Tentazioni di Gesù
Tentazioni di Gesù | |
Juan de Flandes, Tentazioni di Gesù Cristo (1500 ca.), olio su tavola; Washington, National Gallery | |
Passi biblici | |
Insegnamento - Messaggio teologico | |
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Le Tentazioni di Gesù sono narrate dai Vangeli sinottici: Mt 4,1-11 ; Mc 1,12-13 ; Lc 4,1-13 : dopo il suo battesimo al Giordano Gesù va nel deserto dove rimane quaranta giorni tentato dal diavolo.
Le tentazioni di Gesù mostrano il nocciolo di ogni tentazione: la rimozione di Dio dalla vita dell'uomo[1].
Il racconto di Marco è notevolmente diverso da quella di Matteo e Luca, e sembra riportare la tradizione più arcaica, formatasi nella Chiesa primitiva.[2]
Contesto
In tutti e tre i sinottici le tentazioni di Gesù sono la parte finale del trittico di preparazione al suo ministero pubblico, che comprende:
- la predicazione del Battista (Mt 3,1-12 ; Mc 1,2-8 ; Lc 3,1-20 );
- il battesimo al Giordano (Mt 3,13-17 Mc 1,9-11 ; Lc 3,21-22 );
- le tentazioni di Gesù
In Marco il trittico è preceduto dal solo versetto iniziale (1,1), mentre in Matteo e Luca dai Vangeli dell'infanzia (Mt 1-2 ; Lc 1-2 ).
Matteo poi inserisce tra il racconto del battesimo e le tentazioni la genealogia di Gesù, per sottolinearne la funzione di capostipite della nuova umanità.[3]
Tutti e tre i sinottici fanno seguire al trittico di preparazione l'inizio della predicazione di Gesù con l'annuncio del compimento del tempo e della prossimità del Regno di Dio.
I particolari dei tre racconti
I tre sinottici sono concordi nel parlare di quaranta giorni (Mt 4,2 ; Mc 1,13 ; Lc 4,2 )[4] passati nel deserto, dopo il suo Battesimo al fiume Giordano.
È lo Spirito a "condurre" (Mt 4,1 ), "sospingere" (Mc 1 ), "guidare" (Lc 4,1-13 ) Gesù nel deserto.
Nel deserto Gesù digiuna (Mt 4,2 ), ovvero non mangia nulla (Lc 4,2 ); Marco non menziona il digiuno.
Le tentazioni sono opera del "diavolo" (Mt 4,1.5.8.11 ; Lc 4,2.3.5.13 ); Marco indica invece il tentatore con l'appellativo "Satana" (Mc 1,13 ).
Le tre tentazioni
Matteo e Luca parlano di tre tentazioni:
- La prima tentazione riguarda il cibo, con l'invito a trasformare le pietre in pane (Mt 4,3 ; Lc 4,2 ). La tentazione ha un tono di sfida: "Se sei figlio di Dio". Essa cerca di indurre Gesù all'uso inutile dei suoi poteri soprannaturali per il sostentamento.
- La seconda tentazione riportata da Matteo, corrispondente alla terza di Luca, è un invito a buttarsi giù dal punto più alto del Tempio di Gerusalemme, con la certezza del soccorso degli angeli di Dio (Mt 4,5-6 ; Lc 4,9-11 ). Qui il diavolo cita, a sproposito, il Sal 90,11-12 . Si tratta di un invito a ostentare il suo potere: il popolo d'Israele, vedendolo cadere illeso e scendere dal cielo (cfr. ) lo acclamerà Messia.
- Nella terza tentazione di Matteo, corrispondente alla seconda di Luca, il diavolo mostra a Gesù tutti i regni della terra, e glieli promette se lo adorarerà (Mt 4,8-9 ; Lc 4,7 ). Matteo precisa che il diavolo chiede a Cristo di prostrarsi davanti a lui, mentre in Luca il diavolo allega che tutti i regni del mondo sono nelle sue mani.
Gli esegeti notano che l'inversione della seconda e terza tentazione in Luca corrisponde alla volontà di farle terminare a Gerusalemme. E di fatto Luca termina il racconto notando che il diavolo aveva esaurito ogni tentazione, e si allontana "per ritornare al tempo fissato" (Lc 4,13 ): tale annotazione viene interpretata in riferimento alle tentazioni che Gesù sperimenterà nell'imminenza della sua passione.
Marco non specifica le tentazioni, ma si limita ad accennare ad esse in maniera sintetica (1,13).
Dopo le tentazioni
Matteo termina facendo seguire all'allontanamento del diavolo l'avvicinamento degli angeli che lo servono (4,11).
Anche Marco parla di un generico servizio di angeli dopo aver accennato al fatto che Gesù sta con le bestie selvatiche (1,13).
Il luogo
I dati dei Vangeli non permettono di identificare il luogo delle tentazioni.
Una tradizione, che risale forse al IV secolo, le pone sul monte chiamato oggi dagli arabi "della quarantena" (Ğebel Qaramtāl) ad ovest di Gerico.[7]
Messaggio teologico
In Marco il breve racconto delle tentazioni non è un dettaglio biografico o parenetico: l'evangelista intende presentare il messianismo sofferente attuato da Gesù.[8] Questi, appena consacrato Messia, viene sottoposto alla prova come i giusti dell'Antico Testamento. È lo stesso Spirito che gli fa imboccare la via del Servo sofferente, in contrasto con la comune attesa trionfalistica del Messia.
L'accento del racconto di Marco cade comunque sulla vittoria di Gesù su satana. In conseguenza di essa Gesù può convivere pacificamente con le fiere ed è servito dagli angeli: questi due particolari sembrano alludere alla situazione di Adamo nel paradiso terrestre, secondo la predizione di Is 11,1-9 che è relativa al discendente di Davide ricolmo dei doni dello Spirito di Dio.
Nel racconto di Matteo il messaggio teologico va ricercato anzitutto nel significato messianico della tentazione di Gesù, e secondariamente nel suo valore esemplare per ogni credente:[9]
- Per quanto riguarda il suo messianismo, Gesù reagisce vittoriosamente alla suggestione del diavolo, che cerca di metterlo in dissidio con il Padre. La missione di salvezza che a Gesù è stata assegnata comporta l'esclusione di un messianismo opportunistico, spettacolare, basato sul potere e sul prestigio terreno: Gesù doveva imboccare la via difficile del Servo sofferente di YHWH, contrassegnata dalle umiliazioni, dalla sofferenza e dal sacrificio della vita.
- Il valore parenetico rimane secondario, ma è presente: Gesù non finge di essere tentato, egli è messo realmente alla prova, e per questo è diventato il Salvatore degli uomini.
Il racconto di Luca non si discosta sostanzialmente da quello di Matteo se non per l'inversione della seconda e terza tentazione: nel terzo Vangelo la tentazione del buttarsi giù dal pinnacolo del Tempio è all'ultimo posto invece che al secondo. In Luca ciò avrebbe il significato di far convergere il punto d'arrivo del racconto su Gerusalemme:[10] la tentazione a Gerusalemme, sul pinnacolo del tempio, prefigurava l'assalto definitivo del diavolo nel dramma della passione, quando Gesù avrebbe portato a compimento il progetto salvifico di Dio.[11]
L'interpretazione primaria delle tentazioni riportate da Matteo e Luca è quella che le mette in relazione con analoghi momenti della vita di Gesù:
- La tentazione del pane e quella del potere sono ricollegabili al racconto della Moltiplicazione dei Pani (Mt 14,15-21 ; Mc 6,33-44 ; Lc 9,10-17 , Gv 6,1-15 ): Gesù sfama la folla, e dopo questo fatto la folla lo riconosce come "il profeta che deve venire nel mondo" e vuole farlo re (Gv 6,14-15 ); ma Gesù congeda la folla, fa salire i suoi discepoli sulla barca, e si ritira sul monte in preghiera.
- La tentazione del Tempio è legata alle innumerevoli richieste di segni presentate dagli ebrei a Gesù (Mt 12,38 ; Mc 8,11 ; Lc 11,16 ; Gv 2,18 ): Gesù a tutti risponderà che non viene dato alcun segno (Mc 8,12 ), ovvero che viene dato soltanto il segno del profeta Giona (Mt 12,39 ; Lc 11,30 ): la strada della conversione per l'ascolto della -predicazione e per la fede nella resurrezione di Gesù.
Significato morale
In senso più ampio le tre tentazioni si prestano a un'interpretazione diretta in riferimento alle tentazioni quotidiane di tutti gli uomini:
- la tentazione dei piaceri biologici dell'uomo: la gola, ma anche la soddisfazione dell'istinto sessuale;
- la tentazione del successo facile;
- La tentazione del potere.
Nella letteratura spirituale si trovano interpretazioni delle risposte di Gesù riferite ai tre voti della vita consacrata: povertà, castità e obbedienza; tale interpretazione può essere sostenuta in senso lato, ma non è riconducibile alle intenzioni degli evangelisti.
Simbolismi
Il racconto delle tentazioni di Gesù, pur avendo un chiaro carattere di realtà, è fortemente intriso di simbolismo.
Il racconto di Marco mette in evidenza il parallelismo tra Gesù e Adamo[12] dove accenna alle fiere e agli angeli:
- il deserto, immagine opposta del giardino, diventa il luogo della riconciliazione e della salvezza;
- le fiere, che alludono alla forma più concreta della minaccia derivante all'uomo dalla ribellione della creazione, diventano amiche come nel Paradiso Terrestre; è ripristinata la pace annunziata da Isaia per il tempo del Messia (11,6); la creazione dilaniata torna ad essere luogo di pace, come percepirà anche San Paolo, laddove accennerà alla creazione "che attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19 ).
I quaranta giorni di digiuno nel deserto sono una reminiscenza dei quarant'anni durante i quali gli ebrei camminarono nel deserto dopo essere stati liberati dalla schiavitù d'Egitto (Nm 14,34 ; Dt 2,7;8,4;29,4 ) e dei quaranta giorni che Mosè passò sul Monte Sinai quando ricevette le tavole della legge (Es 24,18 ). Il deserto è luogo che non avendo in sé vita avvicina il popolo all'esperienza della necessità e anche della morte, e quindi all'esperienza della dipendenza da Dio.
Storicità
In epoca moderna il protestantesimo cominciò a mettere in dubbio la storicità del racconto delle tentazioni:[13]
- Karl Heinrich Georg Venturini († 1849) e Lange scambiarono il tentatore con un fariseo, prima amico e poi nemico, oppure con un inviato del sinedrio;
- Friedrich Schleiermacher († 1834) considerò le tentazioni di Gesù una parabola per istruire, trasformata in storia dai discepoli;
- la scuola mitica parlò di un mito, sorto per l'influsso dei testi dell'Antico Testamento riguardanti le prove del popolo d'Israele, figlio collettivo di Dio (Friedrich Adolf Strauß, † 1888), oppure per l'influsso dell'Antico e del Nuovo Testamento insieme (Heinrich Holtzmann, † 1910);
- i cultori della storia comparata delle religioni spiegarono l'origine del mito con fatti analoghi di mitologia pagane e babilonesi (R. Seydel, Hermann Gunkel † 1932, Wilhelm Bousset † 1920, Arnold Meyer † 1934);
- si è visto anche nelle tentazioni di Gesù il simbolo delle lotte apostoliche;
- per Alfred Loisy († 1940) si tratta di visioni, di travaglio psicologico, concretato dalla tradizione in una scena esteriore.
Tali interpretazioni nascono nell'ambito del razionalismo, e, nella loro soggettività, sono arbitrarie: partono dall'aprioristica negazione del soprannaturale, della divinità di Cristo e del valore delle fonti.[14]
Marco
L'origine del racconto di Marco, che è il più arcaico, forse risale a Gesù stesso, poiché nessuno fu testimone della sua tentazione nel deserto.
Di fatto, che Gesù sia stato provato risulta da altri passi del Nuovo Testamento (cfr. Lc 22,28 ; Eb 4,15; 5,7 ), e non è improbabile che proprio all'inizio del suo ministero Satana abbia cercato di metterlo in dissidio con la volontà del Padre, che gli aveva indicato la via del Servo sofferente; Gesù respinse energicamente la suggestione diabolica di un messianismo terreno più gratificante, fatto di onori e di ricchezze. Quando Pietro gli propose lo stesso cammino, Gesù ebbe una forte reazione e lo rimproverò duramente (Mc 8,33 ). Potrebbe essere stato in quella circostanza che Gesù colse l'occasione per confidare ai discepoli la prova subita all'inizio della sua missione.
Ancora oggi però vi sono esegeti, anche cattolici, che ritengono che l'episodio delle tentazioni non trasmetta un fatto realmente accaduto, quanto l'interpretazione ecclesiale del messianismo sofferente attuato da Gesù, in contrapposizione con l'attesa trionfalistica del Messia, considerata una tentazione diabolica.
Matteo e Luca
La storicità del racconto di Matteo va studiata alla luce del mirabile lavoro di cesellatura biblica con il quale il racconto interpreta le tentazioni di Gesù alla luce delle prove d'Israele durante l'esodo: Gesù è il figlio "amato" (cfr. 3,17) fedele al volere di Dio.[15]
Il racconto di Luca concorda sostanzialmente con quello di Matteo, perciò dipende dalla fonte Q, ma con qualche contatto con Marco nei vv. 1-2.[16] Perciò vale anche per esso quanto detto per Matteo.
Note | |||||||
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Bibliografia | |||||||
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Voci correlate | |||||||
Collegamenti esterni | |||||||
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