Dio fedele hanno il loro "sì" in Cristo); in Rm 15,8 , sostenendo la tesi che il vangelo è verità di Dio ai giudei (e "giustificazione gratuita" per i greci pagani), Paolo scrive che "Cristo e diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà[8] di Dio nel compiere le promesse dei padri.

Troviamo anche alètheia nel senso di "verità morale", di "rettitudine". In opposizione all'ingiustizia (1Cor 13,6 ), come sinonimo di giustizia (Ef 5,9;6,14 ), il termine caratterizza il comportamento che Paolo si aspetta dai suoi cristiani (Col 1,6 ; 2Cor 13,8 ). Il giudizio di Dio sarà anch'esso improntato a verità, a giustizia (Rm 2,2 ).

L'antitesi tra "la verità di Dio" e la menzogna degli idoli (Rm 1,25 ; cfr. 1Ts 1,9 ) si ispira alla polemica giudaica contro l'idolatria pagana (Ger 10,14;13,25 ; Bar 6,7.47.50 ): il vero Dio è il Dio vivente, sul quale si può contare, colui che esaudisce il suo popolo e lo salva.

La verità del Vangelo

La nozione più specificamente cristiana di verità si collega al tema sapienziale ed apocalittico di verità rivelata. I Giudei si illudevano di possedere nella loro legge l'espressione stessa di questa verità (Rm 2,20 ), di trovarsi depositata tutta la volontà di Dio (Rm 2,18 ). All'espressione giudaica "la verità della legge" Paolo sostituisce "la verità del Vangelo" (Gal 2,5.14 ), o "la parola di verità" (Col 1,5 ; Ef 1,13 ; 2Tim 2,15 ). Oggetto di una rivelazione (2Cor 4,2 ) allo stesso titolo del mistero (Rm 16,26 ; Col 1,26;4,3 ), essa è la parola di Dio predicata dall'apostolo (2Cor 4,2.5 ).

La verità e la fede

Gli uomini a cui questo messaggio è indirizzato devono ascoltare la parola (Ef 1,13 ; Rm 10,14 ), devono convertirsi per giungere alla conoscenza della verità (2Tim 2,25 ). L'accettazione della verità del Vangelo avviene mediante la fede (2Ts 2,13 ; Tt 1,1 ; cfr. 2Ts 2,12 ; Gal 5,7 ; Rm 2,8 ), ma questa fede esige nello stesso tempo l'amore della verità (2Ts 2,10 ).

"Giungere alla conoscenza della verità" diventa nei testi posteriori (1Tim 2,4 ; 2Tim 3,7 ; cfr. Eb 10,26 ) un'espressione stereotipata per dire "aderire al Vangelo", "abbracciare il cristianesimo": i fedeli sono precisamente coloro che conoscono la verità (1Tim 4,3 ); questa non è altro che la fede cristiana (Tt 1,1 ).

Verità e vita cristiana

Secondo le lettere cattoliche i fedeli sono stati generati alla vita nuova dalla parola di verità (Gc 1,18 ; 1Pt 1,23 ); hanno santificato le loro anime mediante l'obbedienza alla verità nel momento del loro Battesimo (1Pt 1,22 ). Bisogna quindi mantenersi in questa verità una volta abbracciata (Gc 5,19 ), rafforzarsi nella verità presente in vista della parusia (2Pt 1,12 ); bisogna continuare a desiderare questo latte della parola, per crescere per la salvezza (1Pt 2,2 ). In tal modo il cristiano, aggiunge Paolo, si riveste dell'uomo nuovo e realizza la santità che la verità esige (Ef 4,24 ).

La sana dottrina e l'errore

Nelle lettere pastorali la polemica contro gli eretici conferisce al tema una nuova sfumatura: la verità è ormai la buona dottrina (1Tim 1,10;4,6 ; 2Tim 4,3 ; Tt 1,9;2,1 ) opposta alle favole (1Tim 1,4;4,7 ; 2Tim 4,4 ; Tt 1,14 ) dei dottori di menzogna (1Tim 4,2 ). Questi hanno voltato la schiena alla verità (Tt 1,14 ; cfr. 1Tim 6,5 ; 2Tim 2,18;4,4 ); giungono a insorgere contro di essa (2Tim 3,8 ). Ma la Chiesa del Dio vivente rimane "la colonna ed il fondamento della verità » (1Tim 3,15 ).

Il legame tra la verità e Cristo

Tra la verità e Cristo esiste uno stretto legame. L'oggetto del messaggio dell'apostolo non è una dottrina astratta, ma la persona stessa di Cristo (2Cor 4,5 ; cfr. Gal 1,16 ; 1Cor 1,23 ; 2Cor 1,19;11,4 ; Ef 4,20 ; Fil 1,15 ): Cristo, "manifestato nella carne (..) proclamato presso i pagani, creduto nel mondo", è la verità di cui la Chiesa è la custode, è il mistero della pietà (1Tim 3,16 ). Il Cristo-verità annunziato dal Vangelo non è quindi un essere celeste in senso gnostico, ma il Gesù della storia, morto e risorto per noi: "La verità è in Gesù" (Ef 4,21 ).

In San Giovanni

Nella teologia di Giovanni, che è anzitutto una teologia di rivelazione, la nozione di verità occupa un posto notevole. Si interpreta frequentemente l'alètheia giovannea nel senso dualistico metafisico, platonico o gnostico, di essere sussistente ed eterno, di realtà divina che si svela. Ma Giovanni non chiama mai Dio stesso la verità, il che tuttavia sarebbe essenziale secondo questi sistemi. In realtà, egli non fa che sviluppare il tema apocalittico e sapienziale della verità rivelata, ripreso altrove nel Nuovo Testamento, ma insistendo maggiormente sul carattere rivelato e sulla forza interiore della verità.

Nell'Apocalisse troviamo gli stessi termini Amen e trovati nel corpus paulinum come espressioni di fedeltà o veridicità di Dio che si rivela nel tempo e nello spazio per mezzo del Cristo Signore risorto dalla morte (cfr. Ap 1,7;22,20 ).

Ma in Ap 3,14 , un testo che il visionario Giovanni dovrà inviare alla chiesa di Laodicea, compare anche l'ordine di scrivere un messaggio, presumibilmente diretto a credenti sia di origine greca che ebraica: "Così parla l'Amen, il Testimone degno di fede e veritiero[9]". Tutti questi attributi descrivono il Cristo risorto, vivente e sempre attivo, "principio della creazione di Dio".

La parola del Padre ed il Cristo-verità

Per Giovanni la verità non è l'essere stesso di Dio, ma la parola del Padre (Gv 17,17 ; cfr. 1Gv 1,8 : "La verità non è in voi"; 1,10: "La sua parola non è in voi"). La parola che Cristo ha inteso dal Padre (Gv 8,26.40 ; cfr. 3,33), è la verità che egli viene a "proclamare" (8,40.45-46) e a cui viene a "rendere testimonianza" (18,37; cfr. 5,33). La verità è quindi nello stesso tempo la parola che Cristo stesso ci rivolge, e che ci porta a credere in lui (8,31-32.45-46). La differenza tra questa rivelazione e quella del Antico Testamento è fortemente sottolineata: "La legge fu data per mezzo di Mosè; la grazia della verità ci è venuta da Gesù Cristo" (1,17), perché con lui ed in lui è apparsa la rivelazione totale, definitiva. Mentre il demonio è il padre della menzogna (8,44), Cristo invece "proclama la verità" (8,45), è "pieno della grazia della verità" (1,14). La grande novità cristiana è questa: che Cristo è egli stesso la verità (14,6): lo è non tanto perché possiede la natura divina, ma perché, Verbo fatto carne, ci rivela il Padre (1,18).

Gesù spiega il senso di questo titolo unendolo a due altri: egli è "la via, la verità e la vita"; è la via che conduce al Padre, proprio perché lui, l'uomo Gesù, in quanto verità, ci trasmette in se stesso la rivelazione del Padre (17,8.14.17) e così ci comunica la vita divina (1,4;3,16;6,40.47.63;17,2; 1Gv 5,11-13 ). Questo titolo rivela quindi indirettamente la persona divina di Cristo; se Gesù, unico tra gli uomini, può essere per noi la verità, è per il fatto di essere nello stesso tempo la Parola, "il Verbo rivolto verso il seno del Padre" (1,18), il Figlio unigenito.

Lo Spirito di verità

Terminata la rivelazione al mondo (Gv 12,50 ), Gesù annuncia ai suoi discepoli la venuta del Paraclito, lo Spirito di verità (14,17;15,26;16,13). Per Giovanni la funzione fondamentale dello Spirito è di rendere testimonianza a Cristo (15,26; 1Gv 5,6 ), di introdurre i discepoli a tutta intera la verità (16,13), di richiamare alla loro memoria ciò che Cristo aveva detto, cioè di farne afferrare il vero senso (14,26). Poiché il suo compito consiste nel far comprendere nella fede la verità di Cristo, lo Spirito è detto anch'esso "la verità" (1Gv 5,6 ); come testimone di Cristo, rende presente la verità nella Chiesa; lo Spirito è per essa "il dottore della verità" (Tertulliano).

Verità e santità

Giovanni sottolinea con forza la funzione della verità nella vita del fedele. Egli deve "essere dalla verità" (Gv 18,37 ; 1Gv 3,19 ): dopo aver aderito una volta per sempre alla nuova vita mediante la fede (cfr. Gc 1,18 ; 1Pt 1,22-23 ), il cristiano deve nuova nascita|nascere]] dallo Spirito (Gv 3,5.8 ) e sforzarsi di essere abitualmente sotto l'influsso della verità che rimane in lui (2Gv 4 ) per diventare un uomo nato dallo Spirito (Gv 3,5.8 ). Soltanto colui che rimane così nella parola di Gesù giungerà a conoscere veramente la verità e ad essere liberato internamente dal peccato mediante questa verità (Gv 8,31-32 ): perché la fede purifica (At 15,9 ), e quindi anche la parola di Cristo (Gv 15,3 ); essa ci fa vincere il maligno (1Gv 2,14 ); quando il fedele permette che il seme della parola "rimanga" attivamente in lui, diventa impeccabile (1Gv 3,9 ), si santifica nella verità (Gv 17,17.19 ).

Giovanni vede così nella alétheia il principio interiore della vita morale, e conferisce alle antiche espressioni bibliche una pienezza di senso cristiano: "fare la verità" significa accogliere e fare propria la verità di Gesù (3,21) o convertirsi a lui riconoscendosi peccatore (1Gv 1,6 ); "camminare nella verità" (2Gv 4 ; 3Gv 3-4 ) significa procedere nel precetto dell'amore (2Gv 6 ), lasciarsi dirigere nella propria azione dalla verità, dalla fede. Amare i propri fratelli "in verità" (2Gv 1 ; 3Gv 1 ), significa amarli con la forza della verità che rimane in noi (2Gv 1-3 ; cfr. 1Gv 3,18 ); l'adorazione "in spirito e verità" (Gv 4,23-24 ) è una adorazione che sgorga dall'interno; è un culto ispirato dallo Spirito e dalla verità di Gesù, che lo Spirito di verità rende attivo in coloro che ha fatto rinascere; Gesù-verità diventa così il nuovo tempio, dove si deve praticare il culto distintivo dei tempi messianici. Poiché la verità è la rivelazione dell'amore di Dio, Gesù invita i cristiani a praticare l'amore fraterno; essi diventeranno con questo "cooperatori della verità" (3Gv 8 ), e lasceranno esprimersi del tutto nella loro vita la verità del Cristo (3Gv 3-4 ).

La verità in senso cristiano non è quindi il campo immenso del reale, che noi dovremmo conquistare con uno sforzo di pensiero, ma è la verità del Vangelo, la parola rivelatrice del Padre, presente in Gesù Cristo ed illuminata dallo Spirito, che l'uomo è chiamato ad accogliere nella fede perché trasformi l'esistenza. La verità che dà all'uomo la salvezza risplende per lui nella persona del Cristo, che è insieme mediatore e pienezza della rivelazione, e ci è autenticamente comunicata nei libri santi.

Correlazioni e connessioni

Verità è giustizia

In Ef 5,9 , alla verità sono associati, come frutti della luce, la bontà e la giustizia. La verità costituisce una protezione del credente nel vangelo al pari della giustizia, che è una corazza (cfr. Ef 5,9;6,7.14 ).

L'associazione giustizia-verità era già stata fatta nell'Antico Testamento da Tobi, che aveva passato i suoi giorni migliori "seguendo le vie della verità e della giustizia" (Tb 1,3 ).

Del legame tra queste due gemelle è testimone ebraico il Sal 14,2 , che descrive come una persona senza colpe solo colui che "pratica la giustizia e dice la verità".

La sintesi tra fare e dire, fra teoria e prassi, è autenticità o fede per l'amore (cfr. Gal 5,6 ), sviluppandosi in ulteriori valori teologici e sociali già preannunciati nell'antichità: "Amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno" (Sal 84,11 ).

Se invece il diritto, e in particolare "la giustizia se ne sta lontana, la verità incespica in piazza, la rettitudine non può entrarvi" (cfr. Is 59,14 ). La piazza resta vuota di significati sociali e spirituali.

La giustizia fa seguito alla verità, intesa come veracità o fedeltà di Dio alle parole, scritte oppure orali, quando queste sono promesse o giudizi dei veri profeti (cfr. Ap 6,10 ).

Gesù è maestro che insegna con rettitudine e senza timori, "qual è la via di Dio secondo verità" (cfr. Lc 20,21 ).

In Ap 19,11 il cavaliere che "si chiamava Fedele e Veritiero" è il Cristo in persona, ed è colui che "giudica e combatte con giustizia".

Verità che libera, inganno che uccide

Il profeta e il giusto, o chiunque ha conosciuto Dio, sta dalla parte della verità e non dell'inganno, che è conseguenza dell'idolatria di qualcosa o di se stessi. Tutte le nazioni sulla terra "si convertiranno e temeranno Dio nella verità" perché tutti si sottrarranno ai "loro idoli, che li hanno fatti errare nella menzogna" per benedire finalmente il Dio eterno "nella giustizia" (cfr. Tb 14,6 ). Chi infatti "dice la verità proclama la giustizia", o la Torah, o il vangelo alle nazioni; ma "chi testimonia il falso favorisce l'inganno" (cfr. Pr 12,17 ), il crimine (cfr. Ger 9,2.4 ) e la schiavitù alla paura di morire.

In Gv 8,44 , in un duro dialogo con i custodi religiosi delle tradizioni, è Gesù stesso che denuncia la loro schiavitù (cfr. Gv 8,32 ): chi accoglie la parola di Gesù e la custodisce, diventa discepolo e conoscitore della verità, "e la verità vi farà liberi"), con durezza, senza attenuanti: Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri di lui che era omicida fin da principio e "non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità". Quando il diavolo dice il falso, dice ciò che è suo proprio, "perché è menzognero e padre della menzogna" (cfr. Gv 8,44 ).

Appartiene alla comunità ecclesiale chi dice la verità e opera la giustizia (cfr. 1Gv 1,6;3,18 ), non mente al suo prossimo, né ai lontani (cfr. 2Cor 4,2 ; Ef 4,25 ; Gc 3,14 ; 1Gv 1,6.8;2,4 ), né in realtà potrebbe farlo in quanto "nessuna menzogna viene dalla verità" (cfr. Gv 2,21 ).

La verità, nel Nuovo Testamento, è l'uomo Gesù (cfr. Gv 14,6 ), in quanto parola eterna del Padre, udibile nel tempo e nello spazio, e rivelazione visiva di Dio essendo, da uomo, Dio egli stesso (cfr. Gv 1,1-18 ).

Verità e testimonianza

La verità e l'opposto della menzogna ed è anche il contenuto di ogni autentica professione di fede, sia in tribunale che nella vita sociale (cfr. Pr 12,17 ; Is 43,9 , e soprattutto Am 5,10 ).

Nel Nuovo Testamento è Gesù il principale testimone della verità perché in quanto Figlio è con la sua stessa persona, la parola esplicativa o esegesi più corretta e completa di Dio come Padre (cfr. Gv 1,18 ).

Davanti a Pilato che gli chiede se sia davvero lui il re dei giudei, Gesù gli risponde che solo per questo lui è nato e solo per questo è venuto nel mondo: "per dare testimonianza alla verità". Aggiunge, per Pilato e per i propri discepoli, che chiunque "è dalla verità, ascolta la mia voce" (cfr. Gv 18,37 ).

Voce e parola (cfr. Gv 5,25 ), segni e miracoli (cfr. Mc 8,12 ; Gv 6,26;7,31;10,41 ), e la stessa presenza fisica e i gesti di Gesù (cfr. Gv 14,6-9 ) sono la più completa rivelazione umana di Dio come Dio e come il Padre, non solo di Gesù, ma di tutti, uomini e donne, giusti e peccatori.

La parola dei discepoli è vera quando è testimonianza, diretta o indiretta, della presenza di Dio nel mondo e dell'appartenenza a Dio Creatore e Signore, del proprio io e di tutte le cose, visibili e invisibili, presenti e future, e delle persone che per la fede nell'uomo Gesù, si riconoscono in un rapporto nuovo, filiale, con Dio e fraterno e amicale con i propri simili, convocati in una sola chiesa, come membra gli uni degli altri, senza le distinzioni culturali o religiose di prima, come quelle storiche tra "giudei e greci" (cfr. 2Sam 7,28 ; Sal 118,43 ; Pr 22,21 ; Qo 12,10 ; Sap 2,17 ; Gv 17,17 ; At 26,25 ; 2Cor 6,7 ; 2Tim 2,15 ; Gc 1,18 ).

Famiglia etimologica

Nella versione in lingua italiana dai testi originali (in ebraico, aramaico e greco), la famiglia etimologica con radice tematica ver-, (che potrebbe almeno lontanamente evocare videre, "vedere") s'espande oltre verità (279 volte nel testo biblico) comprendendo sia aggettivi, che verbi e avverbi come:

  • vero, 75 volte[10];
  • davvero, 66 volte[11];
  • veramente, 33 volte[12];
  • vera, 32 volte[13];
  • veritiero, 17 volte[14];
  • veri, 6 volte[15];
  • verifica, 3 volte[16];
  • verificato, 3 volte[17];
  • veritiera, 2 volte[18];
  • verace, 1 volta[19];
  • veraci, 1 volta[20];
  • verdetto, 1 volta[21]
  • verificare, 1 volta[22];
  • si verificarono, 1 volta[23];
  • si verificasse, 1 volta[24];
  • verificate, 1 volta;[25]
  • si verificava, 1 volta[26];
  • si verificò, 1 volta[27];
  • veritiere, 1 volta[28];
  • veritieri, 1 volta[29].
Note
  1. Cfr. l'idea di "idolo": un Dio che si può vedere e toccare.
  2. Tale verbo è alla radice dell'amen liturgico: 2Cor 1,20 .
  3. Inni di Qumran: I QH 7,26s.
  4. Manuale di disciplina: I QS 6,15.
  5. Ibid., 5,8.
  6. Ibid., 4,5.
  7. Ibid., 4,17.
  8. Il testo greco ha qui alētheia, correttamente interpretato dai traduttori nel senso di "fedeltà", e non di "verità".
  9. In greco ἀληθινός, alēthinós.
  10. Cfr. 1Gv 5,20 , dove vero Dio è un'espressione ripetuta tre volte; tre volte compare anche ἀληθινός (alēthinós): il vero Dio è il Padre, conosciuto come tale solo per mezzo di Gesù, suo vero Figlio e Dio egli stesso. L'espressione, oltre che nell'epilogo della 1Gv, era già presente in 2Cr 15,3 , dove alēthinós corrispondeva a אֱמֶת ['emeth]); cfr. anche Sap 12,27 ; Gv 17,3 .
  11. Cfr. Gen 18,13 , in cui Sara, dinanzi alla promessa di un figlio, era rimasta inescusabilmente scettica, essendosi chiesta tra sé e sé: "Potrò davvero (Ebraico: אֻמְנָם ['umnam]; Greco: ἀληθῶς [alēthôs]) partorire, mentre sono vecchia?". Altre volte il termine è un'aggiunta del traduttore o ha significati diversi, come in Ap 16,21 : "Poiché davvero era un grande flagello"; qui corrisponde a σφόδρα (sphódra), "eccessivamente, troppo". In Ef 4,21 davvero è traduzione della particella enfatica γέ (): se avete imparato a conoscere il Cristo, "se davvero gli avete dato ascolto... secondo la verità che è in Gesù".
  12. Cfr. 1Re 17,24 , dove la vedova, dinanzi alla risuscitazione del figlio da parte di Elia, professa la propria fede nella veracità del profeta: "Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità (אֱמֶת ['emeth])". Se veramente è qui un'aggiunta, il contesto originale ne giustifica l'uso enfatico.
  13. In un solenne avvertimento contro l'idolatria, è richiesta un'indagine accurata da condurre con una serie intensa di interrogazioni: "Se troverai che la cosa è vera, che il fatto sussiste" e che l'abominio è reale...; allora è necessario passare tutti gli abitanti della città al fil di spada! La verità (Ebraico: אֱמֶת ['emeth]) da accertare riguarda qui l'idolatria, considerata menzogna mortifera secondo Tb 14,6 ; Sal 39,5 ; Ger 10,14;51,17 ; Ap 22,15 .
  14. Cfr. Pr 12,19 : "il labbro veritiero (Ebraico: אֱמֶת ['emeth]) resta saldo", il bugiardo no. Simile è anche il detto di Pr 12,22 , dove labbra bugiarde sono contrapposte a "chiunque fa la verità"; al seguito di "fare" c'è qui אֱמוּנָה ('emunah). L'antitesi veritiero-falso/menzognero è riconoscibile nell'Antico Testamento anche in Pr 14,25 ; Mal 2,6 . In relazione a "testimonianza" o a "testimone", cfr. Pr 14,25 ; Gv 3,33 ; 3Gv 1,3.12 .
  15. Cfr. "i veri circoncisi siamo noi", perché credenti nel vangelo (e non più nel giudaismo) secondo Fil 3,3 . Veri sono "tutti i giudizi" di Dio secondo Tb 3,5 e Ap 16,7;19,2 ; veri sono anche i profeti, autentici solo "se la parola del Signore è con loro", in Ger 27,18 ; veri adoratori, secondo Gesù, stando ai ricordi di Giovanni, sono solo quelli che riconoscono Dio come il loro Padre "in spirito e verità" (Gv 4,23 ).
  16. Questo verbo è solo indirettamente connesso alla famiglia etimologica, sia greca che semitica, di verità, sia quando significa "accertare" o "indagare", sia se significa il "verificarsi" o "attuarsi" di qualcosa.
  17. Cfr. Qo 9,1 ; Dn 9,12 ; 2Pt 2,22
  18. Cfr. 1Gv 2,27 (unzione); 3Gv 1,12 (testimonianza).
  19. Cfr. Ger 42,5
  20. Qo 9,1 ; Zc 8,16
  21. Cfr.Qo 9,1 . In Sir 18,20 il sapiente invita il discepolo a riflettere sul giudizio di Dio, così che "al momento del verdetto troverai perdono"; qui verdetto più che a una sentenza corretta corrisponde a ἐπισκοπή (episkopē), una "visita di supervisione", lo "scrutinio".
  22. Cfr. Gen 30,33
  23. Cfr. Qo 9,1 ; 1Sam 10,9 .
  24. Cfr. 2Mac 14,22 .
  25. All'imperativo verificare è solo in 2Re 10,23 , nel contesto di una sfida dura rivolta da Ieu ai seguaci di Baal: "verificate bene che non ci sia qui fra voi nessuno dei servitori del Signore". L'espressione corrisponde a due imperativi in ebraico distinti:
    • il primo è di חָפַשׂ (chaphas), "indagare, cercare";
    • il secondo di רָאָה (raah), "vedere, osservare con lo sguardo": indagate dunque e distinguete bene.
  26. Cfr. 1Mac 9,27 .
  27. Cf. 2Mac 12,22 , nel contesto d'una vittoria dell'ebreo Giuda contro l'ellenista Timoteo: si verificò contro i greci "l'apparizione di colui che dall'alto tutto vede". Verificare non è presente nel testo dove sono associate parole che comportano comunque l'uso degli occhi come ἐφοράω (ephoráō), "io fisso lo sguardo, osservo" e ἐπιφάνεια (epipháneia), "apparizione, manifestazione"; quest'ultimo sostantivo è presente due volte nel versetto: la prima in riferimento "all'apparire del primo reparto di Giuda", e la seconda, più importante, riferisce della manifestazione di Dio che tutto vede e provvede
  28. Sono "parole veritiere" quelle scritte da Qo 12,10 .
  29. Gli apostoli autentici, e Paolo tra loro, sono ritenuti "impostori, eppure siamo veritieri", in 2Cor 6,8 .
Bibliografia
Voci correlate
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 25 febbraio 2011 da Don Paolo Benvenuto, baccelliere in Teologia.

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