Mario Sturzo
Servo di Dio Mario Sturzo Vescovo | |
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Servo di Dio | |
Instaurare omnia in Christo | |
Sua Eccellenza Monsignor Mario Sturzo | |
Età alla morte | 80 anni |
Nascita | Caltagirone (Ct)[1] 1º novembre 1861 |
Morte | Piazza Armerina 12 novembre 1941 |
Sepoltura | Cattedrale Maria SS. delle Vittorie di Piazza Armerina |
Appartenenza | Diocesi di Piazza Armerina |
Vestizione | Caltagirone, 1887 |
Ordinazione presbiterale | 21 settembre 1889 dal vescovo Saverio Gerbino |
Nominato vescovo | 22 giugno 1903 da papa Leone XIII |
Consacrazione vescovile | 29 giugno 1903 dal card. Giuseppe Francica-Nava di Bondifè |
Incarichi ricoperti | Vescovo di Piazza Armerina |
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Il Servo di Dio Mario Sturzo (Caltagirone (Ct)[1], 1º novembre 1861; † Piazza Armerina, 12 novembre 1941) è stato un vescovo e scrittore italiano che ha retto la sede di Piazza Armerina dal 1903 al 1941 e per dieci anni ha ricoperto il ruolo di Segretario della Conferenza Episcopale Siciliana. È stato una figura poliedrica e lungimirante oltre che da prelato anche come filosofo, poeta, maestro di spiritualità, uomo di profonda cultura, radicato nella tradizione ecclesiale e aperto al dialogo con la società contemporanea. Si propose, infatti, di coniugare santità e vita apostolica sociale.
Biografia e pensiero
La famiglia
Mario Sturzo nacque il 1º novembre 1861 a Caltagirone[1] da Felice Sturzo Taranto e Caterina Boscarelli. La sua famiglia era di origine nobile, il padre discendeva dai baroni d'Altobrando e la madre apparteneva a una famiglia borghese. Secondogenito di sei figli, era fratello di Luigi Sturzo[2].
Il padre era un notabile cattolico della città, un uomo di fede, stimato anche per il suo attaccamento alla causa papale: impegnato politicamente, promosse opere cattoliche di base. La madre Caterina era una donna pia e distinta, educata in casa; ella fu determinante nell'orientamento vocazionale dei figli.
Lo stesso Mario così descriveva i genitori: « Quando penso a lui [il Padre] lo penso nel suo povero studio a tavolino, con l'Imitazione in mano, intento a meditare. Uomo quanto mai abnegato: sceglieva sempre le cose più umili per sé. Ascoltava la messa al Purgatorio o al Coretto, in ginocchio, sempre. Nei suoi dolori non fiatava mai[3].»
Della madre affermava: « Fu una speciale grazia del Signore per noi, caro fratello, nascere da donna così santa, essere formato ai suoi esempi santissimi[4].»
La famiglia era inserita nella vita civile e religiosa della città, aveva aderenze presso le migliori famiglie calatine[5] e presso gli ecclesiastici più in vista del mondo cattolico siciliano che cominciavano ad avvertire l'esigenza di superare l'angustia di una testimonianza cristiana esclusivamente personale.
Mario Sturzo maturò in questo tipo di ambiente, ricevette il sacramento del Battesimo nella parrocchia San Giorgio. Durante la fanciullezza visse in un clima economicamente sicuro, culturalmente raffinato, caratterizzato da interessi storico-letterari e religiosi e aperto ai problemi della vita politica locale e a quelli di un movimento cattolico intransigente, che proprio in quegli anni cominciava a definirsi con le celebrazioni dei primi Congressi Cattolici Nazionali.[6]
Sappiamo poco della sua infanzia. Con certezza ebbe una solida formazione culturale e religiosa così come s'impartiva a un nobile calatino[5] del tempo. L'educazione e la testimonianza di vita cristiana dei genitori fecero sì che Mario crescesse in un ambiente eticamente sano e impregnato di valori umani, cristiani e di profonda spiritualità che espresse, successivamente, nella terzina conclusiva di una sua poesia:
« | Straniero no, ma cittadin diviso / Io son dalla celeste patria mia. / Amo la terra e vivo in Paradiso[7]. » |
L'ambiente sereno e religioso venne assorbito da tutti i figli: Margherita avrebbe intrapreso la vita monacale se la salute gliel'avesse permesso, visse comunque da consacrata laica diffondendo l'Apostolato della Preghiera; Remigia, diventata in congregazione suor Giuseppina, divenne Figlia della Carità nell'Istituto di Girgenti[8], dove risiedette tutta la vita; Nelina, sorella gemella di Luigi, rinunciò al matrimonio dopo l'esperienza di postulante nella congregazione delle Figlie della Carità ad Acireale[9] e la richiesta di appartenere alle religiose della Società del Sacro Cuore di Gesù Villa Lante a Roma. Infine, decise di vivere da monaca di casa dedicandosi al servizio dei familiari e del prossimo.
Formazione
A Caltagirone[1] frequentò la Scuola elementare e subito dopo, intorno al 1866-1867, a causa della chiusura del Seminario di Caltagirone, iniziò il suo iter per diventare sacerdote al Seminario di Noto[10], per intraprendere gli studi liceali e poi quelli teologici, dove ebbe come vescovo Giovanni Blandini[11].
A vent'anni, nel 1881, dopo una permanenza di circa tredici anni, lasciò il Seminario di Noto per una «trepida reverenza», stimandosi inadeguato per la dignità sacerdotale e interrompendo così, intorno al 1881-1882 il corso di teologia.
Tra il 1881 e il 1887 frequentò l'Università di Catania, iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, ma completò gli studi a Roma dove si laureò in Legge[12].
A Catania, negli anni giovanili, si dedicò all'apostolato della carità, divenne la guida del Circolo della Gioventù Cattolica San Tommaso d'Aquino, a cui appartenevano i maggiori esponenti dei laici cattolici della città.
All'età di ventisei anni, nel 1887, rientrò nel Seminario di Caltagirone, ricevette l'abito talare e gli ordini minori. Il 21 settembre 1889 venne ordinato presbitero nella chiesa del SS. Salvatore, dal suo Vescovo Saverio Gerbino. Qui celebrò la prima Messa e a fare il discorso in quell'occasione fu il fratello Luigi, ancora chierico.[13].
Divenuto sacerdote, il Vescovo, tra il 1890-1891, gli conferì la nomina di Rettore del seminario e l'insegnamento di diverse discipline: lettere, musica sacra, sacra eloquenza, teologia morale e diritto canonico. Tra gli alunni ebbe anche il fratello Luigi, con il quale si differenziavano dieci anni di età.
L'intesa fra i due fratelli: Mario e Luigi Sturzo
Entrambi i fratelli si erano formati nel periodo del pontificato leoniano: Mario approfondì l'enciclica Aeterni Patris del 1879 che gli destò l'interesse del rinnovamento della filosofia cristiana; Luigi ebbe come punto di riferimento, in particolare, la Rerum Novarum del 1891. Assieme al fratello si prodigò per il rinnovamento dell'arte oratoria sacra perché la predicazione era decaduta in puro formalismo e per questo motivo nel 1893 fondò a Caltagirone[1] l'Accademia di Eloquenza. Oltre all'attenzione agli aspetti culturali, sociali e pastorali tesi al rinnovamento della presenza dei cattolici nella società. La preoccupazione dei due sacerdoti Sturzo non era una questione di forma, ma dettata dall'ansia di rinnovare la predicazione e di rendere essenziale e attraente il messaggio cristiano per il popolo avendo come orizzonte la ricerca della santità.
Per questo Don Mario collaborò intensamente con don Luigi per incrementare il movimento cattolico calatino[5]. Ritenevano che il compito principale della loro prima attività pastorale fosse quello di insistere sulla formazione spirituale, culturale e pastorale del clero e sull'educazione religiosa e civile del popolo, incoraggiando i laici a impegnarsi nell'Azione Cattolica.
Nel 1895 don Mario fondò il primo comitato inter-parrocchiale dell'Opera dei Congressi nella parrocchia di san Giorgio con la sezione giovani San Filippo Neri, la sezione operai San Giuseppe, la sezione agricola Sant'Isidoro.
Nel 1897 collaborò alla redazione de La Croce di Costantino, era la rivista guida del movimento cattolico calatino. Don Mario ne pubblicava in appendice dei romanzi di carattere moralistico-popolare e di impronta psicosociologica che firmava con lo pseudonimo di Eneléo [14]. Pubblicò anche ventisette bozzetti, che evidenziavano la sua inclinazione per un cristianesimo incarnato nella storia.
Nel periodo tra il 1890 e il 1891, aggiunse al compito di prefetto agli studi anche quello di Rettore del seminario, di canonico della cattedrale di San Giuliano di Caltagirone e, successivamente, di vicario generale. Nel 1894 coordinò i lavori del 1º Sinodo Diocesano.
Vescovo di Piazza Armerina: il programma pastorale
Nel 1903, Papa Leone XIII (1810-1903) lo nominò vescovo di Piazza Armerina. Era il settimo successore dalla sua istituzione a diocesi. E per lui iniziò una seconda stagione della vita. L'ordinazione episcopale, presieduta dal cardinale Giuseppe Francica-Nava di Bondifè (1846-1928) si svolse il 19 luglio nella Cattedrale di Sant'Agata di Catania. Dal 15 novembre, giorno del suo ingresso, per 38 anni ebbe sempre cura della diocesi, sino al 12 novembre 1941, giorno in cui spirò.
Nelle informazioni assunte dalle autorità governative per il beneplacito alla nomina di Vescovo, don Mario venne presentato come un uomo di ottime qualità personali e non comune cultura [15]. I motivi ispiratori del suo programma pastorale li tracciò nella prima lettera pastorale del novembre 1903 nella quale sostenne, in linea con il pensiero del fratello, che per ottenere la salvezza delle anime non si poteva prescindere dal perseguire gli interessi del corpo impegnandosi nel rinnovamento della società secondo il magistero sociale della Chiesa. Per i due fratelli Sturzo il binomio da coniugare era la riforma del clero e l'elevazione culturale, civile e religiosa del popolo.
Tra le iniziative di rilievo emerse l'indizione e la realizzazione del 1º Congresso della parrocchialità svoltosi a Enna nel 1937, celebrato dopo un assetto generale del clero e l'erezione di numerose parrocchie, in quasi tutti i dodici comuni della diocesi. Egli stesso scrisse al fratello Luigi: «Sono qui pel congresso della parrocchialità che, con la grazia di Dio, procede molto bene»[16].
Durante la sua poliedrica attività pastorale, celebrò quattro sinodi diocesani; attenzionò le visite pastorali periodiche della diocesi, promosse la celebrazione di convegni d'Azione Cattolica, curò la predicazione di quaresimali e ritiri, incrementò le conferenze per insegnanti e professionisti e potenziò le opere caritative. Le sue numerose lettere e opere sono la testimonianza dell'ingegno di una persona santa che educa e santifica. Numerosi anche e di vario genere i suoi scritti per la formazione spirituale e morale del popolo a lui affidato.
Concentrò, da pastore della chiesa, le sue energie sulla famiglia e sull'educazione morale, tema trasversale in quasi tutte le lettere pastorali. Interesse che poté diffondere capillarmente attraverso la rifondazione del bollettino mensile diocesano che da Spigolature intitolò L'Angelo della famiglia. Con esso propose una nuova presenza del Vescovo-Angelo che veglia sopra ogni famiglia. Difatti, nella sua azione pastorale in primo piano c'erano le visite dirette alle famiglie. Come studioso e pastore meditò molto sul lavorio psicologico della conversione, dedicando a questo tema molti scritti[17] e indicò i cardini di una teologia del laicato. Per un decennio esplicò l'incarico di Segretario della Conferenza Episcopale Sicula e di redattore di alcune lettere pastorali collettive.
L'attenzione alla formazione dei seminaristi e dei sacerdoti
Iniziò la sua missione di Vescovo rivolgendo ai sacerdoti l'invito di Leone XIII ad uscire dalle sagrestie, aggiungendo ma vegliate nelle notti nelle preghiere e nel pianto. Se non sarete santi non santificherete il mondo. Amò e riformò il seminario diocesano, in particolare, rivide le tappe di formazione al sacerdozio, puntualizzandole nella lettera pastorale Il Seminario[18], ne chiuse lo stabile dal 1904 al 1907 ristrutturandolo.
Mons. Sturzo, anticipò lo spirito delle norme per l'ordinamento educativo e disciplinare dei seminari, emanati nel 1908 dalla Santa Sede, rifletteva sul significato della presenza del sacerdote tra il popolo vedendolo come maestro di vita spirituale e di santità e al contempo attento ai problemi del tempo. Seguì personalmente l'iter formativo dei sacerdoti dalla loro preparazione filosofica alla disciplina interiore[19]. Per la formazione permanente del clero fondò la Congregazione sacerdotale degli Oblati di Maria, pari a quella voluta da San Carlo Borromeo (1538-1584). Egli stesso ne elaborò le Costituzioni, organizzò la vita comune, seguendo personalmente la formazione spirituale dei suoi membri. I sacerdoti diocesani che aderivano alla Congregazione li definiva un corpo speciale all'interno dello stesso clero, legati al vescovo da voto di obbedienza.
Particolarmente apprezzata dal visitatore apostolico Luca Ermenegildo Passetto (1871-1954) fu la fondazione della congregazione degli Oblati e composta quasi esclusivamente dai seminaristi: «è come la milizia scelta della Diocesi, pronta ad eseguire tutti gli ordini del Vescovo. Superiore della congregazione è il Rettore del Seminario. I membri si dividono in effettivi ed aspiranti: gli effettivi sono quelli che, dopo il suddiaconato, hanno fatto i voti perpetui di obbedienza al Vescovo e di castità; se sono sacerdoti, vivono nella casa madre appositamente edificata ed intercomunicante col Seminario, o nelle altre case canoniche, quando vengono destinati a qualche officio; ma non più in famiglie; se non sono sacerdoti, vivono in Seminario insieme con gli altri chierici: gli aspiranti invece fanno gli stessi voti, ma temporanei, di sei mesi in sei mesi. Ora in Seminario ci sono 24 aspiranti e 4 effettivi».
La promozione del movimento sociale cattolico
Visse sempre in mezzo al suo popolo: tra le masse degli operai e dei contadini di Valguarnera e Mazzarino e tra gli zolfatari della frazione Grottacalda per verificare personalmente problemi religiosi e condizioni di vita. Considerava la sua presenza un input per dare fiducia e suscitare speranza. Per questo, nei paesi della diocesi favorì le casse rurali e le opere sociali cattoliche, entusiasmando per il movimento della Democrazia Cristiana.
Tra il 1904 e il 1905 i fratelli Sturzo maturarono una concezione più moderna e laica dell’impegno politico dei cattolici. In realtà, già dal 1902, a seguito del Congresso dei consiglieri cattolici di Caltanissetta, si erano adoperati per la costruzione di un vero e proprio partito con fisionomia interdiocesana e tendenzialmente autonomo. Si doveva partire dalle leghe e le cooperative operaie e contadine per costruire un nuovo soggetto politico che si ponesse quale strumento necessario attraverso cui i cattolici avrebbero finalmente potuto fare il loro ingresso “a testa alta” nella vita dello Stato.[20]
L'interesse per gli studi filosofici
Ebbe viva l'attenzione agli studi filosofici per rinnovare la filosofia scolastica in modo da porre, come strumento d'apostolato, la cultura contemporanea al servizio di Dio e della Chiesa.
Dal 1915 collaborò con la Rivista di Filosofia Neo-scolastica e dal 1920 insegnò in seminario. Nella sua attività di docente si confrontò, tra l'altro, con i principali esponenti della filosofia occidentale, fra cui Maurice Blondel (1861-1949), Étienne Gilson (1884-1978), Benedetto Croce (1866-1952), opponendosi al positivismo e all'idealismo [21]. Istituì a Piazza Armerina una scuola cattolica intitolata a Prospero Intorcetta, gesuita piazzese missionario in Cina che si era distinto per la traduzione latina di alcune opere di Confucio. Insegnò egli stesso letteratura e filosofia pubblicando delle dispense che successivamente furono raccolte in volumi.
Nel 1927, dopo aver contattato a Parigi studiosi dell'Istituto Cattolico e a Milano Agostino Gemelli (1878-1959) e Francesco Olgiati (1886-1962), fondò a Piazza Armerina la rivista filosofico-letteraria Rivista di Autoformazione [22], sulla quale scrissero personaggi illustri, fra i quali lo stesso fratello Luigi. Il formato e la grafica del periodico riprendeva il cliché della rivista Critica di Benedetto Croce (1866-1952). Si proponeva così di creare uno strumento divulgativo che si confrontasse con altre autorevoli riviste come La Tradizione, Vita e Pensiero e Neo-Scolastica, sul terreno del dibattito teologico-filosofico.
I rapporti epistolari con il fratello Luigi e con il regime fascista
A Parigi, nel periodo dell'esilio del fratello, rimase in contatto epistolare in cui discutevano di filosofia, teologia, letteratura e mistica. La stima reciproca e la consanguineità non impedivano tra i due confronti vivaci e sostegno spirituale. Dal carteggio emerge, pur nella differenza delle loro personalità e delle storie personali, una profonda spiritualità: il comune anelito alla santità, l'umiltà intellettuale e l'apertura mentale, la carità pastorale come centro e sintesi della loro spiritualità che li portò ad approfondire la rilevanza culturale e sociale della fede vissuta all'interno della Chiesa.
Nelle lettere mons. Mario riservava ampio spazio alle citazioni di illustri pensatori come Sant'Agostino (354-430), San Tommaso (I secolo a.C.), San Giovanni della Croce (1542-1591), Santa Teresa d'Avila (1515-1582), Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787), San Francesco di Sales (1567-1622); e, di età moderna, i filosofi francesi Henry Bergson (1859-1941) e Maurice Blondel (1861-1949), lo storico dell'analisi dell'esperienza religiosa moderna Henri Brémond (1865-1933), il teologo domenicano Réginald Garrigou-Lagrange (1877-1964).
I due fratelli non scrivevano di politica perché erano consapevoli di essere "sorvegliati speciali" del regime fascista [23]. Nell'archivio centrale dello Stato sono conservati oltre un migliaio di fogli su Sturzo don Luigi, fu Felice, antifascista. Per don Mario esistono in due Fondi circa trecento fogli, presso lo stesso archivio[24]
Il Vescovo ebbe un atteggiamento intransigente nei confronti del regime fascista e questo gli attirò calunnie e persecuzioni, che affrontò con fermezza e pazienza evangelica. Il sottoprefetto di Terranova di Sicilia, l'odierna Gela, in una riservata al Prefetto Romualdo Pintor Mameli (1874-1965) di Caltanissetta[25], del 10 marzo 1926, scrisse che:
« | Monsignor Mario Sturzo, Vescovo della diocesi di Piazza Armerina, che comprende i Comuni di questo Circondario, è fratello del fuoruscito D. Luigi Sturzo e non può quindi non condividerne i sentimenti e l'indirizzo politico. » |
Il sottoprefetto di Piazza Armerina, Rosario Rossi, in una riservata personale al prefetto di Caltanissetta, del 25 marzo 1926, scrive: « Dopo l'avvento del Governo Nazionale l'atteggiamento di Monsignor Mario Sturzo, Vescovo di Piazza Armerina, si è mantenuto sempre più avverso al Regime. Legato per ragioni di parentela all'ex Segretario politico del P.P.I., il Vescovo di Piazza Armerina ha voluto segnare, nella Diocesi, l'ostinata intransigenza del fratello Prof. Luigi Sturzo, sperando in un facile ritorno dell'antico regime nel quale la provincia di Caltanissetta, e più specialmente i circondari di Piazza e Terranova, costituirono la cittadella del popolarismo.» [27]
In una lettera del prefetto di Enna, Giuseppe Rogges,[28] al Ministero dell'Interno del 30 aprile 1928, in occasione delle feste giubilari per il 25º di episcopato di Mons. Mario Sturzo, scrisse:
« | Si tende evidentemente a dimostrare alle popolazioni alle Autorità e al Governo la stima goduta dal Vescovo malgrado i precedenti politici di lui e quelli del fratello Prof. Luigi ex Segretario del partito popolare Italiano, nonché al Vaticano la illimitata fiducia che Mons. Sturzo gode presso tutta la popolazione della diocesi, soprattutto dopo le visite di Mons. Passetto, venuto dal Vaticano per inquisire sull'insegnamento filosofico impartito dallo Sturzo nel Seminario Vescovile e cui ho già riferito a codesto On. Ministero. » |
In una precedente lettera, 5 aprile 1928, il prefetto di Enna a proposito dell'impegno filosofico del vescovo ribadì:
« Il Vescovo Mons. Mario Sturzo, pur accettando il dualismo fondamentale dello spirito e della materia come base del suo sistema filosofico, ha voluto apportarvi delle audaci innovazioni e ammette tutte le teorie moderne dell'idealismo, cercando di adattarle ai principi cristiani. Egli segue in ciò la teoria della scuola tedesca hegheliana [sic], sostenuta in Italia principalmente da Benedetto Croce.»
Nella lettera del 13 giugno 1931, il prefetto di Enna, Gaetano Cancellieri[29], nel trasmettere un esposto anonimo nel quale si sosteneva che la sede vescovile è stata sede della direzione politica [del partito popolare] che ha a capo il suddetto vescovo e dove si sono ordite e si ordiscono ancora tante congiure a danno del regime e del Duce, scrisse al Ministero dell'Interno: continuo a seguire, come ho fatto sinora, con la massima attenzione e circospezione l'attività che va svolgendo quel vescovo.
La corrispondenza fra i due fratelli veniva comunque sottoposta a censura e ciò si evince da un appunto manoscritto del 13 gennaio 1932 in cui si legge che « i due fratelli si scrivono spesso trattando di argomenti filosofici. Sarebbe opportuno scrivere al prefetto che mandi al Ministero soltanto copia di quella corrispondenza censurata che abbia una certa importanza dal lato politico». [30].
Il pensiero filosofico e il neo-sintetismo
Agli alunni di liceo era il vescovo che teneva le lezioni di filosofia, imperniate sul neo-sintetismo, sistema filosofico da lui elaborato. Il visitatore apostolico Pasetto sottolineò che Sturzo aveva impropriamente ripensato il pensiero di Tommaso d’Aquino e aveva abbandonato il metodo aristotelico-scolastico. Adottava esclusivamente un proprio testo pubblicato nel 1925, si serviva della lingua italiana e non della latina, e adoperava una terminologia gentiliana e crociana. Anche per le lezioni dei quattro anni della teologia, Sturzo aveva abbandonato la lingua latina e introdotto la lingua italiana. Vi insegnavano solamente il vescovo e mons. Calogero Minacapelli. Il primo esponeva agli alunni di teologia, uniti insieme a quelli di secondo e terzo anno di filosofia, i trattati: De Deo uno et trino, De Deo creante et elevante. Il secondo, solo agli alunni di teologia, trattava: De vera religione, De ecclesia, De Verbo incarnato, De santificatione et remuneratione. Nessuno dei seminaristi veniva inviato a studiare presso le Pontificie università romane « per non esporlo alle critiche degli scolastico-tomisti e per non esporre nel tempo stesso il neo-sintetismo al pericolo di essere proscritto».
Il punto chiave della ricerca filosofica di Sturzo era la relazione pensiero-azione: l'azione degna di ammirazione solo se avrà un fondamento filosofico e un obiettivo antropologico. Il filosofo, per quanto possa sembrare distaccato dalla vita, questa è una fonte e di essa ne indaga il senso [31]. Per mons. Sturzo non ci può essere vera ricerca filosofica se non nella storia e a servizio della stessa, anzi, la filosofia diventa quasi la metodologia della storia nel senso che dà un metodo nel vivere e nel leggere la medesima.
Sturzo, in dialogo-opposizione con la filosofia moderna, elaborò un suo sistema filosofico: il neo-sintetismo, che ispirandosi in modo critico a Immanuel Kant (1724-1804) e ad Antonio Rosmini (1797-1855), ripropose una nuova forma di realismo classico e cristiano, sostenendo la tesi della priorità della sintesi sull'analisi, che ha al suo centro l'uomo [32] Il confronto con il soggettivismo gnoseologico e lo storicismo dei neo-idealisti italiani lo spinse a privilegiare il ruolo del soggetto nel processo conoscitivo in una sintesi fra immanenza e trascendenza, fra naturale e soprannaturale.
Visita Apostolica al Seminario di Piazza Armerina e al vescovo Mario Sturzo
Su Mario Sturzo vescovo non mancò l'attenzione da parte della Santa Sede, tanto per studiare il suo ministero episcopale e il governo della diocesi, quanto per analizzare e approfondire il suo sistema filosofico, il cosiddetto neo-sintetismo, e i risvolti pedagogici. Proprio il suo pensiero filosofico, e la conseguente impostazione data agli studi nel seminario piazzese, furono l'oggetto peculiare della visita apostolica compiutavi dal vescovo Luca Ermenegildo Pasetto(ch), quando nei primi mesi del 1928 visitò i seminari di Sicilia: quello di Piazza Armerina dal 31 gennaio al 4 febbraio [33] La prima parte della relazione, redatta da Pasetto dopo la visita (1° luglio 1928), attiene agli aspetti strutturali del seminario, la seconda parte all'organizzazione e ai contenuti degli studi.
L'edificio del seminario era stato totalmente rinnovato ed era in grado di ospitare fino a 100 alunni in un ambiente rinnovato, ampio ed idoneo. I seminaristi erano divisi tra alunni del ginnasio e alunni del liceo e della teologia, ed avevano in comune la mensa e la cappella. Le condizioni economiche erano buone e nell'anno 1926-1927 si era avuto un avanzo di gestione di poco più di 1.814 lire.
Fu, invece, nell'organizzazione e nei contenuti degli studi che il visitatore apostolico registrò e trasmise alla Sacra Congregazione per i Seminari le sue perplessità. Anzitutto circa il metodo di insegnamento, da Sturzo finalizzato essenzialmente ad una solida formazione estetica: « Educare all’arte - sosteneva - è indirizzare tutte le conoscenze di natura e di arte allo sviluppo e alla disciplina delle disposizioni estetiche. Perché ciò avvenga, non giova far entrare nello spirito dei ragazzi formule e precetti fissi e immutabili come dommi, e nuoce immensamente; perché tutto ciò che a questo modo vi entra, rimane ingombro dannoso, come il cibo indigesto in uno stomaco debole. Pochi precetti, i più necessari; molto studio del vero; aria, luce, vita.» [34]
Il richiamo da parte della Santa Sede
La sua vita non ebbe dei percorsi scontati, anzi la sua attività di ricerca filosofica ebbe la disapprovazione delle gerarchie ecclesiastiche del tempo.
Il 17 gennaio 1931, ebbe una nota disciplinare dal Sant'Uffizio[35] che venne pubblicata nell'editoriale [36] di Civiltà Cattolica in cui si criticano il contenuto e il linguaggio del pensiero di Sturzo, poiché sembrano più vicini al neoidealismo crociano e gentiliano che non alla filosofia scolastica e tomista. Si criticarono altresì anche la sua dottrina sulla conoscenza, i concetti di filosofia e storia [37]
Il richiamo esplicito del Sant'Uffizio mise fine all'attività della Rivista di Autoformazione e costrinse il Vescovo alla ritrattazione pubblica in Cattedrale, dopo il solenne pontificale dell'8 aprile 1931. Il 19 dello stesso mese l'Osservatore Romano ne pubblicò la notizia: La Suprema Sacra Congregazione del S. Offizio comunica: Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Mario Sturzo, vescovo di Piazza Armerina, dietro richiamo della Sacra Congregazione del S. Offizio, ha inviato la seguente ritrattazione: "Io sottoscritto intendo di ritrattare come di fatto ritratto con la presente, tutto ciò che ho scritto e pubblicato nei libri, nella "Rivista di Autoformazione" e nella Rivista "La Tradizione" di Palermo contro la dottrina cattolica e contro ciò che la Santa Sede e i Sommi Pontefici, specialmente negli ultimi tempi hanno inculcato, raccomandato e comandato per lo studio della Filosofia Scolastica nei Seminari.[38]
Tale gesto lasciò sbigottito il fratello Luigi, che da Londra ignorava tale situazione. Dopo questa intimazione, Mons. Sturzo sospese la pubblicazione della Rivista di Autoformazione perché, scrisse al fratello, «In essa si vede, non un servizio, ma una lotta» [39]
La spiritualità nelle lettere pastorali e nelle poesie
Così mons. Mario Sturzo cambiò strategia: cercò di fare filosofia con la poesia [40] pubblicando 143 sonetti, raccolti nel volume Il mio canto, la cui nota dominante era il motivo religioso [41] Già prima del 1931 aveva scritto in poesia le Visite e le Letture in versi al SS. Sacramento e alla Madonna, che si ispirano per contenuto e metodo alle Visite di Sant'Alfonso Maria de' Liguori e agli Inni sacri di Alessandro Manzoni (1785-1873) [42]
Si dedicò a studi di ascetica, mistica, psicologia religiosa e a una intensa attività pastorale di cui lasciò traccia nelle numerose lettere pastorali, in cui trattò svariati temi fra cui l'educazione, la conversione, la conoscenza di Dio, la vita in Dio, la preghiera.
Per il Vescovo l'uomo vive bene la sua dipendenza da Dio solamente quando vive in Dio, con Dio e per Dio e questo viene reso possibile solo nell'amore [43] Quando si verifica ciò avviene il mistero dell'in-abitazione divina, avviene la divinizzazione dello stesso essere umano, il quale tuttavia resta nella sua alterità da Dio e dagli altri suoi simili, poiché non perde la sua identità [44] Nell'esperienza amorosa l'uomo si accorge di vivere in una presenza che lo muove all'altro e alla realtà, ma con uno sguardo e con delle aspettative nuove [45]; vivendo l'amore l'uomo sperimenta anche la sofferenza e la tortura di chi sa di avere in se un desiderio che niente e nessuno al mondo può soddisfare mai pienamente [46]. L'esperienza dell'amore nell'uomo è anzitutto un dono che riceve dal suo Creatore da cui nasce la risposta amorosa [47].
Un tratto tipico della spiritualità di mons. Mario Sturzo, della sua spiritualità dell'azione, è stato il suo anelito per la conversione del cuore. Tradusse questo cuore pulsante in attività apostolica animata dalla carità pastorale. Concepì il suo ministero come esercizio di un compito di educazione alla santità. Alla santità, che è stata l'ideale di tutta la sua vita, dedica nel 1935 la lettera pastorale La santità nell'itinerario dell'anima a Dio.
Dedicò gli ultimi anni della sua riflessione a opere spirituali quali La vita in Dio, infatti, raccolse e sintetizzò tutta la sua ricerca filosofica in quest'opera non solo dal punto di vista cronologico, essendo la sua ultima opera, ma dalla prospettiva mistico-spirituale. Risolveva così l'impegno filosofico nell'esperienza religiosa, tema preannunziato nell'ultimo capitolo de Problemi di filosofia dell'educazione.
«Il problema della vita interiore, filosoficamente non è che il problema dell'educazione, considerata come autoeducazione [...] proprio perché non è assolutezza, ma rapportualità [...] questa ha il suo fine ultimo nella vita mistica e nella conoscenza intellettiva di Dio». [48]
L'interesse per l'educazione
Dopo aver affrontato la problematica pedagogica dal punto di vista razionale, nella lettera pastorale del 1938 L'educazione nelle sue ragioni supreme si occupò della vera e suprema formazione cristiana che è la santità.
L'educazione è stato il leitmotiv del suo apostolato. Già nel 1914 nel mensile diocesano Spigolature scrisse:
« | La vita dello spirito reclama una seconda generazione che è l'educazione; è la protezione da tutti quei bacilli morali che vagano in ogni ambiente e che non aspettano che la condizione favorevole per entrare in virulenza e cagionare la malattia morale e la morte. » |
La pedagogia religiosa lo condusse a privilegiare la missione della famiglia e a valorizzare la paternità e la maternità come un apostolato. Nel dicembre 1936 rivolse la lettera pastorale La Maternità-Apostolato alle mamme perché era consapevole che l'uomo è inserito in una società naturale di cui la famiglia è la prima cellula. Nel lavoro di riorganizzazione e santificazione della società il primo posto va dato alla famiglia, ma ciò è possibile se la madre cristiana concepisce la maternità come apostolato: inteso come influsso santificante che accompagna i figli per tutta la vita. Perché la madre corrisponda a questa missione è necessario che si prepari fin dalla scoperta della sua vocazione allo stato matrimoniale, altrimenti non sarà mai tale, anche se dà alla luce i figli, perché non sarà mai capace della seconda generazione a cui i genitori sono chiamati, ossia la formazione spirituale e cristiana della prole.
Per avvalorare questa tesi, utilizzò vari esempi: prepararsi alla maternità e paternità sin dai primi anni vuol dire guardare la vita come un dono di Dio, un dovere di religione e un servizio del Signore. La madre che si prepara alla maternità avrà profondi intuiti circa la sua missione. Ella deve avere la coscienza che il vero educatore è Dio e deve solo cooperare all'azione divina, prima ancora che nascano i figli, per cui deve circondarli di quell'ambiente di religiosità che si trasmette come si fa con l'eredità della carne.
Mons. Sturzo si rivolge in particolare alle giovani e le invita a conoscere bene la loro vocazione, a scoprirla e a consacrare tutte le forze per vivere già spiritualmente i futuri doveri: di spose e di madri.
L'apostolato della Maternità vuol dire, inoltre, vivere la maternità come sacerdozio, quindi la madre quale sacerdotessa vive i suoi doveri come servizio da rendere a Dio ed è chiamata ad avere come priorità l'educazione dei figli, ciò concorre all'armonia della famiglia. Il dovere supremo che racchiude in sé tutti i doveri è quello di essere l'amica dei figli.
Il Vescovo suggeriva di leggere la vita dei santi, in particolare quelle biografie in cui emergeva la figura materna e a compiere con coscienza l'apostolato della maternità, sia per rispondere alla volontà di Dio sia per fare della famiglia un vero santuario per favorire la rigenerazione della vita parrocchiale e della società.
Simile tematica illustrò nella lettera pastorale L'apostolato della Paternità del 30 giugno 1938, pubblicata sul mensile L'angelo della famiglia. Si rivolgeva ai padri e alle madri di famiglia chiamandoli "i primi ministri del sacerdozio dell'educazione".
Per il vescovo l'educazione cristiana era il risultato della collaborazione fra la grazia divina e l'opera umana: Il vero educatore non è né la madre né il padre di famiglia né altri, ed è solamente ed esclusivamente Dio. Questa è dottrina che non consente dubbi. La vera educazione che è la santità, non può farla che Dio. Dio però vuole che tanto gli educandi quanto gli educatori facciano la loro parte come se tutto dipendesse da loro.
Egli invita a vivere paternità e maternità come un sacerdozio, un apostolato che richiedono la santità. E precisava: "La madre di famiglia è veramente sacerdotessa, il padre di famiglia è veramente sacerdote quando ciascuno, per la parte che lo riguarda, è anche vittima". Se i genitori tenderanno alla santità diventeranno per i figli un nuovo vangelo e la testimonianza della loro vita sarà "il primo insegnamento pieno di fascino che raggiunge certamente l'effetto". In questo modo l'educazione che i genitori impartiranno ai propri figli "sarà animata non dalle deboli ragioni prossime, ma dalle supreme ragioni" [49].
La santità
Il desiderio alla santità per il vescovo Sturzo è il "più intimo e il più umano dei sentimenti" e, nello stesso tempo, il più divino. Il cammino verso la santità è reso possibile dal dono battesimale e cresce grazie alla preghiera nella concretezza della vita quotidiana.
La fede che spinge l'uomo alla santità non è qualcosa di sentimentale o passeggero, ma è anche atto di ragione che lo spinge ad agire di conseguenza nella storia, tuttavia questo è possibile solo quando l'uomo si rende conto di essere stato creato per amore. A tal proposito scrisse: «Non è la vera cognizione di Dio [...] quella del filosofo che per via di dotto ragionamento scopre non solo che Dio esiste, ma che è eterno, infinito e infinitamente sapiente, giusto e buono. [...] Chi non ama Dio, è in rapporto con Lui, non con tutto l'essere, ma solo con una parte di esso» [50]. La conseguenza di questa impostazione è che tutto ciò che l'uomo opera nella storia, deve avere come obiettivo la santità. Anche l'educazione mons. Sturzo la definì come "un compito che con una parola esclusivamente cristiana si chiama santità". [51].
All'interno di questo percorso di santità dedicò molte opere alla conversione, esplicitandone le tappe e le resistenze a causa del peccato che produce tristezza e disperazione: "l'azione ben animata, invece, è santità e gioia insieme e la gioia accresce la santità e genera altra gioia".[52]. La santità lungi dall'essere un qualcosa che si oppone alla natura dell'uomo e alla sua ragione, è il supremo compimento e la massima attuazione delle ragioni per cui la vita è degna di essere vissuta: "La santità è il fatto più essenziale della Chiesa e di più agevole cognizione; è luce che basta mostrarsi per illuminare". Come ogni fatto storico anche la santità ha i suoi testimoni che sono i santi che mons. Sturzo definì "l'Evangelo vivente, l'Evangelo parlante; i santi sono la fede operante". Difatti, nel Bollettino diocesano de L'Angelo della Famiglia il Vescovo propose, quasi in tutte le copertine, un'immagine sempre diversa di un santo.
Mons. Sturzo precorrendo la dottrina del Vaticano II sulla vocazione universale alla santità, nella lettera pastorale del 1935 La santità nell'itinerario dell'anima a Dio scrisse: "La santità dei cristiani nella Chiesa non è un fatto limitato o temporaneo; i santi non sono solamente gli eroi della santità, né solamente quelli che nella storia emergono come spirituali dominatori, né solamente quelli che la Chiesa canonizza. Sono una falange, sono il popolo dei veri cristiani, una corrente storica non tutta storicizzata, una corrente unica, perché la santità è una, in fondo sempre la stessa, nelle forme sempre varia. Sociale e individuale, che cominciò con gli Apostoli, che generò nuovi santi, che genera sempre nuovi santi e ne genererà con la stessa fecondità, con la stessa ansia di perfezione, con lo stesso ardore di purificazione e di unione con Dio fino alla fine dei secoli"[53]
La morte
L'11 novembre 1941, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti, si presentò al cospetto di Dio il 12 novembre 1941. I funerali si celebrarono il 14. Alla sua morte furono ampie e corali le voci di cordoglio e di consenso per la spiccata personalità e l'opera multiforme del grande vescovo. La sua scomparsa fu avvertita da molti come una grave perdita per tutto l'episcopato e il clero italiano, come anche per "l'Italia colta".[54]
Le esequie
A presenziare le esequie fu il vescovo di Caltanissetta, Mons. Giovanni Jacono, suo amico fraterno. Nell'elogio funebre sottolineò la totale obbedienza alla Chiesa del Vescovo Sturzo, testimoniata quale unica via di obbedienza a Dio: «Il vescovo grande e umile il giorno stesso dell'arrivo dell'Osservatore Romano nelle sue mani, disse al rettore del seminario: raduna i chierici, leggi loro il monito pontificio, che io accolgo in pieno e dì loro che imparino dal vescovo a essere obbedienti». [55] E paragonò l'operazione culturale compiuta da Sturzo a quella di Tommaso d'Aquino con la filosofia aristotelica[56].
Mons. Francesco Olgiati, anche a nome di padre Agostino Gemelli, nel telegramma inviato alla chiesa piazzese sottolineò che la sua morte non rattristava solo la sua diocesi, ma anche tutta l'Italia: «Molto dolore mi ha procurato la morte di Lui che amavo e stimavo da parecchi anni. E sono sicuro che dal Paradiso ci assisterà e ci proteggerà nei nostri studi e nel nostro modesto apostolato. Anche P. Gemelli fu dalla notizia profondamente rattristato; e tutti noi prendiamo parte alla tristezza accorata che, non solo la diocesi di Piazza Armerina, ma l'Italia colta sente per questa dipartita».[57]; espressione che mise in risalto la stima e il rapporto di amicizia personale che legavano i tre uomini di cultura.
Il feretro fu sepolto nel cimitero di Piazza Armerina, ma il 25 aprile 1960, per volere del suo successore Mons. Antonio Catarella (1889-1972), venne traslato nella Cattedrale di Piazza Armerina.
Il processo di Beatificazione
Il processo di Beatificazione, promosso dalla diocesi di Piazza Armerina, la cui istanza era stata avanzata il 13 settembre 2006, ottenne il nulla-osta, il 22 dicembre 2012. L'apertura dell'inchiesta diocesana del processo ebbe luogo il 21 aprile 2013.
Genealogia episcopale
Per approfondire, vedi la voce genealogia episcopale |
- Cardinale Scipione Rebiba
- Cardinale Giulio Antonio Santori
- Cardinale Girolamo Bernerio, O.P.
- Arcivescovo Galeazzo Sanvitale
- Cardinale Ludovico Ludovisi
- Cardinale Luigi Caetani
- Cardinale Ulderico Carpegna
- Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni
- Papa Benedetto XIII
- Papa Benedetto XIV
- Papa Clemente XIII
- Cardinale Marcantonio Colonna juniore
- Cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, B.
- Cardinale Giulio Maria della Somaglia
- Cardinale Luigi Lambruschini, B.
- Cardinale Girolamo d'Andrea
- Vescovo Giovanni Battista Guttadauro di Reburdone
- Cardinale Giuseppe Francica-Nava di Bondifè
- Vescovo Mario Sturzo
Successione degli incarichi
Predecessore: | Vescovo di Piazza Armerina | Successore: | |
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Mariano Palermo | 22 giugno 1903 – 12 novembre 1941 | Antonino Catarella |
Note | |
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Bibliografia | |
NOTA: I suddetti contenuti sono stati visionati da Mons. Gaetano Zito, all'epoca postulatore della Causa, nel 2012 quando si ebbe il nulla osta per poter iniziare il processo canonico per la beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Mons. Mario Sturzo. Articoli di Mario Sturzo apparsi sulla Rivista Autoformazione, dal 1927 al 1930. La serie completa è conservata nella biblioteca del Seminario di Caltanissetta. Anno I (1927)
P. ALFONSO - M. BIANCONI, O Romafelix, (Recensione), 139-140; Alla scuola del nonsenso, (Postille), 141-144.
Anno II (1928)
Il mistero dell'Infinito, (Versi),200.
Memorie, (Sonetti), 285-300; MONS. CARLO PELLEGRINI, La vita del Prof. Contardo Ferrini, S.E.I., Torino 1928 (Recensione), 301. Anno III (1929)
Anno IV (1930)
Il canto dell'anima III, (Sonetti), 50-61.
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Altre fonti
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- Vescovi di Piazza Armerina
- Presbiteri ordinati nel 1889
- Presbiteri italiani del XIX secolo
- Italiani del XIX secolo
- Presbiteri del XIX secolo
- Presbiteri per nome
- Presbiteri italiani del XX secolo
- Italiani del XX secolo
- Presbiteri del XX secolo
- Vescovi consacrati nel 1903
- Vescovi italiani del XX secolo
- Vescovi del XX secolo
- Vescovi per nome
- Vescovi italiani del XXI secolo
- Italiani del XXI secolo
- Vescovi del XXI secolo
- Vescovi consacrati da Giuseppe Francica-Nava di Bondifè
- Tutti i Servi di Dio
- Servi di Dio italiani
- Servi di Dio del XX secolo
- Biografie
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