San Francesco Maria da Camporosso
San Francesco Maria da Camporosso, O.F.M. Cap. Religioso | |
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al secolo Giovanni Croese | |
Santo | |
Età alla morte | 61 anni |
Nascita | Camporosso 27 dicembre 1804 |
Morte | Genova 17 settembre 1866 |
Vestizione | Genova, 1825 |
Professione religiosa | Genova, 17 dicembre 1826 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerabile il | 18 dicembre 1922, da Pio XI |
Beatificazione | 30 giugno 1929, da Pio XI |
Canonizzazione | 9 dicembre 1962, da Giovanni XXIII |
Ricorrenza | 17 settembre |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 17 settembre, n. 11:
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San Francesco Maria da Camporosso, al secolo Giovanni Croese (Camporosso, 27 dicembre 1804; † Genova, 17 settembre 1866) è stato un religioso italiano, dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini; popolarmente conosciuto come Padre Santo.
Biografia
Nacque nel paesino di Camporosso nella diocesi di Albenga-Imperia il 27 dicembre del 1804, quarto dei cinque figli del contadino Anselmo Croese e Maria Antonia Garzo.
Dopo una breve scolarizzazione fu di sostegno alla famiglia nel lavoro dei campi e nel curare l'unica mucca posseduta dalla famiglia.
In famiglia era molto sentita la devozione mariana: quando, poco più che decenne Giovanni si ammalò gravemente, venne portato in pellegrinaggio al santuario della Madonna del Laghetto, presso Nizza, ottenendone la guarigione. Questo avvenimento marcò molto il giovane che cominciò a frequentare i francescani, in particolare un frate conventuale del paese suo omonimo.
Queste frequentazioni accompagnate dalla fede della famiglia lo portarono il 14 ottobre 1822 ad entrare come terziario, con il nome di frate Antonio, nel convento dei frati minori conventuali di Sestri Ponente. Non soddisfatto della vita in quella comunità religioso e aspirando a una vita più tesa all'assoluta povertà e alla meditazione interiore; decise di vestire l'abito dei cappuccini e, non riuscendo ad ottenere il consenso dei superiori al trasferimento, accordatosi con padre Alessandro Canepa da Genova, un cappuccino suo conoscente, una mattina del tardo autunno del 1824, abbandonò il convento dei conventuale di Sestri per entrare nel convento cappuccino di san Francesco di Voltri, dove, ricevuto il nuovo nome di fra Francesco Maria, vi soggiornò tre anni come postulante. Li ebbe modo di distinguersi per il suo spirito di carità fino a dare ai poveri il proprio cibo, contentandosi per sé degli avanzi che trovava, come riferito da un testimone.
Sul finire del 1825 fra Francesco Maria, ottenuta l'autorizzazione del vicario provinciale padre Antonio da Cipressa, partì per il convento eremo di san Barnaba a Genova. Li compì l'anno di prova del noviziato e il 17 dicembre rivestì l'abito di novizio sotto la guida di padre Bernardo da Pontedecimo che in varie occasioni dovette intervenire per moderargli il fervore. Ma i suoi compagni che ne condivisero l'esperienza ricordano la sua bontà e affabilità e il suo desiderio di essere fratello laico sull'esempio di san Francesco affermando
« | è preferibile starsene umili e ubbidienti. » |
Il 17 dicembre dell'anno seguente emise la sua professione dei voti solenni nelle mani di padre Samuele Bocciardo da Genova. La sua maturità spirituale convinse i superiori di destinarlo subito al convento principale della provincia, quello della SS. Concezione in Genova, dove rimase fino alla morte. Questo convento svolgeva molteplici attività religiose e sociali: oltre l'osservanza conventuale e il ministero apostolico, il convento comprendeva la curia provinciale, l'infermeria, il lanificio per la produzione degli abiti dei religiosi, una farmacia aperta anche al pubblico con assistenza sanitaria e la sorveglianza al peso pubblico e alla distribuzione della legna al ponte della SS. Concezione del porto.
Fra Francesco Maria svolse agli inizi varie mansioni come infermiere, cuoco, ortolano e sacrestano. Nel 1831 fu affiancato al vecchio frate questuante di campagna, fra Pio da Pontedecimo. Per circa due anni percorse la vallata del Bisagno raccogliendo la elemosina presso i contadini della valle. Fu un apprendistato prezioso che gli insegnò un suo stile di vita e un suo metodo nei rapporti con la gente, fatto di parole di fede, di pazienza, di carità, umiltà e devozione.
L'ottimo risultato della questua di campagna spinse il padre guardiano ad affidargli nel 1843 la questua di città. Egli dopo aver partecipato di buon mattino ad alcune sante messe, con la bisaccia a tracolla e accompagnato sempre da un ragazzo con la saccoccia al collo per ricevere le elemosine pecuniarie, si incamminava per le vie della città scegliendosi come santo protettore fra Felice da Cantalice.
Nel 1840 i superiori lo fecero capo-sportella, ossia capo questuante, guida e coordinatore del gruppo di fratelli cercatori. Alla saccoccia a tracolla sostituì la sporta di vimini appesa al braccio, quella intrecciata con tecnica tutta propria dell'artigianato cappuccino. Egli era autorizzato a questuare generi alimentari più raffinati per i malati e poteva entrare nel "portofranco" dove si vendevano merci pregiate. Nel convento poteva disporre di un locale-deposito per raccogliervi la merce e poi distribuirla, come anche amministrare le elemosine delle messe e assegnare ai diversi frati cercatori i diversi quartieri della città.
Queste autorevoli nuove possibilità permisero al padre santo, come era chiamato dalla gente, di intervenire con aiuti più tempestivi e continui, anche pecuniari, per famiglie e individui in difficoltà, particolarmente le famiglie degli emigrati in America e quelle dei marinai costretti a prolungate assenze da casa. In questa sua attività fu sostenuto anche da benefattori protestanti, ebrei e non credenti, che contribuirono volentieri alla sua raccolta, sicuri che il provento sarebbe andato ai poveri. Di questo, padre buono, informò sempre i superiori ricevendone l'autorizzazione, fiduciosi nella sua prudenza ed equilibrio. Questa sua scrupolosa attenzione all'ubbidienza gli permise di superare facili obiezioni durante il suo processo di beatificazione.
Nelle silenziose ore notturne cercava di ricuperare la preghiera e la meditazione, come di giorno nelle frequenti visite alle chiese incontrate per le strade della città, meditando preferibilmente sui dolori di Cristo. Fu estremamente rigido con se stesso, dormendo su nude assi e nutrendosi di solo pane inzuppati in acqua calda, si vestiva solo con abiti rozzi e rattoppati, sempre a piedi nudi, nutrendosi per anni una sola volta al giorno e facendo uso costante del cilicio e del flagello. Ma era pronto, nell'obbedienza, con libertà di spirito, ad usare più riguardo, diffondendo, come si legge nelle deposizioni, una santità veramente amabile. La sua spiritualità assumeva con la gente quel tocco popolaresco di immediatezza e spontaneità e si preoccupò anche di favorire le vocazioni e l'avvio al sacerdozio di giovani idonei e privi di mezzi.
Nel 1866, quando la città portuale fu colpita da un'epidemia di colera, fra Francesco Maria, impossibilitato a soccorrere i malati per le sue precarie condizioni di salute, offrì la sua vita per la sconfitta del morbo. Morì, dopo tre giorni di malattia, il 17 settembre 1866 e, contemporaneamente, secondo alcune fonti dell'epoca, i decessi causati dal colera presero a diminuire.
Culto
Il suo corpo fu dapprima sepolto nel cimitero di Staglieno, dove con sottoscrizione pubblica gli fu eretto un monumento. Nel 1911 il corpo fu traslato nella chiesa del convento in cui era vissuto. Dopo la morte i fedeli continuarono a ricorrere a lui con devozione e iniziarono a verificarsi grazie e miracoli attribuibili alla sua intercessione. Conclusi i processi informativi, la causa venne introdotta alla Santa Sede il 9 agosto 1896. Il decreto sulla eroicità delle virtù venne firmato il 18 dicembre 1922. Pio Xl procedette alla beatificazione il 30 giugno 1929 e Giovanni XXIII lo canonizzò il 9 dicembre 1962, a conclusione del primo periodo del Concilio Vaticano II. La città di Genova gli ha eretto un monumento nella zona del porto.
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