San Vincenzo Maria Strambi

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San Vincenzo Maria Strambi, C.P.
Vescovo
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battezzato
Santo
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 79 anni
Nascita Civitavecchia
1º gennaio 1745
Morte Roma
1º gennaio 1824
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Ordinazione presbiterale Bagnoregio, 1767
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Incarichi ricoperti Vescovo di Macerata-Tolentino
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° vescovo di Roma
Elezione
al pontificato
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
Venerato da Chiesa cattolica
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Canonizzazione [[]]
Ricorrenza 1º gennaio
Altre ricorrenze
Santuario principale Cattedrale di Macerata
Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Consorte

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Figli
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 1º gennaio, n. 13:
« A Roma, san Vincenzo Maria Strambi, vescovo di Macerata e di Tolentino, della Congregazione della Passione, che governò santamente le diocesi a lui affidate e a motivo della sua fedeltà verso il Romano Pontefice patì l'esilio »

San Vincenzo Maria Strambi (Civitavecchia, 1º gennaio 1745; † Roma, 1º gennaio 1824) è stato un vescovo italiano. Nato nello Stato Pontificio, sperimentò le rotture sociali provocate dalla rivoluzione francese e dall'invasione armata dell'esercito rivoluzionario francese.

Biografia

Formazione

Nacque a Civitavecchia dal farmacista Giuseppe ed Elena Gori. Il babbo era membro attivo della Confraternita del santissimo Nome di Gesù e insieme alla moglie era impegnato nelle opere di bene a sollievo dei poveri e per l'istruzione delle fanciulle del popolo.

Verso i quindici anni, Vincenzo avvertì la chiamata al sacerdozio. Nonostante l'opposizione del padre, il 4 novembre 1762 entrò nel seminario di Montefiascone (VT), dove ricevette la formazione di base, filosofica e teologica, con una buona introduzione biblica e alla storia ecclesiastica.

Perfezionò gli studi a Roma, presso il "Collegio nuovo" dei Padri Scolopi, specialmente nell'arte oratoria, di cui in seguito fu eccellente maestro. Nel 1765 si trasferì a Viterbo e frequentò la scuola di teologia dei Padri Domenicani nel convento di Santa Maria in Gradi.

Il vescovo di Montefiascone e Tarquinia, monsignor Saverio Giustiniani gli affidò l'incarico di prefetto di una camerata del locale seminario, mentre proseguiva gli studi teologici e biblici. L'anno seguente fu trasferito a Bagnoregio, poi tornò di nuovo a Roma per seguire le lezioni del celebre tomista padre Tommaso Maria Mamachi, grande erudito, apologista agguerrito e pionere delle ricerche sulle antichità cristiane. L'ambiente culturale romano era molto vivace e reattivo nei confronti dell'insorgente razionalismo e dei deisti.

Il 14 marzo 1767 venne ordinato diacono a Bagnoregio e assunse la carica di rettore del locale seminario.

Sacerdozio e vocazione passionista

Già durante il periodo seminaristico, forse già dal 1763, avvertì la vocazione alla vita consacrata in un Istituto religioso. Provò con i Preti della Missione e con i Cappuccini; poi conobbe i passionisti che predicavano le missioni popolari e gli esercizi spirituali.

Durante un corso di esercizi spirituali fatto nel ritiro dei Passionisti a Sant'Angelo in Vetralla nel dicembre 1767 parlò con san Paolo della Croce, fondatore della nuova congregazione. Nonostante le perplessità per il suo stato di salute e perché era rimasto figlio unico, dopo la morte di due fratellini e di una sorellina, fu ammesso in congregazione.

Tornato a Bagnoregio fu ordinato presbitero il 19 dicembre 1767. Celebrò la sua prima messa il giorno di Natale a Civitavecchia.

Entrò nel noviziato passionista del Monte Argentario ed emise la professione dei voti il 24 settembre 1769.

Apostolato e insegnamento

Iniziò, quindi, il suo ministero nell'annuncio della Parola della Croce con le missioni popolari e gli esercizi spirituali al clero, ai religiosi e religiose e ai laici.

Nello stesso tempo ricevette l'incarico di insegnare teologia ed eloquenza sacra agli studenti della sua congregazione.

Opere

Per il suo incarico scrisse varie opere, rimaste inedite (Metodo di studio sui Padri e la Scrittura; Pensieri sul modo di spiegare il Vangelo nelle omelie. Solo i suoi Precetti di eloquenza sacra furono pubblicati postumi nel 1838.

Ebbe anche vari incarichi di responsabilità nell'ambito della sua congregazione (superiore locale e superiore provinciale).

La sua opera più famosa fu tuttavia la biografia del fondatore dei passionisti, san Paolo della Croce, redatta tra il 1782 e il 1784 e dedicata a papa Pio VI. È divisa secondo lo schema agiografico classico: la prima parte si occupa della vita del santo, nella seconda ne presenta la spiritualità. È un classico dell'agiografia cattolica del Settecento. Per parecchio tempo, fino al 1927 (quando fu pubblicato l'epistolario del santo), rimase l'unica fonte di informazione autorevole e documentata sul fondatore dei Passionisti.

L'invasione napoleonica

Dopo lo scoppio della Rivoluzione francese (1789, anche in Italia, specialmente nello Stato Pontificio, si viveva sotto l'incubo di una possibile invasione degli eserciti rivoluzionari. Il papa Pio VI ordinò negli anni successivi corsi di missioni popolari, esercizi spirituali e processioni penitenziali perché fosse evitato quanto si temeva.

Strambi tenne varie predicazioni nel 1792 nella chiese romane di Santo Spirito in Sassia, a Trinità dei Monti, a Santa Maria in Vallicella e a Santa Maria Maggiore.

Il 13 gennaio 1793 fu ucciso Ugo di Basville. Il popolo scese in piazza per protestare contro l'occupazione francese dello Stato del Papa; Strambi parlò alla gente in piazza del Popolo per invitarla alla calma.

Nel febbraio 1796 Napoleone occupò militarmente le Legazioni pontificie dell'Emilia-Romagna e il 23 giugno 1796 impose allo Stato Pontificio gravissime sanzioni finanziarie e politiche. Il popolo riprese a tumultuare, anche in seguito al moltiplicarsi di fatti prodigiosi delle immagini sacre della Vergine Maria che muovevano gli occhi e lacrimavano[1]. Furono di nuovo ordinate varie predicazioni straordinarie in città per implorare l'aiuto divino.

A Strambi fu assegnata piazza Colonna (che allora abbracciava anche l'attuale piazza Montecitorio, divisa in seguito in due dalla costruzione di Palazzo Wedekind). La missione popolare durò dal 25 agosto al 9 settembre 1796 e terminò con una lunga processione fino a piazza del Popolo.

L'attività di predicatore di Strambi non si fermò neppure nel periodo di grande confusione succeduta all'invasione dell'esercito francese, l'arresto e la deportazione di Pio VI a Valenza, in Francia, cui seguirono anche la soppressione degli Ordini religiosi e delle confraternite.

L'elezione a vescovo

Dopo la morte in esilio di Pio VI (29 agosto 1799), nel conclave di Venezia (iniziato il 1º dicembre 1799) fu eletto il cardinale benedettino Barnaba Chiaramonti che prese il nome di Pio II[2]. Il nuovo papa elesse il 5 luglio 1801 Strambi vescovo di Macerata-Tolentino. La consacrazione ebbe luogo il 20 luglio nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo dal cardinal Leonardo Antonelli.

Strambi iniziò il suo servizio pastorale nella "Metropoli della Marca" il 14 agosto dello stesso anno[3]. A Tolentino arrivò il 4 ottobre, sempre del 1801.

Azione pastorale

Monsignor Strambi si preoccupò vivamente della qualificazione e del tenore spirituale del clero diocesano. Ebbe un'attenzione molto particolare per la grave situazione economica della diocesi, afflitta da ricorrenti carestie, con conseguenze disastrose per i ceti meno abbienti. Aumentato a dismisura il fenomeno del pauperismo, il prelato sollecitò i benestanti a essere più attenti nel venire incontro alla popolazione bisognosa e affamata.

Il 7 dicembre 1802 monsignor Strambi, con altri vescovi delle Marche, insieme a numeroso clero e al popolo festante, riportò a Loreto la statua della Vergine Lauretana che, rapita dai repubblicani francesi e spogliata di tutti i gioielli che l'adornavano, era stata portata a Parigi il 10 febbraio 1797.

Riorganizzò, tra le altre iniziative pastorali, le scuole di catechismo e chiamò nel 1804 le Maestre Pie per l'istruzione elementare dei figli del popolo. Ottenne dai Barnabiti che aprissero un liceo a Macerata dove mandò anche i giovani seminaristi.

Esilio a Milano

Dopo l'incoronazione di Napoleone a imperatore dei francesi e re d'Italia (26 maggio 1805) la situazione della Chiesa nell'impero venne sempre più aggravandosi con varie leggi antimonastiche emanate dai regni costituiti da Napoleone in Italia. Il papa Pio VII il 10 giugno 1809, fu portato via con la violenza dalla residenza del Quirinale, arrestato, deportato in Francia e recluso nel castello di Fontainebleau.

Fu soppresso lo Stato Pontificio e il clero fu obbligato a prestare giuramento di fedeltà all'imperatore e all'impero. Chi non si prestava veniva deportato ed esiliato. Dopo varie esitazioni e consultazioni con la Segreteria di Stato del papa, la risposta dei vescovi fu negativa sul giuramento. Cominciarono i primi arresti. Il 22 agosto 1808 furono sequestrati tutti i beni della mensa vescovile di Macerata e Tolentino e gli fu assegnata una pensione mensile. Il 28 settembre dello stesso 1808 lo Strambi fu esiliato a Milano, dove giunse il 10 ottobre, scortato da un gendarme. Come domicilio coatto del prelato fu scelta la casa dei Barnabiti di Novara. Non poteva uscire dalla città, né predicare, né avere relazioni con il papa e la Santa Sede. Il papa riuscì a far avere ai prelati esiliati una lettera il 20 gennaio 1809. A Macerata il 4 giugno furono soppressi tutti i conventi dei religiosi e il 14 luglio furono chiusi i monasteri: i religiosi e le religiose dispersi.

Da Novara lo Strambi poté essere trasferito a Milano alla fine di ottobre 1809 per i buoni uffici di suo cugino, medico dell'Ospedale Maggiore. Nella metropoli lombarda il santo rimase fino alla caduta di Napoleone. Alloggiò prima dai Barnabiti, poi nel palazzo del marchese Giovanni Litta Modigliani, nipote del cardinal Lorenzo Litta.

Ritorno dall'esilio

La forzata lontananza del prelato dalla diocesi e dal suo popolo ebbe termine il 14 maggio 1814. Due giorni dopo lo Strambi accoglieva a Macerata Pio VII che tornava dalla prigionia ed era diretto a Roma. Nelle convulsioni della caduta di Gioacchino Murat (battaglia de La Rancia), nota come la battaglia di Tolentino (fine aprile-primi di maggio 1815), lo Strambi scongiurò, insieme alle altre autorità locali, il Murat di non far entrare il suo esercito nella città di Macerata. Stessa richiesta fu rivolta agli Austriaci che avevano occupato lo Stato Pontificio per ristabilire l'autorità pontificia dopo la vittoria sul Murat.

Gli ultimi anni

I problemi della ricostruzione dopo la ventata bonapartista furono molti e pesanti. Lo Strambi sentiva venire meno le forze, per questo chiese e ottene di poter lasciare la diocesi in altre mani. Il nuovo papa Leone XII (Della Genga), accolse finalmente la sua rinunzia. Strambi lasciò Macerata il 24 novembre 1823 con il nuovo incarico di "consigliere spirituale del papa" e invitato ad abitare nel Palazzo del Quirinale. Vi restò pochissimo tempo. Avendo offerto la vita per il papa gravemente ammalato, morì all'improvviso il 1º gennaio 1824.

Profilo interiore

Strambi fu un tipico prelato che nell'esercizio del suo ministero si attenne scrupolosamente all'indirizzo tridentino e all'obbedienza al romano pontefice. Non si immischiò nel governo civile e quando fu nominato governatore di Loreto fece notare che non era un campo adatto per lui.

Si dedicò a tempo pieno alla vita spirituale e pastorale del clero e dei religiosi e religiose; curò con attenzione la formazione dei seminaristi e il bene spirituale e materiale del popolo, sollecitando la generosità dei ceti più abbienti. Per questo fu straordinariamente aperto ai bisogni del popolo e cercò di soccorrerlo fino a ridursi in estrema povertà. Non potendo cambiare l'ordinamento stabilito cercò di far giungere gli aiuti necessari alla gente più povera nel modo più organizzato e capillare possibile, tramite le confraternite e i collegi di istruzione per i giovani e le ragazze.

Fu amico e collaboratore di molti santi presenti in questo periodo nell'ambiente romano. Tra questi si possono ricordare san Vincenzo Pallotti, san Gaspare del Bufalo, la beata Anna Maria Taigi.

Uno dei punti forti della sua spiritualità era la devozione al Sangue Prezioso di Gesù Cristo. La guida delle persone nella vita interiore era ispirata all'esempio della dolcezza di san Francesco di Sales.

Culto

L'iter consueto del processo di canonizzazione culminò con la beatificazione avvenuta il 26 aprile 1925. Papa Pio XII lo iscrisse nell'albo dei santi l'11 giugno 1950.

Nel martirologio romano è ricordato al 1º gennaio. Nel calendario proprio della Congregazione dei Passionisti la memoria viene celebrata il 24 settembre.

È stato dichiarato compatrono di Macerata insieme a San Giuliano l'ospitaliere.

L'urna con le venerate spoglie fu traslata da Roma a Macerata nel 1957 (prima nella Chiesa di San Filippo Neri e poi nella Cattedrale).

Genealogia episcopale

Successione degli incarichi

Predecessore: Vescovo di Macerata-Tolentino Successore: Bishopcoa.png
Alessandro Alessandretti 20 luglio 1801 - 24 novembre 1823 Francesco Ansaldo Teloni I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Alessandro Alessandretti {{{data}}} Francesco Ansaldo Teloni
Note
  1. Cfr. Vittorio Emanuele Giuntella, Roma nel Settecento, Cappelli, Roma 1971
  2. Testimoni autorevoli della Corte pontificia asserirono nei processi di canonizzazione che lo Strambi ebbe diversi voti in conclave
  3. All'epoca Macerata contava 13.807 abitanti, di cui 8.132 dentro le mura e 5.675 nel contado. Il Capitolo della Cattedrale aveva 20 canonici, quello della Collegiata di San Giovanni 9 canonici e due mansionari. Vi erano tre parrocchie più la cattedrale. In città erano presenti sei monasteri, un conservatorio e 12 case di religiosi. Tolentino con il contado contava 9.000 abitanti, con due parrocchie e la cattedrale con 15 canonici. Vi erano 4 case di religiosi e 3 monasteri. Erano attive varie confraternite, l'ospedale e il monte di pietà, gestiti dalla Curia
Bibliografia
  • Fabiano Giorgini, San Vincenzo Maria Strambi, C.P. (appendice a Vincenzo Maria Strambi, La spiritualità di san Paolo della Croce, Macerata 1994, pp. 349-372).
Voci correlate