Beato Diego Giuseppe da Cadice
Beato Diego Giuseppe da Cadice, O.F.M. Cap. Presbitero | |
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al secolo José Francisco López-Caamaño y García Pérez | |
Beato | |
Età alla morte | 57 anni |
Nascita | Cadice 30 marzo 1743 |
Morte | Ronda 24 marzo 1801 |
Vestizione | Cadige, 1757 |
Professione religiosa | 31 marzo 1759 |
Ordinazione presbiterale | Carmona, 13 giugno 1767 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 11 aprile 1894, da Leone XIII |
Ricorrenza | 24 marzo |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 24 marzo, n. 7:
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Il Beato Diego Giuseppe da Cadice, al secolo José Francisco López-Caamaño y García Pérez (Cadice, 30 marzo 1743; † Ronda, 24 marzo 1801) è stato un presbitero spagnolo, appartenente all'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, grande predicatore nelle missioni popolari.
Biografia
Nacque il 30 marzo 1743 a Cadice da Giuseppe Lopez Caamano e da Maria Garcia Pérez di Rendón, entrambi nobili decaduti. A nove anni, essendo rimasto orfano di madre fu affidato dal padre, passato a seconde nozze, a un sacerdote affinché apprendesse il latino, ma scarso fu il profitto perché tardo d'ingegno e balbuziente. Il padre, confidando nello sviluppo del figlio, lo mandò a studiare a Ronda sotto la direzione dei Frati Predicatori, ma se lo vide, con tristezza, rimandare in famiglia; per la poca attitudine che manifestava allo studio.
Giuseppe, pur essendo pio e ubbidiente, non si sentiva chiamato alla vita religiosa ma nel 1756, a tredici anni, entrò nella chiesa di un convento cappuccino e, sentendo i frati cantare la Liturgia delle Ore, si sentì riempire l'anima di una gioia così grande che, come scriverà in una lettera, la cosa lo portò alla decisione di farsi frate cappuccino.
Il padre Provinciale, in visita al convento di Cadice, lo esaminò e, contrariamente al parere del padre Guardiano, lo ritenne sufficientemente istruito per mandarlo a fare il noviziato a Siviglia, dove il 15 novembre 1757 vestì l'abito religioso e assunse il nome di fra Diego. Durante l'anno di prova non mancarono al novizio tribolazioni e turbamenti, ma li vinse lasciandosi docilmente guidare dai superiori e osservando diligentemente le regole. Appena emise la professione solenne, cominciò lo studio della filosofia, ma non vi fece molto progresso perché si sentiva più portato per la poesia. Quando giunse a studiare il trattato di Dio e dei suoi attributi, fra Diego sentì un desiderio tanto veemente ad approfondire la verità rivelata che riguadagnò il tempo perduto e meritò di essere ordinato presbitero il 13 giugno 1767.
Per il resto della sua vita il beato percorse la Spagna per evangelizzare in tutte le forme città e villaggi e confutare gli errori prima dell'enciclopedia e poi della rivoluzione francese. I vescovi facevano a gara per averlo nella propria, per i copiosi frutti spirituali che ovunque raccoglieva. La sua predicazione varia, semplice, ma anche sostenuta, aveva del prodigioso. Anche le università, le accademie, le famiglie religiose e persino la corte lo volevano udire. Padre Guerrero, O.P., che a Ronda lo aveva avuto condiscepolo, un giorno volle andare a udirlo. Ne rimase tanto ammirato che, dopo il sermone, si sentì in dovere di fargli i suoi complimenti. Il Beato gli rispose con molta umiltà:
« | Tu lo vedi, mio caro, non vi è niente del mio. Iddio ha voluto operare questo in me, perché risplenda di più il suo potere » |
Fra Diego era alto di statura e ben proporzionato e percorreva la Spagna camminando sempre a piedi scalzi, rivestito soltanto di una ruvida tonaca di lana. Amante della povertà, non portava con sé alcuna cosa per non legare, diceva, le mani alla Provvidenza. Poiché odiava il denaro più che un serpente velenoso, non accettava compensi alle sue fatiche ma, quando saliva sul pulpito, anche le chiese più vaste erano troppo piccole per contenere tutta la gente che accorreva ad ascoltarlo. Spesso di doveva collocare il pulpito in mezzo alla piazza o sopra una altura, per dare a tutti modo di udire la parola di Dio. Sovente doveva essere scortato da soldati per impedire che la gente lo opprimesse. A un eretico fu chiesto che cosa pensasse del missionario apostolico. Rispose:
« | Questo frate preme molto; è necessario o non udirlo o credere » |
Del resto fra Diego stesso scrisse al suo direttore spirituale;
« | Vorrei spargere il sangue e dare mille vite se le avessi, in difesa della fede e della santa Chiesa, che me le propone e insegna » |
Con la predicazione fra Diego mirava a togliere abusi, scandali, stampe oscene e soprattutto a mettere la pace nelle famiglie. Per riuscire più sicuramente nell'intento non saliva sul pulpito senza avere prima recitato una terza parte del rosario e non concludeva la missione senza avere tenuto almeno una predica su Maria Santissima che venerava sotto il titolo di Immacolata, Madonna della Pace e Divina Pastora, di cui faceva esporre le immagini nelle case e nelle chiese. Furono così visti protestanti farsi cattolici, illustri cittadini farsi religiosi, monasteri dissipati diventare ferventi, presbiteri scandalosi ritornare zelanti, governatori di città costruire opere di pubblica beneficenza per i poveri e i malati.
Dio a fra Diego, oltre il dono della parola, aveva dato anche il dono della profezia, del discernimento degli spiriti e soprattutto il dono dei miracoli. Nel 1785 mentre si trasferiva a Guadix per una missione, chiese alloggio a poveri coloni. Appena si diffuse la notizia, i parenti di una donna cieca e paralitica gliela condussero a dorso di un'asina, perché la benedicesse. Fra Diego pregò per l'inferma ed ella recuperò all'istante la vista e l'uso delle gambe. Un'altra volta si racconta che fu costretto a chiedere alloggio in una fattoria. Ai vaccari che trovò, fra Diego rivolse come al solito una buona parola, ma uno di loro, che non si confessava da 9 anni lo derise. La mattina dopo, mentre conduceva il bestiame al pascolo, ebbe la sfrontatezza di dire al frate:
« | Padre, vede quel toro? Se riesce a farlo mettere in ginocchio, mi confesserò io pure » |
Investito dallo spirito di Dio il Beato si rivolse all'animale e gli disse: Fratello toro, fermati!. L'animale furente si arrestò all'istante. Fra Diego gli si accostò e il toro si mise in ginocchio tra lo stupore dei vaccari. Alla vista di quel prodigio, il peccatore detestò i propri trascorsi e chiese la confessione.
Papa Pio VI informato del bene immenso che fra Diego compiva in Spagna, con motu proprio gli diede facoltà di concedere indulgenze parziali e plenarie a suo giudizio e lo nominò consultore straordinario del Supremo Consiglio di santa romana Chiesa esistente in Bologna. L'esempio del Papa venne imitato dai vescovi di tutta la Spagna. Il cardinale Delgado, arcivescovo di Siviglia, suggerì al re Carlo III di farlo nominare vescovo di una diocesi, ma il sovrano gli rispose:
« | Lasciamolo nel suo ministero, così, invece di circoscrivere la sua missione a una diocesi, lo avremo vescovo di tutto il regno » |
Più tardi, in seguito a tante insistenze, gli offrì il vescovato di Ceuta, ma padre Diego lo rifiutò limitandosi a suggerirgli la persona più adatta per quella sede.
Padre Diego ebbe onorificenze da quasi tutte le cattedrali di Spagna e dalle principali città, titoli accademici da molte università, il titolo di Grande di Spagna, d'Inquisitore, di vicario generale della armata e di predicatore soprannumerario della corte da parte di Carlo III, di prefetto del consiglio di gabinetto da parte delle corti di Napoli e di Portogallo. Il Beato confidò a un sacerdote suo amico che stima facesse di tanti riconoscimenti scrivendogli;
« | Ella già sa di quanti onori non meritati hanno voluto caricare questo somaro. Ho sempre tremato che il demonio, scaltro com'è, non mi togliesse la stima che di me debbo avere di uomo inetto e vile... La regina di tutti, Maria, che ho sempre pregato di mantenermi nell'umiltà, ha esaudito la mia preghiera » |
Fra Diego predicò la parola di Dio finché le forze lo sostennero. Cadde gravemente malato nel mese di marzo 1801 mentre predicava a Ronda. Ai medici che lo curavano disse che quella sarebbe stata la sua ultima malattia e al confratello laico che lo assisteva fece capire che sarebbe andato a celebrare la festa dell'incarnazione del Verbo in paradiso. Difatti morì, assistito dal parroco, il 24 marzo 1801 dopo avere molte volte sospirato:
« | O mio dolce Gesù, ben tu sai che io ti amo » |
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