Réginald Garrigou-Lagrange
Réginald Garrigou-Lagrange, O.P. Presbitero | |
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Réginald Garrigou-Lagrange nella piena maturità | |
Età alla morte | 86 anni |
Nascita | Auch (Francia) 21 febbraio 1877 |
Morte | Roma 15 febbraio 1964 |
Sepoltura | Lotto cimiteriale dei Domenicani presso il Cimitero Monumentale del Verano (Roma). |
Ordinazione presbiterale | 1902 |
Incarichi ricoperti | |
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Réginald Garrigou-Lagrange, battezzato come Gontran-Marie (Auch (Francia), 21 febbraio 1877; † Roma, 15 febbraio 1964), è stato un presbitero, domenicano e teologo francese, considerato uno dei più grandi teologi neotomisti cattolici del XX secolo e il rappresentante principale della teologia cattolica del periodo precedente il Concilio Vaticano II[2]
Il suo pensiero è l'espressione tipica di quella teologia scolastica tradizionale che è stata prevalente nella Chiesa cattolica durante gran parte dell'età contemporanea..
Biografia
Infanzia e giovinezza
Nella città natale francese ricevette la prima educazione cristiana e frequentò le scuole elementari. Compì gli studi ginnasiali e liceali in varie città, portandoli a termine a Tarbes. Brillava soprattutto nella filosofia.
Un fatto curioso dei suoi studi superiori: un ispettore scolastico di passaggio, tale Jules Lachelier, uno dei più celebri filosofi francesi del XIX secolo, ma che aveva rinunciato alla filosofia e aveva smesso di insegnare e di scrivere perché non era riuscito a conciliare la sua fede cattolica con la filosofia, rimase talmente impressionato dalle sue risposte che non poté dimenticarsi di lui; quando Garrigou-Lagrange pubblicò la sua prima opera l'anziano (ormai ex) ispettore espresse al giovane il suo rammarico di non aver conosciuto prima la filosofia scolastica, la quale gli avrebbe fornito la soluzione ai problemi della sua esistenza.
Dopo il liceo, il giovane si iscrisse alla facoltà di medicina di Bordeaux, e vi studiò per due anni; in questo periodo visse in maniera estremamente austera.
L'inizio della vita religiosa
Durante il periodo universitario sentì la vocazione sacerdotale, e nel 1897 entrò tra i domenicani. All'età di vent'anni, ad Amiens, dove aveva sede il noviziato della provincia di Parigi, ricevette l'abito dei Predicatori e il nome di Réginald.
Fece gli studi teologici sotto la guida di padre Ambroise Gardeil, uno dei principali teologi del momento[3], e nel 1902 fu ordinato presbitero. Portò avanti gli studi teologici a Saulchoir, dove da poco era stato trasferito lo Studium della provincia domenicana parigina, e quindi quelli filosofici alla Sorbona, a partire dal 1904; qui ebbe come professore di filosofia teoretica Henri Bergson, e come professore di storia della filosofia greca Victor Brochard.
Insegnante
Nel 1905 iniziò l'insegnamento a Saulchoir come professore di storia della filosofia, e contemporaneamente iniziò ad approfondire il pensiero di San Tommaso e della scuola tomistica; tale approfondimento lo impegnò per tutta la lunghezza della sua vita.
Nel 1909, poco dopo la pubblicazione dell'opera Sens commun et la philosophie de l'être ("Senso comune e la filosofia dell'essere"), il maestro generale dell'Ordine domenicano, fondatore del Collegio Angelico, lo volle a Roma per insegnarvi teologia dogmatica. All'Angelicum Garrigou-Lagrange impartì il De revelazione per otto anni, poi commentò successivamente tutte le parti della Summa Theologiae. Dal 1917 in avanti svolse un corso di teologia spirituale, dove ebbe come alunni, oltre agli studenti di teologia, anche prelati, maestri dei novizi e superiori generali.
Il circolo di Meudon
A partire dal 1922 iniziò a trascorrere le vacanze estive a Meudon, insieme a Jaques e Raissa Maritain, con i quali aveva fondato i Cercles de St. Thomas. Al circolo di Medoun partecipava un gruppo di amici intellettuali, ai quali Garrigou-Lagrange teneva conversazioni di teologia e di spiritualità. Il gruppo divenne sempre più folto, e nel 1931 vi si contarono 150 persone, tra le quali nomi celebri quali Charles Journet, Roland Dalbiez, Pieter van der Meer, Richard O'Sullivan.
Su suggerimento di Garrigou-Lagrange venne redatto un direttorio per i membri, intitolato De la vie d'oraison ("Della vita di preghiera"). Raissa Maritain lo trasmette ai membri avvertendo: "Ci basiamo su San Tommaso e San Giovanni della Croce". Nel direttorio si fa voto d'orazione.
L'"oasi" di Meudon vide una fioritura di grazie mistiche e di conversioni.
Maestro di vita spirituale
Nel 1923 pubblicò Perfection chrétienne et contemplation selon saint Thomas d'Aquin et saint Jean de la Croix ("Perfezione cristiana e contemplazione secondo San Tommaso d'Aquino e San Giovanni della Croce"). L'opera lo collocò immediatamente fra i grandi maestri di vita spirituale dell'epoca.
Acquisì anche grande reputazione come predicatore di Esercizi Spirituali, e questa attività arrivò ad assorbire buona parte del suo tempo. Era inoltre molto ricercato e apprezzato come direttore spirituale.
La vecchiaia
Nel 1955 fu nominato consultore del Sant'Uffizio: aveva 78 anni, e la salute era ormai incerta; l'incarico gli pesa enormemente, anche perché non ha esperienza delle questioni trattate, di carattere molto spesso più pratico che speculativo, e ritorna spesso spossato dalle sedute; tuttavia vi partecipa volentieri, stimando parecchi il cardinale Alfredo Ottaviani, del quale apprezzava l'arte di condurre la discussione e di riassumere e sintetizzare questioni, posizioni, argomenti.
Nel 1960 le condizioni di salute divennero più malferme, e dovette abbandonare tutti gli incarichi.
Nella fase preparatoria del Concilio Vaticano II, Papa Giovanni XXIII lo nominò consigliere della Commissione centrale preparatoria, ma dovette rinunciare; assicurò tuttavia al papa che avrebbe offerto le sue sofferenze per il buon esito del Concilio.
Arrivò a perdere la lucidità mentale, la qual cosa, nei rari momenti di lucidità, affermava di accettare con fede e con serena rassegnazione.
Morì a Roma il 15 febbraio 1964.
Pensiero
Il pensiero di Garrigou-Lagrange copre tre campi del sapere: la filosofia, la teologia e l'ascetica; essi non sono però da lui concepiti come campi lontani ed estranei l'uno all'altro, ma come zone confinanti, strettamente congiunte. Alla base sta la filosofia, sopra di essa sta la teologia, e al vertice l'ascetica; la filosofia è studiata in funzione della teologia, e questa in funzione dell'ascetica, della vita spirituale, della contemplazione[4].
Il pensiero filosofico: il realismo neotomistico
Il momento storico in cui egli si formò, l'inizio del XX secolo, vedeva alla Sorbona il trionfo del bergsonismo, con la filosofia dello slancio vitale e dell'evoluzione creatrice. Quando egli cominciò l'insegnamento, nel 1905, il modernismo stava ormai dilagando, avendo come uno dei suoi obiettivi principali la liberazione della teologia cattolica dalla filosofia scolastica, per ricostruirla sulle basi della filosofia moderna.
In tale situazione, Garrigou-Lagrange colse che la sua vocazione era salvare la teologia cattolica dal modernismo, mostrando la validità della filosofia tomistica. Tale è stato il suo scopo nella sua prima opera, Le sens commun, e nelle opere seguenti.
L'apprensione immediata dell'essere
In Le sens commun Garrigou-Lagrange si propone di dimostrare che "la filosofia dell'essere opposta a quella del fenomeno e del divenire è l'unica vera". Contro il relativismo e il fenomenismo dei modernisti, egli vuol far vedere che la mente umana raggiunge la verità perché raggiunge l'essere; essa afferra i primi principi evidenti in se stessi, in quanto l'essere è il primo oggetto colto dalla mente nei dati sensibili. Questa apprensione naturale, istintiva, "spontanea" dell'essere e dei primi principi è ciò che Garrigou chiama senso comune[5].
Garrigou è d'accordo con Bergson sull'importanza capitale che ha la ricerca del primo oggetto dell'intelligenza; ma, contro Bergson e contro tutta la filosofia moderna, egli non accetta la dottrina secondo cui il primo oggetto dell'intelligenza siano le idee, ossia dei puri fenomeni interiori. Il "primo sguardo" dell'intelligenza non incontra delle idee ma delle cose, il loro essere:
« | La prima apprensione intellettiva porta precisamente sull'essere intelligibile delle cose sensibili. » | |
(Le sens commun, la philosophie de l'être et les formules dogmatiques (1909), edizione in traduzione spagnola, p. 330)
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Garrigou-Lagrange afferma quindi che l'intelligenza capta il suo oggetto sin dal primo incontro con esso, e in questo il filosofo va al di là di ogni empirismo e fenomenismo:
« | Ci separiamo da Bergson sin dal punto di partenza delle nostre conoscenze, ammettendo, a fianco al continuo indistinto ed instabile che è per noi il primo oggetto conosciuto confusamente dal senso, un primum cognitum intelligibile, che è l'essere in concreto, to on, qualcosa che è. (..) Niente è intelligibile se non per mezzo dell'essere e in ragione della sua relazione all'essere. » | |
(Ib., p. 45-46)
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Per Garrigou-Lagrange conferma questa dottrina anche l'analisi delle tre operazioni intellettive: apprensione, giudizio e ragionamento: esse non si spiegano attraverso una "immagine media", ma soltanto mediante un riferimento all'essere. Pertanto l'apprensione dell'essere non è un postulato arbitrario, ma è l'affermazione naturale e necessaria della nostra intelligenza. Nessuno è libero di apprendere o non apprendere l'essere; non si capta nulla prima dell'essere, né si può afferrare qualcosa senza l'essere, C'è una forza robusta, paragonabile ad un istinto, che spinge l'uomo verso l'essere.
Tutto ciò appartiene all'area del senso comune, in cui
« | sta racchiusa confusamente tutta la verità che verrà scoperta dalla sapienza filosofica, la quale si innalzerà fino alla conoscenza dell'Essere supremo, verità prima, che secondo la Rivelazione si chiama Colui che è. » | |
(Ib., p. 332)
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L'apprensione dei primi principi
Assicurata la base oggettiva, realistica del conoscere, Garrigou-Lagrange passa a dimostrarne la verità, ossia la conformità con l'essere. Essa risulta dall'infallibilità della mente riguardo ai primi principi. Questi, che sono le nervature essenziali dell'essere, costituiscono anche le coordinate principali del pensiero, il quale perciò li apprende naturalmente, spontaneamente.
« | Il senso comune apprende in primo luogo nell'essere i primi principi speculativi e pratici » | |
(Ib., p. 106-107)
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i quali
« | sono veri per tutti e conosciuti da tutti, (..) sono inscritti in modo indelebile nella mente umana, in certo qual modo ti identificano con essa, dato che essa, dopo tutto, non è altro che una relazione trascendentale all'essere in quanto essere, il quale racchiude in sé queste verità assolutamente prime » | |
(Ib., p. 108-109)
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Questi principi "sono analitici nel senso aristotelico della parola": in essi predicato e soggetto appaiono uniti necessariamente a priori per mezzo del verbo essere"[6].
Ma quali sono questi principi primi dell'essere e del conoscere? Garrigou-Lagrange ne enumera cinque:
- principio di identità o non contraddizione;
- principio di sostanzialità;
- principio di ragion sufficiente;
- principio di causalità;
- principio di finalità.
La validità del primo è provata in maniera ostensiva, cioè facendo vedere a chi lo nega che in realtà lo considera valido[7]. La validità degli altri è provata in maniera analitica, dimostrando che sono riducibili al principio di non contraddizione. Così, per esempio, il principio di causalità si riduce a quello di non contraddizione, in quanto il nesso di dipendenza causale è proprietà essenziale di tutto ciò che diviene; ora, ciò che diviene passa dalla potenza all'atto; tale passaggio comporta l'intervento d'una causa; pertanto essere in divenire e non essere causato è una contraddizione assurda.
La capacità della ragione di giungere a Dio
La conclusione capitale che deriva dall'obiettività del conoscere e dalla validità dei primi principi è la garanzia del valore metafisico della ragione umana; essa trascende il fenomenico ed attinge l'Assoluto: dalla constatazione di certi fenomeni (divenire, causalità parziale, contingenza, ordine), e in forza del principio di causalità, la ragione giunge alla conclusione certa dell'esistenza dell'Essere sussistente.
Il problema dell'esistenza e della natura di Dio, che Garrigou aveva già affrontato in Le sens commun, viene ripreso ed approfondito in Dieu, son existence et sa nature. In quest'opera l'autore prende posizione contro l'agnosticismo che discende dalle filosofie di Hume e Kant. Essi negano obiettività al conoscere, e pertanto precludono alla ragione la possibilità di conoscere Dio. Per arginare l'agnosticismo, quindi, Garrigou-Lagrange ritorna sul valore ontologico della ragione sia quanto alle idee che ai principi. Poi ripropone e commenta le cinque vie di san Tommaso, che egli considera tutte riducibili a un'unica via, fondata sul principio di causalità. Questa via generale egli la formula così:
« | Prima d'esporre ciascuna delle cinque prove-tipo, proponiamo una prova generale che le congloba tutte e che, crediamo, rappresenta nel migliore dei modi il cammino essenziale del senso comune allorché esso s'innalza a Dio. Il principio di questa prova generale: "il più non proviene dal meno", condensa infatti in un'unica formula i principi sui quali poggiano le cinque prove-tipo: il divenire può provenire solo dall'essere determinato, l'essere causato da quello incausato, il contingente dal necessario, l'imperfetto, il composto, il multiplo dal perfetto, dal semplice, dall'uno, l'ordine da un'intelligenza... Occorre pertanto che ci sia un primo Essere che è a sua volta vita, intelligenza, verità supreme, giustizia e santità perfette, bene sovrano. − Questa conclusione deriva dal principio: "il più non può essere prodotto dal meno", e questo principio non è altro che una formula del principio di causalità che abbiamo studiato più sopra. » | |
(Dieu, son existence et sa nature, ed. 11, Parigi 1950, pp. 232-236)
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La natura di Dio
La conoscibilità della natura di Dio è fondata sulla dottrina dell'analogia. Quanto agli attributi, quello che secondo Garrigou-Lagrange caratterizza meglio la natura di Dio e la distingue più nettamente dalle creature è l'identità in Dio dell'essere con l'essenza; tale identità si ritrova solo in lui, mentre in tutte le creature essenza ed essere sono realmente distinti.
Per questo,
« | la verità fondamentale della filosofia cristiana è che in Dio essenza ed esistenza sono identiche, mentre nelle creature sono realmente distinte. » | |
(Ib., pp. 356-370)
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La natura della filosofia cristiana
Durante il XX secolo due questioni concernenti il tomismo hanno spesso appassionato gli studiosi: la questione della natura della filosofia cristiana e la questione della validità del tomismo. Al dibattito ha preso parte, da primo attore, anche Garrigou.
La questione della natura della filosofia cristiana ha appassionato gli studiosi cattolici del XX secolo, e il Garrigou-Lagrange vi ha preso parte da primo attore.
Egli propende per una soluzione intermedia fra una concezione della filosofia cristiana troppo dipendente dalla Rivelazione e un'altra che, invece, vogliono la filosofia cristiana troppo indipendente da essa:
« | Per noi cattolici la soluzione giusta si trova certamente fra i due opposti eccessi del razionalismo e del semirazionalismo da una parte e del fideismo dall'altra. (..) La vera soluzione e quella che sa conciliare queste due note della filosofia cristiana: valore razionale e spirito cristiano. » | |
(De relatione inter philosophiam et religionem, in Acta secundi congressus thomistici internationalis, vol. III, p. 386)
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Secondo questa soluzione, la filosofia scolastica, pur "conservando la sua natura di sapienza di ordine naturale", si dice positivamente e in sé cristiana, perché riceve un duplice aiuto dall'alto: un aiuto (confortatio) oggettivo con la rivelazione di certe verità, come l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima, le quali non sono fuori dell'ambito della ragione, ma sono da essa difficilmente raggiungibili; e un aiuto (confortatio) soggettivo, mediante la virtù della fede[8].
La validità del tomismo
Un altro dibattito significativo all'interno della filosofia cristiana del XX secolo è stata la questione della validità del tomismo.
Tutta l'opera filosofica di Garrigou-Lagrange è intesa a far vedere che il tomismo non solo conserva valore anche oggi, ma è anche l'unica filosofia in grado di trarre la ragione fuori dalle secche in cui l'hanno abbandonata i filosofi moderni, e di salvare quanto di buono la filosofia moderna ha conquistato. Ciò è possibile perché il tomismo non è una filosofia chiusa, ma una filosofia aperta e disponibile a raccogliere e ad assimilare la verità dovunque la trovi.
« | Il tomismo, nelle varie correnti di idee filosofiche e teologiche accetta tutto quello che ciascuna tendenza afferma e rifiuta solo quello che esse negano senza fondamento. Riconosce che la realtà è incomparabilmente più ricca delle nostre concezioni filosofiche e teologiche. Perciò conserva il sento del mistero. Per questa ragione il tomismo dispone alla contemplazione che procede dai doni dell'intelletto e di sapienza. Ricorda continuamente che c'è più bontà, più verità, più santità in Dio di quanto ogni filosofia, ogni teologia e ogni contemplazione possano supporre. Per vedere tutte queste ricchezze bisognerebbe aver ricevuto la visione soprannaturale ed immediata della Essenza divina, senza che vi sia di mezzo alcuna idea creata, e anche in questo caso la visione, per quanto immediata sia, sarebbe limitata nella sua penetrazione e non ci consentirebbe di conoscere Dio infinitamente quanto è conoscibile e quanto egli conosce se stesso. Così la dottrina di san Tommaso suscita costantemente in noi il desiderio naturale condizionale ed inefficace di vedere Dio. Infine essa ci fa apprezzare il dono della grazia e della carità, la quale, sotto l'efficace mozione di Dio, desidera efficacemente la visione divina e ce la fa meritare. Appare così come la dottrina tomistica, accettando alla luce del suo principio generatore tutto quello che c'è di positivo nelle altre concezioni fra loro opposte, concezioni che essa si sforza di superare, abbia una potenza di assimilazione che diventa un nuovo criterio per giudicare del suo valore astratto e del suo valore nel campo della vita. Infatti la potenza di assimilazione di una dottrina dimostra il valore, l'altezza e l'universalità dei suoi principi, capace di illuminare i più diversi aspetti del reale dalla materia inanimata alla vita superiore dello spirito, fino a Dio considerato nella sua vita intima. » | |
(Potenza assimilatrice del tomismo, in Sintesi tomistica, pp. 393-394)
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Valutazione globale
Il pensiero filosofico di Garrigou-Lagrange è rigorosamente fedele a quello di san Tommaso, ed è esemplare per la profondità speculativa. È considerato il modello più perfetto del tomismo dell'inizio del Novecento, ossia di quel tomismo che risente fortemente dell'impostazione critica, per cui è maggiormente attento al primato epistemologico più che ontologico dell'essere.
Il tomismo di Garrigou-Lagrange non è ancora pienamente consapevole del valore supremo che ha nella filosofia di san Tommaso il principio dell'essere-perfezione-assoluta; si può dire che è un tomismo ancora piuttosto chiuso, che rimane estraneo ad alcuni dei problemi più attuali della filosofia, come quelli della filosofia della scienza, della filosofia dell'arte, della filosofia del linguaggio e della filosofia della storia.
La polemica contro la Nouvelle Théologie
Garrigou-Lagrange polemizzò contro il gruppo di teologi che facevano capo a Henri de Lubac (quella che lui stesso definì Nouvelle Théologie) e che avevano nel pensiero di Blondel il loro punto di riferimento filosofico.
Ai suoi occhi tale impostazione appariva eccessivamente cedevole al moderno, cioè modernista: in ambito filosofico Garrigou-Lagrange individuava la radice di tale impostazione nella negazione della immediata apprensione dell'essere[9]. Da ciò scaturiva una concezione di verità vista non più come adaequatio intellectus ad rem ("corrispondenza dell'intelletto alla cosa"), ma come adaequatio mentis et vitae ("corrispondenza di mente e vita"), definizione che a giudizio del Garrigou-Lagrange scivolava nel pragmatismo.
In ambito teologico la Nouvelle Théologie aveva come conseguenza un'accentuazione della variabilità storica dell'intelligenza della fede, che metteva in discussione l'immutabilità del dogma.
Tra la sua posizione e quella dei nouveaux si creò una contrapposizione insanabile, frutto anche di scarsa comunicazione sul piano personale. L'enciclica Humani Generis del 1950 diede una importante "vittoria" a Garrigou-Lagrange. Ma il Concilio Vaticano II modificò non poco tale linea, aprendosi ampiamente all'apporto della teologia nouvelle.
Opere
Garrigou-Lagrange produsse un totale di 772 scritti, tra cui 500 articoli e 30 libri[10].
I libri si possono dividere in tre gruppi: filosofici, teologici e ascetici.
Opere filosofiche
- Le sens commun, la philosophie de l'être et les formules dogmatiques, Beauchesne, Parigi 1909
- traduzione italiana parziale: Il senso comune, Morcelliana, Brescia 1952
- Dieu, son existence et sa nature, Beauchesne, Parigi 1914
- traduzione italiana parziale: Le divine perfezioni secondo la dottrina di San Tommaso, Ferrari, Roma 1923
- Le réalisme du principe de finalité, Desclée de Brouwer, Parigi 1932
- Le sens du mystère et le clair-obscur intellectuel, Desclée de Brouwer, Parigi 1934
- La synthèse tbomiste, Desclée de Brouwer, Parigi 1946
- traduzione italiana: La sintesi tomistica, Queriniana, Brescia 1953
Fra gli scritti filosoficie, Le sens commun è l'opera giovanile in cui si respira la freschezza dell'ispirazione e l'entusiasmo dell'intuizione a cui la mente ha potuto giugere. Nelle opere posteriori, più mature, scompare lo smalto originario.
Opere teologiche
- Le Sauveur et son amour pour nous, Du Cerf, Juvisy 1933
- La prédestination des saints et la grace. Doctrine de S. Thomas comparée aux autres systèmes théologiques, Desclée de Brouwer, Parigi 1936
- La synthèse thomiste, Desclée de Brouwer, Parigi 1946
- traduzione italiana: La sintesi tomistica, Queriniana, Brescia 1953
- De Revelatione per Ecclesiam catholicam proposita, Ferrari-Gabala, Roma-Parigi 1918
- De Deo uno. Commentarium in primam partem S. Thomae, Desclée de Brouwer, Parigi 1938
- De Deo trino et creatore, Marietti-Desclée, Torino-Parigi 1943
- De Christo Salvatore, Marietti-Desclée, Torino-Parigi 1945
- De gratia, Berrutti, Torino 1946
- De virtutibus theologicis, Berrutti, Torino 1948
- De beatitudine et de actibus humanis, Berrutti, Torino 1951
A parte le tre opere in francese e il De Revelatione, tutte le altre sono commenti alla Summa theologiae di san Tommaso. L'opera più originale è il De Revelatione.
Opere ascetiche
- Perfectíon chrétieuue selon St. Thomas et St. Jean de la Croix, Ed. de La Vie Spirituelle, Saint-Maximin 1923
- traduzione italiana: Perfezione cristiana e contemplazione secondo san Tommaso d'Aquino e san Giovanni della Croce, Marietti, Torino 1933
- L'amour de Dieu et la croix de ]ésus, Du Cerf, Juvisy 1929
- La providence et la confiance en Dieu: fidélité et abandon, Desclée de Brouwer, Parigi 1932
- traduzione italiana: La provvidenza e la confidenza in Dio: fedeltà e abbandono, SEI, Torino 1933
- Les trois conversions et les trois voies, Du Cerf, Juvisy 1933
- traduzione italiana: Le tre età della vita spirituale, Ediz. della Vita Cristiana, firenze 1936
- Les trois âges de la vie intérieure, Du Cerf, Parigi 1938
- L'eternelle vie et la profondeur de l'âme, Desclée de Brouwer, Parigi 1950
- De sanctificatione sacerdotis secundum nostri temporis exigentias, Angelicum, Roma 1946
- traduzione italiana: Santificazione sacerdotale nel nostro tempo, Marietti, Torino-Roma 1949
- De unione sacerdotis cum Christo sacerdote et victima, Marietti, Torino-Roma 1948
L'opera fondamentale è la prima, le altre sviluppano e perfezionano, oppure semplificano e divulgano, la dottrina spirituale che l'autore ha già chiaramente formulato in Perfection chrétienne et contemplation.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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