Basilica di Santa Cecilia in Trastevere (Roma)
Basilica di Santa Cecilia in Trastevere | |
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Roma, Basilica di Santa Cecilia in Trastevere | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Piazza di Santa Cecilia, 22 00153 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 5899289; +39 06 45492739 |
Fax | +39 06 45492739 |
Posta elettronica | monastero@benedettinesantacecilia.it |
Sito web | |
Proprietà | Monache Benedettine, Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Santa Cecilia |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. |
Fondatore | San Gregorio Magno |
Data fondazione | VI secolo, fine |
Architetti |
Domenico Paradisi |
Stile architettonico | gotico, barocco, neobizantino |
Inizio della costruzione | VI secolo, fine |
Completamento | 1899 |
Titolo | Santa Cecilia (titolo cardinalizio) |
Strutture preesistenti | Domus romana, horrea e Coriaria Septimiana |
Pianta | basilicale |
Iscrizioni | FRANCISCUS TITU(lus) SANCTA CAECILIA CAR(dinalis) DE ACQUAVIVA |
Marcatura | stemma del cardinale Acquaviva |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di Santa Cecilia in Trastevere è una chiesa di Roma, che sorge sulla piazza omonima, situata nel centro storico della città, nel rione Trastevere.
Storia
Origini e basilica primitiva
La chiesa sorge sulle fondamenta di una casa romana, che secondo la tradizione sarebbe appartenuta a Valeriano e a sua moglie Cecilia, convertiti al cristianesimo. La donna, in particolare, fu martirizzata nel 230 circa in un calidarium,[1] dove rimase per tre giorni esposta ai vapori caldissimi e dove i suoi aguzzini, trascorso il terzo giorno, vedendo, che non era ancora soffocata, la decapitarono per ordine dell'imperatore. La Legenda Aurea, inoltre, narra che papa Urbano I (222-230), che era stato testimone del martirio:[2]
« | Seppellì il corpo di Cecilia tra quelli dei vescovi e consacrò la sua casa trasformandola in una chiesa, così come gli aveva chiesto. » |
Il Martirologio geronimiano (V secolo) menziona la casa già trasformata in Titulus Caeciliae nel V secolo, finché san Gregorio Magno (590-604) fece costruire la basilica primitiva alla fine del VI secolo.
Dall'Alto Medioevo al Cinquecento
L'edificio, che agli inizi del IX secolo doveva trovarsi in condizioni di estrema fatiscenza, fu ricostruito sul luogo del precedente e consacrato nell'821 da Pasquale I (817-824), il quale in tale occasione vi fece traslare le spoglie di santa Cecilia, san Valeriano, san Tiburzio e san Massimo. Secondo una tradizione, infatti, nell'820, la Santa sarebbe apparsa al papa per rivelargli il luogo della sua sepoltura, nelle catacomba di San Callisto sull'Appia. La chiesa, a pianta basilicale, era divisa in tre navate da dodici colonne corinzie per lato e terminava con un'abside sovrastante una cripta semicircolare (poi trasformata alla fine del XI secolo in un ambiente completamente chiuso). Lo stesso pontefice fece decorare la nuova basilica con uno splendido mosaico (che si conserva ancora) e con le raffigurazioni dei suoi predecessori, andate perdute.
La basilica, nel 1113, fu dotata del campanile e di un ampio portico. Successivamente, nel 1291-1293, fu affidata a Pietro Cavallini (1240 ca.-1330 ca.) la decorazione pittorica e ad Arnolfo di Cambio (1235 ca.-1302 ca.), il nuovo ciborio.
Dal XII secolo il complesso monastico apparteneva ai benedettini, ma qui come altrove l'Ordine all'inizio del XIV secolo attraversò una grave crisi vocazionale ed economica, che portò alla chiusura del cenobio; nel 1344 venne affidato agli Umiliati che lo mantennero fino al 1419-1438.
Nel 1527, per volere di papa Clemente VII (1523-1534), il complesso fu donato alle monache benedettine di Santa Maria della Concezione in Campo Marzio, che, intorno al 1540, fecero ristrutturare la basilica e ampliare il monastero. Durante questi lavori fu costruito il coro delle monache sulla controfacciata, che comportò l'occultamento dei dipinti murali ad affresco di Pietro Cavallini.
Dal Seicento a oggi
In vista del Giubileo del 1600, il cardinale Paolo Camillo Sfondrati (1560-1618), finanziò ulteriori lavori, durante i quali venne sistemata la confessione, rialzato il presbiterio, costruiti gli altari laterali, e, il 20 ottobre 1599, riesumate le spoglie di santa Cecilia per valutarne lo stato di conservazione: fu aperto il sepolcro di marmo e nell'ulteriore cassa di cipresso, che le racchiudeva, si ritrovò il corpo integro, vestito di bianco e con il segno delle ferite sul collo:
« | Con la veste di seta intarsiata con fili d'oro, scalza, con un velo rivolto intorno alli capelli, giacendo con la faccia rivolta in terra, con li segni del sangue e di tre ferite sul collo. » |
L'evento fu considerato miracoloso, tanto che anche lo stesso Clemente VIII (1592-1605) volle constatarlo personalmente. Il corpo, fu esposto per un mese alla venerazione dei fedeli:
« | Sopra un ricchissimo talamo, in una stanza munita di grosse inferriate e vigilata continuamente dalla Guardia Svizzera e per impedire la folla di carrozze furono sbarrate tutte le strade di Trastevere. » |
Le spoglie furono successivamente sepolte nella cripta all'interno di una preziosa cassa di 254 libbre d'argento e in questa occasione il cardinale Sfondrati commissionò a Stefano Maderno (1576 - 1636) la celebre statua marmorea della Santa, collocata sotto l'altare maggiore, che riproduce l'esatta posizione in cui venne ritrovato il suo corpo.
Tra il 1652 e il 1661 nella basilica ebbe sede l'Accademia di Musica che, fin dal XV secolo, ha come patrona santa Cecilia.
Un radicale e complessivo intervento di sistemazione fu realizzato nel 1724 per volontà del cardinale Francesco Acquaviva d'Aragona (1665-1725) che affidò a Domenico Paradisi e Luigi Barattoni il compito di rinnovare l'interno della chiesa (volta, coretto, apparato decorativo a stucco), mentre nel 1741-1742 il cardinale Troiano Acquaviva d'Aragona (1696-1747) commissionò a Ferdinando Fuga (1699-1782) la ristrutturazione della facciata con il portico e la costruzione del monumentale prospetto esterno del complesso.
Nel 1823, ebbe luogo un nuovo intervento di restauro, su incarico del cardinale Giorgio Doria Pamphilj Landi (1772-1837), che conferì all'edificio il suo aspetto attuale, durante il quale furono inglobate, per ragioni statiche, le colonne delle navate nei pilastri; nel 1899, per volontà del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro (1843-1913), vennero effettuati gli ultimi lavori nella chiesa con la ristrutturazione e l'ampliamento della cripta.
Nel 1935 il complesso fu diviso tra le monache benedettine e una comunità di Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, ma queste ultime si sono poi trasferite in un edificio conventuale nelle vicinanze.
La basilica è luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Crisogono; l'attuale rettore è monsignor Marco Frisina.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Cecilia, istituito nel IV secolo: l'attuale titolare è il cardinale Gualtiero Bassetti.
Descrizione
Esterno
Prospetto monumentale
L'ingresso monumentale (1), edificato nel 1741-1742 da Ferdinando Fuga, è costituito da quattro colonne, poste su di un alto basamento, che sostengono una lunga trabeazione e un timpano spezzato che include lo stemma del cardinale Acquaviva, sorretto da due putti. Attraverso il portale si accede a un ampio cortile (2), sistemato a giardino nel 1929 per iniziativa del cardinale Bonaventura Cerretti (1872-1933), al centro del quale è un bacino rettangolare con un antico kantharos marmoreo.
Ai lati del giardino prospettano due ali del monastero raccordate al portico della chiesa. Sulla sinistra, quella ristrutturata nel XVI secolo, che è ancora occupata dalle monache benedettine; l'altra sulla destra, era occupata dal 1935 dalle Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria ha in parte mantenuto il suo aspetto medievale con semplici finestre incorniciate e inferriate.
Facciata e portico
La severa facciata della chiesa, rimaneggiata nel 1724, è preceduta da un portico (3), sormontato da una balaustra con sei torce e sorretto da quattro colonne ioniche, con l'architrave decorato da:
- in basso, Fregio con santi e motivi decorativi a girali (seconda metà del XII secolo), in mosaico a tessere vitree e marmoree, di maestranze romane:[3] nell'opera sono raffigurati santa Cecilia (ripetuta due volte; la seconda sostituì san Valeriano durante un restauro), sant'Agata, san Tiburzio, sant'Urbano I e san Lucio entro clipei, con al centro la croce con l'alfa e l'omega intercalati a girali.
- in alto, Iscrizione nella quale si legge:
« | FRANCISCUS TITU(lus) SANCTAE CAECILIA CAR(dinalis) DE ACQUAVIVA » |
Al centro della facciata si aprono tre grandi finestre sormontate da un timpano triangolare con lo stemma del cardinale Acquaviva.
Sotto il portico, nelle pareti di fondo e sinistra, sono murati frammenti di tombe e lapidi medievali, mentre su quella destra, è collocato:
- Monumento funebre del cardinale Paolo Emilio Sfondrati (1623), in marmi policromi, di Girolamo Rainaldi e Angelo di Pellegrino:[4] la tomba originariamente era ubicata nella navata destra, ma nel 1957 ne fu deciso lo spostamento in questo luogo esterno con un conseguente deterioramento generale. L'opera è decorata con pregevoli sculture e rilievi fra le quali si notano:
- in alto, Ricognizione del corpo di santa Cecilia;
- al centro, entro ovale, Busto del cardinale;
- in basso, Statue di sant'Agnese e santa Cecilia.
Campanile
Il campanile, edificato alla metà del XII secolo, è articolato in cinque ordini: i primi due sono aperte da bifore a pilastro, mentre gli ultimi tre da trifore con colonnine, capitelli a stampella e archetti a doppia ghiera. La cella campanaria ospita una piccola campana del XIII secolo e altre due donate nel 1344 dal cardinale Guy de Boulogne (1313-1373).
Interno
L'interno, a pianta basilicale, è divisa in tre navate da dodici pilastri in muratura, eseguiti nel 1823, che inglobano le antiche colonne della chiesa originaria.
Vestibolo
L'aula liturgica è preceduta da un vestibolo, dove collocati:
- a sinistra, Monumento funebre del cardinale Niccolò Forteguerri (1473-1480), in marmo, di Mino da Fiesole (5).[5]
- a destra, Monumento funebre del cardinale Adam Easton (1400 ca.), in marmo, di ambito toscano (4).[6]
Inoltre, a destra, si apre la cappella della Crocifissione (7), eretta nel 1660, nella quale è collocato:
- all'altare, Gesù Cristo crocifisso fra la Madonna addolorata e san Giovanni apostolo (primo quarto del XV secolo), affresco di ambito laziale:[7] il dipinto murale venne staccato nel XVII secolo dalle pareti di una casa di proprietà del monastero di Santa Cecilia.
L'ampia navata centrale (6), absidata, è coperta con volta a botte ribassata e decorata con un dipinto murale raffigurante:
- Gloria di santa Cecilia e santi (1721-1724), affresco di Sebastiano Conca.[8]
Cappella di Santa Cecilia
All'inizio della navata destra, si accede a un corridoio (8), dove si notano:
- alla pareti laterali, Paesaggi con santi eremiti (primo quarto del XVII secolo), affresco di Paul Bril.[9]
- in fondo, Statua di san Sebastiano (prima metà del XVI secolo), attribuita a Lorenzo Lotti, detto Lorenzetto.
- a sinistra, di fronte all'ingresso della cappella, Matrimonio di san Valeriano e santa Cecilia (inizio del XVII secolo), olio su tela di Guido Reni.
Dal corridoio si entra nella Cappella di Santa Cecilia o del Bagno (9), il calidarium, dove secondo la tradizione la santa rimase tre giorni esposta ai vapori caldissimi prima del martirio (visibili le condutture termali di epoca romana). L'ambiente, decorato da dipinti murali ad affresco attribuiti ad Andrea Lilli, presenta:
- all'altare, Martirio di santa Cecilia (1603 ca.), olio su tela di Guido Reni, commissionato dal cardinale Paolo Emilio Sfondrati.
Lungo la navata destra si notano:
- la Cappella di santa Francesca Romana (10), detta anche Cappella dei Ponziani,[10] edificata nel XV secolo e decorata da dipinti murali ad affresco eseguiti nel 1470-1480 da Antonio del Massaro detto il Pastura, raffiguranti:
- all'altare, Madonna tra santo Stefano e santa Francesca Romana;
- alla parete sinistra, San Girolamo penitente nel deserto[11] e San Sebastiano;
- alla parete destra, San Giorgio e il drago[12] e Santa Caterina d'Alessandria;
- sulla volta a crociera, Dio Padre in gloria, Evangelisti e simboli.[13]
- al primo altare, pala con San Benedetto da Norcia (1676), olio su tela di Giuseppe Ghezzi (11).
- la Cappella delle Reliquie (12), ristrutturata nel 1723 su disegno di Luigi Vanvitelli, che eseguì anche i dipinti che la decorano raffiguranti:
- alla parete destra, Angelo incorona santa Cecilia e san Valeriano, olio su tela;
- sulla volta, Gloria di angeli musicanti, affresco.
- al secondo altare, pala con Santa Maria Maddalena (prima metà del XVII secolo), olio su tela di Giovanni Baglione (13).
- la Cappella Rampolla del Tindaro (14), un piccolo ambiente ristrutturato agli inizi del XX secolo da Antonio Muñoz, dove è collocato:
- Monumento funebre del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro (1929), in marmo di Enrico Quattrini.
Inoltre, nella testata della navata, si apre la Cappella di Santa Teresa del Bambino Gesù (15), dove è visibile:
- alla parete destra, Visione di papa Pasquale I e Ritrovamento del corpo di santa Cecilia (primo quarto del XII secolo), affresco staccato di ambito romano:[14] il dipinto murale era originariamente nel portico venne qui sistemato nel 1785.
Presbiterio e abside
Nel presbiterio (21), rialzato di alcuni gradini, si notano:
- al centro, Ciborio (1293), in marmi policromi e mosaico, di Arnolfo di Cambio:[15] l'opera, vero e proprio capolavoro di architettura e scultura gotica, è costituita da quattro colonne di marmo nero con capitelli corinzi sovrastate da pulvini a dado con ornato musivo, su cui si impostano le arcate (nei pennacchi delle quali trovano posto otto figure scultoree, Due profeti, quattro Evangelisti e le due Vergini sagge), e agli angoli quattro nicchie nelle quali sono collocate le Statue di santa Cecilia, san Valeriano, sant'Urbano I e san Tiburzio a cavallo. In alto, quattro timpani triangolari aperti al centro da piccoli rosoni traforati sostenuti da Coppie di angeli.
- sotto l'altare, Statua di santa Cecilia (1599-1600), in marmo di Stefano Maderno:[16] l'opera ritrae il corpo della santa come fu ritrovato all'atto della ricognizione del 1599 nella cripta della Catacomba di San Callisto. La celebre scultura mette in risalto il taglio della spada sul collo e la posizione delle dita che indicano la Trinità, ovvero l'indice alzato della mano sinistra e il pollice, l'indice e il medio alzati della mano destra.[17]
Dietro l'altare, si apre l'abside semicircolare (22), che nel catino presenta:
- Gesù Cristo benedicente tra santi e papa Pasquale I e Agnello di Dio tra dodici pecore convergenti (820 ca.), mosaico di maestranze romane.[18][19][20] L'opera divisa in tre registri presenta:
- nel registro superiore, al centro Gesù Cristo, al quale la mano di Dio Padre porge la corona; a sinistra, san Paolo e santa Cecilia che presentano Pasquale I con il nimbo quadrato dei personaggi viventi e il modello della chiesa; a destra, san Pietro, san Valeriano e sant'Agata; due palme (simbolo del Paradiso) fiancheggiano la composizione.
- nel registro centrale, Agnello di Dio tra due teorie di sei pecore, che escono da altrettante città gemmate di Betlemme (a sinistra) e di Gerusalemme (a destra), e che vanno probabilmente identificati con gli Apostoli;
- nel registro inferiore, iscrizione commemorativa, nella quale si legge:
« | HAEC DOMUS AMPLA MICAT VARIIS FABRICATA METALLIS OLIM QUAE FUERAT CONFRACTA SUB TEMPORE PRISCO CONDIDIT IN MELIS PASCHALIS PRAESUL OPIMUS HANC AULAM DOMINI FIRMANS FUNDAMINE CLARO AUREA GEMMATIS RESONANT HAEC DINDIMA TEMPLI LAETUS AMORE DEI HIC CONIUNXIT CORPORA SANCTA CECILIAE ET SOCIIS RUTILAT HIC FLORE JUVENTUS QUAE PRIDEM IN CRYPTIS PAUSABANT MEMBRA BEATA ROMA RESULTAT OVANS SEMPER ORNATA PER AEVUM. » |
Lungo la navata sinistra si notano:
- al primo altare, Santo Stefano e san Lorenzo (1676), olio su tela di Giuseppe Ghezzi (17).
- tra il primo e secondo altare, Monumento funebre del vescovo Gregorio Magalotti (1538), in marmo di Guglielmo della Porta: il prelato era morto a Bologna nel 1537 ma venne qui sepolto per volontà della sorella badessa nell'annesso monastero benedettino.
- al secondo altare, Sant'Andrea apostolo coronato dall'angelo (1600-1604), olio su tela di Giovanni Baglione (18).[21]
- al terzo altare, Sant'Agata (primo quarto del XVII secolo), olio su tela di Paolo Guidotti (19).
Inoltre, nella testata della navata, si apre la Cappella dei Santi Pietro e Paolo (20), dove è collocato:
- all'altare, San Pietro e san Paolo apostoli (1600-1604), olio su tela di Giovanni Baglione.[22]
Chiostro e coro delle Monache
Dalla navata sinistra, tramite una prima porta si accede al chiostro (XII secolo) che, scandito da pilastri e caratterizzato da archetti su colonnine, è stato alterato dall'inserimento di un muro, con arcate rette da capitelli e colonne antiche, costruito nel 1559 per sostenere il refettorio del monastero. Su una parete, entro lunetta, è collocato:
- Morte di santa Cecilia (1600-1605), olio su tela di Francesco Vanni.[23]
Una scala dà accesso al Coro delle Monache, addossato alla controfacciata della Basilica, nel quale è ubicato uno splendido dipinto murale raffigurante:
- Giudizio Universale (1291-1293), affresco di Pietro Cavallini:[24] l'opera, scoperta nel 1900 dal critico d'arte e museologo Federico Hermanin (1868-1953), è la più significativa della pittura pregiottesca romana. Il dipinto murale presenta:
- nel registro superiore, Gesù Cristo in trono tra angeli con la Madonna, san Giovanni Battista e apostoli;
- nel registro inferiore, Angeli che suonano le trombe e schiere dei beati e reprobi.
Inoltre, nell'ambiente, sono collocati altri dipinti murali, appartenenti al medesimo ciclo, eseguiti nel 1291-1293 ad affresco da Pietro Cavallini, raffiguranti:
- alla parete sinistra, Annunciazione;[25]
- alla parete destra, Sogno di Giacobbe;[26]
- Santi entro finti tabernacoli.[27]
Ambienti sotterranei
Dalla navata sinistra, attraverso una seconda porta (16), si scende al vasto complesso archeologico di epoca romana e alla cripta.
Complesso archeologico
Nel 1899, quando si decise di restaurare e ampliare la cripta, furono effettuati saggi di scavo nel pavimento della chiesa e del monastero, che portarono alla scoperta di importanti strutture antiche di epoca romana a una profondità di circa 5 metri.
L'edificio più antico è quello situato sotto la navata centrale, verso est. Di questo restano un muro in opera quadrata di tufo e alcune colonne e pilastri, anche esse di tufo. Le caratteristiche edilizie fanno pensare a un edificio utilitario (horrea) di età repubblicana.
Resti di un'altra costruzione, una casa privata (domus), sono posti sotto il portico anteriore della chiesa; anche qui vi sono elementi di età repubblicana (un muro in opera reticolata, murature e colonne dell'atrium, un pavimento in signino con un triplice meandro, ottenuto con tessere di pietra bianca) che la datano al II secolo a.C.. Gli archeologi, inoltre, hanno individuato tracce di lavori successivi che portarono la domus, in tutto o in parte, a essere convertita in condominio (insula). Ciò è facilmente comprensibile se si pensa che la regione di Trastevere, in epoca repubblicana era ancora agricola e a urbanizzazione estensiva, si affollò successivamente, in epoca imperiale, con il crescere della popolazione. L'evoluzione edilizia delle costruzioni scoperte copre un periodo di alcuni secoli, giungendo fino all'età adrianea (prima metà del II secolo). L'insula utilizzò in parte murature preesistenti, ponendo il cortile al posto dell'atrium antico e presenta tracce di una strada, di una scala d'accesso, di un'aula e di un piccolo impianto termale interno, presumibilmente privato, nonché di pavimentazioni.
All'età antoniana (metà del II secolo) si deve attribuire la trasformazione dell'edificio in tufo con l'inserzione in un ambiente di sette vasche emisferiche in mattoni, che possono essere interpretate come una manifattura per la concia delle pelli (identificata con i Coriaria Septimiana, ricordati in quest'area nei Cataloghi Regionari). In un ambiente limitrofo è situato una sorta di larario, una nicchia con un rilievo in tufo raffigurante Minerva davanti a un altare. Ai lati della nicchia sono rivestiti da due lastre a rilievo di terracotta, provenienti dalla medesima matrice, con la rappresentazione di una scena dionisiaca.
Ulteriori indagini archeologiche, eseguite nel 1988, sotto la cappella delle Reliquie e l'attiguo convento francescano hanno individuato una vasca battesimale circolare in laterizio, risalente forse al V secolo e sopraelevata nel Medioevo, testimonianza molto rara a Roma, del battesimo a immersione, collocata in un ambiente perfettamente conservato - ricavato da un locale del II secolo - con alle pareti resti notevoli della decorazione pittorica a velari.
Cripta
L'ultimo ambiente del complesso sotterraneo è la cripta, che tra il 1899 e il 1901 venne ampliata e ristrutturata in forme neobizantine, per volontà del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, su progetto dell'architetto Giovanni Battista Giovenale (1849-1934) e decorata da mosaici di Giuseppe Bravi (1868 - post 1901).
Nella cripta, da una finestrella sopra l'altare (fenestella confessionis), si vedono i sarcofaghi che racchiudono i corpi di santa Cecilia, san Valeriano, san Tiburzio e san Massimo.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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