Credo del Popolo di Dio
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Il Credo del Popolo di Dio è una Professione di Fede che Paolo VI ha formulato e presentato il 30 giugno 1968 nella Basilica Vaticana a conclusione dell'Anno della Fede indetto in occasione del XIX centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo.
Formulato da Paolo VI come "breve sintesi delle principali verità credute dalla Chiesa cattolica, sia latina che orientale"[1], assunse la solennità di un atto ufficiale della fede, il cui valore dottrinale oggettivo è accompagnato dal valore soggettivo dell'adesione personale del papa e comunitaria di tutta la Chiesa a quelle stesse verità che la Chiesa ritiene derivate dalla Rivelazione.
Il testo
Il testo del Credo del Popolo di Dio è ampio, e viene riportato integralmente di seguito[2].
Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli[3], e Creatore in ciascun uomo dell'anima spirituale e immortale.
Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (cfr. Es 3,14 ); ed Egli è Amore, come ce lo insegna l'Apostolo Giovanni (cfr. 1Gv 4,8 ): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che "abitando in una luce inaccessibile" (cfr. 1Tim 6,16 ) è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell'oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l'eterna vita. I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l'unico e identico Essere divino, sono le beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l'umana misura[4]. Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l'Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.
Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales[5], sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell'Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre "deve essere venerata l'Unità nella Trinità e la Trinità nell'Unità"[6].
Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri[7]; e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l'umanità[8], ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature ma per l'unità della persona[8].
Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com'Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue Redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto.
E il suo Regno non avrà fine.
Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell'intimo dell'anima, rende l'uomo capace di rispondere all'invito di Gesù: "Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48 ).
Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo[9] e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente[10], preservata da ogni macchia del peccato originale[11] e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature[12].
Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile[13], la Vergine Santissima, l'Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste[14] e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre Santissima di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa[15], continua in Cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti[16].
Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all'inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l'uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, "non per imitazione, ma per propagazione", e che esso pertanto è "proprio a ciascuno" [17].
Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola dell'Apostolo - "là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,20 ).
Noi crediamo in un sol Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano "dall'acqua e dallo Spirito Santo" alla vita divina in Gesù Cristo[18].
Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l'opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria[19]. Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza[20]. È con essi che la Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione[21]. Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l'irradiazione della sua santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo.
Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell'Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondata sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù. Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale[22]. Noi crediamo nell'infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli[23], e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo[24].
Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, è indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in maggiore evidenza[25].
Riconoscendo poi, al di fuori dell'organismo della Chiesa di Cristo, l'esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all'unità cattolica[26], e credendo alla azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l'amore per tale unità[27], Noi nutriamo speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l'unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.
Noi crediamo che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo Mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa[28]. Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l'influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch'essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza[29].
Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell'Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell'ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale[30].
Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino[31], proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all'unità del suo Corpo Mistico[32].
L'unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell'Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi.
Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all'amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi - al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L'intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l'ardore dell'attesa del suo Signore e del Regno eterno.
Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell'aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.
Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del Cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com'è[33] e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine[34].
Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l'amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù: Chiedete e riceverete (cfr. Lc 10,9-10 ; Gv 16,24 ). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Caratteristiche
Il Credo del Popolo di Dio ha la caratteristica di essere allo stesso tempo tradizionale e profetico[35]:
- è un testo tradizionale, perché non è l'opera personale di Paolo VI: il Papa agiva in quanto Pietro, e come tale non formulò sue idee né pensieri personali, ma prestò la sua bocca alla grande voce della Chiesa universale; con questo testo, la Chiesa compì un atto di autocoscienza e di vitalità;
- è un testo profetico, perché la sua promulgazione s'inscriveva nelle esigenze derivanti dai segni dei tempi.
Il Credo del Popolo di Dio, nel riaffermare il Credo millenario della Chiesa, non riprova e non condanna direttamente alcun errore. Lo stesso Paolo VI affermò che il Credo del Popolo di Dio non era né voleva essere un punto di arrivo, ma di partenza[36].
Motivazioni
Il papa stesso spiegò[1] le due ragioni per cui volle proporre alla Chiesa il Credo del Popolo di Dio:
- perché la fede è l'inizio dell'umana salvezza, il fondamento e la radice di ogni giustificazione[37], cioè della rigenerazione dei fedeli in Cristo, della redenzione e della presente ed eterna salute; "senza la fede è impossibile piacere a Dio" (Eb 11,6 ); la fede è il primo dovere dei cristiani, il principio insostituibile del cristianesimo, la fonte della carità, il centro dell'unità, la ragion d'essere fondamentale della religione cristiana;
- perché, osserva il papa, nell'oggi l'adesione alla fede è diventata più difficile, e su vari versanti:
- sul piano filosofico c'è una "crescente contestazione" delle leggi del pensiero speculativo, della razionalità naturale, della validità delle certezze umane, e "il dubbio, l'agnosticismo, il sofisma, la spregiudicatezza dell'assurdo, il rifiuto della logica e della metafisica", tutto ciò sconvolge le menti dell'uomo moderno; "se il pensiero non è più rispettato nelle sue intrinseche esigenze razionali, anche la fede - che, ricordiamolo bene, esige la ragione; la supera, ma la esige - ne soffre; la fede non è fideismo, cioè credenza priva di basi razionali; non è soltanto ricerca crepuscolare di qualche esperienza religiosa; è possesso di verità, è certezza";
- sul piano psicologico, poi, poiché l'uomo moderno "conosce principalmente per via dei sensi; si parla di civiltà dell'immagine; ogni conoscenza è tradotta in figure e in segni; la realtà è misurata da ciò che si vede e da ciò che si ode; mentre la fede esige l'impiego della mente, la quale si rivolge in una sfera di realtà, che sfuggono alla osservazione sensibile";
- sorgono difficoltà anche dagli studi filologici, esegetici, storici applicati alla Bibbia, prima fonte della verità rivelata: "privo del complemento fornito dalla Tradizione e dell'autorevole assistenza del magistero ecclesiastico, anche lo studio della sola Bibbia è pieno di dubbi e di problemi, che più sconcertano che non confortino la fede; e lasciato all'iniziativa individuale, genera un pluralismo tale di opinioni da scuotere la fede nella sua soggettiva certezza, e da toglierle la sua sociale autorevolezza; così che una tale fede produce ostacoli all'unità dei credenti, mentre la fede deve essere la base della ideale e spirituale convergenza: una è la fede (Ef 4,5 )".
Con dolore il papa spiega poi i "fallaci" rimedi che si cercano di offrire alle moderne crisi di fede[1]:
- il restringere il contenuto della fede ad alcune proposizioni basilari che si pensa siano l'autentico significato delle fonti del cristianesimo e della stessa sacra Scrittura: il papa ritiene tale procedimento "arbitrario, anche rivestito di apparenze scientifiche", e "disastroso";
- il fare una "selezione fra le molte verità insegnate dal nostro Credo, per respingere quelle che non piacciono, e per mantenerne alcune ritenute più gradevoli";
- il tentativo di "adattare le dottrine della fede alla mentalità moderna, facendo spesso di questa mentalità, profana o spiritualista che sia, il metodo ed il metro del pensiero religioso"; il papa considera tale sforzo "ben degno per sé di lode e di comprensione", poiché cerca di "esprimere le verità della fede in termini accessibili al linguaggio e alla mentalità del nostro tempo", ma gli rimprovera l'aver "talora ceduto al desiderio d'un più facile successo, tacendo, temperando o alterando certi 'dogmi difficili'".
A fronte di tutto questo, il papa volle, con il Credo del Popolo di Dio, "proseguire nello sforzo di approfondire e presentare, in modo sempre più confacente alle generazioni che si succedono, gli imperscrutabili misteri di Dio, fecondi per tutti di frutti di salvezza"[38], avendo "la massima cura di non intaccare gli insegnamenti della dottrina cristiana"[39].
Genesi
Sulla genesi e sulla stesura del Credo del Popolo di Dio influì l'amicizia che univa papa Montini, il cardinale svizzero Charles Journet e il filosofo francese Jacques Maritain[40]. Ciò emerge dal fitto carteggio che intercorse tra il Journet e il Maritain.
L'idea di Maritain
Il 12 gennaio 1967 Journet avvertì Maritain di essere stato convocato a Roma da Paolo VI. A Maritain, che vedeva chiaramente le storture dottrinali e gli "pseudoaggiornamenti" culturali che si diffondevano nella Chiesa sotto il pretesto dell'apertura al mondo, gli rispose: "Un'idea mi è venuta in mente da parecchi giorni, con una tale intensità e una tale chiarezza che io non credo di poterla trascurare. Era come un tratto di luce mentre pregavo per il Papa e consideravo la crisi tremenda che la Chiesa sta attraversando"; davanti a tale crisi "solo una cosa è in grado di toccare universalmente gli spiriti, e di custodire il bene assolutamente essenziale, che è l'integrità della fede: [..] un atto dogmatico, sul piano della fede stessa [..] dell'autorità suprema che è quella del Vicario di Gesù Cristo"[41]. Secondo la spiegazione del cardinale Georges Cottier[42], secondo Maritain "quello che serve al momento presente è 'che il Sovrano Pontefice rediga una professione di fede completa e dettagliata, nella quale sia esplicitato tutto ciò che è realmente contenuto nel Simbolo di Nicea'"[40].
L'idea di Maritain non era del tutto nuova, e ipotesi simili erano circolate con insistenza già prima e durante il Concilio Vaticano II. Il teologo domenicano Yves Congar era convinto che fosse secondo tradizione promulgare un nuovo Simbolo di fede dopo che si era tenuto un Concilio ecumenico, e ne aveva parlato al papa: a fronte delle sue insistenze questi, nel giugno 1964, gli aveva chiesto di prepararne un testo dal tono biblico, ma il risultato non aveva convinto Paolo VI, il quale aveva di fatto accantonato il progetto.
Quando Maritain scrisse a Journet la sua idea di una nuova Professione di Fede non gli chiese di trasmettere a suo nome il suggerimento al vescovo di Roma[43].
La trasmissione dell'idea a Paolo VI
Ricevuta la lettera di Maritain, Journet ne fotocopiò le parti in cui l'amico esponeva la sua proposta, e le consegnò al Papa nell'incontro del 18 gennaio. In quella circostanza Paolo VI chiese a Journet un giudizio sulla situazione della Chiesa: la risposta fu "Tragica"; fu allora che papa Montini gli confidò il progetto di indire un Anno della fede, che avrebbe ufficialmente reso noto il 22 febbraio 1967 con la pubblicazione dell'esortazione apostolica Petrum et Paulum Apostolos. L'Anno della Fede avrebbe abbracciato il periodo dal 29 giugno 1967 al 29 giugno 1968, nella ricorrenza del XIX centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo. L'anno della fede, nelle intenzioni del Papa, doveva essere tutto incentrato sul Credo. Nella Petrum et Paulum Apostolos il papa chiedeva ai vescovi di compiere più volte, durante quell'anno speciale, una proclamazione solenne del Credo "coi preti e i fedeli, secondo l'una o l'altra delle formule in uso nella Chiesa cattolica". Nelle catechesi e nelle omelie di quei mesi papa Montini suggerì a più riprese a tutta la Chiesa l'urgenza di ripetere l'atto di fede. Questo benché, a quanto sembra, il papa non avesse alcuna intenzione di chiudere l'Anno della Fede con la proclamazione di una nuova professione di fede.
Il 24 febbraio, commentando l'annuncio dell'Anno della Fede, Maritain scrisse nel suo diario: "È forse la preparazione per una professione di fede che lui stesso proclamerà?".
Il primo Sinodo dei Vescovi
Nello stesso anno 1967, dal 29 settembre al 29 ottobre tenne a Roma il primo Sinodo dei vescovi. Il rapporto finale della Commissione dottrinale del Sinodo, interrogandosi sui problemi che attraversano la compagine ecclesiale nel dopo Concilio, propose di sottomettere al Papa anche il votum riguardo alla stesura di una dichiarazione sulle questioni della fede. L'arcivescovo di Quito Pablo Muñoz Vega accennò in una conferenza stampa a due proposte dei padri sinodali: l'elaborazione di un Simbolo di fede e la stesura di un Catechismo universale. Il vescovo di Pittsburgh, John Wright[44] precisò che non si registrava tra i vescovi "nessun entusiasmo per le soluzioni negative della crisi come sarebbero delle semplici liste o Syllabi d'errori", ma che invece c'era un interesse diffuso "per una 'regola della fede' che si potrebbe definire come una norma popolare", grazie alla quale il popolo cristiano potesse distinguere con chiarezza ciò che appartiene alla fede cattolica "e, dall'altra parte, ciò che è speculazione teologica o anche semplice opinione privata"[41].
La bozza di Professione di Fede
In precedenza, nell'ottobre 1966, era stato pubblicato il Catechismo Olandese, le cui posizioni dottrinali si discostavano dall'insegnamento tradizionale della Chiesa: ciò aveva contribuito sicuramente a condizionare il clima, tanto che Paolo VI aveva creato una commissione cardinalizia per esaminare quel controverso compendio; anche il cardinale Journet ne faceva parte. Il lavoro di tale commissione fu l'occasione di un incontro del Journet con Paolo VI il 14 dicembre 1967, nel quale il porporato rinnovò il suggerimento raccolto da Maritain all'inizio dell'anno. Il Papa gli rispose che qualcuno aveva già suggerito una simile prospettiva alla fine del Concilio, e ricordò espressamente il progetto di Congar, accantonato. Ma rigirò a Journet la richiesta di preparargli lui stesso uno schema di quanto pensava si potesse fare.
A seguito della richiesta del papa il Journet, tornato a Friburgo, coinvolse subito Maritain. In una lettera del 17 dicembre gli scrisse: "Allora, Jacques, come era possibile non pensare di chiedere subito il vostro aiuto? È la questione del tono da trovare, così come delle cose da dire, che è difficile da risolvere. Si dice che non servirebbe un nuovo Syllabus. [..] Potreste voi pensare un poco a queste cose, e dirmi ciò che a voi sembra appropriato per illuminare le anime? Più sarete preciso, più questo mi sarà d'aiuto"[41]. Maritain, durante un periodo trascorso a Parigi, redisse un progetto di Professione di Fede: lo terminò l'11 gennaio e ne inviò il testo a Journet il 20 seguente[45].
Nell'introduzione al testo Maritain aggiunse un'osservazione di metodo: secondo lui era opportuno che il Papa usasse una procedura nuova, confessando la sua professione di fede come una pura e semplice testimonianza: ciò avrebbe aiutato meglio le anime travagliate, senza dover presentare la professione di fede come mero atto d'autorità.
Journet, nella sua lettera di risposta, si disse "sbalordito di riconoscenza" alla lettura delle pagine di Maritain, e il giorno seguente inviò il testo tale e quale a Paolo VI, spiegandogli così il coinvolgimento di Maritain:
« | La questione è così difficile, dato lo stato attuale degli spiriti, che io ho pensato di parlarne a Jacques Maritain, che da lungo tempo prega in questa direzione e la cui esperienza del mondo è grande. Io ho appena ricevuto da lui una risposta che Vi trasmetto tale e quale[46]. » | |
Le osservazioni vaticane
Il 6 aprile seguente una lettera inviata a Journet dal domenicano Benoît Duroux, a quel tempo collaboratore del segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede Paul Philippe, elogiava la bozza di Maritain, "mirabilmente concepita", e aggiungeva alcune puntualizzazioni, interpretate da Journet come provenienti dallo stesso Paolo VI, sul modo in cui la professione di fede dovesse essere presentata al mondo:
- occorreva evitare che essa fosse sminuita dai partiti ecclesiastici in lotta come se fosse una sorta di professione di fede personale di Giovanni Battista Montini, cosa che l'avrebbe tolto efficacia;
- occorreva poi che essa fosse proclamata "evitando ogni allusione alla forma anatematica. Ma a nome di colui che occupa attualmente la sede dell'apostolo Pietro. In modo che tutte le ambiguità saranno escluse";
- vi si doveva aggiungere anche la precisazione che quando la Chiesa si occupa delle questioni temporali non ha lo scopo di instaurare un paradiso sulla terra, ma semplicemente di rendere la condizione presente degli uomini meno inumana; ciò allo scopo di sgombrare il campo da interpretazioni ambigue riguardo alle posizioni assunte da ampi settori ecclesiali, soprattutto in America Latina, davanti alle ingiustizie politiche e sociali.
Nel successivo scambio di lettere con Journet, Maritain si confermò pienamente d'accordo con le considerazioni provenienti da Roma, e riguardo al giudizio e all'azione della Chiesa nelle vicende temporali, suggerì di citare nel nuovo Credo l'enciclica Populorum Progressio. Tale consiglio non sarebbe stato accolto.
L'11 aprile Journet e Maritain risposero a Duroux e manifestarono il loro pieno consenso osservazioni fatte. Montini, dal canto suo, inviò a Journet un breve biglietto di ringraziamento.
Le modifiche di Paolo VI
Il 30 giugno seguente Paolo VI proclamò a San Pietro il Credo del Popolo di Dio. Il testo ricalcava nelle sue linee essenziali la bozza del Maritain, ma con alcuni significativi cambiamenti[47]:
- l'articolo sullo Spirito Santo fu spostato dopo quello su Gesù Cristo, e quello relativo al Battesimo, che nel progetto di Maritain seguiva la parte sulla Chiesa, fu inserito dopo il paragrafo che definiva il peccato originale;
- vennero omessi il paragrafo sugli angeli e un altro sulle questioni riguardanti le origini dell'uomo e il monogenismo[48];
- fu omessa anche la parte in cui si descriveva il tempo nuovo in cui la Chiesa era entrata con il Concilio Vaticano II, le sue caratteristiche e il suo nuovo stile;
- Maritain aveva citato esplicitamente la comune testimonianza che ebrei e musulmani rendono all'unità di Dio insieme ai cristiani, e aveva fatto riferimento alla devozione dell'islam nel paragrafo riguardante la Vergine Maria, ma il testo definitivo si limita a rendere grazie alla bontà divina per i "tanti credenti" che condividono con i cristiani la fede nel Dio unico, tralasciando ogni esplicito riferimento all'islam e all'ebraismo;
- nel paragrafo sulla salvezza possibile anche a chi ignora il Vangelo e non appartiene visibilmente alla Chiesa di Cristo, venne tralasciato il passaggio di composizione del Maritain che si riferiva a coloro che "non si trovano nel regime normale di salvezza, ma rispondono all'appello che l'unico Salvatore, che loro non conoscono, fa sentire nelle profondità della loro anima", limitandosi a riprendere formule del Magistero precedente.
Riguardo alle aggiunte, sono degne di nota le seguenti:
- nell'articolo su Gesù Cristo furono introdotte le frasi che ripercorrono la vita umana e la vicenda terrena di Gesù, alla luce dei Vangeli, fino all'accenno alla sua "persecuzione sofferta per la giustizia";
- nell'articolo riguardante il Battesimo, al testo di Maritain che ripeteva semplicemente la formula del Credo che si recita durante la Messa venne aggiunto, richiamandosi al Concilio di Trento, la sottolineatura che il Battesimo "deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale";
- riguardo alla Chiesa, Paolo VI esplicitò che essa, fondata da Cristo, è "indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica".
Vi sono poi altre piccole variazioni che hanno sempre l'effetto di esporre in maniera chiara e semplice, fin nelle sfumature, i dati espressi dalle formule di fede.[49].
Reazioni
La generalità dei teologi e dei pastoralisti, ai quali il Credo del Popolo di Dio era destinato in modo speciale, non gli riservò molta attenzione, e comunque non nella maniera che esso meritava[50]. Da taluni esso venne espressamente contestato come "archeologico", come un "sillabo" vecchio, intellettualistico e privo di animazione biblica e conciliare; non pochi teologi di fama lo trascurarono totalmente.
Cionostante, il Catechismo della Chiesa Cattolica lo cita ripetutamente[51]. Anche Giovanni Paolo II si riferì spesso ad esso nelle catechesi tenute nelle udienze generali del mercoledì.
Note | |||||||
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Fonti | |||||||
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Bibliografia | |||||||
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Voci correlate | |||||||
Collegamenti esterni | |||||||