Utente:Elvezio Del Pietro/Santa Eustochio

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Santa Eustochia Calafato, O.S.C.
Religiosa
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al secolo Smeralda
battezzata
Santa
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Titolo
Incarichi attuali
badessa
Età alla morte 50 anni
Nascita Annunziata di Messina
25 marzo 1434
Morte Messina
20 gennaio 1485
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Professione religiosa 1449
Ordinato diacono
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Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
Elezione
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerata da Chiesa cattolica
Venerabile il [[]]
Beatificazione 14 settembre 1782, da Pio VI
Canonizzazione 22 giugno 1988, da Giovanni Paolo II
Ricorrenza 20 gennaio
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrona di
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
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Collegamenti esterni
Invito all'ascolto
Firma autografa
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 20 gennaio, n. 9:
« A Messina, santa Eustochio Calafato, vergine, badessa dell'Ordine di Santa Chiara, che si dedicò con grande ardore a ripristinare l'antica disciplina della vita religiosa e a promuovere la sequela di Cristo sul modello di san Francesco. »

Santa Eustochia Calafato, al secolo Smeralda (Annunziata di Messina, 25 marzo 1434; † Messina, 20 gennaio 1485) è stata una religiosa e fondatrice italiana, appartenente all'ordine delle monache clarisse. Fondò il convento di stretta osservanza di Monteverginefu nel messinese e ne fu la prima badessa..

Biografia

Infanzia

Nacque il 25 marzo 1434 in una stalla nel villaggio dell'Annun­ziata, oggi rione di Messina. Era la quarta dei sei figli di Bernardo Cofino, detto Calafato, ricco mercante messinese, e di Mascalda Ro­mano Colonna, donna molto devota e affiliata al Terz'Ordine di san Francesco. Al battesimo ricevette il nome di Smeralda.

Difficoltà

La giovane crebbe devota come la madre: una visione del crocifisso, avuta in una chiesa, la convinse a darsi completamente al Signore, ma le difficoltà che dovette superare, prima di raggiungere questo proposito, furono notevoli. Il padre, nel 1444, la promise sposa a un anziano e ricco commerciante che morì prima delle nozze. La bella e giovanissima figlia fu promessa a altri pretendenti, ma Smeralda li rifiutò tentando anche fughe da casa. Il suo desiderio si realizzò solo dopo la morte improvvisa del padre, avvenuta durante un suo viaggio di affari in Sardegna nel 1448. Smeralda chiese, allora, di entrare fra le Cla­risse di san Maria di Basicò a Messina. Le suore, però, intimorite dai famigliari, che avevano minacciato di dar fuoco al convento se avessero accettato la richiesta di Smeralda, si rifiutarono di accoglierla.

Vestizione

L'insistenza della giovane risoluta ebbe ragione dell'opposizione dei fratelli e alla fine del 1449 entrò nel convento delle Clarisse di santa Maria di Basicò. Alla vestizione assunse il nome di Eustochia. Durante il noviziato la giovane si distinse per pietà, preghiera e pratica delle virtù. I suoi progressi nella via di perfezione furono così evidenti da attirare su di se l'ammirazione, la stima e la venerazione delle consorelle.

Oltre alla sua personale perfezione, suor Eustochia desiderava ardentemente che tutta la comunità fosse rispettosa dell'osservanza della regola. In quegli anni, purtroppo, la badessa suor Flos Milloso, aveva sottratto il monastero dalla direzione spirituale degli Osservanti, e pur non trascurando le necessità spirituali delle suore, era molto invischiata negli affari terreni e temporali e lo stile di vita delle religiose del monastero era lungi dall'essere austero. Tutto ciò aveva creato profondo disappunto nelle suore più sensibili e in particolare in suor Eustochia, e poiché a nulla valsero gli sforzi di ricondurre all'originale disciplina della Prima regola di santa Chiara[1] la vita della comunità, la Santa e altre sue sorelle decisero di cercare altrove quanto mancava a Basicò.

Stretta osservanza

Nel 1457 suor Eustochia si rivolse direttamente alla Santa Sede perché le fosse consentito di fondare un nuovo monastero. Papa Callisto III, col decreto del 18 ottobre 1457, ne accolse le richiese. La santa, sostenuta dalla madre, dalla sorella e dal nobile messinese Bartolomeo Ansatone, acquistò l'ex ospedale dell'Accoman­data come sede del nuovo monastero. Nonostante l'opposizione di superiori e consorelle vi entrò nel 1460 con la madre, la sorella Mita, la nipote Paola di undici anni e le consorelle Jacopa Pollicino e Lisa Rizzo.

La nuova comunità visse nel monastero dell'Accomandata per circa tre anni tra grandissime difficoltà. I parenti della consorella Jacopa, di alto lignaggio, cercarono in tutti i modi di frapporre difficoltà, tanto che persino i frati minori dell'Osservanza, da cui le suore dipendevano, si rifiutarono per molto tempo di celebrarvi la messe e i sacramenti. Abbandonata da tutti, suor Eustochia si rivolse di nuovo a Roma, ottenendo nel 1461 da Papa Pio II un nuovo Breve, in seguito al quale l'arcivescovo di Messina Giacomo Tedesco impose ai Frati Osservanti, sotto pena di scomunica, di assumere la cura spirituale delle suore riformate. A queste difficoltà di ordine organizzativo si aggiunse anche la rovinosa caduta del tetto della chiesa.

Nel 1464, le Clarisse Riformate, con il sostegno finanziario di Bartolomeo Ansatone, poterono tra­sferirsi a Montevergine, nella casa di una congregazione del Terz'Ordine Fran­cescano, che divenne il monastero di Montevergine nel quale ben presto molte postulanti chiesero di entrare per condividere la vita povera ed evangelica.

In quell'anno compì trent'anni e, essendo questa l'età minima richiesta dai canoni, venne eletta badessa. In questa funzione fu solerte nell'istruire, educare e formare alla vita francescana le sue consorelle, animandole alla meditazione della passione di Cristo. Eustochia trasmise loro, inoltre, i frutti delle proprie espe­rienze spirituali, infondendo nei loro cuori l'amore alle virtù che ella stessa praticava. Nonostante le ricorrenti malattie alternò con suor Jacopa Pollicino ogni tre anni la carica di badessa.

Scampata alla peste del 1482, Eustochia Calafato morì il 20 gennaio 1485, lasciando una fervente stimata comunità religiosa di circa 50 suore.

Venerazione

Alcuni giorni dopo la morte, si manifestarono straordinari fenomeni che diedero inizio alla sue devozione. Spinte da quegli avvenimenti e sollecitate da personalità ecclesiastiche e laiche, le suore di Montevergine scrissero una biografia, mentre suor Iacopa Pollicino ne trasmetteva toccanti ed ammirabili cenni in due lettere a suor Cecilia Coppoli, badessa del monastero di san Lucia di Foligno, nelle quali confermava o completava quanto di più interessante, prestigioso e virtuoso aveva notato nella vista della sua maestra e compagna.

All'intercessione della santa si attribuirono vari miracoli. I messinesi la venerarono come protettrice della loro città, specialmente contro i terremoti; il 2 luglio del 1777 il senato della città promise di recarsi ogni anno a Montevergine il 20 gennaio e il 22 agosto. Il 14 settembre del 1782 Papa Pio VI ne approvò il culto ab immemorabili.

Nel 1966 fu ripresa la causa di canonizzazione, il 21 marzo 1985 furono dichiarate eroiche le virtù della beata Eustochia. L'11 giugno 1988 fu pubblicata la lettera apostolica Omnis Anima e Papa Giovanni Paolo II ne celebrò la messa di canonizzazione a Messina.

Note
  1. Il francescanesimo nella sua peculiare riforma dell'Osservanza si andava proprio allora affermando nell'Ordine. Quel movimento ebbe in Italia il suo principale artefice in san Bernardino da Siena. Questo spirito di riforma si proponeva la stretta osservanza della regola di san Francesco e pervase anche il secondo Ordine Francescano, quello delle Clarisse, in seno al quale vecchi monasteri erano ricondotti a più stretta osservanza e regolare vita religiosa, o se ne fondavano di nuovi secondo la cosiddetta Prima regola di santa Chiara sotto l'egida e la cura dei Frati minori dell'Osservanza.
Fonti
Voci correlate
Collegamenti esterni