San Crispino da Viterbo

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San Crispino da Viterbo, O.F.M. Cap.
Religioso
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al secolo Pietro Fioretti
battezzato
Santo
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Titolo
Incarichi attuali
frate questuante
Età alla morte 81 anni
Nascita Viterbo
13 novembre 1668
Morte Roma
19 maggio 1750
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Professione religiosa 22 luglio 1693
Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
Elezione
al pontificato
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Fine del
pontificato
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(per causa incerta o sconosciuta)
Durata del
pontificato
Segretario {{{segretario}}}
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Successore {{{successore}}}
Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il [[]]
Beatificazione 7 settembre 1806, da Pio VII
Canonizzazione 20 giugno 1982, da Giovanni Paolo II
Ricorrenza 19 maggio
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di Calzolai, lavoratori del cuoio, Porto S. Elpidio
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
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Collegamenti esterni
Scheda su santiebeati.it
Invito all'ascolto
Firma autografa
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 19 maggio, n. 13:
« A Roma, san Crispino da Viterbo, religioso dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che, mentre viaggiava tra i villaggi montani per mendicare l'elemosina, insegnava ai contadini i rudimenti della fede. »

San Crispino da Viterbo, al secolo Pietro Fioretti (Viterbo, 13 novembre 1668; † Roma, 19 maggio 1750) è stato un religioso italiano.

Biografia

Infanzia

Nacque dai coniugi Ubaldo Fioretti e Marzia Antoni e fu battezzato il 15 novembre col nome di Pietro. Il padre, che aveva sposato Marzia già vedova e con una figlia, era un artigiano e morì presto lasciando il figlio orfano ancora in tenera età e Marzia vedova per la seconda volta. A prendersi cura del bambino subentrò lo zio paterno, Francesco, che gli consentì di frequentare con profitto le scuole primarie presso i gesuiti, per poi accoglierlo come apprendista nella sua bottega di calzolaio.

La badessa del monastero di santa Rosa, per aiutare la famiglia Fioretti, ogni tanto affidava a mamma Marzia lavori di cucito. Il piccolo Pietro si recava con lei al monastero e si fermava spesso a pregare davanti all'urna contenente le reliquie della santa, da meritare dalle religiose l'appellativo di "santarello"[1].

Intelligente, laborioso e onesto, rimase come garzone della bottega dello zio fino ai 25 anni.

Vocazione religiosa

Vide un giorno un gruppo di novizi cappuccini mentre, scesi dal convento della Palanzana, sfilavano per le vie di Viterbo, in una processione penitenziale, organizzata per impetrare la pioggia in tempo di grave siccità: attratto dalla loro pietà decise di farsi cappuccino.

Il 22 luglio 1693, entrò in quel convento e vestì l'abito religioso col nome di fra Crispino, superando sia le opposizioni dei familiari che le difficoltà frappostegli dai superiori. Optò consapevolmente per lo stato laicale, a imitazione di san Felice da Cantalice. Terminato il noviziato emise la professione religiosa.

Opera

Il 22 luglio 1694, fu trasferito a Tolfa, dove rimase tre anni, poi qualche mese fu a Roma e fino al 1703 dimorò ad Albano, da qui fu trasferito a Monterotondo dove rimase per oltre sei anni, fino al 1709. Da quest'anno, e per quaranta anni, rimase ad Orvieto, dove fu ortolano e poi questuante.

Peregrinò per le campagne orvietane per quasi quarant'anni, con due brevi interruzioni che lo portarono per alcuni mesi a Bassano e per altri a Roma.

Soprattutto in campo assistenziale svolse un'opera instancabile per riportare pace, giustizia e serenità nell'intimo delle coscienze, rivolgendosi a persone di ogni condizione sociale ed economica; rientrava nelle occupazioni quotidiane la visita ai malati e ai carcerati, cui prestava cure spirituali e materiali.

Allo stesso tempo fra Crispino si dimostrò anche un consultore di provata esperienza e saggezza. Non solo aveva studiato da giovane, ma leggeva, meditava, ascoltava prediche e, a una mente aperta e vivace, univa una memoria di ferro per cui poteva ripetere alla lettera una predica. Infatti, tutti, nobili e dotti, a cominciare dal Papa Clemente XI, amavano conversare con lui e sollecitavano il suo consiglio. I parroci dell'Orvietano lo chiamavano l'apostolo e il missionario della montagna perché nei suoi giri di questua per i loro paesi istruiva i ragazzi e poveri contadini nei misteri principali della fede e della dottrina cristiana con gran profitto.

Difficoltà

Nonostante tutte le testimonianze di venerazione e di affetto, a fra Crispino non mancarono insidie, umiliazioni, incomprensioni e croci, cosa abbastanza scontata per un religioso come lui. Infatti, il suo coerente impegno nella realizzazione dell'ideale evangelico lo pose non solo al centro dell'attenzione, ma anche in conflitto permanente con la realtà che lo circondava. Fra Crispino non ammetteva nella sua vita le donazioni calibrate, le mezze misure, i compromessi, le riserve. Rinunciò fin dalla prima ora a battere la strada della mediocrità e si sintonizzò perfettamente col radicalismo evangelico. Basta ascoltarlo:

« Amiamo Dio di tutto cuore... tutto abbiamo da operare per amor di Dio. »

Rivolgendosi a un confratello gli dichiarava:

« Se vuoi salvarti l'anima, hai da serbare le seguenti cose: amar tutti, dir bene di tutti e far bene a tutti. »

Morte e culto

Caduto gravemente infermo durante l'inverno del 1747 - 1748, il 13 maggio 1748 lasciò il convento di Orvieto per Roma. Dopo la partenza il padre guardiano trovò affissa dietro la porta della sua cella la "lista di tutti i luoghi della cerca" del convento con al fondo queste parole augurali:

« Vivi sano e dal peccato stà lontano. »

Quando, due anni dopo, l'infermiere lo avvisò che la morte era ormai vicina, rispose rassicurando che non sarebbe morto il 18 maggio per non turbare la festa di san Felice. Infatti, morì il giorno seguente, il 19 maggio 1750 e venne sepolto nella Chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini a Roma.

La sua salma fu rimossa una prima volta in occasione della beatificazione (1806) da parte di papa Pio VII, per essere poi inumata nella cappella dedicata a San Francesco della medesima chiesa. Dal 1983, le sue spoglie sono state traslate nella chiesa di San Paolo ai Cappuccini di Viterbo.

Note
  1. Guido Pettinati, I Santi canonizzati del giorno, Edizioni Segno, Udine, Vol. V, 1991, p. 244-251.
Fonti
Voci correlate
Collegamenti esterni