Giulio Cesare Sacchetti
Giulio Cesare Sacchetti (Roma, 17 dicembre 1587; † Roma, 28 giugno 1663) è stato un vescovo, nunzio apostolico e cardinale italiano.
Cenni biografici
Nacque a Roma il 17 dicembre 1587, figlio cadetto di Giovanni Battista Sacchetti e Francesca Altoviti. Fu battezzato nella Chiesa nazionale di San Giovanni dei Fiorentini ed ebbe per padrini Giulia Savelli e l'arcivescovo di Cosenza Fantino Petrignani (Ch). Ricevette la cresima il 15 maggio 1595 in San Giovanni in Laterano. Fu zio del cardinale Urbano Sacchetti. Il padre banchiere nel 1573 giunse da Firenze in seguito all'instaurazione del principato da parte di Cosimo de' Medici. Il primogenito Marcello, nato nel settembre 1586, ricevette un'educazione orientata a proseguire l'attività paterna.
Formazione e attività diplomatica
Giulio Cesare, come cadetto, fu avviato alla carriera ecclesiastica. Frequentò gli atenei di Perugia e di Pisa, addottorandosi in legge.
Rientrato a Roma divenne prelato domestico di Paolo V su raccomandazione di Ranuccio I Farnese. La famiglia gli acquistò l'uditorato di Camera sotto Gregorio XV e il 23 luglio 1623 fu inviato come vice-legato a Bologna insieme con il cardinale Roberto Ubaldini. Mentre il giovane prelato si trovava a Bologna il fratello maggiore Marcello fu nominato depositario generale e tesoriere segreto.
Preconizzato per la carriera diplomatica presso la corte spagnola, il 18 novembre 1623, ricevette l'ordinazione sacerdotale da mons. Pietro Dini (Ch), arcivescovo di Fermo, nella cappella del palazzo del cardinale Ottavio Bandini.
Episcopato
Il 4 dicembre seguente fu nominato vescovo di Gravina, con dispensa papale per non aver ricevuto il presbiterato sei mesi prima. Fu consacrato sei giorni dopo nella chiesa romana di san Giorgio degli Spagnoli dal cardinal Agustín Spínola, vescovo di Tortosa, assistito da mons. Ottavio Accoramboni (Ch), arcivescovo di Urbino, e dal carmelitano padre Diego Merino (Ch), vescovo di Montepeloso. Il 24 gennaio seguente partì alla volta di Madrid con il suo seguito e là svolse una difficile attività diplomatica sino al 1626.
A Madrid Sacchetti doveva cercare di smussare le tensioni fra Francia e Spagna, in merito soprattutto alla politica militare delle due monarchie e ai loro tentativi di espansione in Italia. Mantenere lo status quo in Italia rappresentava il fulcro della politica di Urbano VIII, in una posizione di ambigua neutralità, ma di fatto antispagnola. Tentò contatti con l'ambasciatore francese, conte di Fargis, per ottenere un piano di pace francese e appoggiare l'azione che, intanto, il cardinal nepote Francesco Barberini stava svolgendo a Parigi, dove il fratello Matteo aveva seguito come tesoriere il cardinale nepote nel 1625.
La corrispondenza tra i fratelli testimonia la difficoltà di raggiungere una pace fra le due corti ed evitare una guerra in Italia, ma soprattutto manifestava la palese ostilità del ministro Olivares verso il nunzio: il conte duca avrebbe preferito infatti che fosse stato confermato nella carica Innocenzo Massimi suo sviscerato amico e consigliero. Le due corti firmarono nell'aprile del 1626 la pace di Monson, sancendo una clamorosa sconfitta della politica pontificia e del nunzio. Alla difficoltà della situazione politica internazionale, si aggiunsero difficoltà create da un suo servitore, tale Francesco Caccini, accusato di sodomia e arrestato.
Cardinalato
Sacchetti, mentre ancora si trovava alla corte castigliana, fu creato cardinale nel concistoro del 19 gennaio 1626 e nel dicembre dello stesso anno, rientrato a Roma, assunse il titolo di cardinale presbitero di santa Susanna. Il 19 maggio 1626 fu trasferito alla diocesi di Fano, prendendone possesso il 12 marzo dell'anno successivo.
Il 17 marzo 1627 il papa lo nominò legato a latere di Ferrara per tre anni. Il 29 marzo gli conferì, con quattro brevi, poteri in materia spirituale e temporale. Durante questo periodo risiedette saltuariamente a Fano e governò la diocesi per mezzo di vicari. A Ferrara il Sacchetti proseguì nell'opera di mediazione tentata a Madrid, durante la nunziatura, per evitare il conflitto fra la monarchia spagnola e quella francese e arginare le mire espansionistiche del potere spagnolo nella penisola italiana. Urbano VIII aveva provveduto a fortificare i confini ferraresi e a potenziarne le difese con l'invio di truppe: al comando di esse vi era Giovanni Francesco, fratello di Sacchetti, già commissario generale dell'esercito papale per lo Stato di Milano e la Valtellina negli anni precedenti, che a Ferrara fu coadiuvato anche dal fratello Alessandro.
Il governo del Sacchetti fu caratterizzato da buoni rapporti con il vescovo Lorenzo Magalotti. La proficua collaborazione tra i due poteri ebbe grande efficacia anche nell'emergenza causata dalla peste, quando il legato, per ottenere un cordone sanitario efficace contro il morbo, dovette intervenire con forza per disciplinare la vita degli ordini religiosi. Grazie anche a queste misure la grande peste di Milano non colpì la legazione ferrarese.
Rinunziò alla sede vescovile di Fano il 15 settembre 1635. Urbano VIII concesse a Sacchetti pensioni e benefici ecclesiastici elargiti anche per compensare la crisi conosciuta dal banco Sacchetti dopo la morte del fratello maggiore Marcello nel 1629. Il 31 agosto 1632 ottenne la facoltà di ricevere qualunque pensione non superiore a 1000 scudi da rendite ecclesiastiche. Il 10 dicembre ricevette la commenda di sant'Ilario (o sant'Ellero) in Galeata, presso Forlì,[1] e di santa Maria in Cosmedin[2] presso Ravenna; il 24 febbraio 1634 aggiunse la commenda sull'abbazia di sant'Andrea in Insula[3] nella diocesi di Brindisi.
Sacchetti dall'ottobre del 1629 ebbe a suo fianco come vice-legato Fabio Chigi, con il quale intrattenne ottimi rapporti di collaborazione e amicizia destinati a protrarsi nell'azione di governo svolta da Sacchetti durante il pontificato alessandrino. Sacchetti rimase sempre, anche dopo la fine del suo mandato legatizio, il referente privilegiato dei Ferraresi presso la Santa Sede.
Fu poi legato a Bologna per un triennio, dall'aprile 1637. La sua grande esperienza acquisita nei precedenti incarichi gli permisero di svolgere per la città una proficua azione politica. Durante la sua legazione a Bologna cercò ripetutamente di appianare i contrasti fra Ferdinando II de' Medici e il papa, acutizzatisi dopo il ritorno di Urbino sotto il diretto dominio dello Stato pontifico. A Bologna il legato svolse una funzione di mediazione fra la locale aristocrazia e la corte romana, nella quale poterono inserirsi molti esponenti delle famiglie nobili bolognesi grazie anche alla sua intermediazione.
Rientrato a Roma dopo il triennio bolognese, fu nominato prefetto della Segnatura di giustizia il 22 giugno 1640. Nell'anno 1641 1642 fu Camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali.
Nel conclave del 1644 Sacchetti, al culmine della sua carriera ecclesiastica, fu tra i papabili. Appoggiato da Francesco Barberini e dal Mazzarino, incontrò l'opposizione del Gran duca di Toscana e della Spagna con il cardinale Gil Carrillo de Albornoz che a nome della corona spagnola pose il veto contro la sua candidatura. Alla fine si trovò un compromesso tra il partito del Barberini e quello spagnolo nel cardinale Giovanni Battista Pamphilj, che eletto 15 settembre prese il nome di Innocenzo X.
Durante il pontificato di Innocenzo X, Sacchetti tentò un riavvicinamento con la corona spagnola e dei suoi rappresentanti a Roma, senza compromettere i rapporti con Mazzarino. Ma questi non apprezzò il comportamento condiscendente di Sacchetti verso Jean-François-Paul de Gondi durante la Fronda, né tanto meno il tiepido impegno del suo antico protettore in occasione di quei torbidi, quando si limitò a consigliarlo di riparare a Roma. Sacchetti aveva sempre appoggiato l'azione di Fabio Chigi nella sua nunziatura di Colonia e nelle trattative di pace a Münster, invisa invece a Mazzarino che, alla morte di Innocenzo X, dette esplicito ordine di non trascurare cosa alcuna per chiuderli affatto la strada.[4].
Il conclave iniziò il 18 gennaio 1655. Il 3 febbraio Sacchetti dal conclave scrisse una lettera a Mazzarino per chiedergli di ritirare l'esclusiva sulla candidatura di Fabio Chigi e il 18 aprile inviò una lettera al cardinale principe Leopoldo de' Medici per ribadire la sua benevolenza alla casa granducale, sebbene poco prima l'ambasciatore toscano a Roma Gabriello Riccardi gli avesse recapitato l'esclusiva sulla sua candidatura. Così dopo la fine del conclave che elesse Alessandro VII, Sacchetti scrisse una lunga lettera al granduca Ferdinando II, ribadendo la sua fedeltà e il servizio manifestato negli anni al suo sovrano naturale, con l'intento di giustificare il veto sulla sua persona e di non recidere un legame con Firenze che aveva da sempre segnato la sua famiglia.
Nel 1652 mutò titolo cardinalizio in quello di santa Maria in Trastevere e il 23 settembre dello stesso anno fu trasferito come cardinale vescovo alla sede suburbicaria di Albano, e nel novembre fu nominato vescovo di Frascati. Da qui nel 1655 passò alla sede suburbicaria di Sabina. Fece parte di un ristretto gruppo di consiglieri e collaboratori di Alessandro VII che vantavano antichi legami di amicizia e fiducia con il pontefice, tra questi: Sforza Pallavicino, Gian Paolo Oliva e Bernardino Spada. Il gruppo tentò di mantenere una politica pontificia equidistante e conciliatrice fra Francia e Spagna, ribadendo però fermezza verso le pretese giurisdizionalistiche delle due monarchie.
Nel 1655 Alessandro VII gli affidò il compito di leggere in concistoro la relazione sulla canonizzazione di san Tommaso di Villanova, come segnale di riconciliazione nei confronti della corona spagnola. Per manifestare la sua riconciliazione verso la Francia e del primo ministro Giulio Raimondo Mazzarino, si fece promotore della causa di canonizzazione di san Francesco di Sales, perorata dalla Francia e dai duchi di Savoia. In quello stesso anno il papa lo volle presidente della congregazione di Sanità, istituita per arginare il contagio della peste, confidando nell'esperienza maturata da Sacchetti a Ferrara in occasione della peste del 1630.
Nel 1661 fu nominato prefetto della Congregazione del concilio, carica che ricoprì sino alla morte.
Morte
Morì a Roma il 28 giugno 1663 e fu sepolto in San Giovanni dei Fiorentini, nella cappella di famiglia.
Genealogia episcopale
Per approfondire, vedi la voce Genealogia episcopale |
- Cardinale Tolomeo Gallio
- Vescovo Cesare Speciano
- Patriarca Andrés Pacheco
- Cardinale Agostino Spinola Basadone
- Cardinale Giulio Cesare Sacchetti
Successione degli incarichi
Predecessore: | Vescovo di Gravina | Successore: | |
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Agostino Cassandra (Ch), O.F.M. Conv. | 4 dicembre 1623 - 16 marzo 1626 | Arcangelo Baldini (Ch), O.P. |
Predecessore: | Nunzio apostolico per la Spagna | Successore: | |
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Innocenzo Massimi | 27 gennaio 1624 - 30 maggio 1626 | Giovanni Battista Pamphilj |
Predecessore: | Vescovo di Fano | Successore: | |
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Francesco Boncompagni | 16 marzo 1626 - 16 settembre 1635 | Ettore Diotallevi (Ch) |
Predecessore: | Cardinale presbitero di Santa Susanna | Successore: | |
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Scipione Cobelluzzi | 2 dicembre 1626 - 29 aprile 1652 | Giambattista Spada |
Predecessore: | Legato pontificio di Ferrara | Successore: | |
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Francesco Cennini de' Salamandri | 8 marzo 1627 - 1º maggio 1630 | Giovanni Battista Maria Pallotta |
Predecessore: | Legato pontificio di Bologna | Successore: | |
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Benedetto Ubaldi | 11 luglio 1637 - marzo 1640 | Stefano Durazzo |
Pier Luigi Carafa seniore
Predecessore: | Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica | Successore: | |
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Antonio Barberini | 22 giugno 1640 - ? | Benedetto Odescalchi |
Predecessore: | Camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali | Successore: | |
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Federico Baldissera Bartolomeo Cornaro | 7 gennaio 1641 – 13 gennaio 1642 | Giandomenico Spinola |
Predecessore: | Cardinale presbitero di Santa Maria in Trastevere | Successore: | |
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Federico Baldissera Bartolomeo Cornaro | 29 aprile 1652 - 23 settembre 1652 | Marzio Ginetti |
Predecessore: | Cardinale vescovo di Frascati | Successore: | |
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Bernardino Spada | 23 settembre 1652 - 11 ottobre 1655 | Antonio Barberini |
Predecessore: | Cardinale vescovo di Sabina | Successore: | |
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Bernardino Spada | 11 ottobre 1655 - 28 giugno 1663 | Marzio Ginetti |
Predecessore: | Prefetto della Sacra Congregazione del concilio | Successore: | |
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Francesco Paolucci | 28 giugno 1661 - 28 giugno 1663 | Angelo Celsi |
Note | |
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Biografia | |
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- Vescovi di Gravina
- Nunzi apostolici per la Spagna
- Vescovi di Fano
- Cardinali presbiteri di Santa Susanna
- Prefetti del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
- Cardinali presbiteri di Santa Maria in Trastevere
- Legati pontifici di Ferrara
- Legati pontifici di Bologna
- Cardinali vescovi di Frascati
- Cardinali vescovi di Sabina-Poggio Mirteto
- Prefetti della Sacra Congregazione del concilio
- Presbiteri ordinati nel 1623
- Presbiteri italiani del XVII secolo
- Italiani del XVII secolo
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- Presbiteri per nome
- Vescovi consacrati nel 1623
- Vescovi italiani del XVII secolo
- Vescovi del XVII secolo
- Vescovi per nome
- Vescovi consacrati da Agustín Spínola Basadone
- Concistoro 19 gennaio 1626
- Cardinali italiani del XVII secolo
- Cardinali del XVII secolo
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