Basilica di San Pietro in Vaticano
Basilica di San Pietro in Vaticano | |
Basilica di San Pietro in Vaticano (1506 - 1626) | |
Stato | Città del Vaticano |
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Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Santa Sede |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | San Pietro apostolo |
Fondatore | papa Giulio II |
Data fondazione | 18 aprile 1506 |
Architetti |
Donato Bramante (progetto e direzione dei lavori fino al 1514) Raffaello Sanzio (ridefinizione del progetto e direzione dei lavori fino al 1520) Antonio da Sangallo il Giovane (ridefinizione del progetto e direzione dei lavori fino al 1546) Michelangelo Buonarroti (ridefinizione del progetto e direzione dei lavori fino al 1564) Carlo Maderno (ridefinizione del progetto e direzione dei lavori, 1602 - 1626) |
Stile architettonico | Rinascimento e barocco |
Inizio della costruzione | 1506 |
Completamento | 1626 |
Data di consacrazione | 1626 |
Strutture preesistenti | Antica Basilica di San Pietro in Vaticano |
Pianta | basilicale a tre navate |
Altezza Massima | 136 m |
Larghezza Massima | 26 m |
Profondità Massima | 218 m |
Note | è la più grande chiesa del mondo |
Coordinate geografiche | |
Italia |
La Basilica di San Pietro in Vaticano è una chiesa della Città del Vaticano, entro il territorio di Roma; è la maggiore delle basiliche papali[1] è la più grande chiesa del mondo[2] e centro del cattolicesimo. Non è tuttavia la chiesa cattedrale della diocesi di Roma poiché tale titolo spetta alla Basilica di San Giovanni in Laterano.
Nella basilica si svolgono:
- principali celebrazioni liturgiche del culto cattolico, presiedute dal Papa;
- proclamazione dei nuovi pontefici;
- esequie dei papi defunti;
- celebrazione di apertura e chiusura dei giubilei.
Inoltre, essa ha ospitato le sedute di:
- Concilio Vaticano I, durante il pontificato di Pio IX;
- Concilio Vaticano II, durante il pontificato di Giovanni XXIII e di Paolo VI.
Storia
La costruzione della basilica
Per approfondire, vedi la voce Antica Basilica di San Pietro in Vaticano |
La costruzione dell'attuale basilica di San Pietro fu iniziata il 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di Urbano VIII, mentre la sistemazione della piazza antistante si concluse solo nel 1667.
Si tratta tuttavia di una ricostruzione, dato che nello stesso sito, prima dell'odierna basilica, ne sorgeva un'altra risalente al IV secolo, fatta costruire dall'imperatore romano Costantino I nel luogo in cui si apriva il circo di Nerone e dove la tradizione, suffragata dai riscontri archeologici fatti durante il pontificato di Pio XII, asseriva che san Pietro, uno degli apostoli di Gesù, era stato sepolto dopo la sua crocifissione. Essa custodiva come una immensa teca la Tomba di San Pietro, posta al di sotto delle attuali Grotte Vaticane, al livello della Necropoli vaticana. Oggi possiamo solo immaginare l'imponenza di questo edificio, immortalata solo in alcune raffigurazioni artistiche: l'impianto, arricchito nel corso dei secoli con preziose opere d'arte, era suddiviso in cinque navate e presentava analogie con quello della Basilica di San Paolo fuori le Mura, aveva 120 altari di cui 27 dedicati alla Madonna.[3]
Il coro del Rossellino
Sotto papa Niccolò V (1447-1455), la basilica costantiniana, sopravvissuta ai saccheggi e agli incendi subiti dalla città dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, fu interessata da un progetto, affidato a Bernardo Rossellino, di sostanziale ristrutturazione che prevedeva il mantenimento del corpo longitudinale a cinque navate coprendolo con volte a crociera sui pilastri che dovevano inglobare le vecchie colonne, mentre veniva rinnovata la parte absidale con l'ampliamento del transetto, l'aggiunta di un coro, che fosse la prosecuzione logica della navata e di un vano coperto a cupola all'incrocio tra transetto e coro. Questa configurazione forse influì in qualche modo sul successivo progetto di Bramante per un rinnovamento totale dell'edificio, che infatti conservò quanto già costruito.[4]
I lavori iniziarono intorno al 1450, ma con la morte del papa non ebbero ulteriore sviluppo, e furono sostanzialmente fermi durante i pontificati di Callisto III (1455-1458), Pio II (1458-1464), Paolo II (1464-1471), Sisto IV (1471-1484), Innocenzo VIII (1484-1492), Alessandro VI e Pio III, (1503-1503). Una parziale ripresa dei lavori si ebbe tra il 1470 ed il 1471 sotto la direzione di Giuliano da Sangallo, che preparò un progetto di ristrutturazione complessiva per Paolo II, ma senza ulteriore seguito.[5] Nel 1505 le fondazioni del coro absidale erano alzate fino ad una altezza di 1,75 m circa.
I progetti di Bramante
Il cantiere fu riaperto da papa Giulio II che intendeva proseguire i lavori intrapresi da Niccolò V. Tuttavia nel 1505, forse dietro consiglio di Michelangelo, al probabile fine di dare un grandioso contorno al mastodontico mausoleo che aveva concepito per la propria sepoltura, e comunque all'interno di un clima culturale pianamente rinascimentale che aveva coinvolto la Chiesa, Giulio II decise la costruzione di una nuova colossale basilica.
Il pontefice consultò i maggiori artisti del tempo, tra cui fra' Giovanni Giocondo che inviò da Venezia un progetto a cinque cupole ispirato alla Basilica di San Marco. I lavori furono affidati a Donato Bramante, da qualche anno giunto a Roma da Milano, che superò il confronto con l'architetto di fiducia del pontefice, Giuliano da Sangallo, affermandosi come il più importante architetto dell'epoca.
Il dibattito, non privo di polemiche e rivalità che si svolse nel corso del 1505, si imperniava sull'idea di costruire un edifico a perfetta pianta centrale, condivisa dagli architetti e dagli intellettuali della Curia, tra cui il neoplatonico Egidio da Viterbo.
Bramante giunse a propose un rivoluzionario impianto a croce greca, caratterizzato da una grande cupola emisferica posta al centro del complesso. La ricerca del perfetto equilibrio tra le parti, portò lo stesso Bramante ad omettere persino l'indicazione dell'altare maggiore, segno evidente che gli ideali del Rinascimento erano maturati anche all'interno della Chiesa.
Il progetto ci è giunto attraverso un disegno ritenuto autografo detto "piano pergamena" e rappresenta un momento cruciale nell'evoluzione dell'architettura rinascimentale, ponendosi come conclusione di varie esperienze progettuali ed intellettuali e confluenza di molteplici riferimenti. La grande cupola era ispirata a quella del Pantheon e doveva essere realizzata in conglomerato cementizio, ed in generale tutto il progetto riferimento all'architettura romana antica nella caratteristica di avere le pareti murarie come masse plastiche capaci di articolare lo spazio in senso dinamico. I richiami all'architettura romana erano presenti anche nelle grandi volte a botte dei bracci della croce.
La costruzione della nuova basilica avrebbe inoltre rappresentato la più grandiosa applicazione degli studi teorici intrapresi da Francesco di Giorgio Martini, Filarete e soprattutto Leonardo da Vinci per chiese a pianta centrale, studi chiaramente ispirati alla tribuna ottagonale della cattedrale di Firenze.[6] Altri riferimenti vengono dall'architettura rinascimentale fiorentina, ed in particolare con Giuliano da Sangallo che aveva utilizzato la pianta a croce greca ed aveva già proposto un progetto a pianta centrale per la basilica di San Pietro.[7] Tuttavia non tutti i disegni di Bramante indicano una soluzione di pianta centrale perfetta, segno forse che la configurazione finale della chiesa era ancora questione aperta.
Il cantiere dal 1505 al 1514
Nei lavori in cantiere, fu mantenuto quanto costruito dal Rossellino per il coro absidale, portato a termine completandolo con lesene doriche, in contrasto con il progetto del "piano pergamena" a cui quindi nel 1506 Donato Bramante e papa Giulio II avevano in qualche modo rinunciato.
La sola certezza sulle ultime intenzioni di Bramante e Giulio II è la realizzazione dei quattro possenti pilastri uniti da quattro grandi arconi destinati a sorreggere la grande cupola, fin dall'inizio, dunque, elemento fondante della nuova basilica.[8]
Per poter eseguire tali lavori Bramante fece demolire quasi tutta la parte presbiteriale dell'antica basilica, suscitando polemiche permanenti fuori e dentro la Chiesa[9], a cui prese parte persino Erasmo da Rotterdam. Per questo, Bramante fu soprannominato "maestro ruinante" e fu dileggiato nel dialogo satirico Simia ("Scimmia") di Andrea Guarna, pubblicato a Milano nel 1517, che racconta come l'architetto, presentandosi da morto davanti a san Pietro, venga da questi rampognato per la demolizione, rispondendo con la proposta di ricostruire l'intero Paradiso.[10]
La forte polemica per il gigantismo del progetto, per la distruzione delle più antiche testimonianze della chiesa e per lo scandalo delle indulgenze che fin dal 1507 Giulio II aveva accordato a coloro che avrebbero offerto elemosine per la costruzione della basilica, continuò anche dopo la morte del papa ed ebbe un ruolo nella nascita della Riforma protestante di Lutero, che vide i lavori in corso alla fine del 1510.
La morte di papa Giulio II (1513), alla quale fece seguito quella dell'architetto (1514), causò forti rallentamenti al cantiere.
Il cantiere dal 1514 al 1546
Dal 1514, quale successore di Bramante fu chiamato Raffaello Sanzio con Giuliano da Sangallo e Frà Giocondo. Dopo la morte di Raffaello, dal 1520 subentrò Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi. Tutti gli architetti sopra riportati approntarono progetti per completare la basilica; si creò pertanto un largo dibattito che di fatto rallentò il cantiere. La maggior parte delle soluzioni proposte per il completamento dell'edificio, compreso quella di Raffaello prevedevano il ritorno ad un impianto di tipo basilicale, con un corpo longitudinale a tre navate, mentre solo il progetto di Peruzzi rimaneva sostanzialmente fedele alla soluzione a pianta centrale. Il Sacco di Roma (1527) fermò il concretizzarsi di questi progetti.
Successivamente, sotto papa Paolo III, i lavori furono ripresi da Antonio da Sangallo il Giovane, il quale irrobustì i pilastri della cupola e, intuendo di non vedere la fine dei lavori, approntò un grandioso modello ligneo (oggi conservato nelle cosiddette sale ottagonali che si aprono tra le volte ed il sottotetto della basilica) sul quale lavorò dal 1539 al 1546 avvalendosi dell'aiuto di Antonio Labacco, per illustrare nei minimi dettagli il suo disegno, che si poneva come una sintesi dei precedenti. All'impianto centrale caldeggiato dal Peruzzi si innestava infatti un avancorpo affiancato da due altissime torri campanarie; anche la cupola si allontanava dall'ideale classico del Bramante, elevandosi con una volta a base ellittica con sesto rialzato mitigata da un doppio tamburo classicheggiante. Ancora sopravviveva la vecchia basilica costantiniana, ormai come un'appendice della nuova struttura, dalla quale fu separata nel 1545 da un muro divisorio, probabilmente per ripararla dal rumore e dalle polveri del cantiere.
Il progetto di Michelangelo
Dopo Sangallo, deceduto nel 1546, alla direzione dei lavori subentrò Michelangelo Buonarroti, all'epoca ormai settantenne.
La storia del progetto michelangiolesco è documentata da una serie di documenti di cantiere, lettere, disegni dello stesso Buonarroti e di altri artisti, affreschi e testimonianze dei contemporanei, come Giorgio Vasari. Malgrado ciò, le informazioni ricavabili spesso sono in contraddizione tra loro. Il motivo principale risiede nel fatto che Michelangelo non redasse mai un progetto definitivo per la basilica vaticana, preferendo procedere per parti.[11] Tuttavia, dopo la morte di Michelangelo, furono stampate diverse incisioni nel tentativo di restituire una visione complessiva del disegno concepito dall'artista toscano, tra cui quelle di Stefano Dupérac, che si imposero, da subito, come le più diffuse e accettate.[12]
Pertanto, Michelangelo tornò alla pianta centrale del progetto originario, così da sottolineare maggiormente l'impatto della cupola, ma annullando la perfetta simmetria studiata da Bramante con la previsione di un pronao. Questa scelta portò allo scarto dell'idea di Antonio da Sangallo e del suo costosissimo progetto che Michelangelo considerava troppo poco luminoso e stilisticamente scadente. Non mancarono le critiche, sostenute con forza dai sostenitori del modello di Sangallo, primo fra tutti Nanni di Baccio Bigio (a sua volta aspirante alla direzione dei lavori), secondo le quali Michelangelo avrebbe speso più in demolizioni che in costruzioni. Al fine di prevenire il rischio che dopo la sua morte qualcuno alterasse il suo disegno, Michelangelo avviò il cantiere in diversi punti della basilica (ad esclusione della facciata, dove sorgevano ancora i resti della basilica paleocristiana), così da obbligare i suoi successori a continuare la costruzione secondo la sua concezione.
Quindi, all'equilibrio rinascimentale egli contrappose la forza e la drammaticità che derivavano dal suo genio: innanzitutto, sul lato orientale disegnò una facciata porticata sormontata da un attico, dando quindi una direzione principale all'intero edificio; poi, dopo aver demolito parti già realizzate dai suoi predecessori (come il deambulatorio previsto dal Sangallo all'estremità delle absidi), rafforzò ancora le strutture portanti a sostegno della cupola, allontanandole dalle delicate proporzioni bramantesche. Alla pianta di Bramante, con una croce maggiore affiancata da quattro croci minori, Michelangelo sostituì una croce centrata su un ambulacro quadrato, semplificando quindi la concezione dello spazio interno. In questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la cupola, ispirata nella concezione della doppia calotta a quella progettata da Filippo Brunelleschi per la cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore.
Ciononostante, i sostenitori del progetto di Sangallo avanzarono ancora critiche sull'operato di Michelangelo, senza perdere occasione per mettere in cattiva luce il maestro. Nel 1551 un crollo dovuto ad un errore tecnico del capomastro di fiducia di Michelangelo non fece altro che gettare benzina sul fuoco (c'è chi pensa ad un complotto), ed i lavori subirono un'interruzione. Michelangelo presentò le sue dimissioni nel 1562, allorquando il suo rivale Nanni di Baccio divenne, invischiato com'era nelle speculazioni relative al cantiere, consulente della commissione.
Nel 1564, alla morte dell'artista, la cupola non era stata ancora terminata ed i lavori erano giunti all'altezza del tamburo: fu Giacomo Della Porta (1533 - 1602) ad eseguirne il completamento (1588 - 1590), conferendole un aspetto a sesto rialzato per ridurre le spinte laterali della calotta. All'epoca del Della Porta risalgono anche le cupole minori, prive di funzione strutturale, poste intorno a quella maggiore, la cui concezione fu presumibilmente opera di Jacopo Barozzi da Vignola e Pirro Ligorio. Secondo alcuni studiosi non sarebbe da escludere l'attribuzione allo stesso Ligorio dell'attico che corre alla sommità della basilica, che forse era stato pensato da Michelangelo solo come una semplice superficie liscia.[13]
Il completamento della basilica
Dopo il 1602, papa Clemente VIII affidò la direzione della fabbrica a Carlo Maderno, che fu incaricato di completare la basilica con l'aggiunta di un corpo longitudinale costituito da tre campate e da un portico in facciata. L'opera mutava radicalmente il progetto di Michelangelo e, seguendo le rigide direttive della Controriforma, faceva assumere alla basilica una pianta a croce latina, capace di ospitare un maggior numero di fedeli, ma trasformando la chiesa in uno "strumento di culto di massa"[14] e attenuando anche l'impatto della cupola sulla piazza antistante.
Le campate trasformarono il corpo longitudinale della chiesa in un organismo a tre navate, con profonde cappelle inserite lungo le mura perimetrali.
Le navate laterali furono coperte con cupole a pianta ovale, incassate nel corpo della basilica e caratterizzate all'esterno solo da piccole lanterne, che avrebbero dovuto essere celate, alla sommità del tetto, per mezzo di numerose cupole ornamentali a pianta ottagonale, non realizzate.
Non esente da critiche fu pure l'eccessiva larghezza della facciata in travertino, iniziata nel 1608 e che, pur riproponendo alcuni temi del disegno michelangiolesco, apparve da subito sproporzionata e piatta[15], malgrado il tentativo, tipicamente barocco, di rafforzarne la plasticità in corrispondenza dell'asse centrale mediante un uso graduale di pilastri, colonne e avancorpi aggettanti; due torri campanarie avrebbero dovuto sorgere ai lati della medesima facciata, ma, approvato il progetto di Gian Lorenzo Bernini, dopo l'inizio dei lavori si manifestarono preoccupanti problemi statici alle fondazioni che decretarono la sospensione dei lavori e l'abbattimento di quanto eseguito fino ad allora. Le colonne dell'unico campanile in parte realizzato vennero però reimpiegate per le facciate delle chiese di Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria in Montesanto di piazza del Popolo.
Nel tentativo di dare slancio al severo prospetto, Gian Lorenzo Bernini, autore della piazza antistante alla basilica, eseguì una serie di trasformazioni: limitò alla sola parte centrale la scalinata d'ingresso alla chiesa e, davanti ai due archi che avrebbero dovuto sostenere i suddetti campanili, scavò il terreno sottostante, portando il nuovo piano di calpestio quanto più possibile vicino al livello della piazza.
Frattanto, nel 1611 fu data per la prima volta la benedizione papale dalla nuova loggia, mentre nel 1615 la navata poteva dirsi compiuta; la basilica, completata con le grandi statue alla sommità della facciata, fu consacrata da papa Urbano VIII il 18 novembre 1626.
Piazza San Pietro
Per approfondire, vedi la voce Piazza San Pietro |
La sistemazione della piazza (1656-1667) è dovuta, come detto, al genio di Gian Lorenzo Bernini, che realizzò qui la sua opera d'architettura più celebre. Lo spazio fu quindi suddiviso in due parti: la prima, a forma di trapezio rovescio con il lato maggiore lungo la facciata, la quale, grazie al particolare effetto prospettico, assumeva un aspetto più slanciato; la seconda di forma ovale con l'imponente colonnato architravato. Nel progetto berniniano compariva uno spicchio centrale "il nobile interrompimento"[16] in prosecuzione del colonnato, che, se realizzato, avrebbe nascosto la piazza e la basilica rispetto alla veduta frontale. In questo modo, provenendo da Ponte Sant'Angelo, il visitatore, dopo aver percorso le vie anguste del rione del Borgo antistante la basilica, si sarebbe trovato all'improvviso in uno spazio vasto e solenne e avrebbe provato stupore e meraviglia. Le aspirazioni del Bernini non trovarono mai seguito, tanto è vero che, con l'apertura dell'attuale Via della Conciliazione (1936-1950) e lo sventramento del quartiere di Borgo, la facciata della basilica divenne una monumentale quinta al termine di un lungo rettilineo.
Gli architetti della basilica
- dal 1506 Bramante, con la collaborazione di Giuliano da Sangallo
- dal 1514 Raffaello, con la collaborazione di Giuliano da Sangallo e Frà Giocondo fino 1515 e di Antonio da Sangallo il Giovane dal 1516
- dal 1520 Antonio da Sangallo il Giovane, con collaboratore Baldassarre Peruzzi fino al 1527
- dal 1546 Michelangelo
- dal 1564 Pirro Ligorio e Jacopo Barozzi da Vignola
- dal 1573 Giacomo Della Porta con Domenico Fontana
- dal 1603 Carlo Maderno
- dal 1629 Gian Lorenzo Bernini
Descrizione
La basilica di San Pietro è uno dei più grandi edifici del mondo: lunga ben 218 metri e alta fino alla cupola oltre 130 metri, la superficie totale è di circa 23.000 metri quadrati.
L'edificio è interamente percorribile lungo il suo perimetro, malgrado sia collegato ai Palazzi Vaticani mediante un corridoio sopraelevato disposto lungo la navata destra e dalla Scala Regia a margine della facciata su Piazza San Pietro; due corridoi invece lo uniscono all'adiacente Sacrestia. Nonostante questo aspetto tradisca l'idea di una costruzione isolata al centro di una vasta piazza, come probabilmente l'aveva pensata Michelangelo Buonarroti, la presenza di passaggi sopraelevati, che non interferiscono con il perimetro della basilica, permette ugualmente di cogliere la complessa articolazione del tempio. L'esterno, in travertino, è caratterizzato dall'uso di un ordine gigante oltre il quale è impostato l'attico. Questa configurazione si deve sostanzialmente a Michelangelo Buonarroti e fu mantenuta anche nel corpo longitudinale aggiunto da Carlo Maderno.
Invece, lungo le navate, presso i 45 altari e nelle 11 cappelle che si aprono all'interno della basilica, sono ospitati diversi capolavori di inestimabile valore storico ed artistico, come diverse opere di Gian Lorenzo Bernini ed altre provenienti dalla chiesa paleocristiana, come la statua bronzea di San Pietro (n. 89), attribuita ad Arnolfo di Cambio.
La facciata
Larga circa 115 metri e alta quasi 46 metri, venne innalzata da Carlo Maderno fra il 1607 ed il 1614, ed è articolata mediante l'uso di colonne d'ordine gigante che inquadrano gli ingressi e la Loggia delle Benedizioni, il luogo dove viene annunziata ai fedeli l'elezione del nuovo papa; al di sotto si trova un altorilievo di Ambrogio Buonvicino, intitolato Consegna delle Chiavi, del 1614 circa. Nella trabeazione, al di sotto del frontone centrale, è impressa l'iscrizione
(LA) | (IT) | ||||
« | IN HONOREM PRINCIPIS APOST PAVLVS V BVRGHESIVS ROMANVS PONT MAX AN MDCXII PONT VII
» |
« | In onore del principe degli apostoli; Paolo V Borghese Pontefice Massimo Romano anno 1612 settimo anno del pontificato
» |
La facciata è preceduta da due statue raffiguranti san Pietro e san Paolo, scolpite rispettivamente da Giuseppe De Fabris e Adamo Tadolini nel 1847 per sostituire quelle precedenti, compiute da Paolo Taccone e Mino del Reame nel 1461. Sulla sommità sono disposte le statue, alte anche oltre 5,7 m, di Gesù, Giovanni Battista e di undici dei dodici apostoli (manca san Pietro). Ai lati della medesima sono collocati due orologi realizzati nel 1785 da Giuseppe Valadier; sotto l'orologio di sinistra si trova una grande campana di 7,50 m di circonferenza e oltre 9 tonnellate di peso. La facciata è stata restaurata in occasione del giubileo del 2000, e riportata ai colori originariamente voluti da Maderno.
Il portico
Varcato il cancello centrale, si accede ad un portico che si estende per tutta la larghezza della facciata e sul quale si aprono i cinque accessi alla basilica.
L'atrio è fiancheggiato da due statue equestri: Carlo Magno, a sinistra, di Agostino Cornacchini (1725, n. 2) e, sul lato opposto, Costantino, creata dal Bernini nel 1670 e che sottolinea l'ingresso ai Palazzi Vaticani attraverso la Scala Regia (n. 8). Alcuni stucchi arricchiscono tutta la volta sovrastante, ideati da Martino Ferrabosco ma realizzati da Ambrogio Buonvicino, a cui appartengono anche le trentadue statue di papi collocate ai lati delle lunette.
Sulla parete sopra l'accesso principale alla basilica è riportato un importante frammento del mosaico della Navicella degli Apostoli, eseguito da Giotto per la primitiva basilica e collocato nell'attuale sede solo nel 1674 (n. 1).
Le porte
Per entrare nella basilica, oltrepassata la facciata principale, vi sono cinque porte.
La porta all'estrema sinistra è stata realizzata da Giacomo Manzù nel 1964, ed è nota come Porta della Morte (n. 3): venne commissionata da Giovanni XXIII e prende questo nome poiché da questa porta escono i cortei funebri dei Pontefici.[17] È strutturata in quattro riquadri; nel principale vi è la raffigurazione della deposizione di Cristo e della assunzione al cielo di Maria. Nel secondo sono rappresentati i simboli della Eucarestia: pane e vino, richiamati simbolicamente da tralci di vite e da spighe tagliate. Nel terzo riquadro viene richiamato il tema della morte. Sono raffigurati l'uccisione di Abele, la morte di Giuseppe, il martirio di san Pietro, la morte dello stesso Giovanni XXIII che non visse abbastanza per vederla (in un angolo è richiamata l'enciclica "Pacem in Terris"), la morte in esilio di Gregorio VII e sei animali nell'atto della morte. Dal lato interno alla basilica vi è l'impronta della mano dello scultore e un momento del Concilio Vaticano II, quello in cui il cardinale Rugambwa, primo cardinale africano, rende omaggio al papa.
Segue la Porta del Bene e del Male (n. 4), opera di Luciano Minguzzi che vi ha lavorato dal 1970 al 1977.
La Porta Centrale, o Porta del Filarete (n. 5), fu ordinata da papa Eugenio IV ad Antonio Averulino detto appunto il Filarete e venne eseguita tra il 1439 e il 1445 per l'accesso alla basilica costantiniana. È realizzata in due battenti di bronzo e ogni battente è diviso in tre riquadri sovrapposti. Nei riquadri in alto sono rappresentati a sinistra Cristo in trono a destra Madonna in trono; nei riquadri centrali sono rappresentati san Pietro e san Paolo, il primo mentre consegna le chiavi a papa Eugenio IV, il secondo rappresentato con la spada e un vaso di fiori. I riquadri inferiori rappresentano il martirio dei due santi. A sinistra la decapitazione di san Paolo, a destra la crocifissione capovolta di san Pietro. I riquadri sono incorniciati da girali animati con profili di imperatori e nell'intercapedine fra questi vi sono fregi con episodi del pontificato di Eugenio IV. Dal lato interno vi è la insolita firma dell'artista. Questo ha rappresentato i suoi allievi al seguito di un mulo che lui stesso cavalca.
A destra rispetto alla precedente si trova la Porta dei Sacramenti (n. 6). È stata realizzata da Venanzo Crocetti ed inaugurata da papa Paolo VI il 12 settembre 1965. Sulla porta è rappresentato un angelo che annuncia i sette sacramenti[18].
La porta più a destra è la Porta Santa (n. 7) realizzata in bronzo da Vico Consorti nel 1950 e donata a papa Pio XII. Nelle sedici formelle che la costituiscono si può vedere lo stesso Pio XII e la bolla di Bonifacio VIII che indisse il primo Giubileo nel 1300. Al di sopra sono presenti alcune iscrizioni: PAVLVS V PONT MAX ANNO XIII, mentre quella appena sopra la porta recita GREGORIVS XIII PONT MAX. In mezzo a queste due scritte sono presenti alcune lastre che commemorano le recenti aperture.
IOANNES PAVLVS II P.M. |
IOANNES PAVLVS II P.M. |
PAVLVS VI PONT MAX |
Nel giubileo dell'anno 1983 - 1984 dall'umana redenzione, Giovanni Paolo II, Pontefice Massimo, aprì e chiuse la porta santa, chiusa e sigillata da papa Paolo VI nel 1976.
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Giovanni Paolo II, Pontefice Massimo, nuovamente aprì e chiuse la porta santa nell'anno del Grande Giubileo dall'incarnazione del Signore 2000 - 2001.
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Paolo VI, Pontefice Massimo, aprì e chiuse la porta santa di questa basilica patriarcale vaticana nell'anno del Giubileo del 1975.
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L'immenso spazio interno è articolato in tre navate per mezzo di robusti pilastri sui quali si aprono grandi archi a tutto sesto. La navata centrale, lunga 187 metri ed alta circa 45 metri, è coperta da una un'ampia volta a botte e culmina, dietro al colossale Baldacchino di San Pietro, nella monumentale Cattedra.
Particolarmente ricercato è il disegno del pavimento marmoreo, in cui sono presenti elementi provenienti dalla precedente basilica, come il disco in porfido rosso egiziano sul quale si inginocchiò Carlo Magno il giorno della sua incoronazione. Diecimila metri quadrati di mosaici rivestono poi le superfici interne e si devono all'opera di numerosi artisti che operarono soprattutto tra il Seicento e il Settecento, come Pietro da Cortona, Giovanni De Vecchi, Cavalier d'Arpino e Francesco Trevisani.
Fino all'intersezione col transetto, nelle nicchie ricavate nei pilastri posti sulla destra dell'ingresso, si trovano le statue di: Santa Teresa di Gesù (1754), Santa Maddalena Sofia Barat (1934), San Vincenzo de' Paoli (di Pietro Bracci, 1754), San Giovanni Eudes (1932), San Filippo Neri (1737), San Giovanni Battista de La Salle (1904), l'antica statua bronzea di San Pietro (Arnolfo di Cambio) e San Giovanni Bosco (1936). Sui pilastri di sinistra: San Pietro d'Alcántara (1713), Santa Lucia Filippini (1949), San Camillo de Lellis (1753), San Luigi Maria Grignion de Montfort (1948), Sant'Ignazio di Loyola (1733, di Camillo Rusconi), Sant'Antonio Maria Zaccaria (1909), San Francesco di Paola (1732) e San Pietro Fourier (1899).
Nella prima cappella a destra (n. 9) è collocata la celebre Pietà di Michelangelo, opera degli anni giovanili del maestro (1499) e che colpisce per l'armonia e il candore delle superfici; la scultura è protetta da una teca di cristallo a seguito dei danneggiamenti subiti nel 1972, quando un folle vi si avventò contro, colpendola in più punti con un martello.
Oltrepassati il monumento a Leone XII (1835-36) e il seicentesco monumento a Cristina di Svezia, rispettivamente di Giuseppe de Fabris e Carlo Fontana (n. 10, 11), segue quindi la Cappella di San Sebastiano (n. 13), ove è collocato il grande mosaico del Martirio di San Sebastiano, realizzato sulla base di un dipinto del Domenichino da Pier Paolo Cristofari; nella cappella, coperta da una volta decorata con mosaici di Pietro da Cortona, sono conservati anche i monumenti realizzati nel corso del Novecento per Pio XI e Pio XII (n. 12, 14).
Procedendo oltre, si trovano i monumenti a Innocenzo XII (di Filippo della Valle, 1746, n. 15) e a Matilde di Canossa (di Gian Lorenzo Bernini, 1633-37, n. 16), che precedono l'ingresso alla Cappella del Santissimo Sacramento (n. 17), schermata da una cancellata ideata da Francesco Borromini. La cappella fu progettata da Carlo Maderno per raccordare la basilica michelangiolesca con il corpo longitudinale seicentesco. All'esterno, la cappella, caratterizzata da un soffitto più basso rispetto al corpo della basilica, è chiusa da un alto attico, così da celare, ad una vista dal basso, la differenza di quota della copertura. Due monumenti, rispettivamente a Gregorio XIII (Camillo Rusconi, 1723, n. 18) e a Gregorio XIV (n. 19), chiudono la navata destra prima dell'ambulacro che corre intorno alla cupola.
La navata si apre con la Cappella del Battesimo (n. 71), progetta da Carlo Fontana e decorata con mosaici del Baciccio completati poi da Francesco Trevisani; il mosaico che troneggia dietro l'altare fu composto ad imitazione di un dipinto di Carlo Maratta, ora collocato nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri.
Subito oltre è situata la tomba di Maria Clementina Sobieski (Pietro Bracci, 1742, n. 70) e quindi il Monumento agli Stuart (Antonio Canova, 1829, n. 69). Nell'adiacente Cappella della Presentazione (n. 67) è conservato il corpo di Pio X, mentre lungo le pareti sono sistemati i monumenti a Giovanni XXIII e Benedetto XV, realizzati nel corso del XX secolo (rispettivamente n. 66 e 68).
Nello spazio delimitato dal pilastro della navata si trovano quindi il monumento a Pio X (1923, n. 65) e la tomba di Innocenzo VIII (n. 64), eseguita da Antonio Pollaiolo (XV secolo).
Un'altra cancellata del Borromini delimita la Cappella del Coro (n. 63), speculare proprio a quella del Santissimo Sacramento, di cui riprende anche la suddetta configurazione esterna. In corrispondenza dell'ultimo pilastro che precede l'ambulacro sono situati i monumenti a Leone XI (Alessandro Algardi, 1644, n. 61) e a papa Innocenzo XI (n. 60).
L'ambulacro
L'ambulacro, ovvero lo spazio che circonda i quattro pilastri che sorreggono la cupola, introduce verso il cuore della basilica così come l'aveva pensata Michelangelo Buonarroti.
Sul pilastro posto in corrispondenza con la navata destra si erge l'altare di San Girolamo (n. 20), con la tomba di papa Giovanni XXIII posta alla base di in un grande mosaico riproducente un dipinto del Domenichino.
La cappella compresa tra quella del Santissimo Sacramento e il transetto è quella Gregoriana (n. 21). Essa è chiusa da una cupola incastonata all'interno della cortina muraria della basilica, ma all'esterno è sormontata da una delle due cupole ornamentali che circondano quella maggiore. Qui è situata la tomba di Gregrorio XVI (Luigi Amici, 1848-57, n. 22). La parete nord è delimitata dall'altare della Madonna del Soccorso (n. 23), accanto al quale si trovano la tomba di Benedetto XIV (n. 25) e l'altare di San Basilio (n. 24), impreziosito da un mosaico settecentesco.
Oltrepassando il transetto si trova il monumento a Clemente XIII (Antonio Canova (1787-92, n. 31), di fronte al quale è posto l'altare della Navicella (n. 32). Seguono gli altari di San Michele Arcangelo (n. 33), Santa Petronilla (n. 34) e San Pietro che risuscita Tabita (n. 36); la parete ovest ospita il monumento a Clemente X, opera tardoseicentesca di Mattia de' Rossi (n. 35).
Il lato sud dell'ambulacro è caratterizzato da una riproduzione in mosaico della celebre Trasfigurazione di Raffaello Sanzio, collocata sul pilastro posto a chiusura della navata sinistra (n. 59). L'adiacente cappella, analoga alla Gregoriana, è detta Clementina (n. 58), e qui riposano i resti di Gregorio Magno (n. 56) e Pio VII (n. 57, di Bertel Thorvaldsen, 1831, unico artista non cattolico ad aver lavorato per la basilica). L'altare della Bugia (n. 55), ornato ancora con un mosaico settecentesco, si trova dinnanzi al monumento a Pio VIII (Pietro Tenerani, 1866, n. 67); da qui, un corridoio conduce alla grande Sacrestia della basilica vaticana, posta all'esterno della chiesa stessa.
Invece, oltrepassato il transetto meridionale, si osserva il Monumento funebre di papa Alessandro VII, notevole opera di Gian Lorenzo Bernini (n. 47), in cui il papa è mostrato assorto in preghiera, con la morte, raffigurata da uno scheletro che sorregge una clessidra, che precede una porta, il simbolico passaggio verso all'aldilà.
Seguono l'altare del Sacro Cuore di Gesù (n. 48, con il suo mosaico risalente solo agli anni trenta del XX secolo) e quindi la Cappella della Vergine della Colonna (n. 44), ove si trovano l'omonimo altare e quello dedicato a san Leone Magno (n. 45), con una grandiosa pala d'altare marmorea di Alessandro Algardi (1645-53) L'ambulacro si chiude con il settecentesco altare di San Pietro che guarisce un paralitico (n. 43) e il monumento a papa Alessandro VIII (n. 42).
Il transetto
Il transetto settentrionale, verso i Palazzi Vaticani, fu costruito su progetto di Michelangelo Buonarroti, che eliminò il deambulatorio previsto dai suoi predecessori, murando gli accessi al corridoio esterno, non realizzato, e ricavandovi alcune nicchie sormontate da ampi finestroni rettangolari. Le nicchie ospitano tre altari, dedicati a san Venceslao (n. 27), sant'Erasmo (n. 29) e, al centro, ai santi Processo e Martiniano (n. 28).
Il transetto meridionale, analogo al precedente, è caratterizzato da altrettanti altari, intitolati a san Giuseppe (al centro, n. 51), alla crocefissione di Pietro (n. 52) e a san Tommaso (n. 50).
Lungo il transetto, nelle nicchie ricavate nei pilastri, sono collocate statue di santi; nel transetto destro: San Bonfiglio Monaldi (1906), San Giuseppe Calasanzio (1755), San Paolo della Croce (1876) e San Bruno (1744); nel transetto sinistro: San Guglielmo da Vercelli (1878), San Norberto (1767), Sant'Angela Merici (1866) e Santa Giuliana Falconieri (1740).
La cupola
Con i suoi 136 metri di altezza, i suoi 42 metri di diametro (di poco inferiore però a quello del Pantheon) e i suoi 537 scalini è l'emblema della stessa basilica e uno dei simboli dell'intera città di Roma.
Poggia su un alto tamburo (costruito sotto la direzione di Michelangelo), definito all'esterno da una teoria di colonne binate e aperto da sedici finestroni rettangolari, separati da altrettanti costoloni. Quattro immensi pilastri, di 71 metri di perimetro, sorreggono l'intera struttura, il cui peso è stimato in 14.000 tonnellate.
Come detto, la cupola fu costruita in soli due anni da Giacomo Della Porta, seguendo i disegni di Michelangelo, il quale però forse aveva previsto una cupola perfettamente sferica, almeno secondo quanto attestato dalle incisioni di Stefano Dupérac pubblicate poco dopo la morte dell'artista. Neanche il modello ligneo della cupola, conservato all'interno della basilica, aiuta a rivelare le vere intenzioni di Michelangelo. Il modello fu realizzato tra il 1558 ed 1561, quando i lavori del tamburo erano già stati cominciati, ma fu successivamente modificato e presenta alcune sostanziali differenze nella concezione della calotta e degli altri dettagli ornamentali. Del resto, Michelangelo si era riservato per sé il diritto di apportare modifiche alla struttura dell'intera basilica, per la quale non è giunto sino a noi nessun progetto definitivo, quindi la presenza di un modello non era da considerarsi strettamente vincolante ai fini della realizzazione dell'opera.[19] Lo dimostrano, ad esempio, i timpani dei sedici finestroni che segnano il perimetro del tamburo: nel modello sono tutti di forma triangolare, mentre nella cupola vera e propria presentano forme curve e triangolari alternate.
In ogni caso, l'attuale configurazione della cupola si deve a Della Porta, che per prevenire dissesti strutturali, la realizzò a sesto rialzato, circa 7 metri in più rispetto a quella michelangiolesca, e cinse la base con catene di ferro. Ciò nonostante, nel corso dei secoli, a causa del manifestarsi di pericolose lesioni, soprattutto nel tamburo, si resero necessari altri interventi di consolidamento, ad opera dell'ingegnere Poleni, con l'inserimento nella struttura del tamburo di altre 5 catene.
Dal punto di vista strutturale è costituita da due calotte sovrapposte, secondo quanto già realizzato a Firenze dal Brunelleschi: la calotta interna, più spessa, è quella portante, mentre quella esterna, rivestita in lastre di piombo ed esposta agli agenti atmosferici, è di protezione alla prima. Ottocento uomini lavorarono al completamento della cupola che, nel 1593, fu chiusa con la svettante lanterna dotata di colonne binate.
Secondo l'incisione di Dupérac, altre quattro cupole minori, puramente ornamentali, avrebbero dovuto sorgere attorno alla maggiore per esaltarne la centralità, tuttavia furono portate a termine solo quelle sovrastanti le cappelle Gregoriana e Clementina.
La decorazione interna fu realizzata secondo la tecnica del mosaico, come la maggior parte delle raffigurazioni presenti in basilica: eseguita dai citati Cavalier d'Arpino e Giovanni De Vecchi per volontà di papa Clemente VIII, presenta scene col Cristo, gli apostoli ed busti di papi e santi. La scalinata che permette di salire in cima alla cupola ha un particolare disegno a listoni a sbalzo ed è realizzata in cotto ferentinate.
L'altare papale
Lo spazio sottostante la cupola è segnato dal monumentale Baldacchino di San Pietro (n. 82), ideato dal genio di Gian Lorenzo Bernini e innalzato tra il 1624 ed il 1633. Realizzato col bronzo prelevato dal Pantheon, è alto quasi 30 metri ed è sorretto da quattro colonne tortili ad imitazione del Tempio di Salomone e del ciborio della vecchia basilica costantiniana, le cui colonne erano state recuperate ed inserite come ornamento nei pilastri della cupola michelangiolesca. Al centro, all'ombra del Baldacchino, avvolto dall'immenso spazio della cupola, sorge l'altare papale - consacrato da Clemente VIII il 26 giugno 1594 - collocato sulla verticale esatta del Sepolcro di San Pietro.
Lungo i quattro immensi pilastri che circondona l'invaso della cupola si trovano le sculture ordinate da Urbano VIII: sono San Longino (n. 88) di Gian Lorenzo Bernini (1639), Sant'Elena (n. 84) realizzata da Andrea Bolgi nel 1646, Santa Veronica (n. 80) del 1632 ed appartenente a Francesco Mochi, ed infine Sant'Andrea (n. 76) di François Duquesnoy (1640).
Il coro
La struttura del coro è analoga a quella del transetto ed è dominata, al centro della parete che chiude la basilica, la Cattedra di San Pietro (n. 39), un monumentale reliquiario opera di Gian Lorenzo Bernini e contenente la cattedra dell'epoca paleocristiana, sorretta dalle statue dei quattro Padri della Chiesa e illuminata dalla sfolgorante apparizione della colomba.
A sinistra della cattedra si trova il monumento a Paolo III, realizzato da Giacomo Della Porta (n. 40). Alla destra invece sorge il Sepolcro di Urbano VIII (n. 38), eseguito ancora dal Bernini, che vi lavorò a partire dal 1627: il complesso è dominato dalla statua del papa in atto di benedire, con ai lati del sarcofago le figure allegoriche della Carità e della Giustizia. Al centro uno scheletro scrive l'epitaffio.
Sui pilastri sono collocate le statue di San Domenico (1706), San Francesco Caracciolo (1834), San Francesco d'Assisi (1727) e Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1839).
Le Grotte Vaticane
Per approfondire, vedi le voci Grotte vaticane e Tomba di Pietro |
Nel sottosuolo della basilica si aprono le cosiddette Grotte Vaticane, luogo di sepoltura per molti pontefici. In pratica si tratta di una chiesa sotterranea a tre navate, posta proprio nelle fondazioni del Baldacchino di San Pietro e ricavata nel dislivello tra la nuova e la vecchia basilica.
Intorno al 1940 furono intrapresi alcuni scavi che dapprima riportarono alla luce il pavimento dell'antica basilica costantiniana e successivamente, scavando oltre, i resti di una necropoli romana. Infatti, per creare la base della prima chiesa, si dovette spianare e livellare il terreno della collina vaticana, ricoprendo l'area della necropoli. La presenza di questo spazio cimiteriale spiegherebbe così la convinzione che il sepolcro di San Pietro si trovasse proprio nel luogo in cui fu eretta la basilica.
A seguito della campagna di scavi, nel 1953 furono rinvenute alcune ossa avvolte in un prezioso panno di porpora; esse provenivano con attendibilità da un loculo della stessa necropoli in cui si riconosceva una scritta incompleta in greco con il nome di Pietro. Questo ritrovamento dette a papa Paolo VI la convinzione che doveva trattarsi con ogni probabilità dei resti del corpo di san Pietro;[20] i resti furono pertanto ricollocati nella posizione originaria, nel sottosuolo del Baldacchino del Bernini, da dove si accede al cosiddetto Confessionale di San Pietro (n. 65), opera di Carlo Maderno. Qui si trova una nicchia da cui risplende a mosaico l'icona bizantina di Cristo, visibile anche dalla balaustra della basilica, che arde delle sue novantanove lampade votive. Sotto l'icona, la preziosa cassetta non contiene le ossa attribuite a Pietro (che si trovano più in basso) bensì i pallii (stole con croci) che il papa conferisce ai neoeletti vescovi metropoliti per segnare il loro legame con lo stesso apostolo.
L'organo
L'organo della basilica, che trova posto tra il baldacchino e la Cattedra di San Pietro, è stato costruito da Tamburini nel 1962.[21] I corpi d'organo sono due, situati nei transetti di coro della Basilica rispettivamente in Cornu Epistulae ed in Cornu Evangelii, e corrispondono ai due organi costruiti all'inizio del XX secolo dagli organari Carlo Vegezzi-Bossi e Walker. Il primo corpo d'organo comprende i registri della seconda e terza tastiera, il secondo quelli della prima e della quarta. I registri di pedale sono ripartiti nei due corpi come da necessità foniche. La consolle è posta accanto al corpo d'organo di sinistra all'interno degli stalli destinati alle cantorie. Un'altra consolle, utilizzata per le celebrazioni che si svolgono in Piazza San Pietro, è stata costruita nel 1999 dall'organaro Mascioni. La trasmissione è elettrica.
La disposizione fonica rivela che si tratta di un normale, e neppur tanto grande, organo sinfonico tipico dell'epoca in cui è stato concepito.
Prima tastiera
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Seconda tastiera
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Terza tastiera
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Quarta tastiera
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Pedale I Sezione
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Pedale II Sezione
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Nel 1875 era stato proposto a papa Pio IX il progetto di un grandioso organo dall'organaro francese Aristide Cavaillé-Coll[23] che non fu mai realizzato, come anche altri progetti che, sempre per interessamento di organari francesi, si susseguirono fino allo scoppio della Grande Guerra.
Attualmente, gli organisti titolari sono James Edward Goettsche e Gianluca Libertucci.
Le campane
La basilica possiede un concerto di sei campane. La prima, precedentemente citata, è il Campanone posto sotto l'orologio in facciata: la sua nota è il Mi basso crescente +5/16 di semitono (MI2), ha un diametro di 231,6 cm e un peso stimato di 8950 chilogrammi. Segue il Campanoncino, fusa nel 1725 da Innocenzo Casini. Ha un diametro di 177,2 cm e avente una massa di 3640 kg: la sua nota è il Si bemolle 2 calante -6/16 di semitono. La terza campana è la Rota, la decana del gruppo: il suo compito in origine era quello di chiamare a raccolta gli Uditori del Tribunale della Rota Romana. Il suo peso è di 1.815 kg e la sua nota è il Re3 calante -6/16 di semitono ed è stata fusa da Guidotto Pisano nel XIII secolo. La segue la Predica, fusa nel 1909 da Giovanbattista Lucenti e pesante 830 kg; la sua nota è il Fa3 calante -8/16 di semitono. Poi c'è l'Ave Maria, rifusa nel 1932 da Daciano Colbachini. Ha un diametro di 75 cm per di 250 kg di peso; la sua nota è il Si naturale calante -5/16. Infine, chiude il gruppo la Campanella, fusa nel 1825 da Luigi Lucenti e pesante 235 kg: la sua nota è il Do acuto calante -3/16 di semitono.
Dal conclave del 2005 le campane di San Pietro hanno un importante ruolo: il loro suono è il segnale definitivo dell'esito positivo del conclave. Questo provvedimento è stato attuato per fugare ogni dubbio sul colore della fumata che precede l'Habemus papam.
La Sacrestia
La Sacrestia è un edificio esterno alla basilica, posto sulla sinistra della medesima; due corridoi sostenuti da arcate a sesto ribassato, la collegano alla navata di San Pietro, in corrispondenza della tomba di Pio VIII e della Cappella del Coro. Fu commissionata da papa Pio VI a Carlo Marchionni nel 1776.
Completato nel 1784, l'edificio si inserisce tra le principali architetture romane di fine Settecento, ma non risulta particolarmente innovativo, tentando di armonizzarsi con lo stile della basilica. All'epoca della costruzione essa fu criticata persino dallo studioso Francesco Milizia (1725 - 1798), che per questo fu costretto ad abbandonare la città.[24]
All'interno di questo articolato volume, che in pianta ed in alzato si presenta come l'aggregazione di diversi corpi di fabbrica, si apre la sala ottagonale della sacrestia comune, coperta da una grande cupola e affiancata dalle sacrestie dei Canonici e dei Beneficiati, dalla Sala del Capitolo e da quella del Tesoro, dove sono conservati numerosi oggetti sacri.
Nella sacrestia dei Beneficiati si trova il Tabernacolo del Sacramento di Donatello e Michelozzo (1432-1433).
La Fabbrica di San Pietro
Per approfondire, vedi la voce Fabbrica di San Pietro |
All'insieme delle opere necessarie per la sua realizzazione edile ed artistica, fu preposto un ente, la Reverenda Fabrica Sancti Petri, del quale recentemente il Vaticano ha aperto gli archivi agli studiosi: fra i preziosi documenti catalogati vi sono migliaia di note, progetti, contratti, ricevute, corrispondenze (ad esempio fra Michelangelo e la Curia), che costituiscono una documentazione del tutto sui generis sulla quotidianità pratica degli artisti coinvolti. L'ente è tuttora operante[25] per la gestione del complesso.
È da segnalare che l'immenso cantiere della basilica non passò inosservato alla cultura popolare romana: per far passare i materiali per il cantiere alle dogane senza che essi pagassero il dazio si incideva su ogni singolo collo l'acronimo A.U.FA. (Ad Usum FAbricae: [destinato] ad essere utilizzato nella fabbrica [di S. Pietro]). Nella tradizione popolare romana nacque subito la forma verbale "auffo" o "auffa", tuttora utilizzata a Roma, per indicare qualcuno che vuole ottenere servigi o beni in modo gratuito. Sempre a Roma, ancora oggi, quando si parla di un lavoro perennemente in cantiere si è soliti paragonarlo alla Fabbrica di San Pietro.
Le dimensioni della basilica
La basilica di San Pietro è la più grande chiesa cattolica. Sul pavimento della navata centrale, muovendo dall'ingresso verso l'abside, si vedono inserite nel marmo delle stelle dorate: esse indicano la lunghezza totale (misurata dall'abside di San Pietro) di parecchie grandi chiese cattoliche sparse nel mondo.
Il primato solo apparentemente le era stato tolto nel 1989 dalla basilica di Nostra Signora della Pace di Yamoussoukro,[26] nella Costa d'Avorio, edificio ispirato proprio alle forme della basilica romana e propagandisticamente definito la "basilica più grande del mondo": in realtà si tratta solo della "basilica più alta del mondo" (168 m), mentre l'edificio è notevolmente più piccolo del San Pietro.[27]
L'arciprete della basilica
Per approfondire, vedi la voce Arciprete della Basilica Vaticana |
L'arciprete è il decano fra i presbiteri di una parrocchia, responsabile per la corretta esecuzione dei doveri ecclesiastici e per lo stile di vita dei curati a lui sottoposti. Nel caso della Basilica Vaticana è il massimo responsabile dell'attività culturale e pastorale della basilica, ed è sempre un cardinale; attualmente ricopre l'incarico il cardinale Mauro Gambetti, O.F.M. Conv. che dal 20 febbraio 2021 è subentrato al cardinale Angelo Comastri.
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Tappa Successiva
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