Giacobbe
Giacobbe Personaggio dell'Antico Testamento | |
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Filippino Lippi, Giacobbe (1487-1502), affresco; Firenze, Basilica di S. Maria Novella, cappella Strozzi, volta | |
Nascita | Hebron |
Morte | Egitto ? |
Venerato da | Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi |
Ricorrenza | 24 dicembre |
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Giacobbe, in lingua ebraica Yaʿaqov o Ya'ãqōb, lingua greca ᾿Ιακώβ, Iakób, lingua latina Iacob[1][2] (Hebron; † Egitto, ...), è uno dei Padri dell'Ebraismo nonché eroe eponimo del popolo di Israele: infatti venne soprannominato dall'Altissimo stesso "Israele" in quanto "lottò col Signore e vinse", dalla radice shr, lottare, ed El, Signore. Le sue vicende sono narrate nel libro della Genesi (25,24-49,33).
Moglie, genitori, fratello
Secondo storici del periodo matriarcale, Israele significa «uomo, ish, di Rachele, Rahel», poiché egli era marito di Rachele. In questa concezione quindi è Rachele a essere matriarca eponima di Israele; tuttavia la grafia in questo caso è diversa, in quanto si dovrebbe scrivere ish-rach-el invece di Ish-ra-el.
Giacobbe era figlio di Isacco e di Rebecca e fratello gemello di Esaù, che nacque però per primo. Esaù era il favorito di Isacco, mentre Giacobbe della madre Rebecca. Mentre Esaù divenne un cacciatore, Giacobbe mostrava un temperamento tranquillo.
Con l'inganno Giacobbe riuscì ad acquistare da Esaù affamato la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie (Gen 25,29-34 )[3]; in seguito, quando Isacco era in punto di morte, approfittando della momentanea assenza del gemello, carpì la benedizione prevista per Esaù indossando una pelliccia di animale, così da poter passare per il fratello, che era molto peloso. Per sottrarsi all'ira di Esaù fuggì presso suo zio Labano.
Il sogno della scala di Giacobbe
Una notte, durante il viaggio, Giacobbe fece un sogno: una scala da terra si protendeva sino in cielo, con angeli che salivano e scendevano. Nel sogno Dio gli parlava, promettendogli la terra sulla quale era coricato e un'immensa discendenza. Giacobbe chiamò il luogo dove era accampato Betel. Giunto da Labano si innamorò di sua figlia Rachele. Per concederla in matrimonio a Giacobbe, Labano gli impose di servirlo per sette anni.
Betel in lingua ebraica significa la "Casa del Padre" (Bet-El), ed ha un significato simile a quello di Babele ("Porta di Dio", Bab-El).
Al termine dei sette anni, Labano però pretese di dargli in sposa la maggiore, Lia, secondo il costume locale e per avere anche Rachele dovette servire Labano per altri sette anni. Infine Giacobbe riuscì ad avere Rachele e dalle due mogli e dalle ancelle ebbe complessivamente dodici figli, dalla cui discendenza avranno origine le dodici tribù di Israele. Nei secondi sette anni di pastorizia per Labano, Giacobbe adottò principi di genetica per distinguere i suoi armenti, attraverso la differenza nella pezzatura dei velli appositamente selezionata e per mezzo della scelta dei capi costituzionalmente più robusti e prolifici (Gen 30,31-42 ). Giacobbe infine si riconciliò con Esaù.
Con la visione della scala di Giacobbe si sottolinea la cura continua di Dio nei suoi confronti e nello stesso tempo dimostra la mistica unione della terra con il cielo (la mistica posteriore ha visto nella scala una preghiera di contemplazione che eleva l'anima fino a Dio).
La lotta con l'angelo (teomachia)
La notte prima dell'incontro ebbe una misteriosa lotta ("teomachia") con un uomo fino all'alba (Gen 32,24-34 ). Vedendo che non riusciva a vincerlo, l'uomo lo colpì al nervo sciatico rendendolo claudicante, ma Giacobbe continuò a lottare, finché l'uomo gli chiese di lasciarlo andare. A quel punto Giacobbe gli chiese la benedizione e l'uomo gli mutò nome in Israele (che in ebraico significa uomo che vide Dio o uomo che lotta con Dio)[4][5][6]. Da questo episodio nasce il divieto, previsto dalle norme di casherut, di cibarsi di carne (ovviamente di animali permessi) da tagli attraversati dal nervo sciatico.
Giacobbe e il figlio Giuseppe
La storia di Giacobbe si intreccia con quella del figlio prediletto Giuseppe. Questi, dopo essere stato venduto dai fratelli e creduto morto dal padre, divenne ministro del faraone e negli anni delle vacche magre fece trasferire le Tribù di Israele e Giacobbe stesso in Egitto per sfuggire alla carestia. Giacobbe prima di morire benedisse i vari figli con benedizioni particolari e fu seppellito con gli altri patriarchi Abramo e Isacco nel campo di Macpela
Come tutti i padri veterotestamentari, Giacobbe è venerato come santo dalla Chiesa cattolica il giorno 24 dicembre.
Significato del nome
Il nome "Giacobbe" significa "il soppiantatore":[7] esso deriva da ageb ossia "tallone", "calcagno" e più specificamente "afferrare per il calcagno o soppiantare"; fu chiamato così poiché, «al momento del parto, teneva con la mano il calcagno di Esaù, fratello gemello (Gen 25,26 ), nato per primo e quindi destinatario del diritto di primogenitura.»[8]
Genealogia di Giacobbe
Giacobbe è riportato in entrambe le genealogie di Gesù presenti nei vangeli di Matteo e Luca, dove risulta essere nipote di Abramo e figlio di Isacco, padre di Giuda e nonno di Fares.
Alcuni passi biblici divergono in merito al numero di figli che avrebbe avuto Giacobbe:
- (Gen 46,26-27 ): Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, uscite dai suoi fianchi, senza le mogli dei figli di Giacobbe, sono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto sono due persone. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, sono settanta.
- Esodo (Es 1,5 ): Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava già in Egitto.
- Atti (At 7,14 ): Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua parentela, settantacinque persone in tutto.
Sepoltura
Simili divergenze si trovano in merito al luogo della sepoltura di Giuseppe:
- (Gen 50,13 ): I suoi figli lo portarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efron l'Hittita e che si trova di fronte a Mamre.
- (At 7,15-16 ): E Giacobbe si recò in Egitto e qui egli morì come anche i nostri padri; essi furono poi trasportati in Sichem e posti nel sepolcro che Abramo aveva acquistato e pagato in denaro dai figli di Emor, a Sichem.
Il Dio di Giacobbe
I biblisti e gli ebraisti riportano almeno un paio di specifici motivi per pensare alla figura di Giacobbe e al suo rapporto col divino come emblema di una tipologia spirituale del tutto particolare, all'interno di una tripartizione che chiama in causa anche i primi due patriarchi ebrei.
« | Un allievo chiese al Maestro: "Perché è detto Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe (Es 3,6 )[9] e non il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe?" E il Maestro rispose: "Perché Isacco e Giacobbe non si appoggiarono sulla ricerca e il servizio di Abramo, ma ricercarono da sé l'unità del Creatore e servirono Dio in modo diverso da Abramo". Ecco la via dell'individuazione. » | |
(Roberto Della Rocca, Identità e alterità nel pensiero ebraico, in In principio Dio creò, in Humanitas 53 (4-1998), p. 653)
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« | Nella tradizione ebraica, le tre preghiere [quotidiane] vengono assegnate ciascuna a uno dei tre Patriarchi. La preghiera della sera ('aravît) si considera istituita da Giacobbe, [...] perché si dice: Si incontrò con il Luogo e vi passò la notte, poiché il sole era tramontato (Gen 28,11 ). » | |
(Alberto Mello, Abramo, l'uomo del mattino, in Il tempo, PSV-parole spirito e vita 36 (2-1997), p. 37)
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Nella letteratura
La figura di Giacobbe è ricordata in diverse opere letterarie. Dante lo cita nel IV canto dell'Inferno, dove si legge che Cristo, quando discese agli inferi, trasse fuori dal limbo i giusti dell'Antico Testamento e tra questi
« | Israèl con lo padre e cò suoi nati e con Rachele, per cui tanto fé » | |
(v. 59-60)
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Giacobbe compare anche nell'Inno ai patriarchi, ottavo tra i Canti di Giacomo Leopardi. In particolare, vengono ricordari l'episodio biblico (Genesi 29,9-12 ) in cui Giacobbe incontra per la prima volta Rachele, figlia di Làbano e se ne innamora e inoltre i quattordici anni di servitù sopportati pur di averla in moglie:
« | [Dirò] quale, o figlio Della saggia Rebecca, in su la sera, Presso al rustico pozzo e nella dolce Di pastori e di lieti ozi frequente Aranitica valle, amor ti punse Della vezzosa Labanide: invitto Amor, ch'a lunghi esigli e lunghi affanni E di servaggio all'odiata soma Volenteroso il prode animo addisse. » | |
(vv. 78-86)
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Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
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Collegamenti esterni | |
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