Tommaso Arezzo

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Tommaso Arezzo
Cardinale
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battezzato
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Titolo cardinalizio
Incarichi attuali
Età alla morte 76 anni
Nascita Orbetello
16 dicembre 1756
Morte Roma
3 febbraio 1833
Sepoltura Basilica di San Lorenzo in Damaso (Roma)
Conversione
Appartenenza
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Vestizione [[]]
Professione religiosa [[]]
Ordinato diacono 14 marzo 1779
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Ordinazione presbiterale 19 marzo 1779
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Consacrazione vescovile Chiesa di Sant'Agnese in Agone (Roma), 4 aprile 1802 dal card. arc. Giuseppe Maria Doria Pamphilj
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Creato
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Cardinale
8 marzo 1816 da Pio VII (vedi)
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Predecessore {{{predecessore}}}
Successore {{{successore}}}
Extra Anni di pontificato

Successione apostolica

Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
Venerato da {{{venerato da}}}
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione [[{{{aS}}}]]
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Altre ricorrenze
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Devozioni particolari {{{devozioni}}}
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Invito all'ascolto
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Tommaso Arezzo (Orbetello, 16 dicembre 1756; † Roma, 3 febbraio 1833) è stato un cardinale e arcivescovo italiano.

Cenni biografici

Nacque il 16 dicembre 1756 a Orbetello, figlio di Orazio, ufficiale siciliano, in passato ministro della guerra e prefetto di Napoli, e di Maria nata Fitzgerald dei duchi di Linster in Irlanda.

Nel 1764 fu mandato a Roma a studiare prima presso gli Scolopi al Nazareno, il collegio dei giovani dell'alta nobiltà, poi diritto civile e canonico presso l'accademia ecclesiastica del Collegio Romano. Nel 1773 ricevette la tonsura e il padre gli ottenne dal re il decanato dalla cattedrale di Girgenti, con dispensa pontificia dagli ordini maggiori e dalla residenza. Nel 1779 ricevette gli ordini maggiori. Nel 1781 entrò nell'Ordine di Malta, fu nominato referendario della Segnatura Apostolica e protonotario apostolico.

Dal 1785 al 1790 fu vice-legato di Bologna, poi governatore di Fermo nel 1791, di Perugia nel 1793 e di Macerata nel 1796. Fu poi governatore generale delle Marche e Piceno. Con l'occupazione francese, nel febbraio dei 1797 dovette abbandonare Ancona. Nel dicembre fuggì da Macerata e l'anno seguente si rifugiò in Sicilia. Qui, per la morte del padre e del fratello maggiore Raimondo, si trovò a capo della famiglia e di un cospicuo patrimonio.

Episcopato e nunziatura

Con l'ingresso a Roma, nel luglio 1800, del nuovo papa Pio VII, si andavano ricostituendo corte e curia. L'Arezzo fu richiamato nella Santa Sede da Pio VII che lo volle nunzio apostolico a latere in Russia, fu quindi eletto arcivescovo titolare di Seleucia in Isauria il 29 marzo 1802. Fu consacrato nella chiesa romana di Sant'Agnese in Piazza Navona il 4 aprile seguente dal cardinale Giuseppe Maria Doria Pamphilj, assistito da mons. Camillo Campanelli (Ch), arcivescovo titolare di Atene, e da mons. Benedetto Sinibaldi (Ch), arcivescovo titolare di Efeso.

Dopo aver rinunziato in favore del fratello minore, Giuseppe, al titolo di capo famiglia, munito di facoltà e poteri di nunzio e di precise istruzioni del cardinale Gerdil, prefetto di Propaganda Fide, partì da Roma il 26 giugno ed arrivò alla corte dello zar Alessandro I solo il 9 aprile 1803, fu infatti bloccato a Vienna per sette mesi in attesa del lasciapassare russo, che gli fu rilasciato solo nel gennaio [1803. Il ritardo era dovuto agli strascichi sul titolo di gran maestro dell'Ordine di Malta, già conferito al defunto zar Paolo I e non ratificato da Pio VI e dall'ostilità, all'arrivo di un legato apostolico, di Stanislao Siestrzencewicz(ch), arcivescovo di Mogilev e dallo scarso interesse del governo russo alla presenza di un nunzio: se poteva essere interessato a rapporti con un sovrano europeo e in particolare italiano, non lo era a un ampliamento in Russia dell'autorità papale, né al consolidamento dei gruppi cattolici. L'attività del nunzio a San Pietroburgo fu condizionata da questo limite oggettivo, a cui si aggiungeva, da una parte il progressivo affiancamento della Russia alla netta linea antifrancese dell'Inghilterra, dall'altra con la firma del concordato con la Francia il riavvicinamento della Santa Sede a Napoleone.

Da parte di Propaganda Fide il nunzio ebbe come obiettivi: la soluzione, in termini canonicamente accettabili, della questione del "Collegio ecclesiastico"; il ripristino della organizzazione ecclesiastica, con il ristabilimento della gerarchia metropolita per i Ruteni, impedendone il passaggio al rito latino; riottenere ai basiliani i conventi passati agli ortodossi; riordinare le missioni nella Russia meridionale) e la soluzione di questioni finanziarie. Non tutte queste questioni poterono esser trattate e risolte dall'Arezzo.

Una delle difficoltà per le precedenti nunziature Archetti e Litta, quella rappresentata dai gesuiti, si era intanto venuta risolvendo. Pio VII, col breve Catholicae Fidei del 1801 ne aveva riconosciuta l'esistenza ufficiale in Russia. Col generale della Compagnia, padre Gabriele Grüber, influente e stimato negli ambienti di corte e ortodossi, l'Arezzo mantenne utili buoni rapporti: era comune a entrambi l'obbiettivo di ridurre i poteri straordinari e l'ingerenza del Siestrzencewicz.

La precarietà della posizione diplomatica della Santa Sede verso la Russia si acuì dopo l'incidente Vernègues. Questo realista francese naturalizzato russo nel settembre 1803, era stato espulso l'11 ottobre da Napoli, su richiesta dell'ambasciatore francese Alquier, ritenuto agente segreto della Russia. Attraverso il cardinal Joseph Fesch, il Talleyrand ne richiese a Roma l'arresto il 22 novembre, ottenendo l'assenso pontificio. Dopo questi fatti lo zar interruppe le relazioni diplomatiche con Roma. L'incaricato d'affari della Russia Cassini lasciò Roma il 10 maggio 1804 e il 14 giugno l'Arezzo fu congedato senza udienza imperiale e lasciò San Pietroburgo.

Fino al novembre 1806, d'accordo con il cardinal Segretario di Stato Ercole Consalvi, l'Arezzo si fermò a Dresda, dove era giunto in agosto 1804, sperando nella ripresa delle relazioni. La diplomazia vaticana non aveva compreso il carattere definitivo della rottura, su cui non ebbe efficacia la liberazione a Roma del Vernègues.

Il 9 novembre 1806 l'Arezzo fu convocato improvvisamente a Berlino da Napoleone, che lo incaricava di richiedere in termini ultimativi al papa la partecipazione al blocco continentale e alla confederazione italiana. Rientrò immediatamente a Roma e, dopo incontri e consultazioni con Pio VII, il nuovo segretario di stato Filippo Casoni e altri cardinali, compilò la risposta negativa inviata al Talleyrand.

Dopo l'occupazione di Roma da parte delle truppe francesi nel febbraio 1808, l'Arezzo allora pro-governatore della città fu arrestato il 6 settembre, deportato in Toscana e poi in Piemonte, e internato a Novara. Da qui, nel marzo 1811, fu confinato a Bastia e, nel luglio 1812, imprigionato nella cittadella di Corte per aver rifiutato il giuramento di fedeltà a Napoleone e l'adesione alla dichiarazione gallicana.

Dal luglio 1813 fu a Cagliari, dove si era istallata la corte sabauda, e vi rimase fino all'abdicazione di Napoleone. Imbarcatosi per Genova si recò a Savona a incontrare Pio VII. Rientrò in Roma il 24 maggio 1814 e qui fu subito attivamente impiegato nell'opera di ricostruzione e riorganizzazione della Chiesa.

Cardinalato

Fu creato cardinale nel concistoro dell'8 marzo 1816, ricevette il titolo di Cardinale presbitero di San Pietro in Vincoli, mutato nel 1820 con quello di vescovo suburbicario di Sabina). Il 29 aprile 1816 fu ascritto alle congregazioni di Propaganda Fide, dei Vescovi e Regolari, Concistoriale e delle Indulgenze. Nell'agosto ricevette la nomina a legato di Ferrara, carica che tenne fino al 1830.

Alla morte di Pio VII l'Arezzo entrò in conclave il 2 settembre 1823, schierandosi col partito dei moderati e diplomatici, e fu portato tra i papabili. Prese parte anche ai successivi conclavi seguiti alla morte di Leone XII e di Pio VIII, schierandosi con gli albanisti.

Nel novembre 1823 rifiutò la carica di luogotenente generale del regno delle Due Sicilie, come precedentemente quella di arcivescovo di Palermo. Nel 1830 fu nominato vice-cancelliere di Santa Romana Chiesa ricevendo in commenda il titolo proprio di questa carica San Lorenzo in Damaso.

Morte

Morì a Roma il 3 febbraio 1833. I funerali, con la partecipazione di papa Gregorio XVI, si tennero nella Basilica di San Lorenzo in Damaso, dove fu sepolto.

Genealogia episcopale

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce genealogia episcopale

Successione degli incarichi

Predecessore: Arcivescovo titolare di Seleucia di Isauria Successore: ArcbishopCoA PioM.svg
Rafael Múzquiz Aldunate (Ch) 29 marzo 1802 - 8 marzo 1816 Gabriele Ferretti I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Rafael Múzquiz Aldunate (Ch) {{{data}}} Gabriele Ferretti
Predecessore: Pro-commissario della Congregazione del Sant'Uffizio Successore: Emblem Holy See.svg
? 8 marzo 1814 - 8 marzo 1816 Vincenzo Leone Sallua, O.P. I
II
III
IV
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VI
VII
VIII
IX
X
con
con
? {{{data}}} Vincenzo Leone Sallua, O.P.
Predecessore: Cardinale presbitero di San Pietro in Vincoli Successore: CardinalCoA PioM.svg
Girolamo della Porta 29 aprile 1816 - 29 maggio 1820 Paolo Giuseppe Solaro I
II
III
IV
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VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Girolamo della Porta {{{data}}} Paolo Giuseppe Solaro
Predecessore: Cardinale vescovo di Sabina Successore: CardinalCoA PioM.svg
Lorenzo Litta 29 maggio 1820 - 3 febbraio 1833 Carlo Odescalchi, S.J. I
II
III
IV
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VIII
IX
X
con
con
Lorenzo Litta {{{data}}} Carlo Odescalchi, S.J.
Predecessore: Vice-Cancelliere di Santa Romana Chiesa Successore: Emblem Holy See.svg
Giulio Maria della Somaglia 5 luglio 1830 - 3 febbraio 1833 Carlo Odescalchi, S.J. I
II
III
IV
V
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VIII
IX
X
con
con
Giulio Maria della Somaglia {{{data}}} Carlo Odescalchi, S.J.
Predecessore: Cardinale presbitero di San Lorenzo in Damaso
(titolo presbiterale in commendam)
Successore: CardinalCoA PioM.svg
Giulio Maria della Somaglia 5 luglio 1830 - 3 febbraio 1833 Carlo Odescalchi, S.J. I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Giulio Maria della Somaglia {{{data}}} Carlo Odescalchi, S.J.
Note
Collegamenti esterni
Bibliografia