Cammino neocatecumenale
Cammino neocatecumenale | ||
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Movimenti di livello pontificio | ||
Altri nomi Neocatecumenali | ||
Leader |
Kiko Argüello | |
Fondazione | ||
Fondatori | ||
Luogo | Spagna | |
Data | Anni sessanta | |
Approvazione | ||
Da | Pontificio Consiglio per i laici | |
Data | 11 maggio 2008 | |
Finalità | ||
Formare i suoi membri al cattolicesimo prefiggendosi per essi la riscoperta del battesimo attraverso un percorso spirituale. | ||
Data costituzione interna | ||
Collegamenti esterni | ||
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Il Cammino neocatecumenale è un itinerario di formazione nato in Spagna nella metà degli anni sessanta su iniziativa del pittore Kiko Argüello, di Carmen Hernández e del presbitero italiano Mario Pezzi.
È un itinerario di fede che si prefigge la riscoperta del battesimo, e per Statuto è rivolto principalmente a[1]:
- quelli che pur battezzati si sono allontanati dalla Chiesa;
- quelli che non sono stati sufficientemente evangelizzati e catechizzati;
- quelli che desiderano approfondire e maturare la loro fede;
- quelli che provengono da confessioni cristiane non in piena comunione con la Chiesa cattolica.
Indice |
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Storia
Le origini
Nei primi anni 60, Francisco José Gómez Argüello Wirtz, detto Kiko, era un pittore ateo attratto dal pensiero esistenzialista di Jean-Paul Sartre [2] [3] [4] [5] [6] [7] [8] [9]. La sua conversione al cristianesimo seguì ad un periodo di crisi esistenziale durante il quale l'incontro con l'estetica e la filosofia spiritualista di Henri Bergson (che dava importanza al ruolo dell'intuizione come strumento di conoscenza del reale superiore alla ragione), gli aprì la strada al dubbio religioso. Negli anni successivi, lavorando con un gruppo di artisti e architetti di arte sacra, entrò in contatto con la spiritualità di Charles de Foucauld, la quale rappresentò un momento di svolta nel suo percorso interiore che lo portò ad abbandonare il suo precedente stile di vita, le sue precedenti convinzioni filosofiche e l'attività di pittore per andare a vivere nella baraccopoli di Palomeras Altas, alla periferia di Madrid, dove vivevano famiglie di zingari e quinquilleros[10] emarginati.
A Palomeras Altas, in un contesto sociale caratterizzato da forte marginalità e degrado, Kiko si trovò presto impegnato nell'opera di evangelizzazione dei baraccati, nonostante che questa non fosse stata inizialmente la sua intenzione. Lì incontrò Carmen Hernández (laureata in chimica e associata per alcuni anni all'Istituto Misioneras de Cristo Jesús), e dal 1964 al 1967 collaborò con lei all'elaborazione di una "sintesi kerigmatico-catechetica" ispirata al Concilio Vaticano II e fondata su un connubio tra Parola di Dio, Liturgia ed esperienza comunitaria che sarà la base dottrinale del futuro Cammino neocatecumenale[11].
Argüello confidò a Carmen che in quegli anni aveva vissuto esperienze mistiche e apparizioni mariane[12] nelle quali Maria, madre di Gesù, lo esortava a dar vita a "comunità come la Sacra Famiglia di Nazaret".
Kiko racconta che l'allora arcivescovo di Madrid, Casimiro Morcillo (1904-1971), venuto a conoscenza dei piccoli gruppi che si stavano formando nelle baraccopoli, li invitò ad estendere quell'esperienza ad alcune parrocchie delle città di Madrid e di Zamora. L'esperienza delle parrocchie cittadine, generalmente benestanti, era però diversa da quelle degli emarginati delle baracche. Molti cittadini non avevano evidenti bisogni materiali e le catechesi venivano vissute come conferenze di teologia, come occasioni di crescita intellettuale e non, come nelle intenzioni degli iniziatori, come un cammino di conversione e di kenosis dove, gradualmente, la spiritualità dell'uomo vecchio si spogliasse per poter essere rivestita della Nuova creazione nello Spirito Santo. Per tali motivi, gli iniziatori pensarono ad un percorso di riscoperta del Battesimo (denominato neo-catecumenato post-battesimale) finalizzato alla preparazione spirituale degli adulti, con l'ambizione di rispondere ai cambiamenti sociali di quegli anni.
Nel 1968 Kiko e Carmen furono invitati in Italia da mons. Dino Torreggiani (1905-1983), fondatore della congregazione religiosa Servi della Chiesa, mentre lo stesso Casimiro Morcillo scrisse una lettera di presentazione[2][13][14][15] per il cardinale Angelo Dell'Acqua (1903-1972), allora vicario di Paolo VI. Andarono a vivere nelle baracche del Borghetto Latino a Roma e avviarono il Cammino nella parrocchia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento e Santi Martiri Canadesi, nel quartiere Nomentano, ed in seguito in molte altre parrocchie della città. Da Roma il Cammino si diffuse successivamente in molte altre diocesi di Italia e del mondo.
Natura e missione della comunità neocatecumenale
Nell'aprile del 1970, a Majadahonda, nei pressi di Madrid, Kiko e Carmen, insieme ad altri responsabili e parroci, si posero il problema circa l'identità delle comunità che si stavano formando nelle parrocchie. Da tale riflessione furono definite le caratteristiche fondamentali del Cammino neocatecumenale come movimento organizzato e strutturato sul territorio.
In quell'occasione, i seguenti capisaldi furono fissati dagli iniziatori, insieme con i parroci che avevano accolto il Cammino e altri catechisti e responsabili.
- La nascita di ogni singola comunità, che segue l'annuncio del Kerigma, è interpretata come la Chiesa che, ogni volta, scaturisce dalla Buona Novella, Chiesa intesa dunque come Corpo Mistico di Cristo, Comunità dei Santi.
- Gli aderenti al Cammino sono chiamati ad essere "sacramento di salvezza" all'interno della parrocchia, in cammino verso una fede matura, sostenuti dal Tripode: Parola di Dio, Liturgia, Comunione fraterna.
- Il Cammino è detto neocatecumenato o catecumenato, rispettivamente a seconda del caso che l'adulto sia già battezzato o meno[16] e si ispira al catecumenato antico (con tappe come gli Scrutini battesimali, l'Iniziazione alla preghiera, la Traditio Symboli, la Redditio, ecc.).
- Compito della comunità è rendere visibile un nuovo modo di vivere il Vangelo, tenendo presenti le esigenze degli uomini contemporanei.
- Gli aderenti al Cammino sono chiamati a non distruggere niente, a rispettare tutto, presentando il frutto di una Chiesa che si rinnova.
- Le comunità sono tenute a rimanere all'interno delle parrocchie, e sono tenute alla comunione con il parroco che le ospita.
Alcuni anni più tardi, quando il Cammino era già diffuso in molte diocesi italiane, i responsabili furono convocati dalla Congregazione del Culto Divino per presentare il loro itinerario di riscoperta del Battesimo[17]. L'allora Segretario della Congregazione, mons. Annibale Bugnini, e gli esperti che lo coadiuvavano rimasero stupiti del valore di questa nuova realtà ecclesiale[18]. Dopo due anni di studio della prassi del Cammino, la Congregazione pubblicò sulla sua rivista ufficiale la breve nota Praeclarum exemplar di apprezzamento dell'opera delle comunità neocatecumenali[19]. È in questi anni che viene scelto, su proposta della stessa Congregazione, il nome di Cammino neocatecumenale ovvero catecumenato post-battesimale.
Struttura del Cammino
Il Cammino neocatecumenale si ispira alla costituzione Sacrosanctum Concilium del Concilio Vaticano II, la quale al punto n°64 afferma:
« | Si ristabilisca il catecumenato degli adulti diviso in più gradi, da attuarsi a giudizio dell'ordinario del luogo; in questa maniera il tempo del catecumenato, destinato ad una conveniente formazione, potrà essere santificato con riti sacri da celebrarsi in tempi successivi » |
Rifacendosi al catecumenato antico, si struttura come un itinerario comunitario a tappe, ispirandosi all'idea originaria di "fare comunità cristiane come la Sacra Famiglia di Nazaret che vivano in umiltà, semplicità e lode e dove l'altro è Cristo".
Il percorso neocatecumenale prende inizio da un ciclo di catechesi, che si distende sull'arco di quattordici incontri, che durano all'incirca due mesi, in cui viene preparato il Kerigma, cioè l'annuncio della Resurrezione di Gesù, Dio fatto uomo, morto sulla croce per la salvezza dell'umanità, per il riscatto di ognuno dal peccato e dal male. Al termine di questo "primo annuncio", se il numero di partecipanti lo consente, viene avviata una nuova comunità che è invitata ad intraprendere il suo cammino di crescita e maturazione in seno alla parrocchia, alimentata dal tripode Parola di Dio-Liturgia-Comunione fraterna. Nella metafora neocatecumenale, la neonata comunità è paragonata ad un embrione appena concepito che inizia il processo che lo porterà a diventare un organismo completo e, poi, concluso il periodo di gestazione, al parto.
Prima fase
La prima fase, il pre-catecumenato post-battesimale, è un tempo di kenosis. cioè di scoperta dell'umiltà, di abbandono delle idolatrie e delle certezze quotidiane.
- La prima tappa di questa fase è denominata genericamente "Primo Passaggio" ed è concentrata nella scoperta della Croce, cioè nell'individuazione di quegli aspetti della personalità e della storia personale di ciascuno che provocano stati di angoscia e sofferenza nell'intimo.
- Segue la tappa denominata dello Shemà, in cui si meditano le Scritture bibliche e la persona si apre all'ascolto della Parola di Dio come ispirazione e termine di paragone per la propria vita.
- Completa la fase del pre-catecumenato la tappa del "Secondo Passaggio", in cui ognuno viene invitato a riconoscere e ad individuare i propri idoli, cioè tutti quei beni, materiali o spirituali, su cui l'aderente fonda le proprie "sicurezze".
Seconda fase
Rivivendo le tappe del "Primo" e del "Secondo Scrutinio battesimale", che costituiscono la prima parte del battesimo, si passa al "catecumenato post-battesimale", che è un tempo di combattimento spirituale per acquistare la semplicità interiore dell'uomo nuovo che viva lo Shemà ebraico, «ama Dio come unico Signore, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze» e che viva il precetto evangelico, «ama il prossimo come se stesso». Il movimento insiste sul fatto che la Chiesa, intesa come comunità dei santi, li soccorre nel combattimento interiore, attraverso la consegna graduale di armi spirituali:
- l'iniziazione alla preghiera, con la consegna del libro della Liturgia delle Ore;
- la Traditio Symboli, cioè la consegna del Credo, che è seguita dalla testimonianza pubblica della propria fede, detta Redditio Symboli;
- la consegna del Padre Nostro, nell'abbandono filiale alla Vergine Maria).
Terza fase
Dopo la seconda fase, si apre la fase della riscoperta dell'elezione, "cardine di tutto il neocatecumenato", tempo di grazia, dove i neocatecumeni con l'aiuto dello Spirito Santo, sono chiamati a camminare nella lode. Questo tempo culmina con il rinnovo delle promesse battesimali durante la Veglia Pasquale, che tipicamente è presieduta dal vescovo.
Aspetto economico
Le attività del Cammino neocatecumenale sono interamente autofinanziate: ogni membro, dopo il Secondo Passaggio, è invitato a versare la decima in base alla propria disponibilità economica, alla propria comunità di riferimento. Gli introiti derivanti dalle decime, che rimangono del tutto anonime, vengono utilizzati per il fabbisogno della comunità stessa, per il sostenimento delle famiglie neocatecumenali in missione all'estero, per il sostenimento delle famiglie o dei fratelli della comunità o della parrocchia, che si trovino temporaneamente in periodi di difficoltà economica.
Le offerte raccolte durante i passaggi e le convivenze d'inizio corso, vengono inviate alla fondazione del cammino neocatecumenale, il cui presidente è il cardinale Camillo Ruini. Tutte le strutture del cammino, i seminari, la casa di accoglienza dei pellegrini in Terra Santa (Domus Galileae) sono di proprietà della diocesi di appartenenza.
Responsabili del Cammino
Attualmente l'équipe responsabile internazionale del Cammino neocatecumenale è composta dagli iniziatori Kiko Argüello e Carmen Hernández, affiancati da un sacerdote, Mario Pezzi[20]. L'équipe internazionale nomina il collegio elettivo (da ottanta a centoventi membri, nominati a vita[21]).
Dall'équipe responsabile internazionale dipendono le èquipes dei cosiddetti "catechisti itineranti" (ad oggi circa settecento) le quali, per conto dell'équipe internazionale, sono responsabili del Cammino neocatecumenale nelle varie regioni del mondo, contribuiscono a formare le prime comunità e a mantenere regolari contatti con i vescovi delle diocesi in cui operano. Le èquipes itineranti mantengono un legame costante con i responsabili internazionali del Cammino (in occasione delle "convivenze degli itineranti"), visitano periodicamente le comunità da loro catechizzate e curano lo sviluppo del Cammino nel territorio loro assegnato, nella fedeltà al carisma degli iniziatori.
Le èquipes di "catechisti itineranti" per l'evangelizzazione sono formate da uomini o donne celibi, da coppie sposate e da un sacerdote (che abbia ottenuto il permesso dal proprio vescovo o dal proprio superiore religioso). Questi si offrono spontaneamente; devono essere disponibili a lasciare casa, lavoro e amicizie per essere mandati in qualunque parte del mondo nella precarietà, senza ricevere compensi e confidando nella Provvidenza. I "catechisti itineranti" restano legati alla propria parrocchia e alla propria comunità originaria, alla quale ritornano periodicamente. Inoltre sono liberi di interrompere in qualsiasi momento la propria esperienza missionaria.
Le "équipes itineranti" si recano in un'altra diocesi, su invito del Vescovo locale e di almeno un parroco interessato, per avviare il Cammino neocatecumenale in una parrocchia dove questo non sia ancora esistente. Le èquipes sono composte, abitualmente, secondo uno schema che prevede la presenza, oltre a quella fissa del presbitero, di una coppia e di un celibe oppure - in mancanza di una coppia - di un celibe e una nubile. La scelta avviene generalmente attraverso un sorteggio tra quanti abbiano completato (o quasi) tutte le tappe del Cammino e si siano al contempo dichiarati disponibili.
Attività missionaria
Di fronte alla situazione di forte secolarizzazione del Nord Europa e di vaste aree del mondo, Kiko e Carmen hanno avviato, agli inizi degli anni '80, l'esperienza delle "Famiglie in missione", per fondare la Chiesa in paesi dove essa è inesistente ("Implantatio Ecclesiae") o per aiutare a rafforzare le comunità lì presenti. Queste famiglie restano legate alla propria parrocchia e alla propria comunità originaria, e sono da queste sostenute per quanto concerne le spese per i viaggi, l'abitazione, il sostegno morale, le preghiere. La più recente partenza di famiglie in missione è avvenuta il 12 gennaio 2006, alla presenza di papa Benedetto XVI[22], ha riguardato duecento famiglie ed ha portato così ad oltre cinquecento il numero di "famiglie in missione" nel mondo.
All'opera di evangelizzazione iniziata dalle famiglie in missione, si è ben presto affiancata anche quella dei sacerdoti missionari, con l'istituzione, in diverse diocesi e dietro esplicita richiesta dell'ordinario del luogo, di seminari Redemptoris Mater, che sono seminari diocesani, internazionali, missionari, in cui vengono accolte gran parte delle vocazioni al sacerdozio nate in seno al Cammino. Attualmente sono attivi circa settantadue seminari.
Un'altra iniziativa significativa è stata la costruzione e la gestione della Domus Galilaeae sul monte delle Beatitudini in Galilea, opera inaugurata da papa Giovanni Paolo II nel 2000 durante il suo storico viaggio in Terra Santa, che in quell'occasione celebrò l'Eucarestia con decine di migliaia di giovani, giunti in pellegrinaggio da tutto il mondo. La Domus Galilaeae è un luogo di incontro e ritiro per i membri delle comunità neocatecumenali, durante il pellegrinaggio in Israele che viene compiuto in occasione della conclusione dell'itinerario neocatecumenale. È diventato anche un luogo di incontro tra cristiani ed ebrei, in occasione delle visite che molti ebrei fanno in questo luogo.
Il Cammino, pur avendo una struttura propria con responsabili "vita natural durante"[23], non ha un patrimonio proprio[24], pertanto la Domus Galilaeae e il terreno stesso su cui l'edificio sorge non sono di proprietà del Cammino, ma dell'ordine dei francescani. Allo stesso modo, i seminari "Redemptoris Mater" non appartengono al Cammino bensì sono proprietà delle diocesi territoriali ed i sacerdoti ordinati sono sacerdoti diocesani incardinati al servizio del vescovo della diocesi locale.
Riconoscimenti nel mondo cattolico
Il Cammino neocatecumenale è una realtà ecclesiale pienamente riconosciuta dalla Chiesa cattolica e in piena comunione con il suo Magistero. Nei suoi oltre quaranta anni di diffusione ha goduto della stima dei pontefici e del favore di molti ecclesiastici[25]. Nel corso degli anni, ha raccolto numerosi elogi ed incoraggiamenti. Già il Servo di Dio Paolo VI, in un'udienza generale, nel 1974, affermava:
« | Quanta gioia e quanta speranza ci date con la vostra presenza e con la vostra attività [...] Vivere e promuovere questo risveglio è quanto voi chiamate una forma di "dopo Battesimo" che potrà rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e di approfondimento, che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di preparazione al Battesimo » | |
(Paolo VI alle Comunità Neocatecumenali, Udienza Generale, 8 maggio 1974, in Notitiae 96-96, 1974, 230)
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Anche le celebrazioni eucaristiche del Cammino neocatecumenale sono state elogiate dalle autorità ecclesiastiche e, particolarmente, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Nel 1974, la Congregazione pubblicava su Notitiae, il suo bollettino ufficiale, una nota laudatoria sulle celebrazioni eucaristiche del Cammino neocatecumenale[26]:
« | Tutte le riforme, nella Chiesa, hanno apportato nuovi principi e promosso nuove norme, che hanno tradotto in pratica gli intenti della riforma stessa. Così accadde dopo il Concilio di Trento; né poteva essere diversamente ai giorni nostri. Il rinnovamento liturgico incide profondamente sulla vita della Chiesa. C'è necessità che la spiritualità liturgica germini nuovi fiori di santità e di grazia, nonché di apostolato cristiano più intenso e di azione spirituale. Un modello eccellente di questo rinnovamento si trova nelle «Comunità neo-catecumenali» che sorsero a Madrid, nel 1962, per iniziativa di alcuni giovani laici, con il permesso, l'incoraggiamento e la benedizione dell'eccellentissimo Pastore madrileno, Casimiro Morcillo. Le comunità hanno lo scopo di rendere visibile nelle parrocchie il segno della Chiesa Missionaria, e si sforzano di aprire la strada all'evangelizzazione di coloro che hanno quasi abbandonato la vita cristiana. A questo fine i Membri delle «Comunità» cercano di vivere più intensamente la vita liturgica cristiana incominciando dalla nuova catechesi e dalla preparazione «catecumenale», percorrendo cioè, con un cammino spirituale, tutte quelle fasi, che, nella Chiesa primitiva, i catecumeni percorrevano prima di ricevere il sacramento del battesimo. Poiché si tratta non di battezzandi, ma di battezzati, la catechesi è la medesima, ma i riti liturgici si adattano allo stato di cristiani battezzati secondo le direttive già date dalla Congregazione per il Culto Divino. Le «Comunità» nelle parrocchie vengono erette sotto la direzione del parroco. I membri, una volta o due la settimana, si riuniscono per ascoltare la parola divina, per avere colloqui spirituali, per partecipare all'Eucaristia. » | |
(Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Notitiae, 01/08/1974)
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La stessa Congregazione, nel 1988, pubblicava una Notificazione[27] in cui autorizzava le celebrazioni dei neocatecumenali ricordando che «le celebrazioni di gruppi particolari riuniti per una specifica formazione loro propria sono previste nelle istituzioni Eucharisticum Mysterium, del 25 maggio 1967, nn. 27 e 30 (AAS 59, 1967, 556-557) e Actio Pastoralis, del 15 maggio 1969 (AAS 61, 1969, 806-811)»; autorizzava «la comunione sotto le due specie» e incoraggiava inoltre i vescovi «a voler considerare e approfondire il valore spirituale e formativo di queste celebrazioni».
Molte sono poi le occasioni nelle quali il Servo di Dio Giovanni Paolo II espresse la propria stima e affetto. Lo stesso si esprimeva con parole di elogio nella sua Lettera Ogniqualvolta del 30 agosto 1990[28], indirizzata a mons. Paul Josef Cordes, Vice Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, incaricato "ad personam" per l'Apostolato delle Comunità Neocatecumenali[29]:
« | Ogniqualvolta lo Spirito Santo fa germinare nella Chiesa impulsi di una maggiore fedeltà al Vangelo, fioriscono nuovi carismi che manifestano tali realtà e nuove istituzioni che le mettono in pratica. È stato così dopo il Concilio di Trento e dopo il Concilio Vaticano II. Tra le realtà generate dallo Spirito ai nostri giorni figurano le Comunità Neocatecumenali, iniziate dal Signor K. Argúello e dalla Signora C. Hernandez (Madrid, Spagna), la cui efficacia per il rinnovamento della vita cristiana veniva salutata dal mio predecessore Paolo VI come frutto del Concilio [...] Anch'io, nei tanti incontri avuti come Vescovo di Roma, nelle parrocchie romane, con le Comunità Neocatecumenali e con i loro Pastori e nei miei viaggi apostolici in molte nazioni, ho potuto constatare copiosi frutti di conversione personale e fecondo impulso missionario. Tali Comunità rendono visibile, nelle parrocchie, il segno della Chiesa missionaria e "si sforzano di aprire la strada all'evangelizzazione di coloro che hanno quasi abbandonato la vita cristiana, offrendo loro un itinerario di tipo catecumenale, che percorre tutte quelle fasi che nella Chiesa primitiva i catecumeni percorrevano prima di ricevere il sacramento del Battesimo; li riavvicina alla Chiesa ed a Cristo" (cfr. Catecumenato postbattesimale in Notitiae 96-96, 1974, 229). Sono l'annuncio del Vangelo, la testimonianza in piccole comunità e la celebrazione eucaristica in gruppi (cfr. Notificazione sulle celebrazioni nei gruppi del "Cammino neocatecumenale" in L'Osservatore Romano, 24 dicembre 1988) che permettono ai membri di porsi al servizio del rinnovamento della Chiesa. [...] [...] riconosco il Cammino neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni. Auspico, pertanto, che i Fratelli nell'Episcopato valorizzino e aiutino - insieme con i loro presbiteri - quest'opera per la nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori, nello spirito di servizio all'Ordinario del luogo e di comunione con lui e nel contesto dell'unità della Chiesa particolare con la Chiesa universale[30] » |
Il 29 giugno 2002 (Solennità di San Pietro e Paolo), lo statuto del Cammino neocatecumenale fu approvato ad experimentum dal Pontificio Consiglio per i Laici. Il 21 settembre 2002, Giovanni Paolo II ricevette in udienza a Castel Gandolfo gli iniziatori del Cammino e, commentando l'approvazione dello statuto, volle nuovamente esprimere il suo incoraggiamento[31]:
« | Come non ringraziare il Signore per i frutti portati dal Cammino neocatecumenale nei suoi oltre trent'anni di esistenza [...] In una società secolarizzata come la nostra, dove dilaga l'indifferenza religiosa e molte persone vivono come se Dio non ci fosse, sono in tanti ad aver bisogno di una nuova scoperta dei Sacramenti dell'iniziazione cristiana; specialmente di quello del Battesimo. Il Cammino è senz'altro una delle risposte provvidenziali a questa urgente necessità. Desidero sottolineare l'importanza degli Statuti appena approvati per la vita presente e futura del Cammino neocatecumenale che, come ho già avuto modo di dire alcuni anni fa, costituisce "un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni". Gli Statuti costituiscono altresì, un importante aiuto per tutti i pastori della Chiesa, particolarmente per i Vescovi diocesani, ai quali è affidata dal Signore, la cura pastorale e, in particolare, l'iniziazione cristiana delle persone nella Diocesi [...] Gli Ordinari Diocesani potranno trovare negli Statuti i principi base di attuazione del Cammino neocatecumenale in fedeltà al suo progetto originario » |
Al termine dei cinque anni canonici lo Statuto è stato approvato definitivamente l'11 maggio 2008 (Solennità di Pentecoste), con Decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, il quale sancisce
« | l'approvazione definitiva dello statuto del Cammino neocatecumenale debitamente autenticato dal Dicastero e depositato in copia nei suoi archivi. Ciò nella fiducia che queste norme statutarie costituiscano linee guida ferme e sicure per la vita del Cammino e che esse siano di aiuto ai Pastori nel loro paterno e vigile accompagnamento delle comunità neocatecumenali nelle Chiese particolari.[32] » |
Con l'approvazione dello statuto, il Cammino neocatecumenale è definitivamente riconosciuto dalla Chiesa cattolica come una realtà ecclesiale, un carisma fedele al magistero e un valido strumento di evangelizzazione all'interno della parrocchia.
Il 10 gennaio 2009, papa Benedetto XVI, incontrando le comunità neocatecumenali di Roma, nella basilica di S. Pietro in occasione dei 40 anni dalla nascita della prima comunità di Roma nella parrocchia dei SS. Martiri Canadesi, ha avuto parole di conferma e di elogio:
« | Come non benedire il Signore per i frutti spirituali che, attraverso il metodo di evangelizzazione da voi attuato, si sono potuti raccogliere in questi anni? Quante fresche energie apostoliche sono state suscitate sia tra i sacerdoti che tra i laici! Quanti uomini e donne, e quante famiglie, che si erano allontanate dalla comunità ecclesiale o avevano abbandonato la pratica della vita cristiana, attraverso l'annuncio del kerigma e l'itinerario di riscoperta del Battesimo sono state aiutate a ritrovare la gioia della fede e l'entusiasmo della testimonianza evangelica! [...] La recente approvazione degli Statuti del Cammino è venuta a suggellare la stima e la benevolenza con cui la Santa Sede segue l'opera che il Signore ha suscitato attraverso i vostri Iniziatori.[33][34] » |
Approvazione dello Statuto da parte della Santa Sede
All'inizio del 1997 Giovanni Paolo II chiese ai responsabili del Cammino una regolazione statutaria[35], in cui il Papa ricorda che i neocatecumenali hanno già iniziato il processo di stesura dello Statuto. Giovanni Paolo II, dopo l'approvazione dello Statuto nel 2002, confermerà che «...gli Statuti devono costituire per il Cammino neocatecumenale una "chiara e sicura regola di vita", un punto di riferimento fondamentale affinché questo processo di formazione, che ha come obiettivo di portare i fedeli ad una fede matura, possa essere realizzato in un modo confacente alla dottrina e alla disciplina della Chiesa» ([36]). Una prima versione degli Statuti del Cammino neocatecumenale fu respinta all'inizio del 1999 (il giurista neocatecumenale padre Javier Sotil, rettore del Redemptoris Mater di Brasilia, nel maggio 1999, durante una convivenza al Centro Neocatecumenale internazionale di Porto San Giorgio con Kiko Argüello e Carmen Hernández, annunciava che la bocciatura era stata «provvidenziale» perché aveva dato modo di «pensare e ripensare, consultare tante persone per preparare una seconda bozza che è qui pronta»[37]). Lo Statuto venne finalmente approvato nel 2002 per un periodo ad experimentum scaduto a giugno 2007 (l'intervento di Kiko Argüello alla consegna dello Statuto del Cammino neocatecumenale il 29 giugno 2002 comincerà con: «siamo contentissimi che dopo tutto il travaglio di questi anni si sia potuti arrivare alla approvazione dello Statuto»)[38].
Il decreto di approvazione[39] del Pontificio Consiglio per i Laici recitava infatti: «Tenuto conto dei numerosi frutti spirituali apportati alla nuova evangelizzazione dalla prassi del Cammino neocatecumenale - accolto e valorizzato nei suoi oltre trent'anni di vita in molte Chiese locali - segnalati al Pontificio Consiglio per il Laici da numerose lettere raccomandatizie di cardinali, patriarchi e vescovi; dopo attento esame del testo degli Statuti, frutto di un laborioso processo di collaborazione tra gli iniziatori del Cammino neocatecumenale e il Pontificio Consiglio per i Laici, che si è avvalso del contributo apportato nell'ambito delle competenze loro proprie da diversi dicasteri della Curia Romana (...) il Pontificio Consiglio per i Laici DECRETA l'approvazione "ad experimentum" per un periodo di cinque anni degli Statuti del Cammino neocatecumenale...»
Nei discorsi e omelie di Giovanni Paolo II del 29 giugno 2002 e dei giorni successivi, non appare alcuna menzione dell'approvazione degli Statuti[40], nonostante Kiko Argüello abbia ringraziato personalmente il Papa per aver «voluto in prima persona questa approvazione»[41]; solo nel settembre successivo il Papa ne parlerà precisando che «spetta ora ai Dicasteri competenti della Santa Sede esaminare il Direttorio catechetico e tutta la prassi catechetica nonché liturgica del Cammino stesso. Sono certo che i suoi membri non mancheranno di assecondare con generosa disponibilità le indicazioni che loro verranno da tali autorevoli fonti»[42].
Lo Statuto rinviava ad un Direttorio Catechetico che raccoglie la tradizione orale e indica la prassi del Cammino[43]; il materiale raccolto per la creazione del Direttorio (quattordici volumi) è tuttora in fase di esame da parte delle congregazioni vaticane. Si trattava perciò di un'approvazione parziale (oltre che temporanea), poiché durante l'arco di validità dello Statuto ad experimentum il Direttorio contenente le catechesi e la prassi del Cammino (non scindibili dal Cammino stesso) non è stato pubblicato.
Lo Statuto del Cammino neocatecumenale fu approvato in forma definitiva l'11 maggio 2008, giorno di Pentecoste[44]. Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, Cardinale Stanislaw Rylko, consegnò il nuovo testo agli iniziatori del Cammino neocatecumenale, Kiko Arguello e Carmen Hernandez, il 13 giugno 2008, giorno di Sant'Antonio da Padova, francescano portoghese, Dottore della Chiesa.
Queste le parole del Cardinal Rylko, alla domanda su quale significato abbia questa approvazione, per la Chiesa e per il Cammino stesso: «Significa la conferma da parte della Chiesa dell'autenticità, della genuinità del carisma che sta alla loro origine nella vita e nella missione della Chiesa. In modo particolare, questo riguarda il Cammino che ha ormai lunga storia nella Chiesa, più di 40 anni, e porta nella vita della Chiesa tanti frutti, tante vite cambiate in profondità, tante famiglie ricostruite, tante vocazioni religiose, sacerdotali e tanto impegno a favore della nuova evangelizzazione. Quindi, è un momento di grande gioia per la Chiesa, un momento di grande gioia per la realtà ecclesiale che riceve questo riconoscimento»[45][46].
Orientamenti alle Équipes di Catechisti del Cammino neocatecumenale
Secondo il Decreto di approvazione definitiva, e secondo lo Statuto stesso, il cammino va attuato secondo "le linee proposte dagli iniziatori" (Kiko Arguello, Carmen Hernandez) contenute nello Statuto stesso e nei 14 volumi intitolati "Orientamenti alle Equipes dei Catechisti" (cfr. art. 2.2 dello Statuto).
Nella prefazione al primo volume di "Orientamenti per le Equipes di Catechisti", gli iniziatori affermano che già nel 1977 detti volumi furono oggetto di un accurato esame da parte della Congregazione per il Clero. L'analisi fu fatta da un esperto di catechesi antiche, Padre G. Groppo. La prefazione riporta vari stralci della relazione finale di Padre Groppo con relativo numero di protocollo:
« | La novità di queste catechesi e il criterio fondamentale per la loro interpretazione è costituito dal fatto che sono espressione orale di un'esperienza vissuta di fede e di conversione e che pertanto si tratta di un linguaggio esistenziale, la cui verità non va ricercata nella singola frase, ma nel contesto generale: un'esperienza vissuta intensamente non si presta a formulazioni teoriche nitide, ma si esprime sempre in modo un po' caotico, con frequenti ripetizioni, con il ricorso a paradossi, più per immagini che per concetti. Intendo ora rilevare un altro aspetto di queste catechesi, o meglio di questo Cammino neocatecumenale. Come studioso della storia della catechesi antica devo dire che il tentativo di Kiko e Carmen di attualizzare il catecumenato è un tentativo riuscito.
L'esperienza ha fatto intuire quello che di profondamente valido conteneva questa istituzione dei primi tre secoli e ha permesso di tradurla in una struttura la quale, pur non ricalcando l'antica, ne assume gli elementi più importanti e li inserisce in un contesto nuovo: quello della conversione di battezzati che però non hanno mai fatto una opzione personale di fede. In questo processo - che implica il suo tempo - questi battezzati delle Comunità Neocatecumenali vengono aiutati a fare la loro opzione fondamentale di fede in un clima di comunità, a rendersi disponibili all'accettazione del radicalismo evangelico; iniziandoli gradualmente e in modo esperienziale sia alla Parola di Dio sia ai Sacramenti della conversione cristiana (Penitenza), sia dell'Eucarestia. Io trovo tutto questo molto positivo » | |
(Primo volume degli "Orientamenti per le Equipes dei Catechisti", pag. 1, protocollo 156375, 12 settembre 1977.)
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Sempre nella prefazione del primo volume di "Orientamenti alle Equipes di Catechisti" (pag.1) si afferma:
« | La versione corretta degli "Orientamenti alle Equipes di Catechisti per la fase di conversione", che è stata preparata da una Commissione incaricata dagli iniziatori del Cammino Noecatecumenale ha rispettato il linguaggio originale, vivo ed orale. Ha corretto espressioni incomplete, o meno felici - che potevano anche sembrare ambigue - proprie del linguaggio parlato o semplicemente dovute alla traduzione non sempre accurata dell'originale spagnolo. Ha tenuto conto, inoltre, delle osservazioni fatte dal secondo esame degli Orientamenti da parte della Congregazione per il Clero del 1990. Infine hanno aggiunto le citazioni bibliche a cui fa riferimento o che aiutano a meglio capire il senso del discorso.
Nel rivedere il testo degli Orientamenti alle Equipes di catechisti, su indicazione della Congregazione per la dottrina della Fede, i 14 volumi sono stati corredati con opportuni riferimenti al Catechismo della Chiesa cattolica, che non hanno valore illustrativo, ma normativo. Per ogni catechesi tale riferimento si articola in due parti: a) All'inizio si offre una visione panoramica dell'insegnamento del Catechismo della Chiesa cattolica riguardante la tematica affrontata dalla catechesi, per la preparazione dei catechisti; b) A piè di ogni pagina si riportano alcuni passi su qualche punto particolare delle catechesi » |
Il Cammino neocatecumenale dotato di personalità giuridica pubblica
Il Cammino neocatecumenale è stato dotato di personalità giuridica pubblica con decreto del Pontificio Consiglio per i Laici 28 ottobre 2004 Prot.N.1761/04 AIC-110 (Cfr. Statuto, art. 1, comma 3).
Mons. Juan Ignacio Arrieta, Segretario del Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei Testi Legislativi e professore ordinario di Diritto Canonico presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma, nonché giudice del Tribunale ecclesiastico dello Stato della Città del Vaticano e consultore di vari Dicasteri della Curia Romana, in un suo intervento alla convivenza di inizio corso del 25-28 settembre 2008 a questo proposito ha affermato:
« | A differenza del testo del 2002 gli Statuti ora approvati affermano la personalità giuridica pubblica del Cammino neocatecumenale (art.1, comma 3), erezione che avvenne per iniziativa del Pontificio Consiglio per i Laici, con Decreto del 28 ottobre 2004. Il punto è di particolare rilevanza perché ci porta alla vera novità che, qua e là, emerge dai nuovi Statuti. Quale rilevanza pratica può avere adesso l'erezione della personalità giuridica pubblica?
A mio modo di vedere, la maggiore conseguenza di questa personalità pubblica, applicata all'itinerario di formazione neocatecumenale, riguarda la particolare autorevolezza ecclesiale con la quale, sotto la direzione dei Vescovi diocesani, s'impartisce finora il Cammino, e nel particolare impegno che, di conseguenza, si assume, perché esso sia proposto, come risultava prima ma adesso con rinnovato impegno giuridico, per mezzo di persone particolarmente selezionate e appositamente formate. Quindi essere riconosciuti persona giuridica pubblica vuol dire che il Cammino agisce con l'autorità e a nome della Chiesa. » |
Il Cammino neocatecumenale nel mondo
Il Cammino è oggi presente in tutti i continenti, in più di 900 diocesi, per un totale di oltre 40.000 comunità in 6.000 parrocchie. Numerosi sono anche i seminari "Redemptoris Mater", se ne contano 75, sparsi in tutto il mondo. Il Cammino è diffuso principalmente in Europa e nel continente americano. In generale, ogni comunità è composta da un numero compreso tra i venti e i cinquanta membri, ma nella maggior parte dei casi tale cifra varia tra i trenta e i quaranta membri.
Di seguito vengono riportate le statistiche relative alla presenza del Cammino neocatecumenale in Europa e nel continente americano, dove il movimento si è maggiormente diffuso. Le statistiche sono state elaborate dal Centro Neocatecumenale di Roma.
Europa - Stato | Comunità |
---|---|
Italia | 10.000 |
Spagna | 7.002 |
Polonia | 1.000 |
Portogallo | 300 |
Croazia | 250 |
Malta | 100 |
Slovacchia | 65 |
Francia | 60 |
Germania | 50 |
Romania | 50 |
Ucraina | 45 |
Olanda | 40 |
Repubblica Ceca | 40 |
Slovenia | 40 |
Ungheria | 40 |
Austria | 38 |
Inghilterra | 35 |
Svizzera | 35 |
Belgio | 30 |
Serbia, Bosnia & Macedonia | 30 |
Irlanda | 25 |
Albania | 22 |
Andorra | 20 |
Lituania | 20 |
Bielorussia | 11 |
Bulgaria | 10 |
Svezia | 10 |
Lettonia | 9 |
Turchia | 8 |
File:Flag of Denmark.svg Danimarca | 7 |
Finlandia | 6 |
Georgia | 6 |
Grecia | 6 |
Cipro | 5 |
Estonia | 5 |
Russia | 5 |
San Marino | 5 |
Monaco | 4 |
Norvegia | 1 |
Scozia | 3 |
Lussemburgo | 1 |
Africa - Nazione | Comunità |
Egitto | 30 |
Tunisia | 2 |
Marocco | 2 |
Il maggior numero di comunità, a livello mondiale, si trova in Italia. In Europa, altri paesi dove il Cammino è particolarmente diffuso sono la Spagna, la Polonia, il Portogallo, la Croazia e Malta. Nel continente americano è presente principalmente in Brasile, Messico, Colombia, Argentina, Venezuela.
Altri paesi dove il Cammino sarebbe in espansione sono le Filippine in Asia e l'Australia in Oceania. Il numero di comunità sarebbe in rapida crescita nel continente africano dove sarebbero attualmente circa 800. Il Cammino è presente anche in Medio Oriente. Il Libano presenterebbe il maggior numero di comunità nella regione, pari a circa 50. Vi sarebbero comunità anche in Egitto, in Israele, in Giordania, negli Emirati Arabi Uniti, in Kuwait ed in Iraq.
Curiosamente, la maggior densità di comunità per numero di abitanti si rinverrebbe a Malta (100 comunità su un territorio che ospita solo 400.000 abitanti). Guam sarebbe al secondo posto con 35 comunità (la popolazione cattolica dell'isola è di sole 115.000 unità). In Andorra vi sarebbero 20 comunità ed una popolazione pari a 70.000 abitanti.
Il Cammino Neocatecumenale nella Terra Santa
Durante l'incontro vocazionale in Galilea (Maggio 2009), Kiko Arguello ha descritto la situazione del Cammino Neocatecumenale in Israele e in Palestina. Ci sono circa trenta comunità che seguono denominazioni Cristiane varie e sono un esempio vivo del ecumenismo che ha praticato il Cammino Neocatecumenale nella Terra Santa negli ultimi anni.
Ci sono sette comunità del Rito latino in Jaffa, Tel Aviv, Gerusalemme, Nazaret, Betlemme e Cana.
La Chiesa cattolica greco-melchita (conosciuta anche come Melchita) ha dodici comunità in alcuni villaggi Palestinesi; tre ciascuno a Shefamer, Tarshiha e Melia, due ad Ibilin ed uno in Cana di Galilea. C'è anche un Seminario Redemptoris Mater del rito Melchita accanto al Domus Galilaeae in Galilea.
Due comunità seguono il rito Maronita a Gish e Haifa. Ci sono addirittura due comunità di espressione Ebraica a Haifa e Tel Aviv. Il Cammino Neocatecumenale nella Terra Santa ha cominciato anche nella chiesa greco-ortodossa.
Critiche
Il Cammino è stato in passato oggetto di critiche che hanno dato luogo a molteplici discussioni all'interno della Chiesa cattolica[47].
La polemica intraecclesiale tra parte del mondo cattolico ed il Cammino neocatecumenale riguardava, e in parte riguarda tuttora, principalmente due punti:
- l'aspetto liturgico: il Cammino avrebbe introdotto modifiche alla prassi liturgica comunemente accettata dalla Chiesa su questioni considerate delicate[48];
- l'aspetto pastorale: il contenuto delle catechesi (che non sono state ancora ufficialmente pubblicate, poiché ancora in esame presso le Congregazioni vaticane) sarebbe caratterizzato da eccessiva riservatezza, la durata effettiva del Cammino sarebbe eccessiva (talvolta vent'anni e più), l'importanza attribuita ai catechisti laici sarebbe talora maggiore di quella attribuita ai sacerdoti, etc.
Nel 1983 Giovanni Paolo II, in un discorso ai neocatecumenali, aveva detto: «Celebrate l'Eucaristia e, soprattutto, la Pasqua, con vera pietà, con grande dignità, con amore per i riti liturgici della Chiesa, con esatta osservanza delle norme stabilite dalla competente autorità, con volontà di comunione con tutti i fratelli [...] Il ministero della riconciliazione [...] è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene ministri sempre degni, pronti, zelanti, disponibili, pazienti, sereni, attenendovi con fedele diligenza alle norme stabilite in materia dall'Autorità ecclesiastica [...] in piena adesione al ministero e alla disciplina della Chiesa, con la confessione individuale, come ripetutamente raccomanda il nuovo Codice di Diritto Canonico [...] Non chiudetevi in voi stessi, isolandovi dalla vita della Comunità parrocchiale o diocesana [...] Pertanto le norme giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno osservate senza negligenze e senza omissioni»[49].
Risposte del Cammino neocatecumenale
I neocatecumenali hanno a lungo negato che le celebrazioni e le catechesi fossero svolte a porte chiuse, così come negano incomprensioni con altri movimenti ecclesiastici[50]; insistono sulla devozione mariana[51] e dichiarano che la percezione per cui ai sacerdoti venga attribuita una minore importanza sarebbe dovuta al fatto che questi possono frequentare il Cammino come tutti gli altri fratelli, pur avendo una formazione specifica e la vocazione di essere pastori del gregge. I neocatecumenali lamentano calunnie, equivoci (causati soprattutto dal fatto che le catechesi vengono esposte sempre oralmente e quindi col rischio di essere citate direttamente dal linguaggio parlato), inimicizie o asserendo la compatibilità della prassi del Cammino con il Magistero Pontificio e la Tradizione della Chiesa e ricordando le ripetute dichiarazioni di apprezzamento ricevute dagli ultimi Papi e da molti Vescovi e Cardinali, nonché l'approvazione definitiva dello Statuto da parte delle gerarchie ecclesiastiche[52]. È infatti la gerarchia cattolica stessa - nelle figure del Papa e delle Congregazioni Pontificie della Curia romana - a dover valutare la fedeltà del Cammino alla Chiesa.
Le critiche più comuni si rivolgono alla prassi liturgica del Cammino neocatecumenale in particolare alla celebrazione Eucaristica.
Taluni criticano la prassi del Cammino neocatecumenale di usare un altare o mensa "mobile" posta al centro dell'assemblea liturgica. In realtà le norme liturgiche vigenti, previste nell'Ordinamento Generale del Messale Romano, non lo proibiscono affatto, prevedendo infatti:
299. L'altare sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo: la qual cosa è conveniente realizzare ovunque sia possibile. L'altare sia poi collocato in modo da costituire realmente il centro verso il quale spontaneamente converga l'attenzione dei fedeli [116]. Normalmente sia fisso e dedicato.
Circa, invece, la possibilità di usare un altare mobile (non fisso) le norme liturgiche prevedono ai punti 297 e 298:
297. La celebrazione dell'Eucaristia, nel luogo sacro, si deve compiere sopra un altare; fuori del luogo sacro, invece, si può compiere anche sopra un tavolo adatto, purché vi siano sempre una tovaglia e il corporale, la croce e i candelabri
298. Conviene che in ogni chiesa ci sia l'altare fisso, che significa più chiaramente e permanentemente Gesù Cristo, pietra viva (1Pt 2,4; cf. Ef 2,20); negli altri luoghi, destinati alle celebrazioni sacre, l'altare può essere mobile.
Per quanto concerne i materiali da usare per l'altare mobile le norme liturgiche afferma il punto 301:
301. Secondo un uso e un simbolismo tradizionali nella Chiesa, la mensa dell'altare fisso sia di pietra, e più precisamente di pietra naturale. Tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può adoperare anche un'altra materia degna, solida e ben lavorata. Gli stipiti però e la base per sostenere la mensa possono essere di qualsiasi materiale, purché conveniente.
L'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materiale di un certo pregio e solido, confacente all'uso liturgico, secondo lo stile e gli usi locali delle diverse regioni.
Altre critiche giungono sulla prassi di usare il pane azimo spesso e grande anziché le più comuni ostie piccole e sottili. Anche su questo tema le norme liturgiche non proibiscono la possibilità di utilizzare il pane azimo più spesso. Le norme liturgiche contenute nell'Ordinamento Generale del Messale Romano affermano al punto 320:
320. Il pane per la celebrazione dell'Eucaristia deve essere esclusivamente di frumento, confezionato di recente e azimo, secondo l'antica tradizione della Chiesa latina.
Lo stesso Messale Romano, nella sua ultima versione riveduta nel 2007, su questo argomento afferma che «La natura di segno esige che la materia della celebrazione (il pane) si presenti veramente come cibo».
La prassi quindi di usare il pane per la Messa, in una forma più grande e spessa di quella usata comunemente, non solo non si oppone al principio illustrato dalle norme liturgiche ma lo realizza più pienamente.
Al punto 321 si afferma:
321. La natura di segno esige che la materia della celebrazione eucaristica si presenti veramente come cibo. Conviene quindi che il pane eucaristico, sebbene azimo e confezionato nella forma tradizionale, sia fatto in modo che il sacerdote nella Messa celebrata con il popolo possa spezzare davvero l'ostia in più parti e distribuirle almeno ad alcuni dei fedeli. Le ostie piccole non sono comunque affatto escluse, quando il numero dei comunicandi, o altre ragioni pastorali lo esigano. Il gesto della frazione del pane, con cui l'Eucaristia veniva semplicemente designata nel tempo apostolico, manifesterà sempre più la forza e l'importanza del segno dell'unità di tutti in un unico pane e del segno della carità, per il fatto che un unico pane è distribuito tra i fratelli
Nei seguenti paragrafi vengono presentate alcune delle osservazioni da parte di esponenti del clero e della gerarchia, antecedenti l'approvazione definitiva degli statuti da parte della Chiesa.[53]
Critiche da teologi
Una prima critica al Cammino[54] venne nel 1983 dal sacerdote e teologo mons. Pier Carlo Landucci (1900-1986), di cui è attualmente in corso la causa di beatificazione. Scriveva Landucci, nel 1983, che nel Cammino neocatecumenale non c'era alcuna posizione dottrinale o pratica cattolica che non fosse gravemente deformata. Il tutto presentato con impressionante grossolanità e confusione teologica e biblica, congiunte all'ostentato atteggiamento di acuta riscoperta e di suggestionanti prospettive di personale, elitario impegno e sacrificio.
Un'altra critica agli aspetti dottrinali, liturgici e pastorali del Cammino venne negli anni novanta dagli scritti del teologo e filosofo passionista Enrico Zoffoli (1915-1996), che scrisse diversi libri[55] in cui commentava delle bozze di catechesi neocatecumenali di cui era entrato in possesso. Nel suo Dizionario del Cristianesimo[56], alla voce Neocatecumenali, sosteneva che il loro fondo dottrinale fosse gravemente compromesso da errori che riguardavano i dogmi fondamentali del Cristianesimo; che in tali bozze si negasse il dogma della Redenzione, il carattere sacrificale della morte di Cristo e, quindi, il "Sacrificio dell'altare", con il relativo culto eucaristico (transustanziazione, adorazione); che nelle bozze si negasse la distinzione essenziale tra "sacerdozio ministeriale" e "sacerdozio comune", restando perciò soppressa la Gerarchia, fondata su questa distinzione; che nelle bozze si negasse il dovere e la possibilità dell'imitazione di Cristo; vi si alterasse gravemente la nozione di peccato, della Grazia, del libero arbitrio; che vi si sostenesse "un perdono" concesso a tutti da Dio e che ciò implicasse il rifiuto dell'inferno. Zoffoli concludeva sostenendo che la dottrina fondamentalmente errata del movimento costituisse una gravissima minaccia per tutti.
Osservazioni dalla gerarchia ecclesiastica, precedenti l'approvazione definitiva degli statuti
Prima dell'approvazione definitiva degli statuti da parte della Chiesa, altre critiche al Cammino provennero da alcuni membri della gerarchia ecclesiastica[57].
Nel novembre 1986, il vescovo di Brescia Bruno Foresti rilevava[58] tra le comunità neocatecumenali:
- una visione pessimistica dell'uomo;
- un clima di soggezione psicologica ed un'atmosfera di esclusivismo;
- un certo discredito per la religiosità degli altri;
- una scarsa attenzione sulla disciplina relativa all'amministrazione dei sacramenti;
- l'eccessiva dipendenza dei sacerdoti neocatecumenali dal Cammino e la loro comune disattenzione ai richiami del Vescovo.
Nel 1995, il cardinale di Firenze Silvano Piovanelli accusava[59] «rigidità e chiusure» che avevano portato a «tensioni molto acute» nelle parrocchie dove il Cammino era presente, chiedendo ai neocatecumenali di «interrogarsi sul proprio modo di esprimersi e di presentarsi», di superare «la tentazione di credersi migliore degli altri», evidenziando il «contrasto» tra i «recenti documenti del Magistero» e la norma del Cammino di celebrare la Messa festiva il sabato sera.
Il 22 febbraio 1996, il cardinale Salvatore Pappalardo, come ultimo atto di governo dell'arcidiocesi di Palermo, vietò[60] agli aderenti del Cammino la celebrazione di Messe «precluse agli altri fedeli»; scrisse inoltre che «il Cammino, da solo, non è la Chiesa» chiedendo pertanto che il Cammino «non si distacchi dalle liturgie eucaristiche comuni».
Nel 1996 Basil Hume, arcivescovo di Westminster e presidente della Commissione Episcopale dell'Inghilterra e del Galles, si rifiutò[61] di ordinare preti quindici seminaristi di formazione neocatecumenale. La motivazione fu che tali seminaristi, una volta ordinati, avrebbero avuto come punto di riferimento i capi delle loro comunità anziché il proprio vescovo[62].
Nel 1997 Mervyn Alban Alexander, vescovo di Clifton (Inghilterra), proibì[63] il Cammino neocatecumenale nella sua diocesi dichiarando che catechesi ed evangelizzazione del Cammino non erano «né benefici né appropriati per la diocesi».
L'arcivescovo di Catania, mons. Luigi Bommarito, scrisse nel dicembre 2001 una lettera critica rivolta proprio ai membri del Cammino neocatecumenale.[64]
Molte delle critiche passate di singoli membri della gerarchia possono essere considerate come prese di posizioni individuali superate dall'approvazione dello Statuto definitivo da parte della Curia romana.
Richiami successivi all'approvazione degli statuti
Con un decreto[65] del 21 gennaio 2009, Benigno Papa, vescovo di Taranto, ordinò che l'Eucarestia fosse celebrata sull'unico altare dedicato o benedetto e nelle chiese parrocchiali o nei luoghi di culto in cui ha sede l'ordinaria vita della piccola comunità. Decretò inoltre che gli interventi di testimonianza e le cosiddette "risonanze alla Parola" fossero riservati alla Celebrazione settimanale della Parola e che, essendo compito proprio del diacono, aiutato dall'accolito o ministrante, preparare la mensa dell'altare per l'offertorio, non è consentito ad alcun fedele dell'assemblea svolgere questo servizio.
Liturgia
Gli Statuti approvati dalla Chiesa in forma definitiva nel 2008, entrano nel merito delle particolarità liturgiche del Cammino neocatecumenale specificandone le concessioni:
- i neocatecumenali celebrano l'Eucarestia in piccole comunità dopo i primi vespri della domenica (sabato sera);
- le celebrazioni dell'Eucaristia delle comunità neocatecumenali al sabato sera fanno parte della pastorale liturgica domenicale della parrocchia e sono aperte anche ad altri fedeli;
- per quanto concerne la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, i neocatecumenali la ricevono in piedi, restando al proprio posto.
Nel passato, sono state fonte di preoccupazione per la gerarchia ecclesiastica le particolarità in campo liturgico[66]. I neocatecumenali hanno sostenuto come sia Giovanni Paolo II sia l'allora cardinale Joseph Ratzinger abbiano personalmente celebrato la Messa con le comunità neocatecumenali ma, come per gli elogi e gli incoraggiamenti, tali eventi non sono in sé giuridicamente significativi[67]. A distanza di quasi ventitré anni dalla raccomandazione di osservare «le norme liturgiche» «senza negligenze e senza omissioni»[68], il 1º dicembre 2005 la Congregazione del Culto divino, a firma del cardinale Francis Arinze, ha inviato una lettera[69] a Kiko Argüello, Carmen Hernández e padre Mario Pezzi per comunicare le «decisioni del Santo Padre» a proposito delle liturgie del Cammino neocatecumenale, raccomandando di seguire «i libri liturgici approvati, senza omettere né aggiungere nulla»[70] e richiedendo, fra le altre cose[71]:
- che «almeno una domenica al mese» le comunità del Cammino partecipino alla Messa della parrocchia;
- che le «eventuali monizioni» previe alle letture della Messa siano «brevi»;
- che l'omelia sia «riservata al sacerdote o al diacono»;
- che il modo di ricevere la Santa Comunione diventi entro «un tempo di transizione (non più di due anni)» (ossia entro dicembre 2007) lo stesso di tutta la Chiesa.
Sul sito ufficiale del Cammino è presente un'interpretazione[72] di Giuseppe Gennarini (responsabile del Cammino per gli Stati Uniti e per i rapporti con la stampa.
La lettera del cardinale Arinze segue di pochi giorni l'incontro di Argüello, Hernández e padre Pezzi prima con la Congregazione del Culto Divino e subito dopo con papa Benedetto XVI[73]. Gli iniziatori del Cammino invieranno il 17 gennaio successivo una lettera[74] di risposta a papa Benedetto XVI, dichiarandosi «contentissimi delle "norme"» ricevute ed esprimendo «gratitudine», dichiarando che «ogni èquipe di catechisti itineranti parlerà con il Vescovo di ogni Diocesi per concordare» la partecipazione dei neocatecumenali alla Messa parrocchiale «almeno una volta al mese», e ringraziando per «i due anni»[75] concessi per adeguarsi al «modo della distribuzione della Comunione»[76].
In una catechesi tenuta ai neocatecumenali di Madrid il 22 febbraio 2006, Kiko Argüello comunque sostiene[77] che la lettera di Arinze conterrebbe concessioni e conferme «alla Messa del Cammino che si celebra ogni domenica da più di trent'anni[78]».
Da un punto di vista giuridico l'approvazione definitiva degli Statuti essendo successiva alla lettera di Arinze, ed essendo uno statuto ecclesiale una fonte di diritto canonico di grado superiore ad una lettera di una congregazione supera e fa testo anche per quanto attiene al tema della Liturgia.
I fuoriusciti
Critiche al Cammino neocatecumenale provengono da alcuni fuorisciti dal movimento. Le critiche riguardano principalmente:
- presunti casi di plagio psicologico[79][80]
- una presunta tendenza ad incoraggiare matrimoni endogamici che riguarderebbe gli aderenti non sposati[81][82]. Tale presunto "obbligo di endogamia", tuttavia, non risulta dall'analisi dei documenti del Cammino, ad esempio non se ne fa mai menzione nello Statuto né negli Orientamenti alle Équipes di Catechisti [83] né nel sito Web ufficiale del movimento;
- la struttura dottrinale e rituale ritenuta eccessivamente rigida e accusata di essere orientata a scoraggiare i dubbi religiosi degli aderenti[84] facendo leva sui sensi di colpa e le paure [85].
Terminologia tipica del Cammino
Tra i componenti del Cammino si è formata da tempo una terminologia tipica, spesso legata alle catechesi e ai discorsi del fondatore, o a particolari celebrazioni o eventi.
- Il termine sperimentare indica l'avere una esperienza palpabile di qualcosa nel contesto di una situazione vissuta. Gran parte del Cammino si basa sulla esperienza personale del fedele rapportata a Dio. Spesso questo è indicato come la storia che Dio fa con te, il progetto e la relazione che intercorre tra l'esistenza di un uomo e Dio.
- Il termine lontani si riferisce a chi è lontano dalle leggi di Dio, apostata, pagano o idolatra, non necessariamente estraneo alla chiesa stessa.
- Il termine convivenza indica un ritiro spirituale di uno o più giorni, nel quale i partecipanti con-vivono, cioè stanno insieme in un clima di preghiera e di condivisione allo scopo di alimentare la comunione fraterna nella propria comunità, condividere l'esperienza di vita alla luce della Parola di Dio e, mediamente una volta l'anno, incontrare i propri catechisti nelle tappe che caratterizzano lo svolgersi del catecumenato post-battesimale.
- Il termine alzarsi viene utilizzato per indicare gli individui o la famiglia quando sentono il desiderio di offrire la propria vita per il Vangelo e quindi, in occasione di opportuni incontri fatti con gli iniziatori del cammino, con i propri catechisti o in comunità, a seguito di un appello generale[86] si alzano rendendosi visibili ai fratelli mostrando apertamente la propria disponibilità in risposta alla chiamata di Dio. Questa disponibilità sarà poi vagliata dalla Chiesa in opportuni incontri vocazionali.
- Secondo il racconto di fuorisciti dal movimento, all'interno del Cammino neocatecumenale sarebbe inoltre in uso il termine figlie di Israele.[87] con riferimento alle donne nubili aderenti al Cammino. Ciò tuttavia non risulta dall'analisi dei documenti del Cammino (ad esempio non se ne fa mai menzione nello Statuto né nelle oltre mille pagine che costituiscono gli Orientamenti alle Équipes di Catechisti[83]) né tale espressione compare mai nell'intero sito Web ufficiale del movimento.
Recenti sviluppi
In Rwanda, nell'ottobre del 1994, il sacerdote Justin Furaha[88] ed altre decine di persone tra sacerdoti, suore e laici appartenenti al Cammino, furono uccisi durante il genocidio ruandese in quanto cristiani appartenenti all'etnia Tutsi.
Famiglie in Missione (gennaio 2006)
Il 12 gennaio 2006, duecento famiglie neocatecumenali che sono state mandate da Kiko ad evangelizzare la Francia, il Belgio, la Germania, la Cina, l'Australia e altri paesi, hanno incontrato Benedetto XVI, che ha dato un saluto speciale e una benedizione ai membri del Cammino e alle famiglie appena mandate nella Missione.
Attualmente, ci sono più di 500 famiglie neocatecumenali nel Mondo.[89]
Una lettera al Papa (gennaio 2007)
Il 17 gennaio 2007, Kiko Argüello, Carmen Hernández e padre Mario Pezzi hanno mandato a papa Benedetto XVI una lettera[90] dove hanno manifestato il loro apprezzamento per la concessione di un periodo di due anni per la transizione.
Incontro del Papa con il Clero (febbraio 2007)
Giovedì 22 febbraio 2007, papa Benedetto XVI ha incontrato il clero di Roma e ha parlato brevemente del Cammino neocatecumenale mentre stava rispondendo ad una domanda di padre Gerardo Raul Carcar, che ha chiesto un consiglio su come poter integrare i movimenti per sviluppare un ministero reale di unità nella Chiesa Universale.
Il Papa ha risposto:
« | In ogni caso, Io ho conosciuto i neocatecumenali fin dall'inizio. È stata una strada lunga, con complicazioni che esistono fino a oggi, però abbiamo trovato una forma ecclesiale che ha già migliorato la relazione tra il parroco e il Cammino. Stiamo andando avanti così! Lo stesso fu detto per gli altri movimenti. » |
Il Papa ha dato due indicazioni per aiutare i movimenti a crescere: rispetto per il carisma e integrazione con il servizio della Chiesa.[91]
Lettera dai vescovi della Terra Santa (febbraio 2007)
Tre giorni dopo, il 25 di febbraio, i vescovi cattolici della Terra Santa hanno scritto una lettera di invito per il Cammino Neocatecumenale[92].
L'Arcivescovo melchita invita il Cammino neocatecumenale
Nel marzo del 2007, Elias Chacour (arcivescovo melchita di Akka) in Galilea, Israele, ha proposto la fondazione di un nuovo ramo del Cammino neocatecumenale per lavorare specificamente nella Chiesa orientale, "Ho pregato e ho cercato qualcuno o qualche comunità per predicare la buona notizia nelle mie parrocchie."
Abuna Elias Chacour ha, inoltre affermato: "Noi conosciamo l'albero dai suoi frutti, e dopo di diversi mesi di lavoro eccezionale nelle diverse parrocchie della diocesi melchita cattolica, il vostro gruppo ha dato frutti eccellenti.... Sarò felice di considerare anche un settore del Cammino neocatecumenale da far entrare nella nostra Chiesa".
Padre Rino Rossi, in un'intervista a ZENIT, ha dichiarato di aver ricevuto la lettera con grande gioia: "Abbiamo anche noi il senso di urgenza di cui ha parlato l'arcivescovo Chacour di evangelizzare "le pietre vive" nella terra del Signore."[93]
Nell'occasione è stata annunciata l'apertura di un seminario Redemptoris Mater di rito melchita in Terra Santa, prevista per il 2008.
Dottorato honoris causa in Sacra Teologia del Matrimonio e Famiglia conferito a Kiko Argüello
Il 13 Maggio 2009, il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, con sede presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, ha consegnato a Kiko Argüello il dottorato honoris causa in Sacra Teologia del Matrimonio e Famiglia per la "piena valorizzazione della famiglia come soggetto ecclesiale e sociale, in piena consonanza con l'ideologia di Giovanni Paolo II".
Con questo riconoscimento, l'Istituto, fondato da Papa Giovanni Paolo II, riconosce il contributo teologico e pastorale del Cammino Neocatecumenale nell'opera di difesa della famiglia, attaccata oggi da una cultura "antifamiliare".
Note | ||||
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Bibliografia | ||||
La diffusione dei ciclostilati delle catechesi di Kiko e Carmen è stata per anni riservata ai soli catechisti del Cammino (Cfr. Gino Conti, Un segreto svelato. Note di commento al testo "Orientamenti alle èquipes di catechisti per la fase di conversione", edizioni Segno, 1997, p. 14). Alcuni testi in italiano sono reperibili sul sito critico di Gino Conti su geocities.com (archiviato). Tra i testi:
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Collegamenti esterni | ||||
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