San Tommaso Placidi da Cori
San Tommaso Placidi da Cori, O.F.M. Presbitero | |
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Santo | |
Età alla morte | 73 anni |
Nascita | Cori 4 giugno 1655 |
Morte | Bellegra 11 gennaio 1729 |
Vestizione | 1677 |
Ordinazione presbiterale | 1683 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 3 settembre 1786, da Pio VI |
Canonizzazione | 21 novembre 1999, da Giovanni Paolo II |
Ricorrenza | 11 gennaio |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 11 gennaio, n. 11:
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San Tommaso Placidi da Cori, al secolo Francesco Antonio (Cori, 4 giugno 1655; † Bellegra, 11 gennaio 1729), è stato un presbitero e fondatore italiano, appartenente all'Ordine dei Frati Minori, venerato come santo dalla Chiesa Cattolica.
Biografia
Nacque a Cori (Latina) da Natale Placidi e Angela Cardilli; al battesimo, impartitogli lo stesso giorno, fu chiamato Francesco Antonio. Fin dai più teneri anni si distinse per la sua pietà. Francesco Antonio restò orfano di entrambi i genitori a soli 14 anni.
A 22 anni (7 febbraio 1677 entrò nell'Ordine dei Frati Minori presso la Chiesa della Santissima Trinità di Orvieto, assumendo il nome di Tommaso. Dal 1678 al 1683, nello Studio generale di santa Maria del Paradiso in Viterbo, fu allievo del celebre Lorenzo Cozza da San Lorenzo.
Compiuti gli studi teologici, fu ordinato sacerdote nel 1683 e il 19 luglio del medesimo anno ricevette la patente di predicatore, firmata dal ministro generale Pier Marino Sormano. Fu immediatamente nominato vice-maestro dei novizi nel convento della Santissima Trinità d'Orvieto, tanto i superiori riconobbero da subito le sue doti. Ma in questo convento Tommaso non rimase a lungo.
Avendo sentito parlare dei Ritiri che cominciavano a fiorire nell'Ordine e dell'intenzione dei superiori della Provincia Romana di instaurarne uno nel convento di Civitella (oggi Bellegra), chiese di essere trasferito a questo convento. La sua richiesta fu accolta il 25 aprile 1684.
Si deve al suo zelo e alla sua prudenza e carità, se diversi religiosi, anche di altre province dell'Ordine, entrarono nel Ritiro per praticarvi il rigoroso genere di vita che vi era stato introdotto. Grazie al suo esempio e alle norme che a lui si richiamavano, il Ritiro divenne veramente una scuola di santità, come dimostrano, oltre a Tommaso stesso, il suo discepolo san Teofilo da Corte e i beati Mariano da Roccacasale e Diego Oddi.
Due anni dopo, il 27 maggio 1686, a soli trentuno anni d'età, venne nominato guardiano: una prova della stima che i superiori riponevano nei suoi confronti, ma anche un peso difficile da portare. Francesco Antonio da Parma, che visse per più di un anno a Bellegra, disse che furono molte le cose che padre Tommaso superò, fino al rimuovere le corruttele dei secolari ivi introdotte, giochi e altri abusi e molto più nel mantenervi l'osservanza rigorosa già incominciata. Furono momenti veramente difficili, soprattutto all'inizio, tanto che Tommaso fu tentato di abbandonare il Ritiro; tuttavia, con la tenacia tipica dei santi, riuscì a superare le difficoltà e in breve divenne un punto di riferimento per tutto il Sublacense, dove esercitò un intenso e continuo apostolato.
Nel 1703, i superiori istituirono un secondo Ritiro presso il convento di Palombara e vi destinarono Tommaso quale guardiano; anche qui, come a Bellegra, i problemi da affrontare non furono semplici. Per troppo tempo si erano protratte consuetudini inadeguate a una vita di ritiro: la clausura non veniva osservata e l'orto e il bosco del convento erano divenuti una specie di parco pubblico, uno spazio ricreativo per uomini e donne del luogo.
Tommaso pose fine a tali abusi, ma per farlo fu costretto a decisioni forti che lo resero impopolare. Da ultimo, fece cavare gli alberi di olivo del convento perché gli apparivano una proprietà e un lusso non lecito per dei religiosi che, incuranti del domani, dovevano confidare unicamente nella Provvidenza. Gli abitanti del paese reagirono compatti, minacciando di affamare i frati.
Tuttavia, come a Bellegra, anche a Palombara, dopo le prime burrasche, tornò il sereno; la mitezza e la bontà di Tommaso ebbero ragione dei timori e delle diffidenze iniziali, la gente seppe intendere l'aria nuova che si respirava nel convento. Quando lasciò la Sabina per far ritorno a Bellegra, Tommaso era ormai divenuto un padre per tutti: per i frati del convento, per i sacerdoti e per la gente del paese; i mugugni iniziali si erano trasformati in testimonianze di affetto e grande fu il loro dispiacere nel vederlo partire.
Tornato a Bellegra tra il 1708 e il 1709, Tommaso vi trascorse il resto della vita: un ventennio durante il quale la sua fama crebbe sempre più in tutto il Lazio meridionale. La sua parola riusciva particolarmente efficace nel riformare i pubblici costumi e nel riportare la pace fra persone discordi.
Il suo nome rimane legato però, in modo del tutto singolare, alla grande opera dei Ritiri di san Francesco in Civitella (ora Bellegra) e di San Francesco in Palombara Sabina. Le Costituzioni del Ritiro, che si conservano ancora autografe nell'archivio di Bellegra, gli costarono venti anni di studio, di preghiera e di sacrifici; ebbero però l'onore di essere approvate dal nominato Padre Cozza, allora ministro provinciale, 1'11 gennaio 1706; e poi di essere estese con qualche leggera modifica a tutti i Ritiri dell'ordine francescano nel Capitolo Generale di Murcia del 1756. Suo discepolo più illustre in questo campo fu senza dubbio san Teofilo da Corte (†1754), che fondò i Ritiri di Fucecchio in Toscana e di Zùani in Corsica.
Fra Tommaso morì all'età di 74 anni nel ritiro di Bellegra che oggi conserva le sue reliquie.
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