Complesso Museale di Santa Chiara di Napoli
Complesso Museale di Santa Chiara di Napoli | |
Domenico Antonio Vaccaro, Chiostro (1739 - 1742), ceramica maiolicata | |
Categoria | Musei statali e religiosi |
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Stato | Italia |
Regione ecclesiastica | Regione ecclesiastica Campania |
Regione | Campania |
Provincia | Napoli |
Comune | Napoli |
Diocesi | Arcidiocesi di Napoli |
Indirizzo |
Via Santa Chiara 49/c 80134 Napoli (NA) |
Telefono | +39 081 5516673, +39 081 7971224 |
Fax | +39 081 5516673 |
Posta elettronica | info@monasterodisantachiara.eu |
Sito web | [1] |
Proprietà | Ordine dei Frati Minori, Stato italiano |
Tipologia | arte sacra, architettura, archeologico |
Contenuti | ceramiche, dipinti, paramenti sacri, presepi, reperti archeologici, sculture, suppellettile liturgica |
Servizi | accoglienza al pubblico, archivio storico, biblioteca, biglietteria, bookshop, caffetteria, didattica, fototeca, sale per eventi e mostre temporanee, visite guidate |
Sede Museo | Monastero di Santa Chiara di Napoli |
Datazione sede | 1310 - 1340 |
Data di fondazione | 1995 |
Il Complesso Museale di Santa Chiara di Napoli comprende alcuni spazi del Monastero di Santa Chiara, fondato nel 1310 per volere di Roberto d'Angiò (1277 – 1343), re di Napoli, e della sua seconda moglie Sancha d'Aragona (1285 - 1345) per testimoniare la loro devozione francescana e provvedere ad un edificio degno di accogliere le spoglie dei defunti della dinastia.
La cittadella monastica fu realizzata costruendo due conventi contigui, ma separati, uno femminile, destinato all'Ordine di clausura delle clarisse, e l'altro maschile per ospitare i Frati minori francescani. Tale concessione straordinaria, accordata nel 1317, fu dovuta ai buoni rapporti che intercorrevano tra la dinastia angioina e il papa Clemente V. La fase di realizzazione del Monastero si protrasse fino al 1340, anno in cui venne consacrata la chiesa.
Percorso espositivo e opere
L'itinerario museale, sviluppato all'interno della cittadella francescana, si articola in quattro sezioni espositive, lungo il quale sono presentati reperti archeologici, opere e suppellettile liturgica, databili dal I al XX secolo.
Sezione I - Museo dell'Opera
Dal chiostro si entra al Museo dell'Opera, inaugurato nel 1995, in alcuni ambienti del Monastero in origine occupati dagli appartamenti delle monache.
Il Museo, articolato in quattro sale, documenta le vicende costruttive, lo sviluppo storico e artistico della cittadella monastica francescana e un'interessante spaccato della storia napoletana, dall'antichità al XX secolo. Le opere e la suppellettile liturgica conservate provengono dalla chiesa, dal chiostro e dal convento. Di particolare rilievo gli oggetti salvati dall'incendio che distrusse la chiesa, durante i bombardamenti del 1943.
I - Sala Archeologica
La sala ospita i reperti archeologici delle terme romane rinvenute durante le operazioni di scavo e di restauro della chiesa, che hanno riportato alla luce elementi architettonici, materiali di reimpiego utilizzati nella costruzione della basilica e frammenti di oggetti in ceramica di uso quotidiano. Di rilievo:
- Colonna scanalata (I secolo), in marmo cipollino, proveniente dall'area della della palestra.
- Capitello in stile corinzio (II - III secolo).
- Anfore (IV secolo) per la conservazione del vino e dell'olio.
II - Sala della Storia
La sala racconta le vicende del Complesso Monastico e l'evoluzione della vita conventuale attraverso i secoli. Di particolare interesse storico-artistico:
- Busti dei fondatori, Roberto D'Angiò e Sancha d'Aragona.
- Pannelli informativi che illustrano la storia della chiesa, del chiostro e del convento, documentandone l'evoluzione e le trasformazioni verificatesi nel corso di sette secoli di vita religiosa ed artistica.
III - Sala dei Marmi
Nella sala sono conservati i frammenti marmorei, provenienti da varie aree del Complesso Monastico. Alcuni oggetti si trovavano all'interno della Basilica di Santa Chiara al momento del bombardamento del 1943 e l'estrema frammentarietà dei ritrovamenti ne ha impedito la ricollocazione nella chiesa al tempo del restauro eseguito nel dopoguerra. Tra i materiali più rilevanti emergono:
- Rilievo con Storie della vita e del martirio di santa Caterina d'Alessandria (1345 ca.), in marmo, di Giovanni e Pacio Bertini, proveniente dalla Basilica di Santa Chiara.[1]
- Frammento di Crocifissione (XIV secolo).
- Statua di sant'Antonio di Padova (XVI secolo).
- Acquasantiera a pilastrino (1605), in marmo, di maestranze napoletane.
- Monumenti funebri (XVII - XVIII secolo), provenienti dalle cappelle gentilizie.
IV - Sala dei Reliquiari
Nella sala sono esposti preziosi oggetti liturgici e paramenti sacri. Di rilievo:
- Busto dell'Ecce Homo (1520), in legno intagliato e dipinto, di Giovanni da Nola.
- Pace raffigurante la Visitazione (XVI secolo).
- Pianeta bianca (seconda metà del XVII secolo), in seta e filo d'argento dorato, di manifattura napoletana.
Sezione II - Area Archeologica
L'area archeologica è caratterizzata dalla presenza di un edificio termale, sul quale si sono sovrapposti gli ambienti occidentali del convento e i piccoli locali di servizio.
L'edificio rappresenta il più completo esempio di terma documentato per Neapolis, databile fra alla seconda metà del I secolo. Gli scavi, eseguiti nel corso degli anni Ottanta, hanno consentito di individuare la struttura termale, che si ritiene abbia funzionato fino almeno al IV secolo, articolata su due livelli:
- piano terra che comprende gli ambienti termali canonici (frigidarium, tepidarium, calidarium, natatio (piscina) e palestra);
- sotterraneo (ipogeico) che serviva, sia come spazio tecnico per la manutenzione degli impianti di riscaldamento, sia per l’alimentazione dei servizi dei vani termali e con complesso sistema di canalizzazione e smaltimento delle acque. All'interno di quest'area, sono stato identificate varie strutture murarie pertinenti alle fondazione del corpo di fabbrica soprastante del Monastero di Santa Chiara.
Sezione III - Chiostro Maiolicato
Il Chiostro grande, detto anche Chiostro maiolicato, è diventato nel tempo uno dei simboli di Napoli, grazie alla particole decorazione in maiolica che lo caratterizza. In origine la struttura faceva parte delle pertinenze delle Clarisse, e quindi inserito nella zona di clausura, preclusa al pubblico, mentre oggi rientra nel monastero dei Frati Minori.
L'architetto napoletano Domenico Antonio Vaccaro (1678 - 1745) ebbe l'incarico, dalla dalla regina Maria Amalia di Sassonia, sposa di Carlo III di Borbone, di ridisegnare lo spazio che conservava ancora l'assetto medievale. Il verde fu disposto in pergolati, aiuole, e grandi vasi di maiolica obbedendo ad un originale effetto d'insieme vivace e scenografico, fatto di colori, forme e giochi d'acqua. Le belle decorazioni delle maioliche si devono, invece, agli artigiani Donato e Giuseppe Massa che tra il 1739 ed il 1742 ricoprirono il chiostro.
Le scene realizzate con le mattonelle in maiolica, che decorano gli schienali dei sedili dei viali principali del chiostro, sono inserite in una cornice dipinta sagomata che segue l'andamento ondulato, tipicamente rococò, delle struttura, ma le composizioni, vivaci raffigurazioni di paesaggi o di scene di attività che si svolgono all'aperto, appaiono unificate dall'uso dei colori (giallo, verde e azzurro, tipici della maiolica napoletana), contribuisce a rafforzare la sensazione di unità decorativa, coinvolgendo lo spettatore in un mondo senza tempo, immerso in una natura idilliaca, sfondo poetico di temi venatori, agresti, marinari, mitologici e di danze tradizionali.
Le pareti dei quattro lati del chiostro sono decorati con dipinti murali ad affresco, che raffigurano:
- Storie dell'Antico Testamento e Santi.
Sezione IV - Sala del Presepe
Il presepe settecentesco conservato all'interno del monastero, fa parte di una serie di presepi realizzati a Napoli, durante il regno di Ferdinando IV di Borbone (1751 – 1825). Il sovrano ne era un grande collezionista e commissionava la realizzazione delle figure ai grandi scultori dell'epoca, tra cui Giuseppe Sanmartino (1720 – 1793).
La particolarità dei presepi napoletani è data dall'allargamento della scena, che non si limita alla rappresentazione della Sacra Famiglia, ma inserisce quest'ultima in un ambiente vivo e vivace che riproduce la Napoli del tempo con le sue architetture, i suoi abitanti e costumi. Per cui ammirare il presepe con i suoi personaggi caratteristici consente di fare un rapido giro nella città del XVIII secolo, tra bottai, artigiani, venditori ambulanti e contadini; a questo universo si aggiunge il corteo dei Magi, abbigliati all'orientale, come i mori che si potevano incontrare in un centro urbano già allora cosmopolita.
Note | |
Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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