San Giuseppe da Leonessa
San Giuseppe da Leonessa Desideri, O.F.M. Cap. Presbitero | |
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al secolo Eufranio | |
Santo | |
Età alla morte | 56 anni |
Nascita | Leonessa 8 gennaio 1556 |
Morte | Amatrice 4 febbraio 1612 |
Vestizione | Assisi, 3 gennaio 1572 |
Professione religiosa | Assisi, 8 gennaio 1573 |
Ordinazione presbiterale | Amelia, 24 settembre 1580 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 22 giugno 1737, da Clemente XII |
Canonizzazione | 29 giugno 1746, da Benedetto XIV |
Ricorrenza | 4 febbraio |
Santuario principale | Leonessa |
Attributi | Crocifisso |
Patrono di | Leonessa; Missioni in Turchia |
Collegamenti esterni | |
Sito ufficiale o di riferimento Scheda nel sito della diocesi o congregazione |
Nel Martirologio Romano, 4 febbraio, n. 12:
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San Giuseppe da Leonessa Desideri, al secolo Eufranio (Leonessa, 8 gennaio 1556; † Amatrice, 4 febbraio 1612) è stato un presbitero, religioso e predicatore italiano.
Biografia
Nacque a Leonessa, Rieti, l'8 gennaio 1556 da Giovanni Desideri e Serafina Paolini. Fu battezzato col nome di Eufranio. Rimasto orfano a 12 anni fu avviato da uno zio agli studi umanistici a Viterbo e poi a Spoleto, dove maturò la sua vocazione religiosa e si ritirò nel conventino delle "Carcerelle" di Assisi, retto dal novello ordine francescano dei cappuccini. Concluso l'anno di noviziato vi emise la sua professione religiosa l'8 gennaio 1573, prendendo il nome di Giuseppe. Contro il suo temperamento forte e volitivo a nulla valsero i tentativi dei parenti per riportarlo a casa. Avviato agli studi manifestò una viva attenzione per la cultura, in funzione di un apostolato serio e illuminato. Amò la dottrina di san Bonaventura, seguendo l'indirizzo cappuccino allora prevalente che vedeva in essa una armoniosa sintesi tra spiritualità contemplativa e apostolato. Si preparò a questo compito con un serio studio della teologia, della Sacra Scrittura e della morale, attento alle esigenze dell'appena concluso Concilio di Trento. Fu ordinato presbitero ad Amelia il 24 settembre 1580 e continuò la sua preparazione nel convento di Lugnano in Teverina.
Pur sentendosi fortemente attratto dalla vita contemplativa, superò il dilemma azione-contemplazione come san Francesco. A tale proposito così si espresse:
« | Colui che ama la vita di contemplazione, ha un grave dovere di uscire nel mondo a predicare, soprattutto quando le idee del mondo sono molto confuse e sulla terra abbonda l'iniquità. Sarebbe iniquo tenere, contro la carità, ciò che solo per carità è stato istituito e donato. » |
Ricevette la patente di predicazione dal vicario generale dell'Ordine il 21 maggio 1581 e padre Giuseppe si dedicò immediatamente ad evangelizzare le povere popolazioni dei villaggi di campagna disseminati sui monti dell'Umbria, Lazio e Abruzzo.
Nel 1587 fu inviato missionario a Costantinopoli per assistere spiritualmente gli schiavi cristiani e gli appestati. Il suo zelo riuscì ad attrarre al cattolicesimo anche un vescovo greco. Parlò anche con lo stesso sultano Murad III per intercedere a favore dei suoi assistiti; ma qui, in odio alla fede, venne catturato e condannato al tormento del gancio.[1] Della sua liberazione poco si sa, del resto il frate cappuccino non raccontò molto della sua esperienza a Costantinopoli. Nel 1589, a 33 anni, ritornò in Italia dove riprese la sua prediletta predicazione itinerante, attraverso l'Abruzzo e l'Umbria, per monti e valli. I compagni che lo seguivano erano messi a dura prova e difficilmente resistevano a quelle continue marce forzate, anche nelle più avverse condizioni climatiche e con assoluta insufficienza di cibo. Giuseppe predicava più volte al giorno e in diversi villaggi e insegnava catechismo ai poveri contadini e ai bambini.
La sua carità si estendeva anche alle carceri, dove assisteva i condannati a morte e cercava sempre, anche a rischio della vita, di portare pace tra famiglie rivali e di eliminare ingiustizie, oppressioni e discordie. Col Crocifisso in mano, impugnato come una spada, non esitava a entrare nella mischia per convincere alla pace e al perdono. Padre Giuseppe attingeva questo ardore dal Tabernacolo, davanti al quale passava molte ore in orazione e dal Crocifisso che portava di continuo sul petto. Amava piantare grosse e pesanti croci sulle cime dei monti, trasportandole a spalle processionalmente. Così parlava della croce:
« | O croce santissima, trasformaci tutti in te. Le radici profondino nei piedi, i rami nelle braccia, la sommità nel capo. E acciocché noi siam tutti croce, inchioda i piedi che stiano fermi in Te, lega le mani che altro non operino che Te, aprici il lato e feriscici il petto e toccaci il cuore dell'amore tuo. Fa che noi abbiamo sete di Te, come in Te ebbe sete Cristo di noi. » |
Dopo una brevissima permanenza a Leonessa, sfinito dalle fatiche, logorato dalla penitenza e tormentato da un male inguaribile, trascorse gli ultimi giorni nel convento di Amatrice dove a 56 anni incontrò la morte il 4 febbraio 1612, giorno di sabato.
Culto
Le sue spoglie riposano e sono venerate nel santuario a lui dedicato a Leonessa.
Il processo informativo iniziato a Spoleto fu interrotto nel 1615 e ripreso nel 1628. Altri processi informativi vennero promossi ad Ascoli e a Rieti. Il processo apostolico ebbe luogo a Leonessa tra il 1629 e il 1633 e poi ancora tra il 1639 e il 1641. La ricognizione di tutti i processi apostolici avvenne nel 1670. Vennero esaminati anche i numerosi manoscritti, piccoli codici di sottilissima scrittura, quasi tutti attinenti alla predicazione. Fu beatificato da papa Clemente XII il 22 giugno 1737 e canonizzato il 29 giugno 1746 da papa Benedetto XIV.
In previsione del VI centenario della morte, il 2 dicembre 2011 si è conclusa la ricognizione canonica del corpo del santo di Leonessa, iniziata il 21 settembre 2011. Il vescovo emerito di Perugia e Città della Pieve, mons. Giuseppe Chiaretti, ha tratto alcuni caratteri salienti della personalità del Santo dalla ricognizione delle spoglie del Santo.[2]
Note | |
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Fonti | |
Bibbliografia | |
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