Storie di san Francesco d'Assisi (Giotto)

Da Cathopedia, l'enciclopedia cattolica.
100%Decrease text sizeStandard text sizeIncrease text size
Share/Save/Bookmark
(Reindirizzamento da Storie di San Francesco)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Assisi BasilicaSup.S.Francesco .jpg

Assisi, Basilica Superiore di San Francesco
Storie di san Francesco d'Assisi
Opera d'arte
Stato bandiera Italia
Regione Flag of Umbria.svg Umbria
Regione ecclesiastica Umbria
Provincia Perugia
Comune Stemma Assisi
Diocesi Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino
Parrocchia o Ente ecclesiastico Sacro Convento
Ubicazione specifica Basilica di San Francesco, Chiesa superiore
Uso liturgico quotidiano
Luogo di provenienza ubicazione originaria
Oggetto ciclo di dipinti murali
Soggetto Storie della vita san Francesco d'Assisi
Datazione 1290 - 1295 ca.
Ambito culturale
Autore Giotto di Bondone
Materia e tecnica affresco

Storie di san Francesco d'Assisi è il celebre ciclo di dipinti murali ad affresco, eseguito tra il 1290 e il 1295 circa, e attribuito a Giotto di Bondone (1267 ca. - 1337), conservato nella Basilica di San Francesco ad Assisi. Esso s'ispira alla Legenda Maior (1260 - 1263), opera di san Bonaventura da Bagnoregio, che costituiva la biografia ufficiale di san Francesco.

Il ciclo si compone di 28 dipinti murali rettangolari di grandi dimensioni (230 x 270 cm), discretamente conservato, ed occupa il registro inferiore delle pareti longitudinali della Basilica Superiore di San Francesco in diretto richiamo tematico alle Storie dell'Antico e del Nuovo Testamento dei due registri superiori. La figura di san Francesco risulta così una sorta di imitatio Christi.

Descrizione

Giotto di Bondone, Storie di san Francesco d'Assisi (schema ternario)

Organizzazione del ciclo

Le scene sono inscritte in finte architetture che ricordano l'opera del Maestro d'Isacco: ciascun episodio è inserito in una spazialità quadrata, separati uno dall'altro, da colonne tortili che reggono una cornice cassettonata sopra la quale sono dipinte mensole in pietra, inclinate prospetticamente in modo da convergere verso la mensola centrale, che appare così l'unico veramente frontale suggerendo la posizione privilegiata per l'osservatore, al centro della campata. Nell'insieme l'effetto è quello di un palcoscenico su cui si svolge la vita di san Francesco, quasi come in una sacra rappresentazione, in cui l'azione è enfatizzata ed attualizzata, con un accentrazione del carattere emotivo ad edificazione dei fedeli.

Tra colonna e colonna sono poste le 28 scene della vita del Santo, che quindi non sono come "quadri" appesi su pareti a sfondo geometrico come nei cicli di affreschi di scuola romana presenti anche nel registro superiore. Ciascuna scena è dipinta ad affresco con ritocchi a secco quasi inesistenti (o perduti). La lettura delle scene inizia vicino all'altare, lungo la parete settentrionale, poi prosegue nella controfacciata e infine nella parete sinistra fino a tornare vicino all'altare. Vi sono raffigurati episodi della vita di san Francesco, dalla giovinezza alla morte ai presunti miracoli postumi, con un'alternanza tra episodi storici ufficiali e leggende agiografiche.

Questo ciclo è da alcuni considerato l'inizio della modernità e del dipingere latino. La tradizione iconografica sacra, infatti, poggiava sulla tradizione degli iconografi greci, e quindi su un repertorio iconografico molto codificato nei secoli; il soggetto attuale, un Santo moderno, ed una serie di episodi straordinari, solo per fare un esempio: nessuno mai, prima di san Francesco, aveva ricevuto le stimmate, fecero sì che il pittore negli affreschi dovesse creare ex-novo modelli e figure, attingendo solo in parte ai modelli di pittori che si erano già cimentati in episodi francescani su tavola (come Bonaventura Berlinghieri o il Maestro del San Francesco Bardi). Accanto a ciò va registrato il nuovo corso degli studi biblici, portati avanti proprio dai teologi francescani e domenicani, che prediligeva la lettura dei testi nel loro senso letterale, senza troppi simbolismi e rimandi allegorici, desiderando condurre il fedele ad un incontro il più possibile vivo ed immedesimato con il testo sacro. Ciò favorì la scelta di rappresentazioni in abiti moderni e che sottolineassero l'espressione del vissuto.

L'insieme genera ancora stupore ed è difficile immaginare quale effetto dovessero fare sui contemporanei l'incredibile serie di novità introdotte da questo ciclo pittorico, che ruppe drasticamente con la pittura bizantina: niente più preziosismi fini a se stessi, niente più oro, niente fissità da icona, niente simbologie arcane incomprensibili per la gente comune. La vita quotidiana tornò al centro delle attenzioni della pittura dopo essere stata esclusa dai cicli decorativi per secoli.

Schema del ciclo

Giotto di Bondone, Storie di san Francesco d'Assisi (schema distributivo)

L'impaginazione delle Storie di San Francesco è condotta secondo uno schema, basato sul ritmo ternario: ogni campata ospita tre episodi ed, inoltre, il primo e l'ultimo di sette dipinti ciascuno, il mediano di sette coppie, quattordici in tutto.

Da notare:

Scene

Il ciclo delle Storie di san Francesco d'Assisi è formato dalle seguenti 28 scene:

Parete settentrionale

Controfacciata

Parete meridionale

Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche

  • Il ciclo illustra puntualmente il testo della "Legenda" compilata da San Bonaventura e da lui dichiarata unico testo ufficiale di riferimento per la biografia francescana. Sotto ad ogni scena compariva (con il tempo si è quasi del tutto cancellata) una didascalia descrittiva tratta dai diversi capitoli della Legenda Maior illustrati. Le scene sono ambientate nel mondo medievale della fine del XIII secolo.
  • I personaggi si muovono all'interno di splendidi paesaggi cittadini e rurali con un formidabile senso realistico. Gli episodi, inoltre, racchiusi all'interno di un finto portico, trasmettono l'effetto illusionistico di uno sfondato spaziale che oltrepassa le pareti della chiesa. Le Storie di San Francesco non iniziano dalla nascita, ma dalla giovinezza; la sequenza narrativa procede dalla prima scena della parete settentrionale e termina con la ventottesima della meridionale.
  • Le scene non mostrano sempre la stessa qualità esecutiva, per questo furono sicuramente dipinte da più mani all'interno dello stesso cantiere con la supervisione di un protomagister, quasi sicuramente Giotto. È accertato che l'esecuzione del primo affresco e degli ultimi tre siano da attribuire ad un allievo, il cosiddetto Maestro della Santa Cecilia. Altri studiosi sostengono la mano di Giotto nella maggior parte delle scene e giustificano le variazioni stilistiche con la maturazione formale dello stesso autore unita all'aiuto dei numerosi allievi di bottega.
  • L'importanza del Ciclo francescano sta comunque nelle soluzioni formali rivoluzionarie. Con un sapiente dosaggio del chiaroscuro si rende l'evidenza plastica delle figure, mentre l'uso di architetture scorciate che svolgono il ruolo di quinte prospettiche creano degli spazi praticabili in cui i personaggi si muovono con naturalezza e coerenza, ad esempio possono girarsi di spalle rispetto all'osservatore, cosa prima inconcepibile. La composizione è libera dagli schematismi e simmetrie della pittura precedente, anche se accanto a scenari naturali ed architettonici realistici troviamo ancora delle rappresentazioni dal gusto arcaico e non tutti gli scorci sono resi con la stessa sicurezza: più incerte appaiono le città dipinte in lontananza e gli edifici delle prime tre campate della parete sinistra.

Notizie storico-critiche

In ambito storico-artistico la questione dell'attribuzione a Giotto delle Storie francescane di Assisi è ancora oggetto di dibattito e ricerca. Il dubbio in tal senso è motivato dalla mancanza di documenti specifici che possano chiarire il problema.

La presenza di Giotto ad Assisi è testimoniata, in particolare da:

« Dipinse [Giotto] nella chiesa d'Asciesi nell'Ordine de' frati minori quasi tutta la parte di sotto. »

Questo è stato inteso da molti come un'indicazione del ciclo francescano lungo la fascia in basso della Basilica Superiore di San Francesco; altri, invece lo intendono come riferimento agli affreschi della Basilica Inferiore e non credono che Giotto sia l'autore del ciclo francescano. Giorgio Vasari nelle Vite afferma che Giotto fu chiamato da Giovanni Minio da Morrovalle, che fu generale dell'Ordine francescano dal 1296 al 1304, date entro le quali potrebbero essere stati dipinti gli affreschi.

La tradizionale attribuzione a Giotto del ciclo di affreschi era stata messa in seria discussione già all'inizio del XX secolo soprattutto per opera di studiosi e critici d'arte d'area anglosassone (Rintelen, Oertel, Meiss). Gli studiosi italiani rimanevano invece in buona parte convinti della bontà della tesi vasariana, con la sicura attribuzione a Giotto. Unanime, invece, è l'attribuzione ad una sola mente dell'impianto generale e dei disegni preparatori.

Studi recenti di Bruno Zanardi[1], che ha condotto i restauri della Basilica di San Francesco, dopo il terremoto del settembre 1997, hanno nuovamente messo in dubbio l'attribuzione a Giotto di tutto il ciclo, ribadendo la precedente opinione di Federico Zeri che in esso riconosceva la mano di Pietro Cavallini, l'unico grande pittore gotico che stranamente non sarebbe presente nel Cantiere di Assisi, dove invece lavorarono gli altri pittori romani suoi contemporanei Jacopo Torriti e Filippo Rusuti. Secondo questa tesi, la mano di Giotto s'individuerebbe soltanto negli affreschi della Cappella di San Nicola nella Basilica Inferiore di San Francesco, realizzati a partire dal 1297, con l'Annunciazione sulla parete d'ingresso e le due scene dei Miracoli post morte di san Francesco e della Morte e resurrezione del fanciullo di Suessa, che mostrano evidenti affinità tecniche ed esecutive con la Cappella degli Scrovegni di Padova, mentre si differenziano dal ciclo francescano.

La "questione giottesca" di Assisi è tuttora aperta, ma gli studiosi, dopo i tentennamenti iniziali, sembrano ormai più propensi a mantenere l'attribuzione tradizionale a Giotto, per le seguenti motivazioni:

  • l'inconfondibile maniera di organizzare le scene;
  • la padronanza della prospettiva intuitiva negli sfondi;
  • il realismo;
  • l'eloquenza senza fronzoli dei gesti e delle fisionomie.
Note
  1. Bruno Zanardi, Giotto e Pietro Cavallini. La questione di Assisi e il cantiere medievale della pittura a fresco, Editore Skira, 2002
Bibliografia
  • Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 2, Editore Electa- Bruno Mondadori , Firenze 1991, pp. 18 - 21
  • Giorgio Cricco et. al., Itinerario nell'arte, vol. 2, Editore Zanichelli, Bologna 1999, p. 263
  • Pier Maurizio Della Porta et al., Assisi: storia e arte, Editore Minerva , Assisi 1998, pp. 69 - 78
  • Monica Girardi, Giotto. La fiducia nell'uomo e nella storia, col. "Art Book", Editore Leonardo Arte, Milano 1999, pp. 35 - 49, ISBN 9788878131101
  • Anne Mueller von der Haegen, Giotto, Editore Konemann, Colonia 1998, pp. 22 - 33 ISBN 382904559X
  • Gianfranco Malafarina, La Basilica di San Francesco ad Assisi, Editore Franco Cosimo Panini, Modena 2005, pp. 156 - 183, 257 - 262 ISBN 9788882907655
  • Rolf Toman (a cura di), Il Gotico: architettura, scultura e pittura, Editore Könemann, Colonia 1998, pp. 440 - 441 ISBN 9783829025652
  • Rolf Toman (a cura di), Arte italiana del Rinascimento: architettura, scultura e pittura, Editore Könemann, Colonia 1998, pp. 52 - 57 ISBN 9783829020404
  • Alessandro Tomei, Giotto. La pittura, Editore Giunti, Firenze 1997, pp. 5 - 17 ISBN 9788809762275
Voci correlate