Guglielmo da Occam
Guglielmo di Occam, O.F.M. Religioso | |
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Età alla morte | 61 anni |
Nascita | Ockham (Surrey) 1288 |
Morte | Monaco di Baviera 1349 |
Guglielmo di Occam o Ockham (Ockham (Surrey), 1288; † Monaco di Baviera, 1349) è stato un religioso, teologo, filosofo e francescano inglese.
Biografia
Detto il dottore invincibile e il venerabile iniziatore, entrò nell'ordine francescano in giovane età, studiò all'Università di Oxford fra il 1307 e il 1318, intraprendendo l'insegnamento, in seguito, nella medesima università.
Accusato di eresia, subì un processo da parte dell'Inquisizione ad Avignone nel 1324, a seguito del quale cinquantuno sue enunciazioni teologiche vennero condannate dal pontefice Giovanni XXII. Fu successivamente assolto da Papa Clemente VI l'8 giugno 1349. Ad Avignone, dove soggiornò per quattro anni, conobbe Michele da Cesena, il ministro generale dell'ordine francescano, che condivideva con lui l'idea che le comunità cristiane potessero avere in uso dei beni ma giammai possederli, secondo la dottrina della povertà evangelica, contrariamente a quanto sosteneva il papato.
Nel maggio 1328 Guglielmo e i suoi confratelli, timorosi di entrare in conflitto col papa, si ritirarono a Pisa, dove entrò al seguito dell'imperatore Ludovico il Bavaro con cui si era schierato nella controversia tra l'Impero ed il Papato.
Lì arrivò la scomunica da parte del papa, dopo la quale Guglielmo decise di seguire l'imperatore andando con lui a Monaco di Baviera, seguito anche da Michele da Cesena, con il quale continuò la polemica contro la Chiesa. Morto l'imperatore e il generale francescano, Guglielmo cercò di riavvicinare le sue posizioni a quelle della Chiesa, ma morì nel 1349 prima che questo riavvicinamento si compisse[1].
Il pensiero
Guglielmo, nella disputa tra papa, imperatore e i nuovi poteri delle monarchie nazionali e delle città, che si ponevano spesso allo stesso livello dei poteri "universalistici" di papa e imperatore, si oppose sia alle tesi ierocratiche di Bonifacio VIII, sia a quelle della laicità dello Stato di Marsilio da Padova. Secondo lui autorità religiosa e civile dovevano essere nettamente separate perché finalizzate a scopi diversi, così come diversi erano i campi della fede e della ragione.
Etica e teologia
Centro del pensiero di Ockham è il volontarismo, la concezione secondo cui Dio non avrebbe creato il mondo per "intelletto e volontà" (come direbbe Tommaso d'Aquino), ma per sola volontà, e dunque in modo arbitrario, senza né regole né leggi, che ne limiterebbero, secondo Ockham, la libertà d'azione.
Ne consegue che anche l'essere umano è del tutto libero, e solo questa libertà può fondare la moralità dell'uomo, i cui meriti o demeriti non possono in alcun modo influenzare la libertà di Dio: essa soltanto determina, in modo del tutto inconoscibile, il destino del singolo essere umano. Questa posizione di Ockham, che riprende e porta alle estreme conseguenze la concezione volontaristica già propria di Duns Scoto, anticipa per alcuni aspetti la riforma protestante di Lutero, il quale si definirà, appunto, occamista; conseguenza del pensiero di Ockham, infatti, è la negazione del ruolo di mediazione fra Dio e l'uomo che la Chiesa si è attribuita.
Il Papa infatti è fallibile, secondo Guglielmo, e non può attribuirsi alcun potere, né temporale (l'Impero, del resto, esiste da tempo più remoto, rispetto alla Chiesa, e non discende dal Papa ma direttamente da Dio), né spirituale, giacché la sola possibilità per l'uomo di salvarsi deriva dalla grazia divina. Nel Dialogus sostenne come l'imperatore era superiore alle leggi, ma sottoposto al proprio popolo, che era autorizzato a disubbidirgli nel caso in cui egli non rispettasse il principio dell'"equità naturale". La delega che il popolo dava all'imperatore nell'esercitare il potere era quindi vincolata al suo buon operato e non assoluta.
Con Marsilio da Padova queste tesi furono tra i fondamenti del potere statale inteso in senso moderno.
Il rasoio di Ockham e la logica
Ockham applica il tradizionale principio medievale di semplicità della natura per eliminare tutto ciò che contrasta col suo fondamentale assunto: il volontarismo: vanno quindi superati, perché superflui e astratti, concetti come "essenza", "legge naturale", ecc. Per il volontarismo, infatti, non esiste la legge naturale, né alcun altro principio. Si tratta quindi dell'applicazione del principio economico dell'eliminazione dei concetti superflui per spiegare una realtà intesa volontaristicamente: è mediante questo procedimento, sinteticamente definito il Rasoio di Ockham, che l'intelletto umano può e deve liberarsi di tutte quelle astrazioni che erano state ideate dalla scolastica medievale.
Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora, ma anche entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem, sono le massime che costituiscono l'espressione lapidaria del cosiddetto Rasoio di Ockham che riassume, semplificando il concetto al massimo, il principio del valore della spiegazione più semplice, che infine si riduce al primato dell'individuo, come unica realtà su cui poggia tutto il sistema della conoscenza.
Coerente con queste conclusioni è anche la sua posizione nella disputa sugli universali, all'interno della quale è considerato il più importante esponente piuttosto del terminismo che del concettualismo e del nominalismo, dottrina contrapposta al tomismo e allo scotismo.
Applicando la dottrina della suppositio, secondo cui i termini hanno l'unico scopo di indicare qualcosa di reale, ma esterno e differente da loro (essi cioè sono segni del tutto convenzionali, che stanno in luogo delle cose[2]), Ockham conclude che l'universale altro non è che un termine, e quindi la sua unica realtà è nella condivisione universale nell'uso di quel certo termine anziché altri (ovvero post-rem).
I termini possono essere quindi categorematici, cioè esprimere predicati come uomo, animale, ecc., o sincategorematici, cioè utili per svolgere connessioni (es.: ogni, ciascuno, ecc.); oppure assoluti, o connotativi; essi in ogni caso sono intentiones, cioè atti intenzionali della coscienza con cui essa adopera un segno per indicare una determinata cosa di cui è accertata l'esistenza. Ne consegue la falsità di tutti quei termini che stanno a indicare cose inesistenti; la logica terministica di Ockham assume quindi il ruolo, in quanto logica formale, di assicurare la validità delle proposizioni, ma solo la conoscenza empirica potrà poi verificare le stesse alla prova dei fatti e assicurare il collegamento fra i nomi e la realtà cui essi fanno segni.
All'applicazione rigorosa della logica terministica e dell'empirismo consegue la critica di Ockham ai concetti di causa e sostanza, elementi basilari della metafisica tradizionale. Anche in questo caso si tratta di termini apparentemente universali, che però stanno in luogo di realtà inesistenti: empiricamente infatti l'ente consiste di molteplici qualità, ma non è nulla di diverso dalle qualità stesse; non esiste un sostrato, una sostanza, al di fuori di ciò che di quell'ente si può predicare. Ugualmente, seppure empiricamente ci sembra che una certa successione di fatti ci permetta di concludere l'esistenza di una causa distinta dai suoi effetti, in realtà non c'è alcuna certezza che questa causa sia unica e universale.
La gnoseologia
Nella sua teoria della conoscenza Ockham sostiene, ispirandosi a Giovanni Duns Scoto, che si possa parlare di due forme di conoscenza: intuitiva ed astrattiva.
La prima può essere:
- perfetta: perché si rifà all'esperienza, la quale ha sempre per oggetto una realtà attuale e presente;
- imperfetta: perché si può rifare ad una realtà del passato; la conoscenza intuitiva imperfetta deriva comunque da una esperienza;
- sensibile: perché si rifà all'esperienza sensibile;
- intellettuale: perché l'intelletto per formarsi un'opinione sugli oggetti della conoscenza sensibile ha anche bisogno dell'intuizione.
La seconda non vuole definire l'esistenza o meno di una cosa, poiché essa si limita a dirci come una cosa sia. Inoltre questo tipo di conoscenza deriva dalla conoscenza intuitiva, visto che è impossibile avere una conoscenza astratta di qualcosa se prima non se ne abbia avuta l'intuizione.
La realtà, pertanto, secondo Ockham, viene conosciuta empiricamente, attraverso la conoscenza intuitiva immediata, mentre gli universali vengono conosciuti attraverso la conoscenza astratta ovvero attraverso la rappresentazione che di essi fa la mente, ma non hanno esistenza reale. Per la sua scarsa fiducia nella ragione umana, e per l'esaltazione della conoscenza sensibile, egli si presenta come principale esponente della crisi del pensiero scolastico medievale, caratterizzato, invece, da una grande fiducia nella capacità dell'uomo di comprendere la realtà mediante l'uso della facoltà razionale[3]
Opere
Filosofia
- Summa logicae (prima del 1327).
- Quaestiones in octo libros physicorum, (prima del 1327).
- Summulae in octo libros physicorum, (prima del 1327).
- Quodlibeta septem (prima del 1327).
- Expositio aurea super totam artem veterem: quaestiones in quattuor libros sententiarum.
- Major summa logices.
- Quaestiones in quattuor libros sententiarum.
- Centilogium theologicum.
Religione
- Questiones earumque decisiones.
- Quodlibeta septem.
- Centiloquium.
- De sacramento altaris e De corpore christi.
- Tractatus de sacramento allans.
Politica
- Opus nonaginta dierum (1330-1332).
- Dialogus XXII.
- Epístola defensoria.
- Decisiones octo quæstionum (dal 1339).
- Dialogus in tres partes diatinctus (1342-43).
- De jurisdictione imperatoris in causis matrimonialibus.
- De dogmatibus papae Johannis XXII.
- Compendium errorum papae Johannis XXII.
- Breviloquium de potestate papae.
- De imperatorum et pontificum potestate.
- Tractatus contra Benedictum XII
- De electione Caroli IV (ultima opera).
Note | |
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